Estate Portoghese

31 LUGLIO 2006 BOLOGNA - LISBONA - COLARES Finalmente è giunto il giorno della partenza. Ci muoviamo con tempismo e mai scelta si rivelò più azzeccata. Partendo da Forlì ed imboccando l’autostrada all’altezza di Faenza, dopo solo pochi chilometri ci troviamo imbottigliati nel mezzo di un traffico tentacolare che ci costringe ad...
Scritto da: Culdefeu
estate portoghese
Partenza il: 31/07/2006
Ritorno il: 09/08/2006
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
31 LUGLIO 2006 BOLOGNA – LISBONA – COLARES Finalmente è giunto il giorno della partenza. Ci muoviamo con tempismo e mai scelta si rivelò più azzeccata. Partendo da Forlì ed imboccando l’autostrada all’altezza di Faenza, dopo solo pochi chilometri ci troviamo imbottigliati nel mezzo di un traffico tentacolare che ci costringe ad un’andatura penosa. Raggiungiamo l’aeroporto di Bologna giusto in tempo per effettuare le procedure di routine e cominciare così la breve attesa per l’imbarco sul volo PGA, acquistato tramite internet al prezzo di 215 euro. Atterrati a Lisbona ci rechiamo alla Sixt Car, l’agenzia di noleggio auto che ci ha fatto l’offerta migliore. A differenza delle compagnie più note, la fila allo sportello del nostro autonoleggio è praticamente inesistente, segnale che non sappiamo se giudicare positivo o negativo. Dopo le pratiche di rito veniamo invitati a ritirare la vettura nell’ala contigua dell’aeroporto, dove solo dopo una lunghissima attesa ci viene assegnata una Opel Astra con pochi chilometri alle spalle, ma già diverse ammaccature che l’addetto alla consegna annota su di un foglio che mi viene fatto firmare. Usciti dall’aeroporto ci immettiamo senza indugio sulla strada per dirigerci a Colares, dove pernotteremo la prima notte. L’albergo prenotato sempre mediante internet è piuttosto economico ed al tempo stesso poco distante da Sintra, cosicché nei nostri pensieri l’indomani potremo visitare con calma questa città tanto decantata dalla Lonely Planet. Tuttavia per raggiungere il nostro albergo siamo costretti ad attraversare il brulicante centro cittadino di Sintra, per perderci subito dopo: facciamo infatti conoscenza della segnaletica portoghese, precisa per molti tratti, ma completamente assente nei momenti del bisogno. Proseguiamo per molti chilometri prima di accettare l’idea che la direzione intrapresa è sbagliata, quindi torniamo indietro sino al bivio incriminato e decidiamo tra le tante direzioni possibili di prendere quella secondo noi più attendibile. La scelta si rivela azzeccata e dopo diversi chilometri percorsi tra tortuose stradine alberate raggiungiamo Colares, ma stavolta è la piantina stampata dal pc a non esserci d’aiuto. Dopo aver sbagliato due delle tre direzioni disponibili, arriviamo al Miramonte Vip Hotel, un bel complesso alberghiero immerso nella vegetazione. La ragazza alla reception è molto gentile, registra i nostri dati, ci dà le chiavi delle camere e ci invita a non lasciar nulla di valore in macchina, poiché per le vetture dei turisti è concreto il rischio di essere svuotate di tutto il proprio contenuto. Ringraziatala dei preziosi consigli prendiamo possesso dei nostri alloggi, dopodiché i miei compagni di viaggio approfittano della piscina per farsi un bagno, mentre io preferisco realizzare qualche ripresa con la videocamera. Per la cena decidiamo di affidarci al consiglio della ragazza alla reception e così prendiamo la macchina per dirigerci ad Azenha Do Mar, località a pochi minuti da Colares. Strada facendo ci fermiamo in un belvedere, dal quale osserviamo meravigliati il tramonto sull’oceano. E’ uno spettacolo sensazionale, i colori del mare e del sole si miscelano tra loro, mentre molto sotto i nostri piedi furiose onde s’infrangono contro al promontorio alzando spruzzi a decine di metri d’altezza. Dopo questo inatteso e piacevole intermezzo ci rechiamo al ristorante, un bel locale dal sapore antico nel quale consumerò il mio primo bacalhau lusitano, ordinato consultando un solo menù per quattro persone. Questa sera impareremo tre nozioni che ci saranno più o meno utili nei giorni a venire; primo: inutile pretendere menù supplementari al ristorante, se siete in quattro al tavolo ve ne sarà concesso uno, due in via del tutto eccezionale nei locali più blasonati, tre se siete abbastanza lesti dal soffiarlo al tavolo dei vicini. Secondo: i camerieri hanno i loro tempi, sono estremamente sbadati e confusionari, fateci subito l’abitudine. Terzo: una volta seduti a tavola evitate se possibile di mangiare gli antipasti che consistono solitamente in olive, piccole porzioni di formaggio, pane e similari; apparentemente gratuiti, se vengono consumati risultano essere la parte più cospicua del conto. Detto questo ceniamo e quando rientriamo in albergo è ormai scesa la notte.

