Cuba: le strade, la storia, la gente
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Il periodo scelto (e obbligato) per motivi di lavoro è dal 17 al 31 agosto, e questo ci costringe a subire il “terrorismo” di amici e conoscenti (troverete 15 giorni di pioggia…), che va ad aggiungersi ai classici tormentoni (a Cuba più che insetti troverete dinosauri volanti…) ed alle battute scontate e squallide (andare a Cuba con la moglie è come andare alla October Fest portandosi le birre da casa …).
Acquistiamo il biglietto aereo con Air France tramite il motore di ricerca Tui (€ 1.150,00 a testa compresa assicurazione medica) e prenotiamo l’auto con la compagnia Car del Mar (€ 640,00 per 14 giorni). La compagnia aerea non è male, per comfort, cibo e dotazione di film e musica. L’arrivo è puntuale e all’aeroporto Josè Martì cominciano le prime proverbiali code cubane: alla dogana, al ritiro valige, al cambio dei soldi. Dopo un paio d’ore(!!!) riusciamo ad andare a ritirare l’auto, una Peugeot tutta scassata, senza frecce, tergicristalli, tutta rigata e senza un pezzo di paraurti, ma va benissimo così.
Qui ci rendiamo conto di aver commesso il primo errore del viaggio: aver noleggiato l’auto dalla sera stessa dell’arrivo. Questo ci costringe a recarci nell’ unico albergo prenotato, per la prima notte, dovendo guidare con il buio e senza conoscere la strada. Ci facciamo spiegare la strada per arrivarci, ma le strade senza illuminazione, senza indicazioni e per di più incasinatissime, ci fanno girare a vuoto per quasi due ore! Alla fine disperati ed esausti, tenuto conto che sono 25 ore che non dormiamo, torniamo all’aeroporto e chiediamo ad un tassista di scortarci fino all’albergo. E qui commettiamo il secondo errore: non chiedere il prezzo prima. Il numero ci costa 40 Cuc (circa 35 euro) per pochi chilometri di strada. (Consiglio di noleggiare l’auto dal giorno dopo l’arrivo, possibilmente a La Habana,e di prenotare il pernottamento per la notte di arrivo in prossimità della compagnia di noleggio, facendosi accompagnare fin lì dall’aeroporto in taxi, ovviamente solo dopo aver contrattato prima il prezzo).
Arriviamo finalmente all’hotel Mariposa, l’unico prenotato dall’Italia, un po’ vecchiotto e malridotto. Ci facciamo una doccia ed andiamo a dormire esausti.
18/8/2014
La mattina ci alziamo riposati, una veloce colazione e poi finalmente, armati di guida Lonely Planet e voglia di scoprire Cuba e i cubani, via verso ovest, direzione Pinar del Rio, lungo l’Autopista Nacional.
La carreggiata stradale è semideserta, popolata solo da alcuni “camiones” stracolmi di passeggeri stipati come sardine e da centinaia di persone lungo i lati della strada, che fanno l’autostop, soprattutto sotto i cavalcavia per ripararsi dal sole cocente. Ogni tanto si intravedono le famose (e fumose) auto americane, risalenti al periodo “ante la gloria de la revolucion” come dicono loro. Lungo la strada ci fermiamo a Soroa, poco fuori l’Autopista Nacional, piccolo paesino formato da qualche casetta, immerso nella realtà rurale cubana, dove le uniche attrattive sono un piccolo castelletto e le cascate Salto del arco Luis, poco più alte delle nosrtane cascate di Gaina. Nel ritornare sull’autostrada ci fermiamo a fare benzina e commettiamo il terzo errore del viaggio, chiediamo al benzinaio di farci il pieno. Qui è abitudine, per i distributori, cercare di “fare la cresta” sul costo del rifornimento, in particolare coi turisti. Più sicuro chiedere una cifra prestabilita di benzina, pagare subito il benzinaio e controllare che la quantità di carburante immesso nel serbatoio corrisponda a quellarichiesta e pagata. Chiedendo il pieno, con un gioco di dentro e fuori della pistola erogatrice, riescono quasi a raddoppiare il costo! (Questo ovviamente l’abbiamo capito dopo…).
