Da Tokyo a Hiroshima in 10 giorni
Iniziamo con la prima fase dell’organizzazione: l’acquisto del biglietto aereo. Partiamo col verificare costi e modalità diversi mesi prima e alla fine optiamo per un diretto da Milano Malpensa con Alitalia. Il volo sarà interminabile ma almeno non avremo problemi di scali o altro. In poco più di 12 ore arriveremo a Tokyo Narita, l’aeroporto internazionale. Idem per il ritorno. Costo : 680 Euro a testa, un buon prezzo per un diretto. I passi successivi sono: acquisto del JRP, il pass per i treni giapponesi. Considerando la durata della vacanza, optiamo per il pass di una settimana, acquistato circa un mese prima della partenza sul sito marcotogni.it, che si rivelerà anche ottimo sito/guida per il nostro viaggio. Costo : 227 Euro a testa più spese di spedizione. Wifi portatile, fondamentale per essere sempre connessi, utilizzare social, chat ma soprattutto google maps! Lo prenotiamo su japan-rail-pass.it. Va indicato il periodo di noleggio e il luogo del ritiro e ti garantiscono una connessione veloce e illimitata. Noi scegliamo il ritiro all’aeroporto. Serve poi l’immancabile assicurazione onnicomprensiva che stipuliamo anche questa volta con Columbus.
Capitolo hotel: prima di prenotare gli alberghi è fondamentale avere una idea del percorso che si vuole seguire. Visto che il nostro aeroporto di partenza –arrivo è sempre il Narita di Tokyo, abbiamo suddiviso la nostra permanenza a Tokyo in 2 parti, trascorrendovi 3 notti nella prima parte del viaggio, spostandoci poi a Kyoto per altre 3 notti, una ad Hiroshima e di nuovo 3 notti a Tokyo. Col senno di poi, avremmo potuto benissimo evitare la notte ad Hiroshima trasformandola in semplice escursione da Kyoto, e spostare in avanti di un giorno la permanenza a Kyoto per sfruttare ancora meglio il JRP..ma con i se e con i ma…
Partiamo il 5 ottobre, di buon’ora verso Malpensa. L’aereo è alle 15.35, possiamo quindi arrivare con una discreta calma. Il volo è Alitalia, classe economica, cibo triste, ma almeno un sacco di film da vedere. Cerchiamo di riposare il più possibile durante il viaggio , anche perché l’arrivo è previsto per le 10.25 del mattino e una volta a Tokyo si deve essere già super attivi, senza incorrere nell’errore di volersi riposare. L’aeroporto internazionale di Tokyo è immenso ma l’efficienza è garantita. Recuperati i bagagli cerchiamo subito di sbrigare le pratiche turistiche: recupero del pocket wifi presso l’ufficio postale (meno male che sul sito era chiaramente indicato dove recarsi, ma abbiamo preferito chiedere una mano), recupero del JRP presso l’ufficio turistico e acquisto, sempre all’ufficio turistico, dei biglietti per il Keisei Skyliner, il mezzo più costoso ma indubbiamente più veloce per il trasferimento dall’aeroporto al centro città. Con questo biglietto abbiamo abbinato anche un biglietto3 days- all-inclusive per la metro di Tokyo (Tokyo Metro e Toei, no linea JRP). Questo ci ha permesso di non dover più pensare alla ricarica di tessere o altro. A differenza di molti altri turisti infatti, abbiamo preferito acquistare sia per Tokyo che per Kyoto i biglietti all inclusive, comprensivi di bus e