Da Los Angeles a S.Francisco visitando i Parchi Americani
Siamo quattro coppie, io Mau, Maurizio, Memo e Mauro e le rispettive consorti, Tiziana, Isa, Cinzia e Ketty.
Partiamo il 23 settembre da Milano Malpensa con volo della British Airways delle 11,55 con scalo e Londra e successivo volo per Los Angeles delle 16,30. Qualche turbolenza sulla Manica e arrivo puntuale al terminal 5 gate A di Londra Heathrow. Da qui un comodo trenino interno ci porta al gate C, da dove parte l’Airbus A380 per Los Angeles. Il volo si svolge in tutta tranquillità. Ci viene servita la cena a base di pasta alle verdure o pollo al curry (…da dimenticare) e abbiamo modo di verificare la professionalità e gentilezza del personale di bordo. Sorvoliamo la Groenlandia, l’Alaska, il Canada, il Nord America e finalmente dopo undici ore di volo atterriamo a Los Angeles. Qui sbrigate, abbastanza velocemente le procedure di sbarco e recuperato senza problemi il bagaglio raggiungiamo il punto dell’aeroporto dove dovremmo incontrare la nostra guida. Facciamo conoscenza con altre persone che nei prossimi giorni divideranno con noi le emozioni del viaggio. Tra questi una simpatica coppia della provincia di Brescia, Carolina e Davide, in viaggio di nozze.
Dopo una lunga attesa finalmente arriva la navetta che ci porta all’Hotel “Holiday Inn Express” di Hawthorne.
La camera è molto spaziosa con due comodi letti extra-size. Siamo stanchissimi per il lungo viaggio e dopo una corroborante doccia, alle ventitré, ora locale, spegniamo la luce e cadiamo in un sonno profondo.
Martedi 24 settembre – Los Angeles
Sveglia prestissimo, alle 5,30. Colazione alle 6,30. Partenza alle 7,30. Facciamo conoscenza con gli altri turisti che ci accompagneranno in quest’avventura americana: alcune coppie in viaggio di nozze, un paio di coppie “agè”, giovani e meno giovani, in tutto una quarantina di persone. Conosciamo inoltre la nostra guida, Letizia. Americana di origini messicane parla bene la nostra lingua, avendo vissuto per sette anni in Italia e cosa molto importante, si dimostra simpatica, preparata e disponibile. Fatte le reciproche presentazioni, iniziamo il nostro tour. Oggi è in programma la visita della città di Los Angeles. La città è grandissima, si estende su una superficie di 1300 kmq e ha una popolazione di oltre quattro milioni di abitanti. Siamo subito inghiottiti dal traffico caotico per entrare in città. Otto corsie dell’autostrada e quella preferenziale per i pullman non sono sufficienti a consentire un deflusso veloce delle auto. Occorre più di un’ora per raggiungere la zona centrale della città. Passiamo davanti allo stadio di football americano poi al mitico “Staples Center” dove gioca la squadra di basket dei “Los Angeles Lakers” e prima sosta al “Walt Disney Concert Hall” dove ammiriamo un primo assaggio dello skyline cittadino. Il cielo è coperto, ma come ci spiega la guida, è una caratteristica della città. Rapidamente il tempio cambia, sereno e temperatura alta. Raggiungiamo “Downtown”, poi visita alla zona storica della città denominata “El Pueblo de Los Angeles”, dove è stata restaurata e arredata una tipica abitazione signorile dei primi del ‘900. Ricorda molto il pueblo di Don Diego della Vega, il mitico Zorro…!
