Esplorare New York al sole d’autunno

Sei bellissimi giorni, trascorsi scorrazzando su e giù per una metropoli sempre accogliente, interessante, stupefacente. Con la nostra bimba di quindici mesi
Scritto da: ludiaman
Partenza il: 21/10/2013
Ritorno il: 28/10/2013
Viaggiatori: 2 (e mezza)
Spesa: 2000 €
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CAPITOLO PRIMO: Ma che cos’ha di speciale New York?

Se non siete di quelli che si accontentano degli stereotipi (la “grande mela”, i telefilm, la città “shopping e divertimento”…), la domanda magari ve la sarete posta anche voi.

In effetti, fino a qualche anno fa New York non l’avremmo sicuramente inserita nella nostra lista delle mete da sogno. Certo, è pur sempre il “cuore dell’impero”, ma a noi piacciono di più le periferie.

Poi però sono successe due cose, nel giro di pochi mesi: abbiamo visto Londra, e abbiamo visto Chicago.

A Londra ci siamo stati una settimana, per andare a trovare alcuni amici, e potete trovare il diario sul sito di TPC: lì, abbiamo scoperto la bellezza di una metropoli cosmopolita, sempre vitale, che continua a rinnovarsi, che pare al centro del mondo e dove tutto il mondo passa, viene accolto, e ha qualcosa da dire.

A Chicago invece ci siamo stati pochi giorni, sfruttando un’occasione di lavoro, e per questo (purtroppo) non abbiamo scritto nessun diario: lì, abbiamo scoperto la bellezza di camminare col naso all’insù e la bocca spalancata fra i grattacieli, di guardare la città che si illumina al tramonto dall’alto del 103° piano, di fotografare le scale antincendio e la metropolitana sopraelevata perché ci ricordano un certo film o un videogioco, di fermarci a prendere un bicchierone di caffè brodoso e bollente per scaldarci dai venti invernali, di ascoltare il jazz con una birra e un piatto di pork ribs…

Insomma, per farla breve a un certo punto abbiamo pensato: ma se queste città ci sono piaciute così tanto, come dovrà essere New York, che unisce la vivacità multiculturale di Londra, l’architettura di Chicago, e molto, molto altro?

Abbiamo atteso tre anni, abbiamo colto un’occasione, ci siamo presi la scusa di festeggiare il nostro quinto anniversario di matrimonio, e finalmente siamo partiti.

E, come vedrete, non siamo rimasti delusi!

CAPITOLO SECONDO: Viaggiare con una bimba di 15 mesi…

Siccome abbiamo trovato molto incoraggianti i diari di altri TPC che viaggiano coi bimbi piccoli, ci sembra utile riportare un po’ di pareri e consigli presi dalla nostra esperienza. Se l’argomento non vi dovesse interessare, passate pure al capitolo successivo!

Col volo siamo stati fortunati, perché abbiamo trovato un diretto Malpensa – JFK (Delta all’andata, Alitalia al ritorno) che ci ha risparmiato lo scalo. Circa otto ore, che all’andata (di giorno) sono trascorse molto bene, con la piccola – Marta – che ha giocato, è stata in braccio, ha mangiato, e si è fatta tante volte la passeggiata lungo il corridoio, salutando con la mano tutti i passeggeri a destra e a sinistra, che si sporgevano sorridendo…

Per inciso, abbiamo sempre trovato gli americani molto socievoli e aperti coi bambini: grandi sorrisi, giochi, chiacchierate, anche con personaggi apparentemente molto seri, stile manager ben vestiti che in metropolitana stavano evidentemente andando al lavoro nella city… È anche una bella scusa per far due chiacchiere coi locali, alle volte.

Molto gentili anche nei ristoranti, che purtroppo sono quasi sempre affollatissimi ma nonostante questo ci trovavano un seggiolone e uno spazio per piegare il passeggino. Male invece nei locali dove abbiamo cercato di bere un cocktail (a New York non ci si può esimere!). Si va dallo sguardo sospettoso al divieto assoluto di ingresso, anche se noi non andavamo mai nelle ore “di punta”: per esempio nel bar dell’hotel Strand, famoso per la bella terrazza con vista sull’Empire State Building, dove abbiamo provato a mettere il naso al tramonto. C’erano solo due clienti in tutto il locale, e Marta dormiva, ma non è stato sufficiente per convincerli: giusto il tempo per fare una foto e poi via!