Al benzinaio, nonostante le solite raccomandazioni degli esperti (non prendete mai in macchina nessuno…), diamo un passaggio ad un ragazzo che si deve recare sul posto di lavoro, ovviamente, vista la regione, una piantagione di tabacco. La richiesta di passaggio è naturalmente una scusa per abbordare turisti stranieri e convincerli a visitare la piantagione dove poi ti verranno venduti dei sigari. Noi accettiamo, più o meno consapevoli, per poter scambiare due chiacchiere con lui e visitare poi la cooperativa dove lavora. Qui il capo-fattore ci spiega tutti il procedimento di nascita di un sigaro, un vero “Puro de Cuba”, dalla semina al confezionamento. Concludiamo la visita con un caffè e l’acquisto di 5 sigari. Lasciata la piantagione ci dirigiamo verso Viñales, piccola valle incantevole e lussureggiante, caratterizzata dai Mogotes, montagne dalla cima piatta. Ci concediamo una visita alla Cueva del Indio, grotta carsica con tanto di fiume interno navigabile con piccola barchetta a motore.
Essendo pomeriggio inoltrato ci dedichiamo alla ricerca di un alloggio dove dormire e, dopo alcuni tentativi andati a vuoto perché già pieni, veniamo indirizzati alla Villa de Loly, una “casa particular” molto pulita e confortevole, gestita da una piacevole ed anziana signora. La cena la consumiamo al ristorante El Olivo, consigliato dalla guida; il cibo è ottimo, ci gustiamo degli spaghetti allo scoglio, una zuppa fredda di verdure e ci scoliamo un paio di birre (io) e limonate (mia moglie). Dopo cena facciamo due passi verso la piazza, dove, nella locale casa del popolo, si sta tenendo una festa danzante al ritmo di musica caraibica.
19/8/2014
L’indomani ci svegliamo e facciamo un’ottima colazione a base di succo di mango, uova strapazzate, marmellata di guayaba e tanta altra frutta. Una “breve” sosta di un’ora alla Cadeca per il cambio dei soldi, una fermata alla valle dei Mogotes per un po’ di foto e poi via di nuovo in direzione Pinar del Rio. Arriviamo in città e facciamo la nostra conoscenza con i primi jineteros, che cominciano a proporci ristoranti, alloggi ecc. La visita della città è molto veloce e ci mostra innumerevoli edifici fatiscenti, la grande Plaza de Indipendencia e alcuni mercatini di artigianato. Decidiamo di non fermarci a dormire qui quindi riprendiamo la strada, questa volta in direzione est. Lasciamo ad un certo punto l’Autopista Nacional per fare tappa all’ecovillaggio Las Terrazas, una piccola comunità di artisti, pittori, scultori di legno e di altri oggetti di artigianato che hanno deciso di creare questa piccola oasi di pace e natura, con tanto di piccoli laghetti con fenicotteri rosa, così lontana dal caos e dalle auto inquinanti del resto di Cuba. Decidiamo quindi di proseguire verso est e di avvicinarci il più possibile a Santa Clara ma, vista la scarsità di città lungo il percorso e il sole che comincia a calare, ci dirigiamo verso nord per passare la notte a Matanzas. Cerchiamo subito un alloggio dove dormire e, grazie ai consigli della Lonely, arriviamo all’Hostal Azul, dove finalmente cominciamo a respirare l’aria dell’America Latina raccontata da Marquez nei suoi romanzi: il palazzo infatti è di almeno 200 anni fa, con uno splendido patio centrale, soffitti altissimi in legno, particolari moreschi e gabbie di uccellini tropicali appese alle finestre. Stupendo! La visita serale della città ci mostra com’è Matanzas: gli antichi e decadenti grandi edifici fanno pensare ad una vecchia nobile signora caduta in rovina, vestita di abiti un tempo bellissimi ed eleganti ma ormai logori. Degni di nota il teatro, Plaza de la Libertad e la Cattedrale. Cena in pub cubano con panini, birra e moijto e tante tante banane fritte, in sostituzione delle nostre patatine. La notte è molto calda ed afosa e ci costringe ad azionare il condizionatore
20/8/2015