Da qui sempre in pullman eccoci nella zona elegante della città: Beverly Hills. Impossibile non farsi fotografare sotto la famosa scritta. Poi guidati da Letizia, raggiungiamo l’elegante ed esclusiva “Rodeo Drive”, i negozi delle grandi firme, l’hotel dove fu girato “Pretty Women”, le lussuose automobili e il lusso sfrenato. Peccato che a poca distanza notiamo gruppi di “homeless” bivaccati lungo le strade e nelle piazze addirittura con piccole tende. E’ uno dei grandi problemi e contraddizioni della società americana contemporanea. Da una parte la ricchezza e dall’altra la difficoltà di molte persone, senza un lavoro e a causa del costo elevato delle abitazioni e degli affitti, costretti a vivere per strada. Riprendiamo il pullman e ci dirigiamo vero la zona di Hollywood. Raggiungiamo Hollywood Blvd, arteria caotica resa celebre dalle stelle sul pavimento che ricordano i divi della musica e del cinema. Vediamo il famoso Cynese Theatre e il teatro, dove si svolge la premiazione degli Oscar. Pranzo veloce da “Baja Fresh”, poi saliamo verso l’Osservatorio Astronomico da dove si ammira la città a 360 gradi. Salendo attraversiamo la zona più esclusiva della metropoli, bellissime ville e palazzi fanno da cornice alla strada che sale sino all’Osservatorio. Siamo vicini alla famosa scritta “HOLLYWOOD” ed è possibile capire quanto è estesa questa città, la più grande degli Stati Uniti. La visita dell’Osservatorio si rivela interessante e sorprendente. Dopo aver atteso i soliti ritardatari, scendiamo dalla collina e raggiungiamo Santa Monica, elegante cittadina sulle rive dell’Oceano Pacifico. Costeggiamo il lungomare e raggiungiamo la vicina Venice, così chiamata perché “ricorderebbe !!” la nostra Venezia. In realtà ci sono solo alcuni canali con piccoli ponti, qualche imbarcazione e anonime villette. Forse Venezia è un’altra cosa!
Ritorniamo verso Santa Monica, dove ceneremo. Qui è d’obbligo la foto vicino alla scritta che indica la fine della mitica “Route 66”, una passeggiata sul lungomare, poi non resistiamo ad attraversare la lunga spiaggia e raggiungere le acque dell’oceano, dove gruppi di giovani si stanno cimentando nel surf. Raggiungiamo il ristorante, situato sul molo principale. Ci aspetta un bellissimo tramonto sull’oceano e una cena da “Seaside on the Pier” a base di hamburger e fish and chips! Breve passeggiata dopo cena e rientro a Los Angeles.
Mercoledì 25 settembre – Los Angeles – Joshua – Laughlin
Partenza ritardata poiché alcuni ragazzi di Terni hanno dovuto recarsi in aeroporto alla ricerca dei loro bagagli mai arrivati. Purtroppo saranno riconsegnati solo il lunedì successivo! Verso le 8,30 ci dirigiamo verso Palm Spring, situato nel deserto del Sonora, nel sud della California a un centinaio di chilometri da Los Angeles. Qui molti divi del cinema hanno ville di proprietà ed è frequentata da persone facoltose. La città è molto carina, caratterizzata da alte palme da dattero, fa molto caldo e la sosta si limita a un caffè e una breve passeggiata. Poco fuori città ci fermiamo al Supermercato Ralph’s. Oggi picnic nello Josha Tree Park, meta della giornata e quindi dobbiamo fare provviste. Il supermercato, manco a dirlo, è enorme, ordinatissimo e super rifornito. Scopriamo che gli affettati e i formaggi sono venduti a fette e non a peso, ci perdiamo tra gli scaffali ma alla fine ci limitiamo allo stretto indispensabile per il picnic. Esperienza comunque interessante. Raggiungiamo finalmente la meta di giornata il Josha Tree Park. Il paesaggio è desertico, surreale, caratterizzato da piante di cactus dalle forme contorte e grottesche (Yucca), le rocce levigate adagiate sul terreno. Il parco è situato nel punto dove si incontrano due deserti, il Colorado Desert e il Mojave Desert, si estende su 3200 km quadrati e il nome gli fu dato da un gruppo di Mormoni nel 1850. Dopo un veloce picnic funestato dalla presenza di fastidiose e pericolose vespe, passeggiamo con la guida lungo un percorso ben segnalato facendo attenzione alle numerose tane di serpenti e poi nel primo pomeriggio riprendiamo il pullman. Sosta in un punto mitico degli Stati Uniti. La “Route 66”, la famosa strada che attraversa gli States e collega Chicago a Santa Monica. Ci fermiamo in una piccola stazione di rifornimento con annesso store. Sulla carreggiata la scritta “Route 66”, e naturalmente foto di rito. Proseguiamo poi per Laughin, Hotel AVI Casinò, situato sul fiume Colorado, con piscina e spiaggia privata. Arriviamo al tramonto, anche qui le camere, con la consueta moquette, sono ampie, a piano terra, direttamente sul parcheggio e comprendono due letti extra-size. La cena a buffet è servita nel ristorante che si raggiunge dopo aver attraversato l’ampio casinò stile Las Vegas.