01 AGOSTO 2006 COLARES – ÓBIDOS – NAZARÉ – AVEIRO Di buona lena ci rechiamo nella sala ristorante per far colazione, quindi carichiamo i bagagli e salutiamo Colares, piccolo centro immerso nella natura dove pini e fiori colorati fanno da contorno a belle abitazioni incomprensibilmente malandate. Deciso di visitare Sintra al ritorno (evento che non si verificherà), partiamo verso nord con l’intenzione di raggiungere quanto prima Braga, punto più a nord del nostro ipotetico itinerario. All’altezza dell’uscita stradale per Óbidos decidiamo di concedere una chance al paesino magnificato dalla Lonely Planet, nonostante non rientri nei nostri piani; la scelta si rivela quanto mai azzeccata, Óbidos già da lontano si manifesta in tutta la sua bellezza e le mura si stagliano imponenti, incernierate dal verde di una vegetazione rigogliosa. Raggiunto comodamente un immenso parcheggio sterrato antistante l’antico acquedotto, parcheggiamo la macchina e di seguito entriamo nella città fortificata attraversando Porta da Vila. Il luogo è veramente incantevole, i fiori colorano questa bella cittadina di case bianche con bordature gialle e blu, ed una volta saliti sulla cinta si può osservare la campagna circostante. Un’avvertenza: le mura prive di protezioni laterali potrebbero allarmare noi italiani abituati a mettere protezioni in ogni dove, ma con un po’ d’accortezza si può evitare il rischio di spalmarsi al suolo. Nella via principale si susseguono senza interruzione negozi d’artigianato locale alternati ad altri di abbigliamento ed oggettistica asiatica, perlopiù indiana (non chiedetemi il nesso). Proseguendo nella visita del paesino raggiungiamo prima il fulcro del castello che presenta varie parti ricostruite ad hoc, ed in seguito l’Igreja de Santa Maria, la chiesa principale di Óbidos. Attraverso i vicoli che si dipanano confusamente si respira un’aria di serenità unica nel suo genere, il turismo sembra non essere interessato difatti a scostarsi da Rua Direita, la via principale. Completiamo la visita e riprendiamo il nostro viaggio verso Braga, facendo prima tappa a Nazaré, altra località inizialmente esclusa dal nostro itinerario. Troviamo parcheggio vicino ad un mercatino fatiscente ed all’istante ci vengono in mente le raccomandazioni della ragazza alla reception. Occultiamo dunque alla vista qualunque oggetto possa confermare trattarsi di una macchina di turisti e speranzosi ci dirigiamo verso la spiaggia. Notiamo quasi ovunque anziane donne vestite di nero cercare clienti a cui affittare stanze per la notte mostrando un cartello con su scritto quartos, e molte altre (chi non l’ha visto non può immaginarsi quante) impegnate a vendere frutta secca. Raggiunta Avenida da República osserviamo il lungomare e senza esitazione facciamo conoscenza della lunga ed assolata spiaggia portoghese. Per raggiungere l’oceano percorriamo una delle tante passerelle che tuttavia sono solite interrompersi molto prima di arrivare all’arenile, dunque proseguiamo sprofondando nella sabbia dalla dubbia consistenza. A differenza di me, i miei compagni di viaggio si tolgono le scarpe e proseguono scalzi, saggia decisione poiché arriverò a destinazione con le scarpe zavorrate della suddetta rena. Le onde dell’oceano a Nazaré sono poderose, non saprei quantificare quanto alte, ma imprevedibili quanto basta per lavare fino alla vita la mia morosa che ha avuto l’inavvertenza di immergersi fino alle caviglie. Dopo questo fortuito intermezzo ritorniamo sul viale principale dove mi libero della sabbia in eccesso per poi cercare un ristorante dove pranzare. A seguito di una lunga passeggiata individuiamo un locale non particolarmente attraente, ma nessuno di noi sembra darci troppo peso ed i prezzi esposti all’ingresso sono molto allettanti. Un ragazzone di colore che ostenta sulla maglietta le sue origini angolane c’invita a sederci e ci porge il solito squallido unico menù. Dopo l’abituale consulta del frasario italiano-portoghese acquistato prima della partenza, effettuiamo le ordinazioni con il cameriere che prova ad aiutarci illustrandoci alcuni ingredienti presenti nelle pietanze, facendo ricorso ad una Babele di lingue che ci permette non senza problemi di fare la nostra scelta. Dal momento dell’ordinazione a quello del conto il ragazzo non perde l’occasione per scherzare con noi, è un vero istrione e coglie al volo ogni opportunità per farci diventare la vittime delle sue gag, si piega in due dal ridere e tutto sommato ci fa divertire. Finito il pranzo, alticcio per il mix micidiale di vino, caldo e risa, mi reco con la truppa all’elevador, una funicolare con la quale raggiungeremo il Promontório do Sítio. La teleferica compie un percorso tra una fitta vegetazione composta perlopiù da piante grasse ed una volta giunti in cima al crinale possiamo godere di una vista meravigliosa che spazia dall’oceano ai tetti rossi della città, il tutto velato da nuvole che spinte dal forte vento si muovono con una rapidità disarmante. La grande piazza è circondata da negozi, e qua e là, mescolati alle signore in nero che vendono la frutta secca, si possono trovare numerosi artigiani che promuovono i loro particolari manufatti, mentre su un lato dello slargo si trova l’Igreja da Nossa Senhora da Nazaré, la maggiore chiesa del paese. Quando torniamo alla macchina constatiamo che arrivare a Braga sarebbe utopistico, quindi ci mettiamo in marcia sperando di arrivare almeno ad Aveiro. Raggiunto a tarda ora il nostro obiettivo cominciano i problemi. I nomi delle vie sono una rarità ed è arduo orientarsi con la sola piantina della Lonely; nel contempo ha cominciato a soffiare un forte vento freddo e nella zona dove ci troviamo è aperto un solo negozio, gestito da cinesi che non sono in grado di indicarci sulla cartina dove ci troviamo. Fortuna vuole che con un po’ di insistenza una signora intenta a pulire il negozio prima della chiusura ci informa con aria seccata che siamo distanti dal centro e ci illustra come arrivarci. Giunti a destinazione troviamo da dormire quasi subito presso l’Hospedaria Dos Arcos, dopodichè depositati i bagagli ci spostiamo per mangiare al Restaurante Ferro dove veniamo conservati criogenicamente per tutta la durata della cena dal condizionatore. La città ha un centro molto affascinante specie visto di sera, l’ambiente è molto rilassato e le facciate degli edifici sono quasi interamente rivestite di azulejos dai mille colori, ed il canale nel quale sono attraccate decine di moliceiros (barche variopinte un tempo utilizzate per la raccolta delle alghe) grazie ad una sapiente illuminazione invita ad una passeggiata, terminata la quale rientrati in albergo cediamo alle lusinghe di un sonno ristoratore.