La mattina, dopo ancora due passi in città e l’acquisto di qualche vecchio libro di storia cubana, risaliamo in macchina (splendidamente pulita, grazie al lavoro di un anziano signore che staziona nella piazza dov’era parcheggiata per lavare auto in cambio di qualche pesos) e ci immettiamo sulla mitica Caretera Central, direzione Santa Clara. Arriviamo in città nel primissimo pomeriggio e cerchiamo subito una sistemazione, trovando alloggio a Villa Elsa Maria, una casa particular gestita da un’anziana ed oltremodo loquace signora, che continua a darci dritte su direzioni, posti dove mangiare, cose da vedere ecc. Un po’ eccessiva, farebbe meglio a parlare un po’ meno e badare più alla pulizia delle stanze, che non sono pulitissime! Il pomeriggio è dedicato ad una delle tappe imperdibili del viaggio: il mausoleo del Che, con la statua del Comandante che domina la grande Plaza de la Revolucion. Il piedistallo della statua è un museo dove si ripercorre l’avventurosa vita del Che con fotografie, cimeli e articoli di giornale, e si trovano anche le tombe del Che e di altri guerriglieri uccisi con lui in Bolivia. Il resto della giornata la passiamo a gironzolare intorno alla centrale Plaza Vidal, da dove partono le principali vie di Santa Clara e dove si affaccia il bellissimo teatro La Caridad, che visitiamo con tanto di guida, fatto costruire da un’ottocentesca nobildonna appassionata di musica lirica che l’ha poi donato alla città. Nel tardo pomeriggio ci rechiamo nel mitico museo dell’assalto al treno, ovvero dove un manipolo di giovani soldati male in arnese diedero il via all’offensiva che portò poi alla vittoria contro il presidente Batista. La sera ceniamo nel bellissimo patio dell’Hostal Florida, gustando aragosta, gamberi, riso e verdure con ottimi cocktail della casa e birra locale freschissima, il tutto a solo 27 Cuc in due! Unica nota stonata un rumoroso gruppo di italiani schiamazzanti che festeggiano il compleanno di uno di loro e che rovinano la bella atmosfera. Il dopo cena, per smaltire il cibo e la birra, lo passiamo nella grande piazza dove un’orchestra e degli ottimi ballerini ci regalano un assaggio di vera musica latinoamericana.
21/8/2015
In piedi presto e, dopo la solita fantozziana (per la quantità) colazione, facciamo ancora due passi per Santa Clara, con una piccola fermata alla Veguita, subito fuori la più grande fabbrica di sigari della città, per un buon caffè e qualche sigaro Montecristo (da regalare) e Guantanamera (da fumare), ed una sosta in una piccola bottega di numismatica e filateria, dove acquistiamo alcuni pesos storici, risalenti all’inizio degli anni ’60, quando il Che era ministro dell’economia e quindi sulle banconote compariva la sua firma (chissà poi se questi pesos saranno veri). Si fa benzina e ci dirigiamo verso nord, destinazione Remedios, richiamati da questa cittadina per il ricordo di Remedios la Bella, di Cent’anni di solitudine. In effetti ci sembra di immergerci nelle bellissime atmosfere del villaggio di Macondo. La città è costituita soprattutto da semicatapecchie, ma anche da sontuosi palazzi in stile coloniale, tra cui la casa particular di Frank e famiglia, dove troviamo alloggio, che si chiama appunto Villa Colonial. La casa è arredata con antichi mobili in legno, piatti di porcellana appesi ai muri e con numerosi quadri di arte sacra. Splendido e freschissimo il classico patio centrale, su cui si affaccia la nostra stanza e, soprattutto, la terrazza che fa da tetto all’edificio, dove trascorriamo il dopocena, fumando un sigaro Guantamera, osservando il cielo stellato, i tetti e le terrazze delle case circostanti e le strade con l’asfalto lucido che brilla sotto la luce rossastra dei pochi lampioni. La cena precedentemente consumata e cucinata dalla moglie di Frank, è ancora una volta ottima, con zuppa di fagioli e patate, gamberi e granchio (che fatica mangiarlo!!!). Concludiamo la cena con due mojito, ottimo caffè cubano e una mousse di caffè e fragola. Ah, dimenticavo, il pomeriggio abbiamo fatto la nostra prima conoscenza con lo splendido mare cubano, al poco distante Capo Santa Maria, in particolare a Playa Bruja, dove ci sollazziamo per un paio d’ore in una splendida spiaggia vicina ad un mega hotel.