Giovedì 26 settembre – Laughlin – Gran Canyon – Cameron City
Dopo una discreta colazione intorno alle 7,30 partiamo alla volta del Gran Canyon in Arizona. Oggi è in programma il volo, facoltativo, sopra il Canyon con un piccolo aereo da turismo. Noi abbiamo aderito con entusiasmo e anche Tiziana, superato qualche dubbio, è dei nostri. Sulla strada breve sosta su un altro punto della “Route 66”, dove a esclusivo beneficio dei turisti è stato ricostruito un piccolo centro del West con distributore di benzina, piccolo store, alcune macchine, moto e camion d’epoca e due fornitissimi negozi di souvenir, presi d’assalto dai viaggiatori. Proseguiamo verso il Gran Canyon che raggiungiamo prima di mezzogiorno. Qui al centro volo ci attende un aereo Cessna da dieci posti. Siamo due gruppi, per primi saliamo noi otto, poi al nostro ritorno l’altro gruppo. Il pilota è giovane e simpatico e ci mette subito a nostro agio. Al posto di co-pilota si siede Mauri, che esaudisce un suo desiderio da bambino, dietro due a due tutti gli altri, chiude Memo. Indossiamo le cuffie che oltre a ripararci dal rumore del motore ci permettono di ascoltare, in italiano, il racconto delle meraviglie che si susseguono sotto di noi. Foto e filmati si sprecano. Un’emozione incredibile!
Il Gran Canyon è un’immensa gola creata dal fiume Colorado. E’ lungo oltre 400 chilometri e profondo fino a 1800 metri. Quasi due miliardi di anni di storia sono emersi grazie all’azione del fiume e dei suoi affluenti che in milioni di anni hanno eroso le rocce strato dopo strato. Il volo dura circa quarantacinque minuti. E’ uno spettacolo fantastico con paesaggi che variano ogni secondo. E’ immenso e quasi non si scorge l’orizzonte. In fondo il fiume Colorado nel suo tortuoso cammino cambia colore a secondo della varietà di minerali che incontra. Ammiriamo terrapieni verdi alternati a rocce frastagliate di colori unici, uno spettacolo che credo rimarrà impresso nelle nostre menti per sempre. Anche Tiziana si è rilassata e finalmente si gusta l’incredibile spettacolo che la natura ci offre. Purtroppo il tempo trascorre velocemente ed è già ora di rientrare. Siamo accolti dall’altro gruppo cui raccontiamo velocemente le nostre emozioni. Ringraziamo il pilota e in pullman raggiungiamo il Centro Visitatori. Un veloce spuntino da “Pizza Hut”, un’occhiata al solito store, (sono praticamente tutti uguali, cambia solo la scritta su t-shirt e felpe) a prezzi non proprio economici e gestito da indiani Navajos, poi, nel primo pomeriggio, raggiungiamo un belvedere da cui si può ancora ammirare che grande spettacolo della natura è il “Gran Canyon”. Purtroppo il tempo si è un po’ guastato. Pioviggina e una leggera nebbia rende ancora più affascinante il meraviglioso spettacolo che si staglia davanti a nostri occhi. Percorriamo tutto il perimetro del belvedere alla ricerca di un posto sempre migliore per scattare foto, ma dovunque stai… non sbagli. Ci fa compagnia anche un simpatico scoiattolo grigio dalla lunga coda. Purtroppo è già ora di partire. Ci dirigiamo verso Cameron. Qui alloggeremo, per una notte, al “Cameron Trading Post”, anche questo gestito da indiani Navajos. Probabilmente il migliore e più caratteristico hotel del tour. Camere spaziose con arredamento stile indiano. Cena a base di “Taco Navajo” composto di un disco di pasta da pane fritto in olio e coperto con carne macinata, formaggio, fagioli e verdure varie. Insomma…
Venerdì 27 settembre – Cameron City – Monument Valley – Moab
Sveglia alle cinque con colazione già preparata sul tavolo. Pane tostato, marmellata, frutta fresca, caffè americano e succo di frutta. Oggi è probabilmente la giornata più impegnativa del nostro tour. Le meraviglie da vedere sono tante e tutte indimenticabili. La prima tappa è “Antelope Canyon”. Antelope, formatosi nel corso dei secoli dall’erosione dell’arenaria, è costituita da due formazioni separate: “Upper” lunga circa trecento metri, più agevole e facile e “Lower” lungo circa quattro chilometri e meno agevole. Noi visiteremo il primo. Arriviamo intorno alle otto. Lasciato il pullman, una navetta ci porta all’ingresso del canyon, dove una giovane ragazza Navajo ci guida all’interno. E’ una specie di tunnel, dove la luce entrando dalle fessure della roccia disegna colori e forme incredibili e uniche. Siamo estasiati, non sappiamo più dove guardare e cosa fotografare tanto siamo affascinati dal fenomeno. Visitiamo due distinti tunnel, incrociando sul percorso gli altri gruppi di turisti. Tutti con il naso all’insù! La nostra guida, Mirna, si rivela gentile e disponibile, indicandoci i punti migliori per scattare foto uniche. La visita dura circa un’ora e al ritorno alle navette ci viene anche offerta una bottiglietta di acqua per dissetarci vista la fatica della salita e il gran caldo. E’ impossibile descrivere lo spettacolo, perché ogni centimetro di roccia è diverso dall’altro e ogni raggio di sole disegna effetti sempre diversi. E’ difficile dire se questa è stata l’esperienza migliore, di certo, come dice mio figlio: “Antelope spacca!”. Con ancora negli occhi lo spettacolo di Antelope ripartiamo verso il piccolo aeroporto del Lago Powell dove abbiamo prenotato il secondo volo su un piccolo aereo da turismo. Il programma prevede il sorvolo del lago Powell con relativa diga e il fiume Colorado.
