Firenze – Capo Nord di la parte riguardante Danimarca, Svezia e Finlandia
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Ci sentiamo come se il nostro viaggio cominciasse oggi. Linda è l’ultima amica che ci ospita in Germania e la settimana trascorsa qui è veramente volata. D’ora in avanti fino al nostro ritorno in terra teutonica ce la caveremo da soli. (Se volete potete leggere il diario della prima settimana di questo viaggio nella sezione Germania)
Solita mega-colazione con annesso stock di vivande, marmellate e altri generi di prima necessità che ci serviranno durante il nostro pellegrinaggio.
Meno di cento chilometri e siamo all’imbarco dei traghetti per la Danimarca. Giornata splendida e serena come non ne abbiamo mai avute finora. Il nostro ferry-boat è un gigantesco Giano bifronte. Nella mezz’ora di traversata troviamo il tempo di scambiare due chiacchiere con un paio di coppie di “anziani” coniugi liguri. Loro passeranno un paio di settimane in giro per la Danimarca. All’uscita dalla pancia della nave osservano la nostra auto stracarica e ci augurano buon viaggio.
Da queste parti per fortuna l’incontro con l’italiano medio si fa molto più difficile. In effetti queste sono zone che l’italiano medio difficilmente batte. Sbarchiamo a Rodby e da qui in poco più di un’ora arriviamo a Frederiksborg. (Copenhagen ce la lasciamo per il ritorno) Il castello e la natura intorno hanno un’aria molto…molto…insomma molto! Il cielo è sempre più blu e comincia a farsi più basso. (concetto che riprenderò più avanti). All’ingresso del castello ci accoglie un angelo biondo e riccio dalla pelle burrosa. Uno di quelli che di solito si sistema sull’albero di Natale in bella vista. Probabilmente la più incantevole ragazza vista durante tutto il viaggio. Le danesi si riveleranno le migliori. Mi dispiace, ma ho perso l’attimo giusto per scattarle una foto. Pensando alla ragazza (almeno io) ci perdiamo nelle infinite stanze del maniero. Ricordo un’enorme tavola imbandita… Peccato le vivande fossero di plastica. Sulla strada che ci porta all’imbarco di Helsingor c’è tempo per una sosta alla residenza estiva della regina (piccola residenza con piccolo parco…).
Arriviamo poi al castello di Amleto e da lì, oltre lo stretto di Oresund, già scorgiamo le coste della Svezia. Si comincia a respirare un’aria diversa…un’aria del nord… Mi piace. C’è tempo anche per un giro in paese per capire che i danesi non lavorano poi molto. Negozi aperti dalle dieci alle quattro del pomeriggio. Poi si va a bere birra. Altro traghetto di giornata per sbarcare in Svezia. Decidiamo di non fermarci a Helsingborg e prendiamo la direzione di Stoccolma. Sono circa le otto e c’è ancora tanta luce quando decidiamo di fermarci per cena. Il tempo di intaccare le nostre prime razioni in scatola e ripartiamo. Sono quasi le undici e il sole sta cominciando a scendere.
Poco prima di Granna decidiamo di fermarci a piantare la tenda in una splendida area di sosta di fronte a un grandissimo lago. Bagni puliti e perfino riscaldati. (Tanto da ustionarsi il sedere)
Il tramonto visto dalla nostra tenda è difficile da descrivere. Rosso, arancione, forse perfino un rosa pompelmo. Una giornata senza fine: la prima di una lunga serie. Martedì 14 luglio (Da candycity a Stoccolma) Non so a che ora si sia fatto giorno, ma credo molto presto. Siamo a due passi da Granna meglio conosciuta come candycity. Sono un appassionato di dolci, ma le caramelle non sono il mio forte. Una sosta però la merita questo piccolo paesino in cui più della metà dei negozi fabbricano e vendono caramelle. Potrei chiamarla anche la città degli Umpa-Lumpa visto che la maggior occupazione dei giovani abitanti ruota intorno al caramello, allo zucchero e a ogni tipo di chicca masticabile. Solo che mentre nella fabbrica di cioccolato sono tutti nani qui sono dei biondini di almeno un metro e ottanta. Credo che durante il periodo estivo molti ragazzi per arrotondare vengano in questo paesino a lavorare.