Ottima accoglienza anche nei musei, ben attrezzati (compresi i fasciatoi, che purtroppo non sono sempre così diffusi, soprattutto nei ristoranti). Nota dolente per il passeggino è invece la metropolitana: mezzo utilissimo e comodissimo, ma poco agevole. A parte il caldo infernale (riscaldamento a manetta) e la ressa delle ore di punta (meglio evitarle), le scale mobili sono pochissime e gli ascensori sono spesso guasti, o perlomeno molto sporchi. La soluzione è semplice anche se un po’ faticosa: carrozzina in braccio e via per la rampa!

Per mangiare abbiamo adottato una soluzione mista: a cena Marta mangiava quel che mangiavamo noi (al massimo avevamo sempre dietro grissini, biscotti, e banane di riserva), per pranzo invece ci portavamo una pappa calda nel thermos. La preparavamo in albergo la mattina, con l’acqua del bollitore elettrico (l’abbiamo chiesto alla reception) e poi farina, omogeneizzato o formaggino, brodo liofilizzato… Anche il latte per la notte lo preparavamo così: bollitore e latte in polvere. Di solito non lo usiamo, ma in quel caso è stato comodissimo.

Infine, il volo di ritorno… A dire il vero questa è stata l’unica cosa un po’ faticosa, per il resto la piccola si adatta a tutto e gira volentieri. Il volo era notturno, e Marta ha pensato bene di passarlo sveglia. Siamo stati tutto il tempo insieme alle hostess in fondo all’aereo (sempre gentili!)… è stata lunga, ma ci siamo consolati il giorno dopo, a Milano, perché eravamo tutti così stanchi che ci siamo addormentati subito dopo cena, in barba al fuso orario che teoricamente rischiava di tenerci svegli fino a tardi.

CAPITOLO TERZO: Come godersi il fuso orario europeo

Atterrati nel primo pomeriggio e sistemati in albergo, decidiamo di fare un primo giro per la città. Fuori il sole splende e sono le cinque del pomeriggio, ma per noi sono le undici di sera di una giornata particolarmente stancante.

Forse avremmo potuto provare a resistere, ma a parte il fatto che certamente non potevamo “convincere” la piccola ad adattarsi subito, perché stancarci per forza, visto che siamo in vacanza? Cosi ci siamo un po’ goduti la zona della Fifth Avenue e di Central Station con le luci al tramonto, il naso all’insù tutto il tempo per vedere i grattacieli, o dritto davanti a noi per vedere i famosi taxi gialli, il via vai di gente, le luci di Times Square… Poi appena sceso il buio (in ottobre le giornate sono lunghe più o meno come da noi, tramonto verso le 18), abbiamo cercato un buon posto dove mangiare un hamburger al volo, e per le 21 stavamo già dormendo tutti.

Naturalmente, alle 4 del mattino la piccola era sveglia, ma in fondo anche i nostri orologi biologici dicevano “sveglia, sono le dieci del mattino”, e quindi, con tanta tanta calma, ci siamo alzati e preparati ad uscire. Poco dopo le sei eravamo in strada, e sembra proprio che Manhattan non dorma mai: traffico, via vai di persone, i primi chiarori del giorno… Ci siamo fiondati in metropolitana e da lì sulla punta sud di Manhattan, all’imbarco dello Staten Island Ferry. Si tratta di un grande traghetto arancione, usato dai pendolari dell’isola di Staten Island, per l’appunto, per recarsi “downtown”. È gratuito, ed ha un bellissimo balconcino a poppa su cui si può uscire ad ammirare la baia.

Il consiglio ce l’ha dato la Lonely Planet, ed è un consiglio da sfruttare: nella quiete delle 7,30 del mattino, da soli su una panchina, abbiamo ammirato il sole che sorgeva dietro a Brooklin, e dorava i grattacieli della City, la statua della libertà, e tutta la baia.

Lì finalmente abbiamo capito: incredibile, siamo a New York!

Forse il momento più bello di tutta la vacanza. Di ogni vacanza: quando la tua meta si stende lì, davanti ai tuoi occhi, e tu non hai altro da fare che pensare a come e dove esplorarla.

Una volta giunti a Staten Island (circa mezz’ora), ci siamo reimbarcati subito per il ritorno. In quel momento ha suonato la sveglia sul telefonino: ci siamo fatti una grande risata… l’avevamo puntata sulle 8 “per sicurezza”!

Siamo sbarcati a Manhattan giusto all’ora di fare colazione, con un bel donut, le famose ciambelle fritte di Homer Simpson che si vendono ad ogni angolo di strada, per un dollaro, nei piccoli baracchini con la loro immancabile coda di business men in attesa.