metro per evitare di dover ricaricare continuamente le tessere e doverci sempre preoccupare del sufficiente credito. Il biglietto ci è costato 3500 Yen a testa. Siamo scesi a Ueno e da qui, con il nostro biglietto metro, abbiamo preso la Ginza Line per dirigerci al nostro hotel. La metro di Tokyo è un tantino complessa, con le sue 13 linee più la Yamanote Line (della JR), ma i treni sono sempre puntualissimi. Quello che più sconvolge noi italiani abituati al caos e al disordine, è l’educazione e il silenzio che regna su questi treni. Sin dall’attesa, i pendolari sono disposti su singole file ai lati dell’aperture delle porte. Sui treni, tutti indossano cuffiette per non disturbare i vicini,chi dorme, chi legge manga sullo smartphone. Al momento della discesa, tutti di nuovo in fila indiana per prendere la scala mobile, nessuno spinge, nessuno urla: il paradiso. Sin da subito diviene naturale adeguarsi a questo clima di educazione e rispetto reciproco. Quello che è veramente importante, nel viaggiare con la metro, è indovinare l’uscita corretta. In stazioni come Shinjuku, Shibuya, Tokyo, Shimbashi sbagliare uscita significa trovarsi anche a 800/1000 metri dal punto cercato. Tokyo ha una vera e propria città sotterranea: si potrebbero trascorrere ore nel sottosuolo, tra ristoranti e centri commerciali senza mai uscire all’aria aperta. Quindi, quando su google Maps cercate il percorso ottimale con la metro, individuate da subito anche l’uscita corretta e non ve ne pentirete!
Superato il trauma aeroporto/metro, arriviamo al nostro primo hotel, il b Tokyo Shimbashi, un hotel inaugurato da poco, in zona tranquilla, ma abbastanza vicino alla metro di Shimbashi. La camera è mignon ma è quello che ci si deve aspettare da una camera di hotel in Giappone: il letto matrimoniale alla francese appoggia alle pareti per 2 lati su quattro, il bagno invece è spazioso, la doccia splendida, il water è di quelli futuristici che ti aspetti in Giappone. E’ ovvio che esistono anche camere più grandi con letti matrimoniali king size, ma tutto dipende dal budget che si è disposti a spendere. Il quartiere è ancora molto caratteristico, sono pochissimi i turisti che girano per le strade, le tavole calde sono spartane e piene di gente del luogo. Proprio quello che cercavamo per un pasto veloce ed economico! Premetto che io non sono un’amante del cibo giapponese, così come inteso in Italia, non so mangiare con le bacchette, ma in Giappone me la sono cavata, ho imparato piano piano ad utilizzarle e il sushi è solo una minima parte di quello che si può trovare. Ormai è pomeriggio avanzato e ci dirigiamo verso il palazzo imperiale, senza aver fatto i conti con gli orari giapponese: qui per le 17 chiude tutto. Arriviamo in prossimità del ponte di ingresso , ormai in chiusura.. pazienza, ci rifaremo. Ci dirigiamo allora verso la Tokyo Station, struttura storica della città e da lì poi verso il Tokyo forum dove vediamo centinaia di ragazzi in fila per entrare ad un concerto pop. Fuori street food ed esibizione di gruppi musicali del luogo! Splendido! Ideale per chiudere la serata in allegria, ma ci ritiriamo presto..il fuso si fa sentire!