Il Cessna è più piccolo del giorno precedente, sei posti più il pilota. Siamo divisi in tre gruppi. Io con Tiziana, Mauri, Isa e due altre ragazze. Gli altri amici, insieme, su un altro volo. Sorvoliamo subito la diga e lo spettacolare “Horseshoe bend”, dove il Colorado disegna una curva che ricorda lo zoccolo di un cavallo. Lo spettacolo è stupendo. Il Colorado disegna anse, fiordi e promontori, dove navigano barche da turismo e da crociera. Il colore è blu intenso e a ogni virata del pilota si scopre un paesaggio sempre diverso. Il volo è tranquillo, il cielo sereno e nessuna turbolenza rovina lo spettacolo che appare sotto di noi. Bellissimo! Dopo circa un’ora di volo raggiungiamo il resto del gruppo e pranziamo sul pullman con un panino di “Subway”, sembrerebbe a base di prosciutto cotto e tacchino… !!?? Ma le emozioni oggi non sono ancora finite! La prossima tappa è la “Monument Valley” al confine tra Arizona e Utah. E’ un pianoro desertico di origine fluviale ed è uno dei simboli degli Stati Uniti occidentali. Lasciato il pullman, saliamo sopra tre automezzi aperti che portano quindici persone. La nostra è guidata da Bernardo, indiano navajo. Guida da ritiro patente! Ci consigliano di coprirci la bocca con un foulard per ripararci dalla polvere sollevata dalle auto. Monument Valley ricorda i mitici film western. Distese enormi intervallati da monoliti rocciosi color rosso-ocra con la sommità generalmente piatta da dove ti sembra che stia per uscire John Wayne sulla diligenza di Ombre Rosse inseguito dagli indiani o Tex Willer, seguito dal fido Kit Carson. Intorno i monoliti, alcune dalle forme più strane come le tre sorelle, l’elefante sdraiato, il pollice e la collina del cammello. Prima sosta al “John Ford Point”, uno sperone di roccia affacciato sul vuoto dove è possibile fare una foto in sella a un docile cavallino alla modica cifra di 5 dollari. Proseguiamo il giro sulla polverosa e dissestata strada. Breve sosta e intrattenimento musicale e ballo indiano da parte degli autisti delle jeep. Dopo più di un’ora, un po’ impolverati ma entusiasti, ritorniamo al Visitor Center, dove abbiamo ancora il tempo di fotografare i monoliti simbolo della valle che si stagliano proprio davanti ai nostri occhi. Questa sera pernottamento nella cittadina di Moab al “Moab Valley Inn” e cena a base di bistecca americana al Moab Grill.
Sabato 28 settembre – Moab – Arches – Bryce
Partenza per il parco di Arches. Spesa al supermercato “City Market”. Anche oggi è previsto picnic nel parco. Ammiriamo una serie di “pick-up” nel parcheggio del supermercato, veramente enormi e improponibili per le nostre strade. Dopo un paio d’ore raggiungiamo la nostra meta. Siamo sempre nello Utah e il parco è caratterizzato da oltre duemila archi naturali di arenaria formatisi nel corso dei secoli dalla lenta erosione dei vari agenti atmosferici. Ogni arco ha la sua caratteristica, la forma e il colore cambia man mano che ti avvicini. Percorriamo, senza difficoltà, un breve sentiero che ci porta proprio a diretto contatto con queste formazioni rocciose che sembrano composte di blocchi di pietra appoggiate una sopra l’altra. Lasciamo il parco di Arches e ci dirigiamo verso il “Dead Horse Point State Park”.