La zona è quella di Wall Street, quindi ci siamo fatti un giretto da quelle parti, per poi puntare su Chinatown e Little Italy. Ma questa è un’altra storia (capitolo cinque).

Tornando al tema – come sfruttare il fuso orario – abbiamo ancora qualche consiglio: man mano che passano le mattine vi sveglierete sempre più tardi, ma esistono alcuni monumenti dove normalmente la fila è così tanta, che vale la pena sfruttare le sveglie anticipate per evitare le code. Noi l’abbiamo fatto il giorno successivo per l’Empire State Building: apre alle otto, si fa poca coda, e si arriva in cima in tempo per vedere la città nella luce ancora un po’ dorata del mattino. Ne vale la pena.

Certo, anche la vista della città al tramonto ha qualcosa da dire, come vedremo fra poco.

CAPITOLO QUARTO: Come orientarsi fra le mille cose da vedere E… occhio ai pass!

Abbiamo capito che si potrebbe rimanere a New York anche tre settimane, e tornare comunque a casa con la sensazione di averla vista solo per metà.

Dopo aver studiato la guida, e internet, per settimane (davvero!), abbiamo capito che dovevamo selezionare alcuni monumenti da vedere, e scegliere un pass, fra i diversi che vengono offerti ai turisti, per avere almeno un punto di partenza, anche se non un vero e proprio programma.

Ala fine abbiamo capito – e lo consigliamo – che per chi resta una settimana o meno il migliore è il “New York CityPASS” (da non confondere col New York Pass), che al costo di poco più di 100 $ permette l’accesso a sei attrazioni, risparmiando circa 80 $ e molte code.

La bimba non pagava comunque.

Vediamole in breve:

  1. Empire State Building. Come già detto merita la visita, ma occhio alle code a seconda degli orari. Pagando una cifra aggiuntiva si può salire ancora più in alto, ma già la terrazza dell’86° piano offre una vista davvero soddisfacente.
  2. Museo di storia naturale. Ci siamo entrati una mattina di tempo incerto, giusto perché era incluso nel pass. Non è poi così interessante, ma la sezione dei nativi americani offre una collezione di totem davvero bella. Noi li avevamo visti solo nei fumetti!
  3. Metropolitan Museum. Dedicateci almeno una mattinata o un pomeriggio, ma dovrete comunque fare qualche scelta, perché è grande, immenso. Di paragonabile c’è forse solo il British Museum. A noi comunque è piaciuta molto la sezione di arte islamica, ma forse è solo perché, avendola visitata per prima, eravamo più riposati.
  4. MoMA. Il museo di arte moderna è grande, ma già più facilmente visitabile rispetto al Metropolitan. Vale comunque la pena dedicarci una mezza giornata. Non perdetevi il cortile delle sculture.
  5. Guggenheim Museum, OPPURE Top of the rock (GE Building, il grattacielo del Rockefeller Center). Noi abbiamo scelto il grattacielo, perché un ulteriore museo di arte moderna ci avrebbe stancato un po’, e poi a quanto pare il Guggenheim è più interessante per le esposizioni temporanee che per quelle permanenti (così dicono). Inoltre il GE Building, pur essendo alto “solo” 70 piani, è in una bella posizione alle spalle di Central Park. Noi siamo arrivati verso le 17, abbiamo fatto più di un’ora di coda (nonostante il pass faccia risparmiare la coda della biglietteria), e siamo arrivati in cima giusto in tempo per vedere il tramonto che si spegneva e le luci della città che si accendevano sotto di noi. Una meraviglia!
  6. Statua della libertà + Ellis Island OPPURE crociera della Circle Line. Saremo blasfemi, ma sbarcare sull’isola di Lady Liberty ci interessava poco. Per salire sulla statua oltretutto occorre prenotare con grande anticipo e pagare a parte. Il museo dell’immigrazione ad Ellis Island ci interessava molto di più, ma era ancora chiuso per ristrutturazioni post uragano Sandy, e ha riaperto il giorno dopo che siamo rientrati in Italia (sigh…). Dunque, abbiamo integrato con 4 $ a testa e ci siamo imbarcati sulla “Full island cruise” (occhio, non è lo stesso molo della statua della libertà, è da tutt’altra parte, vicino all’Intrepid Museum). In circa tre ore – non tutte ricche di grandi panorami, a dire il vero – si fa il giro dell’intera isola di Manhattan, osservando sia i monumenti più famosi sia i quartieri più popolari. Si costeggia la statua della libertà, si vede lo skyline della città, si passa sotto numerosi ponti, a fianco del palazzo dell’ONU, e poi si costeggiano Bronx e Queens, e ci si immette nel fiume Hudson in un punto che sembra il centro di un enorme e selvaggio parco naturale (niente case, solo boschi rossi e gialli per l’autunno), anche se siamo a uno sputo dal cuore di New York…