Il secondo giorno, ci rechiamo da subito al palazzo imperiale con la metro (stazione Otemachi) dove visiteremo il giardino. Siamo ai primi di ottobre ma fa un caldo esagerato! Ci saranno circa 30 gradi, ma è l’umidità quella che pesa di più. Terminiamo il giro del giardino, zompettando da un’ombra all’altra e per pranzo decidiamo di dirigerci verso Shibuya, dove ci attende l’incrocio più frequentato al mondo. Dalla stazione scattiamo qualche foto, omaggiamo la statua di Hachiko, e via per il Center-Gai , la via principale del quartiere, dove rimaniamo a bocca aperti per i suoni, le luci, le decine di ragazzi che vagano da un negozio all’altro. Ci addentriamo in una delle librerie manga, dove si susseguono decine e decine di scaffali con video e fumetti, un paradiso per gli appassionati. Decisamente un impatto notevole con il Giappone dalle mille luci. Mangiamo qualcosa in un fast food e prima di spostarci, approfittiamo dell’ufficio JR della stazione per attivare il JRP e prenotare i treni che ci serviranno nei giorni seguenti. Il personale è molto gentile, professionale e, incredibilmente, riusciamo a capirci perfettamente in inglese. Da Shibuya poi ci spostiamo a Akihabara, patria degli appassionati di elettronica e manga. Qui ci sono decine di palazzi interamente dedicati ad essi, con mille curiosità e ragazzi travestiti da personaggi manga che invitano alla visita. Verso sera, facciamo un salto in albergo (santa metro) e decidiamo di cenare a Rappongi, da Ippudo. Pare sia uno delle migliori catene specializzate in ramen, da provare. Io non ho mai provato nulla del genere, ma il ramen, una volta prese le misure con le bacchette e gli ingredienti, è veramente notevole. Con poco più di 1000 Yen, mangi un ottimo ramen che ti sazia davvero. Con altri 600 yen aggiungi degli ottimi ravioli di carne..pasto completo! Quando mi chiedono se mangiare in Giappone sia caro, rispondo sempre che, certo, se vuoi mangiare il kobe (carne rossa di altissima qualità), allora partono almeno 50 euro a testa come un nonnulla, ma altrimenti , per come sono strutturati i pasti in Giappone, si possono spuntare pasti sostanziosi per pochi euro,10 o 15 al massimo. Giro per Rappongi alla ricerca della Tokyo Tower (la tour Eiffel di Tokyo) con qualche foto di rito.
Il terzo giorno abbiamo prenotato una stanza in un ryokan nel centro di Asakusa e quando arriviamo, sempre con la metro, ci accorgiamo che è giorno di festa nazionale. C’è una gran ressa, molti gruppi organizzati, molti giapponesi in abito tradizionale, una delizia per gli occhi e per il cuore. Ci facciamo largo tra la folla con le nostre valigie e raggiungiamo il Ryokan Asakusa Shigetsu. La camera non è ancora pronta, in Giappone il check-in è solitamente dalle 14, prima è pressoché impossibile avere la stanza, quindi scegliamo di visitare il mercato del pesce di Tsukiji, che proprio in quel periodo si sta trasferendo. Ci accontentiamo , per così dire, di quello esterno. Arriviamo in zona, gli ambulanti stanno aprendo proprio a quell’ora e davanti agli occhi ci troviamo decine di bancarelle che vendono pesce crudo, cotto, grigliato, specialità varie e ne approfittiamo per fare una colazione diversa dal solito , a base di spiedini di granchio e Tamagoyaki. Dopo aver deliziato occhi e palato, torniamo ad Asakusa per visitare la Tokyo più tradizionale, il tempio Senso-ji e curiosare tra le bancarelle di souvenir acchiappa turisti. Se cercate regalini per amici e parenti qui potrete trovare tutto quello che volete. Verso sera poi ci dirigiamo alla Tokyo Skytree , per ammirare il tramonto sulla città. Si paga un primo biglietto per arrivare alla piattaforma posta ai 450 m. Qui si possono scattare foto al panorama, ma se si vuole salire all’ultima piattaforma, quella posta a 650 m, si deve pagare un altro biglietto. Questo ce lo siamo risparmiati. La torre è costituita per 7 piani da un centro commerciale e ristoranti, ma ritrovare l’uscita per la metro è stata veramente dura! La sera Asakusa si svuota e ammirare il tempio illuminato e la sua pagoda in piena solitudine è davvero meraviglioso. Il lato negativo è che trovare da mangiare la sera non è così banale, ma alla fine ci si arrangia sempre. Un aspetto positivo del cibo giapponese è che il piatto ordinato è costituito sempre da più componenti: oltre alla componente principale troverete sempre un po’ di riso, magari un po’ di cavolo, un tocco di tofu, una ciotolina di miso, l’acqua o il te freddo vengono sempre serviti a inizio pasto gratuitamente. Due parole invece sul Ryokan: credo che per la cifra spesa, non valga la candela. E’ vero che sei in centro ad Asakusa e decidi di soggiornare in una dimora tradizionale, ma tradizionale non deve voler dire vecchio. E dormire a terra non è così male, mi è capitato di dormire più scomodamente su alcuni letti ma, attenzione, una notte è più che sufficiente!
