Dai vulcani dell’Ecuador al mare delle Galapagos

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GIOVEDì 9 GIUGNO
Ancora una volta l’idea di vedere un vulcano in attività ci attira e se questo può succedere in Sud America, terra che amiamo molto, la scelta è presto fatta. Si parte per Ecuador e Galapagos con Iberia via Madrid e Panama. Gli orari sono ok, il costo anche, salvo che c’era il sovrapprezzo per la scelta dei posti (a partire da 66 euro), che l’aereo non era dotato di video sui sedili e che a Madrid si sono persi una delle due valigie imbarcate, arrivata a Quito il giorno dopo alle 21.
VENERDì 10
Giornata dedicata alla visita della città, fatta con calma per acclimatarsi ai 2.850 metri di altitudine. Dall’hotel San Francisco de Quito si arriva in Plaza Grande in pochi minuti a piedi; alle 8:30 siamo già là. Sempre affollata di locali che occupano le panchine, più occidentalizzati di quelli visti nelle piazze delle città peruviane o boliviane. Nessuna donna con bombetta nera o gonna dai colori vivaci. Chissà se è segno del tempo o se questo Paese sudamericano è meno attaccato alle tradizioni. Le chiese aprono tutte dopo le nove, così come il Palazzo del Governo che domina la piazza in tutto il suo biancore. Da un lato si può vedere il Panecillo con la Madonna con le ali che veglia sulla città. Vogliamo fare le cose con calma quindi visitiamo solo la città vecchia con un salto al Mariscal (taxi 9$ a/r) per il Mercado Artisanal. Alla Dolceria in Plaza Grande troviamo un cameriere molto gentile che ci dà un assaggio di succhi dei diversi frutti ecuadoriani. Cena in uno dei tanti ristoranti della Ronda, dove il venerdì sera c’è musica dal vivo ovunque.
SABATO 11
Alle 8 si parte per il Parque del Condor, gestito da una fondazione olandese dedita al recupero di animali rapaci feriti, da riportare in libertà. 89 tra aquile, falchi, gufi e gli enormi condor andini. Alle 11:30 si assiste all’esibizione del volo degli uccelli con l’aquila Susanna che decide di non tornare dall’addestratore e lasciare tutti a bocca aperta. A Otavalo ci attende il mercato più famoso di tutta la nazione. Come tutti quelli sudamericani, lo troviamo colorato, chiassoso e “barattoso” perché il prezzo va sempre contrattato. Nonostante sulle guide si dica che quello del sabato è pieno di campesinos che vengono apposta per fare affari, non solo con i turisti, a noi è sembrato meno “vero” di quelli visti a Pisaq in Perù o a Tarabuco in Bolivia. Il mercato è presente sempre, distribuito nella grande piazza ed il sabato anche nelle vie laterali. Possiamo dire però che anche le sole bancarelle della piazza sono davvero tante. Verso le 16 ci spostiamo alle cascate di Peguche, poco lontane, per una passeggiata nella foresta, un ponte sospeso sul rio e una cascata carina da vedere. Ultima sosta in una casa dove si costruiscono e si suonano tipi di strumenti diversi. Purtroppo il capofamiglia è assente e la figlia cerca di sostituirlo nell’illustrazione e nei suoni ma con esito un po’… incerto. Rientriamo in hotel un po’ stanchi e, con enorme piacere, vediamo che c’è un ristorante interno “La Tulpa” dove mangiamo di gusto.
DOMENICA 12
A pochi km si va verso la Laguna di Cuicocha, un lago vulcanico sorto da un’eruzione a 3.069 metri. Al centro vi sono due isolotti, di forma conica, che ricordano il dorso di un porcellino d’india, da cui deriva il nome della località “Cuicocha”. La nostra idea era quella di fare il giro dell’isola, come scrive la Lonely in 3h ½, massimo 5. Poi, pensandoci bene, 14 km di saliscendi partendo da 3.100 metri in 4 ore non è fattibile… ha ragione la ns. guida Mario quando ci dice che ne servono 6/7. Desistiamo e optiamo per un semplice giro in barca con la classica gita domenicale in mezzo a tante famiglie ecuadoriane. La laguna è carina ma non entusiasmante; ci è piaciuta decisamente di più la parata dei cavalieri a Cotocachi a cui assistiamo per caso durante la festa annuale dei rancheros a cui segue rodeo pomeridiano. Questi sono i plus del viaggio!
Dopo due ore abbondanti di strada (tra km e traffico) arriviamo alla Mitad del Mundo; sarà pure “pacchiana attrazione per turisti” come la definisce la Lonely ma è comunque da vedere per la foto con un piede nell’emisfero nord, uno in quello sud e in mezzo la linea gialla dell’Equatore. La sfera che sovrasta il monumento riporta l’incisione dei Paesi della Terra con Ecuador in mezzo e Vulcano Cotopaxi. Ci perdiamo gironzolando con calma e arrivano le sei, il Museo Inti Rami è chiuso e così termina la giornata.
LUNEDì 13
Ore 8:30 partenza per la laguna Quilotoa. Ci vogliono quasi tre ore per arrivare ma la vista le vale tutte. A 3.914 metri sotto di noi si apre una laguna color verde smeraldo incorniciata dalle piante cresciute lungo il cratere. Anche questa laguna si è formata, infatti, da un’eruzione vulcanica. La discesa è molto ripida, 400 metri di dislivello, ciottoloso e sabbioso, da fare in ca. 45 minuti. Sopra di noi le nuvole si aprono e lasciano apparire un cielo immensamente blu e un caldo sole. Ora si tratta di decidere se tornare a piedi in ca. 2 ore o spendere 20 $ e farci portare dai cavalli. Chissà cosa avranno scelto i nostri eroi … Il ristorante Dona Teresita ci ispira più di altri per le belle tovaglie colorate e l’ordine che si intravede all’interno, in realtà non sarà nulla di straordinario.
Convinti che la guida ci riservasse qualche altra sosta alle tre ci troviamo già alla Posada de Tigua, una fattoria di alta montagna con asini, mucche, lama e alpaca, cani, gatti e galline ovunque. Pomeriggio “bucolico” con mungitura delle mucche da parte di due bimbe di 10/11 anni e alle 18:30 cena in tavola! Alle 19:30 ci consegnano le borse dell’acqua calda da mettere nel letto perché fa un freddo malefico. Noi tiriamo un po’ in là con l’orario sedendoci intorno alla stufa a legna nell’ingresso, Luca leggendo e io scrivendo il mio diario.