CAPITOLO QUINTO: Spostarsi, visitare i quartieri

Se New York fosse solo quei sette/otto monumenti famosi, la visita sarebbe breve. Ma il bello sono i quartieri. Noi ci siamo mossi fra l’uno e l’altro sempre in metropolitana: abbonamento settimanale (Metro Card, 1 $ per la carta + 30 $ per caricarla con l’abbonamento). Più un biglietto a parte per il treno automatico che congiunge l’aeroporto JFK con le linee della metro.

Ma all’interno dei quartieri conviene muoversi a piedi: se il tempo è bello ce li si gode davvero. E sul clima stati fortunati, non ha piovuto quasi mai e l’autunno da quelle parti è perfetto anche per le temperature.

Se leggete una guida, impazzirete fra le decine di quartieri elencati, tutti diversi e tutti a quanto pare “molto trendy”.

Noi abbiamo dedicato un po’ di tempo a questi:

  1. Lower Manhattan, Financial District e poi Tribeca, Chinatown, Little Italy: è l’estremo sud di Manhattan, molto bello. Si attraversano mondi diversi nel giro di pochi isolati, e le distanze non sono eccessive. Ci siamo fermati ad ammirare i lavori dei nuovi grattacieli che sorgono e sorgeranno accanto al World Trade Center (molto bello quello ormai quasi completato, che sarà il più alto della città), ma non siamo entrati nel memorial. Fondamentale: fate in modo di essere a Chinatown introno all’ora di pranzo: avrete l’imbarazzo della scelta (vedi capitolo successivo).
  2. Chelsea, Meatpacking District, Union Square: godetevi una passeggiata sulla Green Line, il parco creato sulla linea ferroviaria sopraelevata ormai dismessa. L’ideale è comprarsi qualche golosità al Chelsea market, e poi mangiarsela sulle panchine. Sono quartieri molto a misura d’uomo, case piccole, nessun grattacielo, fino a quando sconfinate verso Union sq. Poco più a nord, il curioso edificio del Flatiron Building.
  3. West Village, Greenwich Village e poi East Village, Alphabet City: altri quartieri a misura d’uomo, lontani dalle immagini della city tutta grattacieli. Forse più che andarci apposta, vale la pena farci un salto la sera, per scegliere un ristorantino carino e godersi la vita serale che da queste parti è vivace e molto movimentata, ma simpatica, non “eccessiva”.
  4. Times Square, Theater District, e insomma tutta la fascia tra Union Sq e Central Park: è molto grande, la città ritorna frenetica e verticale, e vale la pena girarsela un po’. Noi avevamo l’albergo da quelle parti, quindi ogni giorno ne percorrevamo un pezzo. Tra grattacieli, centri commerciali e musei, c’è solo da prendere in mano la guida e decidere dove buttarsi.
  5. Central Park: è enorme, noi un pomeriggio l’abbiamo girato in bici (le noleggiano un po’ ovunque, vedrete i procacciatori coi cartelli in mano che vi faranno la corte). Il problema è che in bici si può stare solo sulla strada principale, un anello percorso anche da taxi e carrozze che però rimane distante da tante attrazioni (ed è quasi privo di segnaletica!). Vale la pena passarci più volte in momenti diversi, o comunque scendere dalla bici e vedere qualche laghetto, o i giardini fioriti, o gli alberi rossi… In ottobre il Conservatory Garden, a nord, è un’esplosione di crisantemi di tutti i colori.
  6. Harlem: ci siamo andati la domenica mattina, per assistere a una funzione gospel. In alcune vie eravamo gli unici bianchi, cosa che fa un certo effetto, e fa anche molto bene. Ma poi ci siamo buttati su Lenox Avenue e i turisti erano così tanti che le proporzioni sono cambiate rapidamente. Purtroppo. Ci avevano detto che le chiese battiste sono quelle con le funzioni più coinvolgenti, e siamo entrati nella prima che abbiamo trovato. In effetti è stata bella, fra l’altro non troppo lunga: due ore tonde (pare che spesso ne durino anche tre), ma comunque tra musica e battimani anche Marta ha retto molto bene. E l’inglese del sermone era quasi comprensibile. Ma la maggioranza dei presenti erano gruppi di turisti, e purtroppo uno dei gruppi più numerosi era anche alquanto indisciplinato, motivo per cui in un paio di occasioni sono stati ripresi, e molti se ne andavano quando gli pareva, disturbando, come se fossero a teatro anziché a messa.
  7. Brooklyn: ci siamo stati due volte, anzi tre. Una volta con la metropolitana sopraelevata fino a Coney Island, che per noi aveva tre attrazioni: una lunga spiaggia, un vivace quartiere russo nominato “Little Odessa”, e il più famoso venditore di hot-dog della città (Nathan’s Famous, che ogni anno ospita anche la gara a chi ne mangia di più. Record maschile: 69!). Ma la miglior gita che si può fare a Brooklyn, ultra consigliata, è molto più breve: basta attraversare l’East River con la metropolitana, e scendere sulla riva al Brooklyn Bridge Park. Vi potete godere il verde (Marta si è goduta le altalene), vedete il ponte dal basso, fotografate lo skyline di Manhattan, e poi salite fino a imboccare il ponte di Brooklyn, rigorosamente mentre sta scendendo il sole. L’attraversamento pedonale richiede una ventina di minuti o forse più, su un marciapiedi dedicato (occhio a non sconfinare sulla pista ciclabile: sfrecciano come folli!), ma ne vale la pena. Noi l’abbiamo fatto due sere di fila!