Non possiamo esimerci dall’entrare in tutti negozi e osservare la lavorazione di queste lunghe stecche di caramello dai diversi sapori. Purtroppo non si vede nessun Augustus Gloop o qualche “pampino” dalle sembianze simili da prendere in giro. La nostra auto si arricchisce di un piccolo carico di dolci e proseguiamo verso Stoccolma. Qui lungo le strade e autostrade più importanti corre anche una rete metallica. Pare che gli incidenti con gli alci siano la prima causa di morte per chi si mette al volante in Svezia. Noi mentre attendiamo di avvistare il primo ci accontentiamo dei cartelli. C’è tempo per una sosta a Vadstena, la città di Santa Brigida. Ė carina e verde e si affaccia anch’essa sull’immenso lago Vattern. Una piccola fortezza, la chiesa con i resti del monastero e qualche segno di passaggio dei pellegrini con la conchiglia di San Giacomo (Santiago). C’è ancora un po’ di cammino da fare e anche noi, come pellegrini, riprendiamo la nostra via. Guidando noto dei tir lunghissimi che non si vedono da nessun’altra parte. Il traffico si intensifica leggermente quando arriviamo alle porte di Stoccolma. E proprio in mezzo al traffico ricordo una telefonata di un mio caro amico che, ignaro del mio viaggio, mi chiede ironico in quale parte di mondo sia. In breve troviamo il nostro campeggio nel quale ci affidano una piccola casetta in legno con tavolo e ombrellone fuori. Non mi stupirei se da un momento all’altro spuntasse fuori l’orso Yogi (o Yoghi). Il nome del campeggio è Angby. Siamo a metà pomeriggio e c’è tempo per un bel sonno ristoratore a cui seguirà una cena a base di pasta (dopo tanto tempo…) Decidiamo poi che valga la pena fare un giro in città e godersi il lungo tramonto. Dal nostro campeggio alla metro sono 10 minuti a piedi attraverso un bosco fitto e denso, ma non esageriamo. Un quarto d’ora di metro e siamo in centro. Dieci anni sono passati da quando sono passato di qui l’ultima volta. Era l’ultimo anno di liceo ed ebbi il piacere di essere ospitato da un’avvenente vichinga di un metro e settanta… Non c’è il caos di una capitale e sarà anche perché sono già le dieci di sera e qui i ristoranti chiudono presto. Un po’ di gente in giro sì, ma molti turisti. Ci fermiamo a osservare i colori del cielo sul municipio di Stoccolma e mentre il sole scompare cominciamo a sentire il freddo della notte. (E con questo si chiude il breve angolo della poesia) Mercoledì 15 luglio (Stoccolma) Siamo a cinque minuti dal centro abitato, ma sembra un minicottage (molto mini) di alta montagna. Credo sia la prima volta da quando siam partiti che mi faccio il caffè. C’è il sole e come vestirsi è un dilemma. I jeans lunghi si riveleranno una scelta sbagliatissima chi mi costeranno un’intera giornata di sauna. Stoccolma è una città funzionale, ma io non mi sento di dire che sia bella. (Sarà l’abitudine alla mia Firenze?) Belli sono i canali, le vie d’acqua e il verde tutt’intorno. Innegabilmente belle sono le ragazze che lavorano allo Skansen, ma di questo parlerò tra poche righe. Sotto un sole incredibilmente cocente camminiamo a piedi lungo i canali per arrivare alla nostra prima tappa di oggi ovvero il vascello Vasa ovvero come trasformare una figuruccia di 400 anni fa in un museo che è uno degli orgogli di Svezia. La bellissima nave, tutta in legno e costata un occhio della