02 AGOSTO 2006 AVEIRO – BARRA – BRAGA – PORTO Evento unico in questa vacanza, nel cielo non risplende il sole! Prima di fare rotta per Braga, consultando la guida concordiamo per una breve visita alle paludi ed alle saline, che si estendono tra Aveiro e l’oceano. Le visioniamo distrattamente dai finestrini della macchina, attraversandole su di un lungo ponte alla fine del quale decidiamo di visitare Barra, considerata una delle spiagge principali della zona. Cosa dire: il paese è deprimente, si tratta di un’immensa stazione balneare priva di fascino, il cui unico vanto, un alto faro, è avvolto per metà in una fitta foschia che fa da cornice anche al litorale. Nonostante l’atmosfera tutt’altro che estiva la spiaggia è densamente affollata, perlopiù da famiglie ed anziani che si concedono una passeggiata sulla battigia. Facciamo quattro passi, ma escludendo le frotte di pescatori e la presenza per noi comica di un anziano intento a riposare sulle rocce del porto poste a quarantacinque gradi, c’è poco da menzionare. Senza troppi rammarichi ripartiamo e ci lasciamo alle spalle Aveiro e le sue paludi. Grazie all’autostrada impieghiamo poco tempo per raggiungere Braga, tempo risparmiato che impiegheremo per orientarci nel centro cittadino. Un’annotazione una volta per tutte rivolta a chi si appresta ad intraprendere una vacanza in questo paese: quasi ovunque indicazioni e nomi delle vie hanno la consistenza di un ectoplasma, e quando ci sono il tempo le ha rese logore ed illeggibili. Dopo un lungo girovagare decidiamo di parcheggiare nell’unica piazzola disponibile, lasciando l’auto al sole: ne pagheremo le conseguenze! Siamo poco distanti dalla cattedrale della città, la più vecchia di tutto il Portogallo e decidiamo di cominciare la nostra visita proprio da lì. Prospiciente la cattedrale vi è una vasta piazza su cui si affacciano antichi edifici in precarie condizioni riccamente decorati di azulejos; della cattedrale colpisce principalmente l’impasto di stili adottati per la sua costruzione e le numerose stanze a cui si può accedere dove si trovano sepolcri, opere d’arte sacra e quant’altro sia attinente al contesto. Usciti dalla Sé ci rechiamo all’Arco da Porta Nova, un voltone di poco conto a cui dedichiamo il tempo di una foto, quindi ci dirigiamo verso il centro percorrendo il grazioso tratto pedonale in pratica deserto. Quando raggiungiamo l’obiettivo notiamo che come dal nulla la città si è popolata di centinaia di persone che bighellonano riversandosi nell’immensa Praça da República, fulcro di vita, verde e fontane. Ci concediamo una pausa all’ombra degli alberi, fino a quando decidiamo di ritornare sui nostri passi. Tornati alla macchina, questa è prossima all’ebollizione. In punta di dita apriamo gli sportelli e veniamo tosto avvolti da un calore effetto sauna. Saggiamente optiamo per attendere affinché la caldana all’interno dell’abitacolo scenda a temperature umanamente accettabili. Il viaggio riprende dopo qualche minuto, ma il volante è un tizzone ardente e guidare più che un piacere diventa una sfida. Siamo diretti a Bom Jesus Do Monte, dove ci attende la Escadaria Do Bom Jesus, la scalinata probabilmente più riprodotta del Portogallo. Dopo un’incomprensione iniziale abbandono i miei due compagni di viaggio che hanno preferito giungere in cima usufruendo della funicolare e cerco di raggiungere la mia ragazza che intanto si è già avviata per guadagnare la sommità a piedi. Per stringere i tempi affronto i gradini di gran lena concedendomi alla conclusione di ogni rampa il tempo necessario per riprendere con la telecamera i tanti tabernacoli votivi. Quando finalmente raggiungo Sara sono prossimo allo svenimento, il cuore va a mille, mi esprimo a gesti e sono vestito di sudore. Insieme raggiungiamo la cima della collina sulla quale si erige la chiesa omonima e presso la quale frotte di turisti si ristorano con bevande di ogni genere. Al termine della visita solitariamente scendo al livello zero con la funicolare che mi sento in ogni caso di sconsigliare a meno che non siate ridotti allo stato di larve (sarebbe stato molto più appagante affrontare la camminata per il ritorno, credetemi). Il viaggio riprende e percorsi una sessantina di chilometri ci addentriamo nei meandri di Porto. A darci il benvenuto è la vista dell’Estádio do Dragão, lo stadio di calcio locale, imponente ed affascinante. Inconsapevolmente ci accorgiamo di esserci insinuati alle spalle del centro vero e proprio, dunque per raggiungere la zona della Ribeira dobbiamo percorrere ancora molta strada, che Rocco affronta con guida eccessivamente sportiva. Dopo un lungo girovagare riusciamo a giungere nella zona del centro e parcheggiamo per cercare un ufficio informazioni dove chiedere una piantina dettagliata della città. Ne troviamo quasi subito uno, ma è già chiuso nonostante siano solo le sei del pomeriggio; decidiamo allora di cercare un albergo per la notte facendo ricorso alla Lonely e siamo piuttosto fortunati trovando nel Residencial Porto Rico la soluzione ai nostri problemi, anche se la strada dirimpetto all’hotel consiglierebbe di darsela a gambe levate. La padrona dell’albergo parlandoci rigorosamente in portoghese ci accompagna all’ultimo piano dell’edificio per mostrarci le stanze, poi come a ripensarci ci spiega che può farci alloggiare in un altro albergo poco distante sempre di sua proprietà, dove le camere, spiega, sono più accoglienti. La seguiamo mentre attraversa tagliando di netto un tratto della città, infischiandosene del traffico ed arrivando al Residencial Paulista che sebbene si trovi di fronte alla bella Praça General Humberto Delgado dall’ingresso non promette nulla di buono. Dopo una spiacevole disavventura nell’ascensore anni ’40 del palazzo, perveniamo ai piani alti dell’edificio dove si trovano le nostre camere. Prima di uscire ci affidiamo nuovamente al consiglio della ragazza alla reception che ci suggerisce di cenare a la Casa Filha da Mãe Preta, ristorante sito nella Ribeira, il quartiere più rinomato della città situato sulla sponda del Rio Douro. Per raggiungerlo attraversiamo i vicoli ed i viali che la guida sconsiglia di percorrere nelle ore notturne al fine di evitare spiacevoli incontri: non possiamo darle torto, ma fortunatamente non si sono registrati eventi infausti. Poiché la cartina a nostra disposizione non è molto precisa, chiediamo informazioni ad un poliziotto in servizio che non essendo sicuro della risposta telefona presumibilmente ad un conoscente e di seguito ci spiega dove si trova il ristorante di cui esiste una taverna omonima nei paraggi (ecco svelato il suo dubbio)… senza parole! Dopo questo episodio che conferma una volta di più se necessario quanto sia cortese questo popolo, arriviamo a la Casa Filha da Mãe Preta, ma fuori tempo massimo cosicché ci dirottiamo nel ristorante attiguo dove veniamo serviti vista la tarda ora con quello che è rimasto in cucina. La vista del fiume con le tipiche barche attraccate a scopo pubblicitario e l’imponente ponte De Dom Luís I finemente illuminato sono un contorno di grande impatto, una degna fotografia scattata prima di coricarsi.