22/8/2015
Si parte verso Camaguey, non prima di una veloce visita alla piazza centrale con le sue due chiese, le bancarelle di piccolo artigianato, gli edifici coloniali e tanta povertà, più che dalle altre parti viste fin’ora. La strada verso Camaguey si rivela fino ad ora la più difficoltosa da percorrere. Infatti, prima di ritornare sulla Caretera Central, dobbiamo percorre la Caretera Nord, che costeggia il lato settentrionale dell’isola, attraversando piccoli paesini e tanto traffico costituito da cani, biciclette, biroccini e trattori fino a che non attraversiamo l’incasinatissima Moron. Una volta sulla Caretera Central facciamo una sosta ad una specie di Autogrill, dove facciamo il nostro primo incontro con turisti italiani palesemente sessuali, due buzzurri sui quarant’anni, che in Italia non la vedrebbero nemmeno col binocolo, accompagnati da due ragazze molto carine e molto imbarazzate. Al nostro ingresso a Camaguey veniamo accolti da un folto stuolo di jineteros in bicicletta, che ci propongono di accompagnarci in centro e di trovarci un alloggio. Messi precedentemente in guardia dalla guida, rifiutiamo fermamente e ci affidiamo solamente al nostro intuito e ai consigli della Lonely. Camaguey di presenta come un dedalo intricato di stretti vicoli e sensi unici, dove ci orientiamo a fatica e per miracolo, sempre seguiti dalle biciclette di cui sopra, riusciamo ad arrivare alla casa particolar “Los Vitrales”, bellissima casa colonica gestita da Raphael, un gioviale architetto circondato da un “harem” di donne di tutte le età! Scelta la stanza ci dedichiamo alla visita della città, fin’ora sicuramente la più turistica, con i tanti negozi, la zona pedonale, gli artisti locali che espongono e vendono le loro creazioni, le gallerie d’arte e i musei. Visitiamo le piazze principali (sotto un sole cocente), alcune chiese (la città è tra le più cattoliche di Cuba). Per rinfrescarci un po’ prendiamo un gelato nella catena nazionale Coppelia, dove per 1 Cuc e tanta coda, prendiamo due gelati. Nel tardo pomeriggio ci concediamo il primo momento da “veri turisti” cioè un aperitivo a base di mojito sulla terrazza del Grand Hotel Central, che offre una splendida vista su tutta la città. Ovviamente mia moglie, ad un terzo del suo drink è già ubriaca, motivo per cui mi tocca berne quasi 2! Dopo uno spuntino nella catena di pizza fast food El Rapido, ceniamo ad un tapas bar in stile spagnolo, dove spilucchiamo qualcosa davanti a una birra e una bibita. Facciamo un curioso incontro con un’anziana signora di almeno duecento anni d’età e sembra uscita direttamente da un rito voodoo e che, per qualche pesos, mi legge la mano…
23/8/2015
La mattina, dopo colazione, facciamo un po’ il punto della situazione per decidere cosa fare: proseguire verso est o tornare ad ovest? Alla fine la voglia di raggiungere lo sperduto villaggio di Baracoa ci fa propendere per la prima opzione, pur sapendo che ci aspettano molti chilometri di strada non proprio comoda. Prima di lasciare la città facciamo una visita al famoso “mercado” di Camaguey, che però delude un po’ le aspettative. Ci ributtiamo sulla Caretera Central, che come sempre ci concede una finestra con vista sulla vita dei cubani e sulle loro attività giornaliere. Ogni paesino che attraversiamo, anche il più piccolo, ha sempre un presidio medico, una scuola, un centro ricreativo e sulla strada osserviamo affascinati (e spesso ci fermiamo a fotografare) i giganteschi cartelloni di propaganda del governo, che sembrano tutti