testa, fu mal progettata e affondò nemmeno venti minuti dopo il suo varo. Finita nel fango è stata recuperata in tempi recenti e completamente ripulita. Immaginatevi il classico galeone dei pirati, ma solo un po’ più grande di quello playmobil. Verso l’ora di pranzo è il momento dello Skansen a cui accennavo poco sopra. Questo parco enorme è in fondo uno zoo allargato in cui convivono uomini e animali. Una parte infatti è dedicata a tutte le specie animali che popolano la Scandinavia e non solo, mentre un’altra è una riproduzione reale di com’era la Svezia di fine ‘800. Qui ci sono fabbriche, fattorie e vecchi negozi tra cui i più interessanti sono quelli mangerecci. Buonissimi i bomboloni con la marmellata di mirtilli. Potrebbe capitarvi di entrare in qualche vecchia casa e scoprire che dietro la crocchia e lo scialle si nasconde qualche bella figliuola. Purtroppo non ho le prove perché all’interno sono vietate le foto. All’esterno qualcuna ne ho fatta, ma come protete vedere trattasi di bellezza scandinava stagionata. Il caldo è torrido e ci cuociamo sotto un sole tropicale. I biondi svedesi stanno assumendo un colore rossastro da gamberi del mar Baltico. Quest’immagine ci fa venir fame e così ci mettiamo alla ricerca di un supermercato nel centro di Stoccolma. Usciti dalla metro vaghiamo disperati alla ricerca di cibo per poi scoprire, dopo un’ora, che il supermercato era davanti ai nostri occhi appena fuori dall’uscita della metro. Una scorta sufficiente per la serata. Arriviamo al campeggio e qui la gente fa il bagno nel piccolo lago. Sulla strada verso la nostra casina notiamo un camper a 5 stelle di un tedesco. Un mastodontico caravan di cui possiamo solo immaginare le meraviglie che avrà al suo interno. Poi sul fatto della praticità a guidarlo è un altro discorso. E intanto il sole è ancora alto…
Giovedì 16 luglio (Dintorni di Stoccolma)
Di questo giovedì 16 ricorderò Uppsala, i campi gialli dei fiori di senape(?) in cui ci siamo perduti, di una gita all’Ikea per vedere se in Svezia è diversa o uguale a noi, di una deviazione inseguendo un segnale che ci ha portato a un Troll, di un castello davanti a un lago, di cavalli al tramonto (per modo di dire) Ma soprattutto ricorderò, ricorderemo la cena a Stoccolma in un ristorante di cui rammento ancora il nome “Gunnels Krog”. Con la proprietaria del locale che parlava un buon italiano con accento romagnolo avendo lei passato tutti i ferragosto a Rimini… Polpettine di alce con mirtilli e stufato di renna, dolcetti e vino rosso. Chiedo scusa ai vegetariani. E se questa giornata vi è sembrata passare velocissima aspettate quella di domani….
Venerdì 17 luglio (prologo)
Oggi penso agli attori di teatro che si tolgono la maschera e sono veramente se stessi sopra quel carrozzone che li porta da un luogo a un altro. Nel viaggio il mio volto cambia espressione. È difficile spiegare cosa mi emoziona talmente tanto da farmi svegliare all’alba senza un filo di sonno e con l’adrenalina già in circolo. Scoperta, movimento, passaggi, paesaggi, strade da percorrere. E più lontana è la meta e più lungo il cammino, più la mia mente si predispone, aprendosi ad accogliere tutto ciò che passerà davanti ai miei occhi. In tutto questo lo spazio per il sonno e gli sbadigli se ne va. Sono libero, mi apro. Per questo il mio viso si stira e si rilassa.