03 AGOSTO 2006 PORTO – VILA NOVA DE GAIA – VILA REAL Dopo una fugace colazione in un bar vicino all’albergo, recuperiamo i nostri bagagli che carichiamo sulla macchina e ci spostiamo con essa fino ad un parcheggio al coperto nei pressi della Sé che visitiamo prontamente. Dalla piazza antistante si ha una bella visuale di Porto, che cominciamo ad esplorare percorrendo le ripide scalinate del quartiere vecchio dove le case ammassate una all’altra racchiudono la vera essenza della città antica. A causa di un diverbio a tutt’oggi non chiarito, giungiamo separatamente alla base del Ponte De Dom Luís I per poi ricompattarci come se nulla fosse accaduto. Visitiamo alla luce del giorno la Ribeira, osservando tra lo stupito ed il disgustato orde di pesci ammassarsi lungo le sponde del fiume alla ricerca di cibo, quindi ci dirigiamo alla Casa do Infante che tuttavia non visitiamo ed al Palácio da Bolsa, che alla stessa maniera osserviamo solo sino all’atrio d’ingresso. Il quartiere è piacevole da visitare, ma stupisce la scarsità di turisti che visitano la zona verosimilmente più famosa della seconda città lusitana. Si è fatta ora di pranzo e decidiamo di andare a pranzare a la Casa Filha da Mãe Preta sperando di avere più fortuna della sera precedente. Qui veniamo fatti accomodare al primo piano del locale, dal quale si ha un’ottima visuale del Rio Douro illuminato dal sole; consumato il nostro pasto osserviamo un gruppetto di giovani che attrezzato di canotti e remi si diverte nelle dubbie acque del fiume in compagnia dei menzionati pesci, dopodiché imbocchiamo Cais Da Ribeira e attraversiamo il Ponte De Dom Luís I, al termine del quale ci troviamo di fatto a Vila Nova de Gaia, la zona delle aziende vinicole. Il fianco del fiume è un susseguirsi ininterrotto di cantine, dove viene imbottigliato il famoso vino Porto (ma non solo); dopo una breve consultazione decidiamo per la visita all’azienda Offley, sebbene i dipendenti delle tante ditte sguinzagliati per strada cerchino di convincerci a visitare la loro cantina piuttosto che un’altra. Trovato il posto attendiamo nella sala d’ingresso la guida che ci accompagnerà nella visita illustrandoci il tutto in lingua francese. Centinaia di botti cariche di Porto troneggiano ovunque, quello che si presenta alla nostra vista è il paradiso in terra degli alcolisti, tanto che aspettiamo con trepidazione il momento della prevista degustazione gratuita. Nonostante nove anni di francese ammetto con imbarazzo di aver compreso ben poco di quanto detto dalla guida, ma devo anche precisare che l’attenzione prestata era altrettanto limitata! Tracannati un assaggio di Porto bianco ed uno di rosso, compiuti gli acquisti di rito, scegliamo di raggiungere l’estremità alta del Ponte De Dom Luís I per tornare sulla sponda opposta del Douro ove la nostra macchina ci attende posteggiata opportunamente all’ombra. La risalita è in realtà una vera e propria arrampicata, scale ripide sotto ad un sole martellante con l’aggravante di un vento caldo ed autorevole mi spossano, ma giunto in cima il panorama ripaga di ogni sforzo. A questo punto ancora una volta ci separiamo, a differenza dei nostri compagni di viaggio che optano per la metropolitana noi preferiamo attraversare il breve tratto di ponte a piedi. Recuperata la macchina riprendiamo il viaggio, direzione Vila Real; giuntivi senza troppi problemi, a seguito della ricerca di un posto per dormire si scatena una nuova discussione ed una volta trovato l’albergo per la notte rimaniamo divisi a coppie fino all’indomani, quando cioè le acque si placano per l’ennesima volta. Con la mia ragazza dopo una doccia rigenerante andiamo alla ricerca di un ristorante a buon prezzo ed all’imbocco di Rua Teixeira de Sousa troviamo quello che cerchiamo: con circa sette euro a testa mangiamo zuppa, insalata di tonno (dalle dimensioni ciclopiche), pane (lo sottolineo perché in questo paese lo si paga come se fosse una portata), dolce e beviamo a volontà. Terminata la cena ci dedichiamo ad una breve visita della città nella quale per la prima sera da quando siamo in Portogallo si sta bene anche con indosso la t-shirt. Nella piazza principale un folto gruppo di giovani intona canzoni presumibilmente a sfondo religioso, rallegrando un centro altrimenti insonnolito. Girovaghiamo senza una meta vera e propria, in verità c’è poco da vedere. L’unica zona degna di rilievo è la piazzetta, che sfoltitasi dei ragazzi festanti esibisce una fontana a raso che spruzza alti getti d’acqua apparentemente senza una logica; i bambini si divertono a zigzagare tra questi, io mi limito ad osservarli. In fondo alla piazza si trova la Câmara Municipal, lo storico municipio dalla bella scalinata d’ingresso. Saliamo in cima alla scala e mentre sono intento a leggere la targa posta in memoria ai caduti del primo conflitto mondiale, odo provenire dall’interno del palazzo musica e canti. Il portone è aperto, ci insinuiamo dentro e dal ballatoio interno osserviamo le prove di un compagnia locale coordinata da un direttore d’orchestra. Sembrano non averci notato, dunque li ascoltiamo per un po’. Suonano tamburi, chitarre tipiche del loro paese, e cantano con una forza dirompente tanto che il ritornello ci rimarrà impresso per il resto della serata. Al termine dell’esecuzione di un brano la mia morosa applaude, loro si voltano verso di noi, io sono pronto per scappare, ma non ve n’è bisogno: inizialmente stupiti apprezzano il nostro encomio e posso dunque abbandonare il mio assetto da centometrista. In città non c’è molto altro da fare, per l’indomani abbiamo previsto di spostarci a Figueira da Foz, di conseguenza decidiamo di andare a letto.

04 AGOSTO 2006 VILA REAL – SOLAR DE MATEUS – COIMBRA Riassettata la ciurma stabiliamo di andare a visitare il Palácio De Mateus, sito poco fuori Vila Real. Grazie all’encomiabile segnaletica portoghese riusciamo a raggiungere la destinazione solo dopo aver girovagato in lungo e in largo all’interno di un comprensorio universitario. Recuperata la bussola giungiamo a Solar de Mateus dove si trova l’omonimo Palácio e visitiamo il giardino tralasciando gli interni del palazzo. E’ una camminata piacevole, i fiori e le siepi sapientemente foggiate sono un gradevole diversivo e mi sento di consigliare questa breve escursione a chiunque voglia vedere qualcosa di diverso dal solito. Riprendiamo il viaggio, dobbiamo infatti fare molta strada per raggiungere la nostra destinazione e poco dopo l’ora di pranzo siamo in prossimità di Coimbra, che nelle nostre intenzioni vorremmo visitare molto speditamente. Parcheggiamo nei pressi di Praça da Republica e visto l’orario cerchiamo un posto dove mangiare. Approfittiamo di un Pizza Hut tutt’altro che economico (unica esperienza global di questa vacanza) e concordiamo visto l’orario di posticipare Figueira da Foz all’indomani, in maniera da dedicare il pomeriggio alla scoperta di Coimbra. All’uscita, sotto un sole di quelli che ti strappano via la pelle di dosso, ci concediamo qualche foto al Parque de Santa Cruz, un giardino maltenuto ma con una fontana molto scenografica difficile da descrivere. Spossati dall’arsura cerchiamo un ufficio informazioni aperto. Ne individuiamo uno sulla guida, a meno di un chilometro dal punto in cui ci troviamo; il parchimetro è valido ancora per due ore e non vogliamo vanificare la spesa, in fondo si tratta di poca strada. Di fatto è un’epopea alla pari di un pellegrinaggio, dopo aver affrontato una scalinata alla Rocky ci attendono ripidissime stradine in ciottolato dove ogni passo mosso con noncuranza è una storta assicurata. Dimenticavo, il tutto come sempre sotto ad