Il quarto giorno, primo approccio con lo Shinkansen. Una volta attivato il JRP, quando si deve prendere uno di questi treni, basta passare davanti al personale e mostrare l’abbonamento, con la data di fine validità, senza timbrare o altro. Il nostro treno arriva puntuale al capolinea, sale il personale addetto alle pulizie, svolge il proprio compito e poi ci lascia salire. Come genere e servizio, assomiglia molto alla nostra alta velocità, ma la puntualità è garantita. Unico neo: non c’è spazio per i bagagli. Lo Shinkansen ci porta a Kyoto, dove acquistiamo da subito l’abbonamento giornaliero metro+bus e raggiungiamo il nostro hotel, il Vista Premio, in ottima posizione a pochi passi da Kawaramachi-Dori, la via dello shopping, ma assolutamente silenzioso. Ci sistemiamo in hotel, mangiamo qualcosa (un bel pesce alla griglia da spiluccare con le bacchette in uno dei numerosi locali dove si ordina all’ingresso su una macchinetta, lì si paga e si viene poi accompagnati al tavolo dal personale) e ci organizziamo per il pomeriggio. Prendiamo un autobus e ci rechiamo dapprima al Kinkaku-ji, lo splendido padiglione dorato che si riflette sul laghetto, poi a curiosare al Ryoan-ji con il suo misterioso giardino zen. Ricordatevi sempre di indossare calze ‘accettabili’ o di portarne un paio con voi .Nel visitare templi e strutture sacre, vi sarà richiesto di togliervi le scarpe! Torniamo in città e facciamo un veloce salto al mercato tradizionale di Nishiki, anche se ormai è tutto in chiusura, ma almeno ci siamo fatti una idea per il giorno dopo. Va assolutamente visitato per l’atmosfera tradizionale, i cibi cotti al momento, le specialità da passeggio. La sera decidiamo di mangiare qualcosa in un locale posto accanto all’hotel, il RedRock, per un gustoso piatto di carne su letto di riso, accompagnato da una ottima birra giapponese.
Il quinto giorno ci aspetta un itinerario impegnativo: mattinata a Fushimi Inari e di seguito Nara. Prendendo un treno locale in direzione Nara dalla stazione di Kyoto (ma sempre con il JRP), ci siamo fermati a Fushimi Inari. Siamo arrivati molto presto, quando ancora i turisti in giro sono pochi e abbiamo fatto bene. Siamo riusciti a goderci il primo tratto di torii rossi senza ressa, scattando tutte le foto che volevamo e assaporando la quiete del luogo. Non abbiamo percorso l’intero tragitto di 4 km, ma soltanto la metà, ci attendevano altri km in giro per Nara. Così siamo tornati alla stazione e , col primo treno per Nara, siamo finalmente giunti a destinazione. In stazione recuperiamo una mappa della zona, acquistiamo l’abbonamento giornaliero ai mezzi e col primo bus ci dirigiamo alla fermata N7, quella in corrispondenza del Todai-ji. Il posto è meraviglioso, si è circondati da cervi che si avvicinano ai turisti alla ricerca di cibo, ma sempre in modo pacifico seppur insistente. Il Todai-ji e il suo grande Buddha sono maestosi, il sentiero che li circonda è suggestivo, ricco di pace, va assolutamente percorso almeno fino al Sangatsu-do. Abbiamo ripreso il bus che ci ha portato alla galleria Higashi-Muki, dove abbiamo mangiato qualcosa in uno dei numerosi locali e , di nuovo col bus, siamo poi arrivati a Naramachi, il quartiere tradizionale di Nara, dove è possibile visitare la Koshi-no-le, casa di un mercante conservata magnificamente e in cui osservare la tipica struttura delle case giapponesi tradizionali. Di ritorno a Kyoto ci dirigiamo a Pontocho speranzosi di mangiare qualcosa, ma ormai il quartiere è diventato una trappola per turisti. Sinceramente ne sono rimasta molto delusa, mi aspettavo qualcosa di più sobrio e invece i ristoranti sono molto ricercati e molto cari. Così abbiamo ripiegato su un altro localino nelle vie traverse, dove ne potrete trovare a decine.