Venerdì 17 luglio (Stoccolma – Lulea)
Mi sono svegliato che fuori c’era luce. Fuori dal tempo o meglio dal tempo a cui ero abituato. La nostra casetta in legno aveva due finestre, un cucinotto e due letti a castello messi insieme a formare un angolo retto. Quattro posti letto e noi soltanto in due a dormire sotto testa a testa. Io smanio e comincio a rigirarmi nel letto mentre fuori l’intensità della luce si rafforza. Francesca si sveglia e io faccio finta di nulla per non prendermi la colpa di un precoce risveglio dovuto a quello che gli inglesi chiamano tossing and turning. “Perché non dormi?” – “Non ho sonno” – “Vuoi partire?” (non credo di essermelo fatto ripetere due volte) Così è cominciata la storia del giorno più lungo di questa vacanza. Erano le tre. E per tre intendo le tre di notte anche se, in effetti, non era già più notte. Da Stoccolma a Lulea ovvero fin quasi al confine con la Finlandia. Sono circa le tre e mezzo di notte quando immersi dentro una luce soffusa, ma non troppo lasciamo la nostra casetta in legno. Il traffico è inesistente eppure il primo brivido di questo viaggio ci viene incontro in forma di cartone. E non di cartone animato, ma proprio di scatola da imballaggio che un camion davanti a noi ha perso senza accorgersene. Mi fermo a controllare e per fortuna nessun danno alla mia auto. Apro piccola parentesi sulla mia auto blu che si sta comportando proprio egregiamente senza grandi scossoni, senza problemi e soprattutto bevendo poco. Il paesaggio cambia mentre l’autostrada passa a una carreggiata sola diventando una semplice strada diritta. Ma l’autista non chiede di meglio che un paesaggio verde fatto di boschi che si alternano a radure e laghi. I chilometri così come le ore passano velocemente e ci fermiamo per pranzo. In un gazebo di legno davanti a un lago. La nostra meta è Lulea però quasi in cima alla Svezia ci sono due cose interessanti da vedere e la deviazione verso l’interno non è da poco. Pressappoco come da Firenze a Livorno. Sono le tre e qualcosa del pomeriggio quando arriviamo nel paesino di Skelleftea. Dai nomi e dai simboli questi luoghi sulla carta sembrerebbero delle vere e proprie città, ma alla fine Poggibonsi è più grande. È il momento di decidere e decidiamo che vale prendere una deviazione. Che in fondo potremmo passare di qui solo una volta nella vita e tanto vale andare. E guidare quassù non pesa per niente. Perché il traffico non esiste e perché ogni chilometro ci mostra qualcosa di inaspettato e noi siamo sempre pronti a farci stupire. La nostra prima meta si chiama Arvidsjaur dove c’è uno dei più grandi villaggi Sami della Lapponia. Già perché stiamo entrando nella Lapponia svedese. Il villaggio è certamente particolare, fatto di tante capanne in legno rialzate dal terreno probabilmente per difendersi dalla neve. Però di Sami nemmeno l’ombra. Pare si facciano vedere solo nei giorni festivi e a scopo turistico. La seconda meta è uno spettacolo della natura. Sono le cascate Storfosen. Ci siamo arrivati lungo una bella stradina che costeggia un fiume. Questo è un luogo per chi ama la quiete, la natura e il silenzio. Un luogo per noi insomma. Le cascate sono le più lunghe d’Europa con una lunghezza di quasi 500metri e un dislivello di circa 50. Tutto intorno rocce, boschi e aree da campeggio o da barbecue con legna già predisposta. Chissà che non ci torneremo in camper… Tutto qui merita più di un giorno, ma nonostante ci siamo presi un mese di tempo questo non basta perché i chilometri sono tanti e noi ne abbiamo ancora molti davanti per arrivare e per tornare. Per ora ci bastano gli ultimi cento di questa infinita giornata. La stanza dell’hotel Nordkalotten alle porte di Lulea ci accoglie. Il fresco comincia a farsi sentire. Qui le finestre sono sigillate. Non credo ci sia mai bisogno di aprirle per il gran caldo. E poi meglio così perché con tutti i laghi dintorni un po’ di zanzare cominciano a farsi vedere. (Sono certo fastidiose, ma non aggressive e pungenti come le nostre) Sprofondiamo beatamente nei nostri letti senza vedere buio e dopo 1100km alla guida (non ne sento il peso)
Sabato 18 luglio (Lulea – Rovaniemi)