un sole cocente (sottolineo la cosa poiché io che sono un invasato del caldo ed il mio habitat naturale è il forno in questo paese sono spesso costretto a boccheggiare). Giungiamo all’ufficio del turismo prossimi alla visione mistica. Qui ci procuriamo la cartina della città con tutti i dettagli, quindi domandiamo quali siano i luoghi di maggior interesse e come arrivarci. Ancora una volta a farla da padrone sono stuoli di chiese e monasteri, ma quando la ragazza ci spiega che poco oltre il fiume vi è il cosiddetto Portugal dos Pequenitos, l’equivalente del nostro Italia in Miniatura, quasi all’istante mi bagno le mutandine. Usciti dall’ufficio informazioni ci dirigiamo subito alla Pensão Residencial Larbelo, dove troviamo prontamente una sistemazione. A questo punto è d’obbligo un encomio alla Lonely Planet: la definizione arcigno ma amichevole nel descrivere il personale è quanto di più azzeccato avrebbero potuto scrivere! Facciamo ritorno alla macchina passando per il centro in maniera da evitare il truce percorso dell’andata, poi giunti in prossimità dell’albergo Rocco e Sara scaricano i bagagli, mentre io e Chiara portiamo la macchina al grande parcheggio gratuito della città, situato subito oltre il Rio Mondego. Attraversato il ponte di Santa Clara avviene il fattaccio: stiamo percorrendo una strada a senso unico con quattro corsie, il parcheggio si trova sul mio lato cosicché comincio la manovra per accedervi, quando alla mia sinistra odo una brusca frenata. E’ un istante, d’istinto sterzo a destra, ma non a sufficienza, un furgoncino sfila inchiodando e graffia lateralmente il paraurti, un danno di poco conto eppure sufficiente a farmi sporcare le mutandine (giornata dura per la biancheria intima). Rigorosamente, come nel caso del novantanove per cento della gente con cui abbiamo avuto sinora a che fare, anche gli occupanti del furgoncino con cui ho avuto la disavventura di imbattermi si esprimono solo nel loro idioma; al termine di una lunga discussione senza risoluzione ci accordiamo per andare ognuno per la propria strada, siamo entrambi in torto (io ho svoltato in un punto dove la linea di corsia era continua e loro viaggiavano palesemente al di sopra dei limiti di velocità), la constatazione amichevole nel loro paese non esiste (o sono stati bravi a farcelo credere), dal call center del nostro autonoleggio non ci viene fornita una risposta utile, e ultimo, ma non per importanza, la polizia portoghese sembra fare più paura di un weekend nel Bronx. Fine dell’episodio. Constatando a causa della perdita di tempo che dovrò dire addio al Portugal dos Pequenitos, per non vanificare il pomeriggio dopo una breve ma intensa doccia (la migliore di tutto il viaggio), mi avventuro con Rocco per il centro cittadino. Rua Ferriera Borges è popolata di turisti e gente del posto, su entrambi i lati si snodano deliziose stradine che portano nei luoghi più reconditi della città, dove ci avventuriamo con piacere. Dopo essere rientrati in albergo ed aver successivamente consumato la cena su consiglio del gestore dell’albergo al Restaurante Alfredo sito poco oltre il Rio Montego (eventi degni di nota: Sara schiude un gamberetto che deflagra alla maniera di una bomba a mano scagliando schizzi di condimento per ogni dove e l’aria condizionata regolata come al solito a temperatura artica), ci dirigiamo all’Á Capella, un locale contenuto ricavato da una piccola chiesa del 1300. Aspettiamo fuori il nostro turno, al suo interno infatti il locale è completamente esaurito e dobbiamo dunque attendere la terza esibizione, quando parte del pubblico se ne andrà. Da fuori i vocalizzi del cantore non promettono troppo bene, ma sono curioso di assistere a questo famoso fado di cui si fa un gran parlare. Fortunatamente l’attesa è breve e dopo poco facciamo il nostro ingresso nel locale. L’interno è incantevole, un pianoforte capeggia sul mezzanino e le luci soffuse rendono l’atmosfera d’altri tempi. Il fado si svolge in cinque atti, due dei quali strumentali, al cui termine esco trionfante per l’aver superato questa prova (ammetto senza remore che questo genere musicale non fa per me). Nel tragitto che ci porta all’albergo osservo qualche locale dove ragazzi bevono e conversano tra loro senza generare la chiassosità tipica dei pub italiani e provo un po’ d’invidia per la serenità che aleggia in questa nazione.

05 AGOSTO 2006 COIMBRA – BUARCOS Dopo aver fatto colazione nella pastelarias a ridosso dell’albergo partiamo alla volta di Figueira da Foz, percorrendo senza grossi problemi il breve tratto di strada che ci separa dalla località balneare attraverso un paesaggio composto essenzialmente di pinete. Giunti alla meta la prima sfida è trovare parcheggio: sembra infatti non esservi un solo posteggio libero nell’arco di decine di chilometri, ovunque macchine a passo d’uomo vigilano guardinghe nella speranza che se ne liberi uno. Quando ormai la speranza è sul punto di abbandonarci, imitando un turista svizzero troviamo uno spazio nelle vicinanze delle mura storiche cittadine. Il parcheggio non è agevole, Rocco che è alla guida deve fare numerose manovre per accostare il più possibile la vettura al bordo della carreggiata, che per inciso è a ridosso di uno strapiombo. Nonostante il grande afflusso di turisti riusciamo quasi subito a trovare un appartamento a buon prezzo, anche se non a Figueira da Foz, bensì a Buarcos, una cittadina adiacente. L’alloggio è pulito e con un bel bagno, ma per dormire una delle due coppie è costretta a servirsi di un divano-letto che ha conosciuto momenti migliori, difatti ad ogni movimento azzardato (tipo ruotare di lato) un’asse dello stesso scatta fuori dalla sede deformando il giaciglio. Di fronte al nostro giardino si staglia un immenso edificio rivestito interamente di azulejos, una sorta di gabinetto a cielo aperto per intendersi. Decidiamo di dividerci ed in compagnia di Sara mi addentro nei vicoli del centro cittadino, che sebbene sia poco esteso non ha nulla da inviare alle grandi città portoghesi con i suoi continui dislivelli da arrampicatore. La zona centrale è presidiata da piccoli ristoranti poco invitanti e da anziane signore che improvvisano nelle stradine un mercatino dove vendono principalmente abbigliamento d’imitazione. Ci divincoliamo dalla pressione dei commercianti che cercano in ogni maniera di farci loro clienti, e rientriamo in appartamento dove disponiamo di andare a comprarci il pranzo in un supermercato sito poco lontano. Quando usciamo veniamo incuriositi da una donna che cucina il pesce alla graticola sul bordo della strada, il tutto sotto lo sguardo affamato di un gatto scarno come buona parte di quelli visti sinora nel nostro viaggio. Fatta un’abbondante spesa torniamo in appartamento dove pranziamo per poi deliberare per la spiaggia. Giunti a destinazione concordiamo che stare sotto ad una simile calura per tutta la giornata è un’impresa fuori dalla nostra portata, dunque cerchiamo e troviamo un bazar nel quale acquistiamo un ombrellone per ripararci dal sole ed una paletta per non so quale motivo. Ricompattatici, io, Sara e Rocco guadagniamo la battigia con l’intenzione di fare il nostro primo bagno nell’oceano, ma come l’acqua ci leviga i piedi (è il termine corretto, credetemi) rimaniamo tutti quanti basiti in un’apnea da soffocamento, eccezion fatta per il sottoscritto che riesce con sorprendente virilità ad emettere un acuto strillo effeminato prima di assumere il colore della sabbia. Avevo letto di quanto fosse gelido l’oceano, ma mai mi sarei immaginato livelli del genere, benché le frotte di portoghesi annidati sul bagnasciuga con l’acqua alle