Il sesto giorno rimaniamo a Kyoto : al mattino ci dirigiamo alla foresta di bambu di Arashiyama con una visita al tempio del Tenryu-ji e al suo meraviglioso giardino. Siamo a metà ottobre, gli aceri cambiano colore, la loro luce si riflette sulle acque in modo straordinario. Il nostro ultimo pomeriggio invece è dedicato alla zona di Higashiyama con il suo tempio Kiyomizu-dera, non esattamente specchio di pace e tranquillità, affollato all’inverosimile di turisti e scolaresche, molto diverso in tutto dagli edifici sacri visitati sin qui. La sera, dopo una super frittata Okonomiyaki , con sopra di tutto di più, ci facciamo un giro a Gion. E la zona è una autentica sorpresa con il suo silenzio, le lampade accese all’esterno delle riservate sale da tè, il via vai di taxi che trasportano uomini in abito elegante o geishe nei loro lussuosi abiti. Si può capire quando uscirà una geisha dal locale se si vede appostato un taxi innanzi a una di queste porte. Il loro modo di camminare, di nascondersi dietro il ventaglio, i loro abiti ricchi e colorati , questa aura di fascino e di mistero che le circonda lascia senza fiato. E noi possiamo ritenerci molto fortunati ad averne viste almeno 3 aggirarsi per le sale da tè. Peccato solo non aver saputo del locale sito proprio a Gion che esibisce un Maiko Show tutte le sere. I posti sono pochi, una ventina, ma basta prenotare per godersi uno spettacolo senza pari.
Il settimo giorno, saliamo in stazione per un nuovo Shinkansen , questa volta direzione Hiroshima. Qui abbiamo scelto l’hotel Candeo Hotels. Gli hotel di Hiroshima sono molto cari e per questo, ho osservato sin dall’inizio che , col senno di poi, sarebbe stato meglio arrivarci in escursione direttamente da Kyoto. In poco più di due ore infatti ci si arriva e Kyoto, indubbiamente, offre molto di più sia come accoglienza sia come ristoranti. A Hiroshima esiste un sistema di bus ad anello che ferma davanti alle principali attrazioni (compresa la stazione centrale) gestita dalla JR, quindi si può utilizzare il pass senza pagare nulla, basta mostrarlo all’autista. Appoggiate le valigie all’hotel, ci ridirigiamo in stazione per prendere il treno direzione Miyajima (fermata Miyajimaguchi sempre con JRP) e di seguito il traghetto della linea JR: molto comodo! Arrivate per tempo perché c’è sempre molta fila, soprattutto nelle corse più gettonate del mattino. Giunti sull’isoletta, ci accolgono diversi cervi in cerca di cibo, mangiamo una super proteica Okonomiyaki e via, in direzione santuario con il suo torii immerso nelle acque del mare. Le foto si sprecano. Giretto per le vie dello shopping ma senza acquistare alcunché e ritorno in città dove ci aspetta il parco della pace. Anche qui il museo chiude alle 18, quindi ci si deve sbrigare. A Hiroshima una parte del museo è chiusa per ristrutturazione , quindi buona parte del materiale è stata raggruppata nella parte aperta. Ci sono testimonianze video, reperti, storie, fotografie, tutto ciò che serve a far ricordare l’orrore della guerra e della tragedia che ha colpita la città: un pugno nello stomaco, da visitare. All’uscita dal museo, si fa una passeggiata nel parco della pace con il Dome, l’edificio rimasto parzialmente in piedi allo scoppio della bomba e divenuto il simbolo della città.