Oggi è il giorno di Babbo Natale, ma prima di partire da Lulea in direzione della Finlandia facciamo una piccola deviazione (stavolta davvero piccola) verso un villaggio parrocchiale. Praticamente un insieme di case molto carine, in legno, sorte intorno a una chiesa del XV secolo. Un villaggio che ancora oggi si anima la domenica (oggi purtroppo è sabato) con i parrocchiani che arrivano dai dintorni. È difficile al momento immaginarsi l’inverno da queste parti con buio e ghiaccio dappertutto. Immagino quando qui arrivavano il sabato con una slitta alla luce fioca di un lumino tutti intabarrati dentro le pellicce. Non è molta la strada che ci divide dalla casa di Babbo Natale e in poco tempo siamo già in Finlandia. (Sul confine breve dissidio sulle qualità di documentarista della mia compagna di viaggio… ci tenevo a dirlo, ma in fondo il motivo era una bischerata: in effetti non è riuscita a fotografare il cartello “Benvenuti in Finlandia” che in finlandese non ricordo assolutamente come fosse scritto) Qui lungo la strada hanno seminato filari di lampioni. Immagino la notte polare. Su diverse case poi notiamo delle scale appoggiate ai tetti e soprattutto poi delle persone appoggiate sui tetti. Non so se l’immagine è chiara, ma mi piaceva disegnarla così. Comunque in molti guardano il cielo come stessero aspettando l’arrivo di qualche UFO o più semplicemente Babbo Natale. I primi elfi li incontriamo in centro a Rovaniemi in mezzo a qualche centro commerciale e una montagna di neve che qualcuno ha portato fin qui per prolungare l’inverno e il divertimento dei bambini. Ci sono perfino delle sculture di ghiaccio. I miei pantaloni corti e la maglia a mezze maniche non bastano più. È arrivato il momento di coprirsi. C’è il sole, ma ci sono anche 17° scarsi a mezzogiorno. Rovaniemi è tutta moderna e anche se sulle guide decantano le doti dell’architetto che l’ha riprogettata ex novo non ci convince. Proseguiamo quindi verso Napapijri ovvero il Circolo Polare Artico. Pochi chilometri e cadiamo, nonostante qualcuno ci avesse già avvertito, nella trappola del Santa Klaus Park. Però come fai ad arrivare fin qua su e non incuriosirti? Delusione totale. Meglio il museo del Natale di Rothenburg in Germania. (Molto più caratteristico). Ancora un po’ di strada e finalmente scorgiamo una specie di arco che segna il nostro ingresso oltre il Circolo Polare. Qui siamo sicuri che il sole non tramonterà mai. Proprio sulla linea del circolo hanno messo su un piccolo centro commerciale. Noi ci facciamo la classica foto di rito sul punto di non ritorno e poi ci travestiamo momentaneamente in Santa Klaus. Beh, io col mio nome lo faccio a pieno diritto. L’hotel se così si può chiamare ci aspetta dall’altra parte di Rovaniemi dopo un villaggio che si chiama Sinetta. Il nome dell’hotel vale la pena menzionarlo: “Lapland Bear’s Lodge”. Un luogo favoloso. Noi abbiamo preso una baita per una notte a 110euro (questo periodo è bassa stagione). Per arrivare passiamo in mezzo ad un fitto bosco e poi davanti a noi si aprono la struttura centrale dell’hotel con davanti un bellissimo lago e tutte le casette intorno. Silenzio e quiete regnano. Prendiamo possesso della nostra baita che sarebbe per quattro e consta di due camere (una sopra e una sotto), un piccolo cucinotto e un salotto con caminetto e vista lago. Idromassaggio e sauna. Relax completo. Un posto in cui sicuramente un giorno torneremo. Davanti alle finestre passano indisturbati lepri e scoiattoli. Ci siamo noi e altri pochi ospiti. Unico neo, quando usciamo, le zanzare che non pinzano, ma danno semplicemente fastidio intorno alle orecchie. Ce ne accorgiamo durante una passeggiata verso un allevamento di Husky che però è in dismissione. Ma i cani ci sono eccome e sono buonissimi e ci accolgono con mille feste. Niente cuccioli che sono stati già venduti, ma rimangono ancora tantissimi esemplari. In questo periodo stanno facendo la muta. Vorremmo portarne via qualcuno, ma in Italia probabilmente soffrirebbe. Lasciamo qui un pezzo di cuore. Per cena, anche se ormai sono le undici di sera, un bel piatto di aringhe marinate col pepe rosa gustate davanti al camino acceso. Si sta bene. Esco fuori e il vento soffia tra gli alberi ed increspa un po’ lo specchio che abbiamo davanti. È mezzanotte e il sole filtra ancora prepotentemente tra i rami degli alberi. Molti ci avevano consigliato un ristorante caratteristico nel centro di Rovaniemi che si chiama Nili e serve cucina tipica lappone. Sarà per la prossima volta. Sprofondiamo nel sonno, ma i sogni li abbiamo già fatti da svegli.