usciti dal laboratorio di qualche esponente della Pop art! Giungiamo nel pomeriggio ad Holguin, città che forse non ha particolari attrattive, ma è comunque accogliente, tranquilla (e arrivando da Camaguey la troviamo una cosa positiva) e con un livello di benessere generale nettamente superiore al resto dell’isola, dovuto soprattutto alla presenza in città delle fabbriche delle principali quattro marche di birra del paese. Cerchiamo un posto per la notte e lo traviamo nella casa particolar Villa La palma, molto bella esternamente ma un po’ datata, anche se molto dignitosa, internamente, gestita dalla simpatica e molto cordiale Diana. Facciamo visita alla città, con i suoi parchi, le sue piazze (in una di esse assistiamo alla cerimonia, importantissima per i cibani, dei 14 anni di una ragazza, con giro su auto decappottabile e vestito che ricorda quelli nuziali) e le sue chiese e tentiamo inutilmente di prendere un gelato (rinunciamo quasi subito, troppa coda). Nel tardo pomeriggio ci inerpichiamo sui 465 gradini (così dice la guida, noi ci fidiamo, comunque erano tanti) che portano in cima a La Lama de la Cruz, un belvedere che domina la città e tutta l’area circostante. Passiamo un attimo a casa per una doccia (utilissima vista l’ascesa!) e ci portiamo nuovamente in centro città per la cena che viene consumata in un ristorante con cucina creola e dove si paga in “moneta nacional”, il “1872” dove ci gustiamo un’ottima zuppa di verdura, delle ricchissime insalate e del riso bianco con gamberi, il tutto per un totale di 12 cuc (comprese due birre e una bibita). L’ottima cena è ulteriormente allietata dalla visita di un trio di musicanti che intonano alcune canzoni tradizionali cubane.
24/8/2015
Dopo colazione e cambio soldi alla locale Cadeca, ci rimettiamo in macchina alla volta di Baracoa, verso quella che dovrebbe essere la parte più selvaggia e meno turistica di tutta l’isola di Cuba. Infatti man mano che ci avviciniamo all’estremo est dell’isola lo scenario cambia notevolmente e la vegetazione assume sempre più l’aspetto di foresta tropicale, con gli alberi di platano a farla da padrone. Purtroppo, avvicinandosi alla città di Moa, il polo industriale più grande di Cuba che si trova lungo il tragitto, lo scenario cambia, la vegetazione si dirada e si notano evidenti i segni dell’inquinamento, nell’aria e nel sottosuolo. All’orizzonte appaiono le ciminiere delle mega industrie di lavorazione del nichel e cobalto che producono fumi tossici che danno all’aria un’inquietante sfumatura rossastra. La vegetazione praticamente sparisce del tutto, le strade sembrano cosparse di sabbia rossa, gli scarichi (a cielo aperto) che fuoriescono dalle fabbriche creano veri e propri fiumiciattoli fetidi e velenosi che si perdono nel sottosuolo; l’assenza totale di anima viva dà a tutto un aspetto spettrale. Moa ci ricorda tanto certe megalopoli industriali della Cina o del Sudamerica che si vedono in TV.
Ci allontaniamo velocemente verso Baracoa e più ci allontaniamo da questa zona, più la vegetazione ricomincia a riprendersi il suo spazio. Entriamo nel parco nazionale Humoldt, riserva naturalistica rigogliosa e lussureggiante, e la strada comincia a prendere quota e a farsi un po’ più accidentata con buche che diventano più frequenti; senza quasi accorgercene la strada asfaltata si trasforma un po’ alla volta in una larga mulattiera di montagna e la guida diventa sempre più impegnativa, costretti a zigzagare per evitare buche sempre più profonde e pietre affioranti.