caviglie qualcosa avrebbe dovuto fare intuire. Rimaniamo qualche minuto con i piedi immersi, poi come a voler sfidare l’Atlantico avanziamo con passo incerto finché con tempistiche differenti si immergiamo; trovo il coraggio per ultimo e quando l’acqua mi arriva alla gola provo una sensazione simile all’assideramento, tanto da concordare con me stesso che quella sarà la mia prima ed unica esperienza. Rimango immerso meno di un minuto, tempo sufficiente perché gli arti perdano progressivamente di sensibilità; in seguito mi siedo sull’arenile con Rocco, di maniera che l’acqua ci bagni ad ondate, un surplus di tortura che comunque riesce in maniera masochistica a farmi divertire. Quando capiamo che per il momento po’ bastare, rientriamo alla base dove ci stendiamo al sole poiché l’ombra proiettata dall’ombrellone precedentemente acquistato è sufficiente a malapena per una persona, quindi mi abbandono ad uno scomodo riposo. La mia personalissima esperienza mi ha insegnato che fare il bagno nell’oceano a meno che non siate una foca o un cetaceo di grosse dimensioni non è dissimile dal sottoporsi ad una tortura medievale; non dico che sia impossibile farvi il bagno, ma rimanere immersi in quell’immenso cocktail con ghiaccio è una sfida con sé stessi, non un piacere. Rientro in appartamento prima degli altri, così da potermi lavare con calma ed approfittare del tempo a disposizione per sdraiarmi ad ascoltare un po’ di musica. Usciamo sul tardi e non avendo voglia di arrivare a Figueira da Foz decidiamo di cercare un locale a Buarcos, impresa tutt’altro che facile dato che ovunque si registra il tutto esaurito. Giriamo a lungo, fin quando stabiliamo di metterci in fila per il ristorante che più di altri ci aveva impressionato; contro ogni previsione l’attesa è breve, tuttavia una volta accomodati nella saletta interna siamo protagonisti di un nuovo primato mondiale, difatti dal momento dell’ordinazione a quello in cui veniamo serviti abbiamo il tempo di osservare alla televisione l’intervallo dell’incontro calcistico Sporting Braga contro Sporting Lisbona, l’intero secondo tempo e qualche minuto delle interviste dopopartita, il tutto condito da tre black-out che hanno lasciato il ristorante nell’oscurità per qualche istante (la rapidità con la quale hanno risolto il problema è la dimostrazione che sono ben abituati a questo genere di inconveniente). Dopo la cena i miei compagni di viaggio si concedono un gelato come atto conclusivo della giornata, quindi tutti a letto.

06 AGOSTO 2006 BUARCOS – FIGUEIRA DA FOZ Di buon’ora Rocco si alza e si dirige in spiaggia lasciando noialtri ad oziare ancora un po’. Ci svegliamo con calma a mattinata inoltrata e ci prepariamo per raggiungere il nostro compagno. La ricerca è estenuante e scarpiniamo a lungo prima di capire che oggi Rocco ha optato per la spiaggia di Figueira da Foz, dove con una esigua cifra ha noleggiato una delle loro caratteristiche capannine per ripararsi dal sole. All’interno di questa casupola vi è una seggiola d’ordinanza dell’altezza stimata di quaranta centimetri, la metà dei quali affondano placidamente nella sabbia sotto il peso dell’avventore. Tuttavia avevo già programmato di visitare in mattinata la città, quindi armato di coraggio, ma poche speranze, comincio la camminata in compagnia di Sara. Il litorale per lunghi tratti appare subito più affine al Sahara che ad una spiaggia europea, distese di sabbia corrono indisturbate in direzione dell’oceano senza che nulla vi si frapponga nel mezzo, se non qualche solitaria palma e sporadici campi da calcetto e da beach-volley completamente deserti. Il viale principale che costeggia il lungomare è separato da aiuole ben curate, mentre palme di grosse dimensioni troneggiano sul lato della spiaggia dove un ciottolato di recente foggia invita alla passeggiata anche se il sole come al solito rende estenuante anche il solo pensare. Per assurdo invece il lato dove alberghi ed abitazioni dovrebbero stagliarsi trionfanti, essendo questa località balneare la più rinomata del Portogallo, manifesta arretratezza e le facciate scalcinate non sono di certo una buona reclame per il turista. Gli alberghi, qualunque sia la loro classe, hanno lo stesso fascino di una caserma militare ed una volta addentrati nelle stradine interne la situazione non migliora, anche se l’aver trovato un negozio di alimentari vecchia maniera, di quelli dove si digita ancora il prezzo del prodotto manualmente, mi strappa un sorriso. Tengo comunque a precisare che su questi giudizi pesa la mia esperienza personale essendo originario di una località marittima della costa romagnola. Arrivati all’altezza del faro concludiamo che proseguire oltre non avrebbe senso e senza rimpianti intraprendiamo la strada del ritorno, durante la quale cogliamo l’occasione per fermarci ad osservare una curiosa oasi strappata letteralmente alla spiaggia, popolata perlopiù da anatre. Dedichiamo lungo tempo ad osservare una nutrita famigliola di queste, poi vista l’ora decidiamo di andare a mangiare qualcosa. Dopo pranzo ci aggreghiamo alla nostra cricca; in spiaggia la calura è insopportabile, ma Rocco a quanto pare è riuscito ad escogitare uno stratagemma per godersi il bollore del sole ed il gelo dell’oceano. Io tuttavia declino l’invito nel seguirlo nei suoi spostamenti e mi incuneo immediatamente nella capannina dove comincio ad oziare in compagnia di Chiara. Quando però siamo tutti radunati la situazione si fa critica, del resto presidiamo un fazzoletto di spiaggia e la capannina è sufficiente ad un avventore, due se ci si stringe un po’. L’ombrellone posto in aderenza alla capanna cerca per quanto possibile di aumentare la zona d’ombra, comunque sia non sono bendisposto e senza pensarci troppo mi sdraio alla maniera dei faraoni raffigurati sui sarcofagi ed aspetto che il tempo passi. Resisto tuttavia ben poco e senza tentennamenti saluto la truppa per raggiungere l’appartamento dove mi concedo una doccia fatta in tutta calma per poi oziare sul letto leggendo ed ascoltando musica fino al ritorno dei miei amici. Al contrario della sera precedente usciamo di buon’ora con l’intenzione di andare a cenare a Figueira da Foz. Nonostante il forte vento passeggiare sull’imbrunire è molto piacevole, quanto lo è osservare i ragazzi che approfittando della temperatura più mite per dedicarsi al calcetto, al beach-volley (un’impresa, visto che il pallone in balia del vento traccia in aria parabole irreali) o ad eseguire evoluzioni con le bici sulle rampe di uno skate-park. Facciamo diverse foto, l’atmosfera è calma e rilassata, la luce del tramonto stupenda. E’ in questa atmosfera che Rocco senza far presagire intenzioni bellicose scuote l’aria con un tuono tremendo, che ovviamente non passa inosservato, lasciando sbigottite un paio di ragazze impegnate solo un attimo prima a discutere sul muretto del lungomare. Asciugate le lacrime per il gran ridere in conseguenza all’espressione delle due giovani, attraversiamo il viale principale per osservare le proposte gastronomiche dei ristoranti, ma la ricerca si rileva più ardua del previsto, infatti i numerosi locali visti in mattinata in realtà altro non sono che bar o tavole calde. Impieghiamo molto tempo prima di optare per una di queste, il New Burgeur, nel quale i camerieri riescono nell’impresa di eguagliare in parte i colleghi di Buarcos, dimenticandosi totalmente di servire a Rocco la sua cena, per poi porvi tardivamente rimedio. Quando torniamo in strada la temperatura è scesa notevolmente, quindi senza indugiare affrontiamo la lunga camminata che ci attende e dopo il gelato di rito rientriamo in appartamento.