Dal belvedere sul fiume Colorado lo sguardo si estende a perdita d’occhio su una superficie vastissima disseminata di canyon solcati dagli affluenti del fiume. Di fronte a noi un ampio terrapieno dove il fiume disegna un’ampia curva. Qui è stata girata la scena finale del film “Thelma e Louise”. La tradizione vuole che il nome di questo posto sia legato a un gruppo di cavalli selvaggi che, imbrigliati dall’uomo, si ribellarono, buttandosi tutti insieme nel canyon, preferendo la morte alla mancata libertà. Esattamente come le protagoniste del film. Picnic davanti a quest’ulteriore meraviglia e proseguimento verso il prossimo parco: “Bryce Canyon”. Raggiungiamo il parco verso le diciotto. Il sole è ancora alto e lo spettacolo è mozzafiato. Siamo a circa 2500 metri d’altezza e l’aria è frizzantina. In realtà non si tratta di un canyon ma di un altopiano calcareo su cui l’erosione ha disegnato colonne rocciose dalle forme dentellate e dai colori sorprendenti che vanno dall’arancione al rosso intenso. È caratterizzata da formazioni a forma di candela, pinnacoli che si stagliano verso il cielo. Un sentiero porta ad alcuni belvedere da cui si possono ammirare le straordinarie formazioni rocciose. Da restare senza fiato! Cena a buffet al “Bryce Restaurant” e soggiorno al “Bryce Canyon Grand Horel”, della catena Best Western Plus.
Domenica 29 settembre – Bryce – St. George – Las Vegas
Dopo la solita deludente colazione in una sala troppo piccola per contenere gli ospiti dell’hotel, che si ritrovano tutti alla stessa ora, partiamo in direzione “Red Canyon”. Siamo nello Utah territorio mormone. E’ un “Bryce” più piccolo caratterizzato dal passaggio, all’ingresso, delle autovetture sotto due tunnel scavati nella roccia di arenaria rossa. Dopo una breve sosta ci dirigiamo verso la cittadina di St. George, tipica cittadina mormore, ordinata, pulita e pressoché deserta. Qui visitiamo il “St. George Temple Visitors Center”, dove giovani mormori ci accolgono sorridenti e disponibili a illustrare, ai turisti interessati, le basi del credo mormone. Il tempio bianchissimo e imponete invece è visitabile solo dagli adepti. Terminata la visita, raggiungiamo un vicino centro commerciale, dove ci gustiamo un buon hamburger e chips da “Smashburger”. I prezzi nei negozi sembrano abbastanza convenienti e molti ne approfittano che acquisti di abbigliamento e souvenir.
Ricaricate le pile siamo pronti per il prossimo parco e per la meta finale della giornata, Las Vegas. Lasciamo lo Utah ed entriamo nel Nevada. Qui troviamo la “Valle del Fuoco”. Nel mezzo del deserto del Mojave s’incontrano queste formazioni di arenaria rossa. Fa molto caldo e dopo una breve passeggiata tra le rocce ripartiamo alla volta di Las Vegas. Siamo in pieno deserto e dopo circa due ore intravediamo all’orizzonte le sagome dei grattacieli della città. Improvvisamente dal nulla incominciamo a incontrare centri commerciali, ospedali, hotel in costruzione e finalmente la periferia della città. Intorno alle 17,00 raggiungiamo il nostro hotel, “ Excalibur”, situato all’inizio della famosa strip. Tutto appare enorme e… finto. Il nostro hotel, non uno dei più grandi, ha circa 2.500 stanze e dalla hall, per raggiungere gli ascensori, bisogna attraversare l’immenso casinò! La camera è standard, ampia, con i soliti due letti extra-size e finalmente una doccia senza la tendina “stile