CAPITOLO SESTO (l’ultimo): dormire e mangiare

Dormire a New York costa tantissimo. Con la piccola al seguito e un passeggino da movimentare in camera, non potevamo fare come altre volte, cioè scegliere la camera più economica e via, al massimo è un buco… Per una serie di combinazioni siamo riusciti a trovare una bella offerta all’Interconinental Hotel (48th St all’angolo con Lexington Ave), quattro stelle, in ottima posizione, vicino alla metropolitana, zona Central Station – Rockefeller Center, ma normalmente i prezzi lì sono inavvicinabili.

L’alternativa probabilmente sarebbe stata cercare a Brooklyn anziché a Manhattan: il quartiere è bello e anzi ci sarebbe piaciuto visitarlo di più, e stando vicini alla metropolitana si può arrivare comunque in centro nel giro di un quarto d’ora.

Ah, scordatevi la colazione: probabilmente è spettacolare, ma costa un capitale. Meglio un bel caffè stile Starbucks o una ciambella per strada.

E a proposito: la parola d’ordine in una città come New York è “Street food”. Non basta una settimana per provare tutti i possibili baracchini di kebab, hot-dog, hamburger, dolciumi, frutta, piatti indiani, messicani… Il profumo caratteristico di tutti questi cibi si diffonde per le strade a tutte le ore del giorno e (presumiamo) della notte.

A parte questo, la Lonely Planet è piena di buoni consigli ma la città è così grande, che attraversarla tutta per trovare un determinato posto che vi ha colpito sulla guida non vale molto la pena. Tanto più che di solito non si prenota: si arriva e si aspetta.

Solo qualche posto, a titolo di esempio, dove ci siamo trovati bene: The Smith (2nd Ave all’altezza della 51st St, vicino al nostro albergo), ottima cucina e ottimi cocktail (d’obbligo il Manhattan!). Ristoranti cubani: hanno una cucina molto originale (abbiamo provato l’Havana Central, 46th St). Five guys: catena di hamburger esteticamente senza pretese, ma vincitrice di numerosi premi e con una splendida scelta di “toppings” per condire la carne: cipolle, funghi, salse, verdure…

Katz’s Delicatessen (Houston St all’altezza di Ludlow St): storico, famosissimo e affollatissimo locale della tradizione ebraica, che serve fumanti panini con pastrami e cetriolini, o altre specialità tutte da provare. In giro per la città, non dimenticate anche di provare da qualche parte i bagel, ciambelle salate tipiche anch’esse della tradizione ebraica.

Un altro posto davvero speciale: Luke’s (81st St vicino a 2nd Ave, dalle parti del Metropolitan), un localino dove si divorano a un bancone degli eccezionali “Lobster roll”, tipici panini con l’aragosta. O con il granchio.

Infine, Chinatown: noi ci siamo infilati a caso in un posto affollato di cinesi, col menù in cinese, dove i camerieri giravano coi carrelli pieni di ravioli al vapore, ce li spiegavano in cinese, e noi li sceglievamo a caso. Ottimi ed economici!

Insomma, alla fine il fascino di New York sta nella sua capacità di accogliere tutti, nel suo racchiudere in sé il mondo e le culture di ogni continente. E questo fascino lo si può vivere solo percorrendola in lungo e in largo, godendosi le atmosfere e – perché no? – assaggiando i sapori che tutto questo viavai di genti è stato in grado di creare!



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