Ottavo giorno: rientro a Tokyo. Ci aspettano più di 5 ore di viaggio su un comodo Shinkansen. Nuovo hotel scelto nella capitale è l’APA Hotel Nishishinjuku-Gochi, questa volta nella zona sud ovest della città, più vicina a Shinjuku. La metro è vicinissima e fa parte della linea Toei, molto meno frequentata di altre. Abbiamo scelto una camera ai piani più alti (ci è toccato il 16esimo), un po’ perché timorosi del caos provocato dai turisti in transito, un po’ perché curiosi del panorama costante che ti garantisce una camera così in alto. L’hotel è caratterizzato da un checkin e da un checkout automatico. L’utente deve autogestirsi su 4 terminali messi a disposizione dalla direzione. Ma le operazioni non sono così banali e gli operatori sono costretti ad affiancare l’utente su ogni postazione, rallentando ancora di più gli accessi. Peccato, per un hotel con un giro turistico così forte. Visto che ormai è pomeriggio , decidiamo di destinare la seconda parte della giornata ad Odaiba.Si prende la monorotaia Yurikamome, che viaggia tra i grattacieli e attraversa il magnifico Rainbow Bridge. Scendendo alla prima fermata, si può accedere direttamente ad una spiaggia di sabbia che affaccia sulla baia , dove si trova la riproduzione della statua della libertà. Ma è di sera che il panorama da il suo massimo. Salendo sulle passerelle superiori, si può ammirare il ponte illuminato, le barchette che attraversano la baia, la statua della libertà, in un bellissimo ensemble di luci e colori. L’isola è popolata da numerosi centri commerciali, tutta Tokyo ne è piena, quindi ormai ce li lasciamo sfuggire volentieri, ma ci dirigiamo al DiverCity dove ci accoglie, di guardia all’ingresso, il Gundam Unicorn che con le luci fa la sua figura. A intervalli regolari c’è una ‘esibizione’ del robottone e mica ce la possiamo perdere. In realtà è un tantino deludente. Viene proiettata a lato una parte del cartone animato e con fumi ed effetti sonori vari, il Gundam apre le antenne e le chiude. Tutto qui. Tanto rumore per nulla. Decidiamo quindi che è meglio rifocillarsi e allora ci buttiamo al Venus, il centro commerciale che riproduce l’effetto delle città europee (pure con i nomi). Ci abbuffiamo in un ristorante cinese e assistiamo alle scene isteriche di ragazzini in fila per il firma copie di una delle starlette del momento. Qui in Giappone vanno di moda tutte queste ragazzine, dall’aria un po’ lolita, con minigonna e codini, tutte uguali, tutte fintamente innocenti.