Psyco”!, Manca il frigo-bar e purtroppo è un po’ rumorosa, gli enormi motori dei condizionatori si fanno sentire. Verso le 19 dopo una bella doccia siamo pronti per scoprire la “città del peccato”. Appena usciti dall’hotel la prima sorpresa. Incredibile ma vero, fa freddo. Altro che 40 gradi! Si è alzato un freddo vento proveniente dal deserto che ci costringe a coprirci più del previsto. Intorno a noi una città caotica. Abituati ai silenzi dei parchi e del deserto, siamo un po’ disorientati! Saliamo sopra un ponte pedonale, passiamo davanti alla ricostruzione di New York, attraversiamo un Centro Commerciale con i negozi delle principali firme della moda, vediamo esternamente il negozio di “Eataly” e raggiungiamo la zona dell’Hotel Bellagio, oltre 4000 stanze e uno dei più eleganti della città. Qui assistiamo allo spettacolo delle fontane danzanti. Si tratta di uno spettacolo di giochi d’acqua che si svolge nell’ampio lago artificiale prospiciente l’hotel. A intervalli prefissati getti d’acqua si muovono al suono della musica, componendo spettacolari coreografie diverse secondo la musica suonata. Dopo aver assistito allo spettacolo, ci addentriamo nell’hotel. E’ veramente enorme e nella hall è stata allestita una spettacolare coreografia con tema l’India, con animali in movimento e tappeti di variopinti fiori veri. Un po’ frastornati ritorniamo nella strip, ci dirigiamo verso “Parigi” e la ricostruzione della Tour Eiffel e ci fermiamo al ristorante “Alexxa’s” per la cena. Niente di memorabile: hamburger, di carne o vegani e fish and chips! All’uscita il vento freddo è aumentato, rinunciamo a proseguire per la strip, come da programma, e rientriamo in hotel. Sarà stato il clima o il troppo caos ma sinceramente Las Vegas ci ha deluso!
Lunedì 30 settembre – Las Vegas – Death Valley – Bakersfield
Finalmente colazione ottima. Almeno qualcosa di buona Las Vegas l’ha lasciato! Ce la godiamo ben sapendo che le prossime probabilmente ritorneranno allo standard delle precedenti. Partenza dall’hotel e breve sosta sotto l’iconica scritta “Welcome to Fabulous Las Vegas – Nevada”, con foto di gruppo. Riprendiamo la strada che attraversa il deserto, direzione “Dead Valley”. Ci fermiamo a Pahrump al supermercato “Albertsons” dove facciamo provviste per il pranzo (ormai siamo degli esperti!). Acquistiamo anche una bottiglia di vino californiano che degusteremo alla sera dopo cena. Raggiungiamo l’ingresso della valle. Fa caldo ma comunque sopportabile. Dopo una breve passeggiata raggiungiamo il punto più spettacolare della zona: Zabrisky Point, celebrato anche dal famoso film di Antonioni. Il paesaggio è lunare. Dalla cima della collinetta appare una distesa di dune di sabbia cementificata, formate da ghiaia, sedimenti salini e residui di cenere vulcanica. Ripreso il pullman, ci dirigiamo verso Furnace Creek e lungo il percorso, scorgiamo ampie distese desertiche di un bianco accecante… sale pietrificato! Raggiungiamo infine Fornace Creek, un’oasi nel deserto. Qui oltre a un attrezzato Centro Visitatori è possibile fare un picnic su comodi tavoloni all’ombra. Ripartiamo alla volta di Bakersfield, che raggiungiamo dopo oltre quattro ore di viaggio attraversando zone totalmente desertiche e desolate montagne. Alloggiamo al “Four Point by Sheraton” e cena a base di bistecca da “Black Angus”. A mio parere la migliore, in un bel locale.