07 AGOSTO 2006 BUARCOS – FÁTIMA – MIRA DE AIRE – LISBONA Lasciamo Buarcos in mattinata, prossima fermata Fátima. Arrivati in centro parcheggiamo senza problemi ed una volta scesi dalla macchina avvertiamo immediatamente che l’aria è satura dell’odore delle candele che vengono accese a poca distanza (nell’impasto della cera evidentemente viene aggiunta l’essenza della vaniglia, l’aria nonostante i presupposti infatti non è opprimente). Prima di visitare la Basilica e tutto il complesso attinente, andiamo alla ricerca dell’ufficio informazioni, che troviamo solo dopo una lunga camminata a base di alberghi e negozi di souvenir, durante la quale Chiara e Sara decidono di andare ad assistere alla messa. Io e Rocco raggiungiamo l’ufficio del turismo e ricevuta una mappa della città constatiamo prospettarsi una lunga mattinata. Come preventivabile non vi è nulla da vedere, quindi dopo un breve excursus in un centro commerciale ancora da ultimare, visitiamo la Cova da Iria, luogo d’apparizione della Vergine. L’immensa spianata di fronte alla Basilica è solcata nel mezzo da una bianca striscia larga poco meno di un metro che i pellegrini percorrono in ginocchio o a piedi, terminata la quale possono accedere a la Capela das Apariçoes, la cappella eretta nel punto in cui comparì la Vergine. Nei pressi della fornace l’andirivieni di fedeli è incessante, acquistano candele dalle dimensioni di una lancia, altri ceri con la foggia di organi umani, quindi le gettano nella fornace la cui sola vista causa una copiosa sudorazione. Riunitici visitiamo la Basilica, acquistiamo qualche oggetto da portare ai parenti e non senza fatica li facciamo benedire dall’unico prete disponibile, per giunta in borghese. Giunge quindi il momento di ripartire. Faccio ora una puntualizzazione a livello personale: Fátima è uno di quei luoghi dove una persona vi si deve recare solo se fortemente motivata, meglio ancora se mossa dalla fede. In tutti gli altri casi si rischia di notare solo il fenomeno commerciale che gli è stato costruito intorno, con alberghi, ristoranti, gadget e per finire l’immensa nuova chiesa ancora in costruzione dalle sembianze di un palazzetto dello sport. Ripresa la marcia, faccio pressione per visitare le grotte di Mira de Aire che la Lonely decanta come le più belle di tutto il Portogallo (sono tuttavia il primo a sconsigliarle, poi capirete il perché). Raggiungere Mira de Aire è tutt’altro che semplice, difatti a causa della strada tortuosa e costellata di lavori in corso impieghiamo molto più tempo del previsto. Quando arriviamo notiamo immediatamente sul versante opposto al nostro un incendio, il primo a cui assistiamo in questo viaggio, uno dei tanti trasmessi dalla televisione portoghese. Nonostante l’orario decidiamo di pranzare ed in seguito di acquistare i biglietti per la visita alle grotte; dobbiamo attendere una ventina di minuti per la visita guidata, e per passare il tempo osserviamo somari, tacchini e papere nei recinti adiacenti il complesso costruito in funzione delle grotte. Puntuale inizia la visita e addentrandoci è innegabile il fascino che sprigionano queste grotte, impreziosite da luci colorate soffuse poste in diversi pertugi. La guida ha una tempistica da rispettare e per questo motivo mi ritrovo spesso lontano dal gruppo, abbandonato in una desolata tenebra nella quale finisco ogni qualvolta viene spenta l’illuminazione del tratto appena osservato. Le rampe di scale ci portano nel profondo sottosuolo, attraverso ponti, anfratti e corsi d’acqua, fino all’ultimo livello, dove delle fontanelle stile Gardaland ci accompagnano all’ascensore che ci porterà all’uscita. Tutto molto bello, ma al termine della visita non posso dar torto alla mia morosa quando afferma che nelle condizioni in cui versano, queste grotte non hanno in serbo un futuro radioso: la gente ovunque sia possibile tocca la superficie di stalattiti e stalagmiti precludendone la crescita, nonostante il divieto della guida la gente continua a fare fotografie con l’uso del flash (a quanto pare deleterio) e le fontanelle poste qua e là dubito fortemente possano essere d’aiuto alla quiete del sistema delle grotte. E’ una questione etica, lascio a voi il giudizio. Siamo dunque di nuovo in viaggio per l’ultima tappa del nostro viaggio, Lisbona, dove alloggeremo per due notti all’Hotel Vip Berna, prenotato prima di partire per il viaggio. Consumiamo la cena in un ristorante poco distante dall’albergo ed una volta rientrati ci accomodiamo nella zona prospiciente il bar, dove Rocco e Sara con moderati intermezzi di Chiara disquisiscono sulla recente visita a Fátima. Io preferisco astenermi, il mio parere lo avete già letto.