Nono giorno:optiamo per la visita a Kamakura. Le opzioni erano 2: Nikko o Kamakura. Ma di templi e santuari iniziamo ad averne abbastanza. Tutti sicuramente meravigliosi, ma quello che ci affascina realmente oggi è la civiltà così diversa dalla nostra, il modo di comportarsi , la realtà. Così, sia per la distanza, molto inferiore, sia per la possibilità di rientrare a Tokyo ad orario decente, optiamo per Kamakura. Kamakura è caratterizzata dal grande Daibutsu, il grande Buddha ,dall’Hase-dera e dal Hachiman-gu , in pieno centro. Vanno presi con calma. Qui non regna il caos della città, i negozietti sono piccoli e tradizionali ma con mezza giornata si visita tutto tranquillamente e si può rientrare in città per continuare la visita alle mille facce di Tokyo. Vi consiglio di partire dal Daibutsu e , al rientro, portarvi al Hachiman-gu passando attraverso la via che costeggia la stazione, piena di negozi, bar, locali tradizionali. Al pomeriggio, rientrati a Tokyo, ci dirigiamo a Shinjuku, dove rimaniamo colpiti dalla marea di persone. Già riuscire ad uscire dal lato corretto della stazione non è una cosa semplice, è letteralmente immensa. Decidiamo per prima cosa di fare un salto al Tokyo Metropolitan Government Building, dove si può salire gratuitamente su una delle torri (a 200 m di altezza) e vedere il panorama. La fila è molto lunga perché, essendo gratis, raccoglie decine e decine di turisti, ma molto scorrevole perché gli ascensori sono capienti ma soprattutto perché , una volta saliti, si scatta qualche foto e si scende velocemente. Non c’è molto da fare. Dalla torre del Palazzo, torniamo indietro e ci avventuriamo tra i palazzi con insegne interamente in giapponese. Ci sono cianfrusaglie elettriche ed elettroniche, ma più confuse e meno turistiche di quelle di Akihabara. Finalmente arriviamo al cuore pulsante di Shinjuku. La cosa che più mi stupisce e che qui i palazzi sono pieni di locali e ristoranti fino in cima (almeno sesto o settimo piano) e le insegne sono disposte su ogni piano. Ci sono locali per il karaoke che occupano interi stabili e le stanze attive sono illuminate con lucine colorate, in alcune si intravvedono i ragazzi che cantano e si divertono. Ci fermiamo a bere una birra in uno dei locali specializzato in birre locali e ci mettiamo in vetrina per osservare e curiosare la marea di persone che passeggia sui marciapiedi del quartiere. E’ proprio vero che di giorno tutti questi ragazzi in uniforme scolastico appaiono spenti e immersi nei loro pensieri condivisi con lo smartphone, mentre di sera sono sorridenti e solari, in gruppo, vestiti all’ultima moda o in modo curioso, ma alla scoperta della vita reale. Poi ci lasciamo trasportare dalle luci, i suoni, dai mille ristoranti. Scopriamo un negozio specializzato in galletti allo spiedo, proprio vicino al mitico Godzilla posto sul Gracery hotel e ci fiondiamo dentro a mangiare qualcosa. Mangiamo una super grigliata di pollo spendendo veramente poco , rispetto alla quantità di cibo servito e allo scadere dell’ora ci fiondiamo sulla strada per vedere Godzilla che si anima.. spettacolo! Proseguiamo la passeggiata e senza accorgercene , ci ritroviamo a Kabuchicho, il quartiere a luci rosse. In pratica, svolti l’angolo e ti ritrovi in vie piene di night e locali a luci rosse, con personale di sicurezza tutto impomatato ed elegantissimo. Basta un attimo per cambiare prospettiva.
Decimo e ultimo giorno: decidiamo di prenderci l’ultimo giorno tutto per noi, dedicarci allo shopping e alle cose che ci sono piaciute di più in giro per la città. Scoviamo un ristorantino , ai piani interrati di Shibuya, davvero molto caratteristico, con pareti in legno , giardino zen, tavoli bassi tipicamente giapponesi. Qui , con camerieri che faticano a capire l’inglese, assaggiamo un buonissimo sashimi, un’ottima tempura e ci facciamo consigliare un altrettanto buon sake. Non c’è modo migliore per chiudere questa vacanza!
Il Giappone resta ancora un universo parallelo, una realtà in cui tecnologia e tradizione riescono, seppur a fatica, ancora a convivere. Ammetto la mia perplessità nell’organizzare un viaggio in un paese con usanze così diverse dalle nostre, dove l’inglese è ancora per pochi, con una cucina opposta a quella mediterranea, ma poi se ne rimane incantati. E’ quello che è successo a me e che spero possa incantare anche molti altri di voi!