Martedì 1 ottobre – Bakersfield – Yosemite – Modesto
Oggi il programma prevede la visita al parco di Yosemite. Il parco si estende per più di 3000 mq2 e copre migliaia di ettari di foreste e di montagne alte oltre i 3000 metri. E famosa per monoliti unici al mondo e per le numerose cascate presenti nel periodo del disgelo. Purtroppo in questo periodo sono ridotte a rigagnoli. Per questo motivo la nostra guida ci consiglia di visitare la zona delle grandi sequoie. Attraversiamo il parco in pullman, qui sono ancora presenti i segni dei grandi incendi che negli anni precedenti hanno distrutto alberi secolari. Una navetta ci porta poi nella zona delle sequoie e un comodo sentiero s’inoltra nel “Mariposa Grove”, il parco delle sequoie alte quasi cento metri. Nel percorso ci accompagnano simpatici scoiattoli sempre alla ricerca di cibo e per nulla spaventati dalla presenza dei turisti. Ammiriamo “le tre Grazie”, e “Grizzly Giant” la più grande sequoia del parco di oltre 1600 anni. Un’altra attrazione è la Fallen Monarch, il Re Caduto, una sequoia di 70 metri caduta in seguito ad una frana, che mostra le sue radici dal diametro di oltre 70 cm l’una. Raggiungiamo poi un’altra enorme sequoia al cui interno è stato realizzato un tunnel, attrazione per le foto dei turisti, che ben evidenzia la grandezza della pianta rispetto all’uomo. Riprendiamo il pullman e sosta vicino a un belvedere da cui si può ammirare oltre a un bel paesaggio del parco la roccia denominata ”El Capitan”, uno dei simboli del parco. Si tratta di un monolite di granito alta circa 900 metri e considerata dai nativi americani sacra. Sul lato orientale della montagna sgorga la cascata Horsetaill, con un saldo di 500 metri. Purtroppo è abbastanza ridotta ma i raggi del sole disegnano sulle acque un piccolo arcobaleno. Siamo intorno ai 2000 metri di altezza e il clima è abbastanza fresco. La prossima meta è la città di Modesto che raggiungiamo dopo aver attraversato la catena montuosa della Sierra Nevada. L’hotel è il Best Western Palm Court e ceniamo da “Denny’s” a base di pollo o pesce alla griglia.
Hotel… modesto come il paese con sala colazione piccola e assolutamente inadeguata per il flusso di turisti.
Mercoledì 2 Ottobre – San Francisco
Dopo una pessima colazione, praticamente consumata in piedi a causa della mancanza di spazio, intorno alle sette partiamo alla volta di San Francisco. Il tragitto non è particolarmente lungo ma per entrare a San Francisco il traffico è intenso nonostante la strada a più corsie. Il panorama è completamente diverso da quello dei giorni precedenti. Lungo il tragitto si susseguono sterminate piantagioni di viti, di piante di mandorlo e di frutta. Niente a che vedere con le zone desertiche attraversate nei giorni scorsi. Finalmente intorno alle dieci entriamo in città attraverso il lungo ponte di Oakland. Sosta nella zona del Municipio, poi attraversiamo Union Square, Chinatown, il Financial District, raggiungiamo la zona del porto e il famoso Golden Gate Bridge, uno dei ponti più famosi del mondo. Il ponte si estende sulla baia di S. Francisco e collega la città a Marin Country. E’ di un colore arancio rossastro e misura, nella campata centrale 1280 metri. E’ un ponte sospeso dove le torri alle estremità sostengono i cavi, che a loro volta tengono la strada sospesa. Un impatto visivo molto forte. Lo attraversiamo e arriviamo a Sausalito, cittadina residenziale chiamata la Portofino americana (!). Da un belvedere si può ammirare e fotografare il Ponte e l’isola di Alcatraz. Ritorniamo a S. Francisco, passiamo in hotel, dove scarichiamo i bagagli e raggiungiamo, sempre in pullman, la zona chiamata “Fisherman’s Wharf”, e il rinomato Pier 39. Qui la compagnia si divide. Tiziana ed io abbiamo prenotato la gita in battello che ci porterà sotto il Golden Gate e intorno all’isolotto di Alcatraz, gli altri preferiscono una passeggiata e la degustazione da Boudin Bakery di uno dei piatti locali: la zuppa di vongole o gamberi servita in una pagnotta di pane. La gita in battello parte dal pontile del Pier 39 vicino alla colonia di leoni marini ammucchiati uno sull’altro all’imboccatura dell’imbarcadero. Dura circa un’ora e prevede il giro della baia sino sotto il ponte, poi la circumnavigazione di Alcatraz e la veduta dell’ex carcere chiuso ormai dal 1963. Purtroppo non prevede la discesa sull’isola e la visita delle celle rese famose anche dal celebre film con Clint Eastwood. Ci permette però di ammirare e fotografare il ponte da tutte le prospettive possibili. Rientrati a terra ci ricongiungiamo con gli altri amici e raggiungiamo la stazione di partenza dei “Cable car”, i caratteristici trenini della città. Il biglietto costa 7 $ e da diritto a una corsa di sola andata. Mentre attendiamo il nostro turno. Assistiamo al cambio di direzione della vettura effettuato manualmente dagli addetti. Le vetture non hanno motore ma sono trainate da un cavo che si muove al di sotto della strada. Per far muovere il veicolo, l’autista tira una leva, detta morsa, che attraverso una fessura, passa al di sotto fino alla strada e le ganasce si stringono sul cavo che scorre, come un paio di pinze. Finalmente si parte! Ci sediamo sui sedili laterali esterni, nel mezzo l’autista, un omaccione dai modi burberi, che manovrando le due lunghe leve fa muovere la vettura sulle salite e discese che caratterizzano la città. Il tratto più ripido ha una pendenza di 21 gradi. È bellissimo, emozionante e particolare anche perché la velocità è abbastanza elevata. Il tragitto, della durata di circa quindici minuti, termina nei pressi di Union Square. Cartina alla mano, raggiungiamo la fermata dei bus e prendiamo il numero 5 in direzione Alamo Square. Qui, intorno ad una collinetta, dove ragazzini sfrecciamo con gli skyboard, possiamo ammirare una serie di ville in stile vittoriano con lo sfondo dei grattacieli della città. Molto particolare e caratteristica. Riprendiamo poi il bus 5 e successivamente il 47 e torniamo in hotel.