08 AGOSTO 2006 LISBONA Lisbona di prima mattina è avvolta da una leggera foschia e di conseguenza l’aria è frizzante, ma facciamo bene a vestirci leggeri perché nel volgere di poco il sole torna a farla da padrone. Quasi ovunque osserviamo le stravaganti mucche della rassegna itinerante Cowparade, disseminate nelle piazze della città e nelle fermate del metrò, con il quale cominciamo i nostri spostamenti. La metropolitana di Lisbona colpisce subito per le ottime condizioni della struttura, il ritmo blando dei suoi passeggeri (ma deve essere tipico dei portoghesi affrontare la vita senza fretta, lode a loro) ed i maxischermi ad ogni fermata dove vengono proiettati in rotazione video musicali per rendere l’attesa tra un convoglio e l’altro meno gravosa. Quando torniamo alla luce del sole siamo nel quartiere della Baixa, poco distanti dall’Elevador de Santa Justa a cui rinunciamo dopo aver esaminato a fondo la fila che saremmo costretti a fare per salirvi in cima. Da qui ci spostiamo in Praça Dom Pedro IV e di seguito in Praça da Figueira, la prima menzionabile per una bella fontana, la seconda per il gran numero di mucche coreografiche in bella mostra e per i recessi utilizzati dai senzatetto come camera da letto (e orinatoio). Senza le idee troppo chiare sul dove andare decidiamo di visitare il Castelo de São Jorge, raggiungendolo a piedi dopo una camminata tutta in salita (ma come ha detto Rocco fin dal primo giorno, questi portoghesi non potevano livellare il terreno prima di costruirvi le città?). Dalle mura del castello si ha un’ampia veduta della città, in modo particolare su Praça do Comércio, famosa per esporre un lato della piazza al Tejo. Il castello di per sé non ha molto da offrire se non i suoi bastioni sui quali passeggiamo a lungo ed i cortili ombreggiati nei quali pullulano bar e ristoranti, indi per cui dopo aver osservato a sufficienza Lisbona dall’alto, conveniamo sia giunta l’ora di dirigerci al Santuário de Cristo Rei che si trova sulla sponda opposta del Rio Tejo. Arrivati alla banchina da cui partono i traghetti, in gran fretta acquistiamo i biglietti e prendiamo la motonave al volo (nel vero senso della parola, ancora pochi istanti e saremmo stati segati in due dal portellone che chiude l’ingresso per gli imbarchi) e cominciamo cosìla breve traversata del fiume. Sopraggiunti sulla sponda opposta nel sobborgo denominato Cacilhas, attendiamo con pazienza l’autobus per raggiungere il Cristo Rei, la statua in scala ridotta della sua omonima localizzata a Rio de Janeiro. L’autobus per assurdo è una culla e nonostante le brusche virate compiute per addentrarsi nelle strette stradine della Cacilhas, a turno cediamo alle lusinghe di Morfeo e capo chino o flesso all’indietro diamo bella mostra di noi stessi. Ridestati per tempo non possiamo negare che vista da vicino la statua è veramente imponente, ma solo una volta saliti in cima con l’ascensore si può avere l’idea della sua autorevolezza osservando il Ponte 25 de Abril nella sua tinta rossa farsi piccolo scivolando verso Lisbona in una fastidiosa bruma. Scendiamo a terra e con le modalità precedenti ritorniamo a Cais do Sodré, dove con il treno arriviamo a Belém, o più precisamente alla sua stazione ferroviaria: il Padrão dos Descobrimentos infatti và raggiunto a piedi. Non è un tratto di strada lungo, ma oberati dal gran camminare raggiungerlo è un bel traguardo e probabilmente per rifiatare gli dedichiamo molto più tempo di quello che meriti realmente. Il Padrão dos Descobrimentos di fatto è il monumento agli uomini illustri della nazione, in primis ai grandi esploratori; dopo una breve visita alle sale espositive saliamo fin sul tetto dal quale ammiriamo la piazzetta di fronte, sulla cui area è stato realizzato alla maniera di un mosaico un mappamondo ornato da una bella rosa dei venti. Nonostante le condizioni precarie in cui versiamo, decidiamo di proseguire per il Mosteiro dos Jerónimos, che sarà di fatto l’ultimo monumento osservato in questa vacanza. Ci facciamo una bella passeggiata sulla riva del Tejo, ma giunti a destinazione constatiamo tristemente di essere arrivati fuori tempo massimo. L’orario delle visite infatti è terminato da trenta minuti, quindi per non vanificare completamente la scarpinata saccheggiamo di foto e riprese gli esterni di un palazzo affascinante anche semplicemente visto da fuori, ne è la riprova la grandissima quantità di gente affollata nella zona. Tornati alla stazione di Belém si parla di Alfama, ma quasi subito rinunciamo all’idea, siamo invero per la prima volta tutti d’accordo che sia necessaria quanto prima una bella doccia. Rientriamo in albergo ed una volta pronti, quando cioè fuori i lampioni hanno avvicendato il sole, usciamo per cenare. Optiamo per un ristorante notato la sera precedente lungo la strada percorsa per andare al Restaurante Grand’Elias, ma solo una volta aver fatto il nostro ingresso scopriamo trattarsi di un pub, così per non dare l’impressione di esserci sbagliati affrontiamo rapidamente un aperitivo a base di Porto (ottimo quello invecchiato ordinato da Rocco) e fuggiamo diretti al ristorante della sera prima, dove mangiamo il nostro ultimo pasto lusitano.

09 AGOSTO 2006 LISBONA – BOLOGNA Siamo giunti così alla conclusione del viaggio e ci si prepara per le operazioni di rientro. Il volo è fissato per le otto e quarantacinque, quindi ci svegliamo presto e caricati in macchina i bagagli ci addentriamo nel traffico mattutino di Lisbona, composto in prevalenza di taxi, autobus e camion di manovali diretti al lavoro. Per non smentirci riusciamo nell’impresa di sbagliare un’ultima volta direzione, poi raggiunto l’aeroporto riconsegniamo la macchina con tutte le ansie legate all’incidente di Coimbra. Il ragazzo all’accettazione ispeziona con cura maniacale il cruscotto segnando ogni dettaglio su di un foglio, quindi esce e circumnaviga (da buon portoghese) la vettura; quando mi porge il documento e su di esso non è indicato il graffio causa di tante preoccupazioni, mi sento decisamente sollevato. Rasserenati ci rechiamo all’interno dell’aeroporto dove cogliamo l’occasione per scrivere le ultime cartoline e nel caso del sottoscritto per rifare causa fitte enteriche legate al fresco della mattina, le meche ad uno sventurato viaggiatore intento a dormire sulla panchina ridosso alla mia. Un viaggio tanto caotico non poteva concludersi senza la sorpresa finale: in attesa del volo al gate segnalato sul biglietto, non diamo importanza al fatto che nonostante manchino una manciata di minuti all’imbarco non vi sia praticamente nessun altro passeggero. Fortunatamente Sara prestando attenzione alle parole dei nostri unici compagni d’attesa, apprende che il volo è stato inspiegabilmente spostato ad un altro gate, al quale ci indirizziamo rapidamente quando viene chiamata l’immediata chiusura dell’imbarco. Siamo gli ultimi e per qualche istante il pensiero di rimanere qualche altro giorno in Portogallo per andare a trovare lo zio di Chiara nell’Algarve stava per diventare realtà! Saliti in aereo ci abbandoniamo a turno ad un sonno arretrato che solo l’atterraggio ridesterà.

Ed ora alcuni consigli personali: – evitate questa nazione se siete alla ricerca di grandi spazi vuoti, paesaggi bucolici e fauna allo stato brado; al contrario visitatela se volete passare una vacanza serena tra gente cordiale, mangiando bene, e cosa assai importante, spendendo poco; – l’escursione termica in questo paese è notevole, quindi portatevi dietro abbigliamento leggero per il giorno e qualcosa di più pesante per la sera; – negli hotel e pensioni a due stelle riuscirete a cavarvela con 30-35 € a notte per doppia, ma dovrete anche adattarvi a camere non sempre impeccabili ed a letti scricchiolanti che non sempre conciliano il sonno; – diffidate come già detto degli stuzzichini serviti ad inizio pasto, hanno il potere della proporzione indiretta, costano tanto e riempiono poco; – la gente è ospitale e disponibile (soprattutto non invadente), ma vi parlerà quasi esclusivamente in portoghese, quindi un piccolo frasario del loro idioma può essere molto utile; – un particolare appunto per l’acqua gassata: viene servita in bottigliette da 0,20 l o 0,25 l e costa parecchio! Prendetela solo se non potete farne a meno, mentre se siete amanti della birra dirottatevi verso una fresca cerveja locale, costa poco, è molto dissetante ed altrettanto buona.

Per qualunque informazione potete contattarmi ad uno dei seguenti indirizzi mail: anathemaxrudy@libero.It o rudy@islandese.Net Ciao a tutti e per chi parte buon viaggio!



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