Siamo alloggiati al “Confort Inn”, camere standard con vista sulla baia e in lontananza il Golden Gate. Alle 19 il pullman ci riporta davanti al Pier 39, salutiamo Pepe, il simpatico autista che ci ha accompagnato in questa viaggio e raggiungiamo il ristorante convenzionato per la cena, “Hana Zen”, situato al primo piano del molo. All’ingresso notiamo un certo imbarazzo dei camerieri. Probabilmente per un disguido con la nostra guida la cena non era pronta e pianificata. In fretta e furia…. ,si fa per dire, perché se la sono presa con molto comodo, allestiscono i tavoli ma la cena, tonno alla griglia o bistecca con contorno di patatine fritte fredde è da dimenticare. L’unica nota positiva è il bel tramonto sulla baia ammirato dalla terrazza. All’uscita ecco finalmente la “sorpresa”, che Letizia ci ha preparato per terminare in bellezza il nostro tour: giro notturno di San Francisco in limousine. Alla fine del Pier 39 ci aspettano due limousine nere. All’interno divanetti di pelle, musica e champagne…. Una vera sorpresa! Ci scorazzano per le vie della città, saliamo sul ponte Oakland e sosta con vista dello skyline della città. Bellissimo! All’interno risate, champagne e puro divertimento. Dopo un’altra sosta lungo il molo, ci riportano al nostro albergo, dove ad attenderci gli altri componenti del gruppo. Brindisi finali con il “poco” champagne rimasto e tutti a letto per l’ultima notte americana.
Mercoledì 3 Ottobre – San Francisco
Oggi mattinata libera in attesa della navetta che ci porterà in aeroporto. Lasciate le valigie nel deposito dell’hotel raggiungiamo la famosa “Lombard Street”, una tortuosa strada lunga un centinaio di metri che le auto devono percorrere in discesa e lentamente. Peccato che il dislivello e le aiuole fiorite non consentano foto in toto della strada. Scendiamo poi per Jones Street e raggiungiamo nuovamente la zona del porto e il Pier 39. Qui ci dividiamo dedicandoci all’acquisto degli ultimi souvenirs. Tiziana riesce anche a fotografare un vecchio tram di Milano di colore verde che percorre la linea F. All’ora prestabilita ci ritroviamo, e alle dodici siamo in albergo. Qui, con largo anticipo, arriva l’autista dello “Super Shuttle” che ci porterà in aeroporto. Ma sorpresa, noi siamo in tutto undici persone, mente la navetta ne può portare solo otto. Io, Tiziana, Mauro e Ketty rimaniamo a terra. Subito rapide telefonate per far arrivare un’altra navetta che arriva finalmente dopo oltre mezz’ora. Ma non è finita. L’autista si ferma all’hotel Marriott dove salgono altre due persone. Il traffico per raggiungere il ponte di Oakland è caotico e la paura di arrivare in ritardo è tanta! Per fortuna arriviamo in tempo per il check-in, sbrighiamo le lunghe formalità d’imbarco, un veloce spuntino, e alle 16,30 il Boeing della British Airways decolla alla volta di Londra. Dopo ulteriori controlli decolliamo in orario alla volta di Malpensa! Qui un buon caffè italiano per festeggiare il compleanno di Mauro!
E’ stata una gran bella esperienza! Tutti noi ci porteremo negli occhi, nella mente e nel cuore meravigliosi spettacoli della natura, unici nel loro genere e un assaggio di vita e città americane.
Ci siamo divertiti e il nostro gruppo di amici ha funzionato.