Continuiamo sempre più lentamente, per di più sotto una pioggia torrenziale cominciata giusto per aumentare la difficoltà di guida, che spesso ci costringe a “guadare” veri e propri torrenti che scendono da cascatelle provenienti dalle rocce a lato della strada, la attraversano e si perdono nei fitti palmeti, con tanto di pappagalli appollaiati sui rami. Giungiamo ad un punto in cui la strada è talmente accidentata che non sappiamo se proseguire o tornare indietro. La vista di un fuoristrada che arriva dalla direzione opposta ci dà un po’ di conforto e proseguiamo, passando vicino ad un vero e proprio villaggio taino, dove facciamo una piccola sosta per acquistare un “cucuruchu”, dolce tipico della zona costituito da un cono di foglie di banano, con all’interno un misto compattato di latte di cocco, miele e noci. Una vera botta di vita, ma buonissimo!
Finalmente, dopo quasi quattro ore di sofferenza nella foresta, la strada ridiventa asfaltata e capiamo che ci stiamo avvicinando a Baracoa dove, ovviamente, la pioggia cessa. Cerchiamo subito un posto dove alloggiare, e dopo alcuni tentativi andati a vuoto troviamo posto a Villa Lucy, un’attempata biondona un po’ sovrappeso che ci accoglie con baci e abbracci ed offrendoci un cocktail d benvenuto che consumiamo sulla bella terrazza della casa. Passiamo il resto della giornata girovagando per la caratteristica e coloratissima cittadina. L’atmosfera è veramente fiabesca e capiamo subito che ne è valsa la pena fare tutta questa strada. Seduti sul muretto del Malecon (il lungomare) vediamo le alte onde infrangersi contro gli scogli sottostanti, mentre il forte vento spazza le nuvole nel cielo creando degli spiragli dai quali filtrano alcuni raggi di sole che illuminano a intermittenza le casette colorate. Concludiamo la giornata a La Terraza, bel ristorantino dove consumiamo un’ottima cena con aragosta, vegetali al cocco, riso, platanos e zuppa di zucca.
25/8/2015
Siamo al giro di boa e la mattina ripartiamo verso ovest, lungo la mitica Farola, strada (questa volta asfaltata …) che collega Baracoa al resto del mondo. Purtroppo anche oggi le condizioni meteo non sono dalla nostra parte ed una pioggia torrenziale ci accompagna anche lungo questa strada con alcuni smottamenti non indifferenti che occupano la carreggiata e veri e propri allagamenti della strada, giusto per non farci mancare niente: un vero e proprio Camel Trophy! Fortunatamente, raggiunta la costa meridionale dell’isola le condizioni migliorano, tra scogliere scure, onde impetuose e vista mozzafiato sul mare. Lambiamo Guantanamo e ci portiamo a Santiago de Cuba, dove è nostra intenzione fermarci. La guida ci preannuncia Santiago come la città più caotica dell’isola, dalla quale fuggire il più velocemente possibile e in effetti il traffico è molto intenso e le suonate di clacson si sprecano, ma non più che a Milano in un giorno lavorativo qualsiasi! Troviamo miracolosamente un parcheggio in una vietta secondaria in centro e ci buttiamo nelle affollatissime strade, girovagando tra negozi di artigianato, piazze imponenti, il museo del Rum della Bacardi, pittori sulla strada che dipingono e vendono le loro realizzazioni e un numero impressionante di molesti jineteros, che ci fermano ripetutamente per offrirci i servizi più disparati. Decidiamo di non dormire qui ma di portarci a Bayamo, poco lontano, dove passiamo la notte
26/8/2015
Ancora sulla strada, destinazione Sancti Spiritus. Ci rimettiamo sulla Caretera Central, oggi incredibilmente poco trafficata, lambiamo Las Tunas, Camaguey, Cepo de Avila e dopo circa 3 ore facciamo una pausa ristoratrice nell’”autogrill” Oasis, dove facciamo la conoscenza di due giovanotti veneziani di 73 e 76 anni, da più di 30 anni assidui frequentatori di Cuba, che ci danno qualche dritta per eventuali futuri ritorni. Arriviamo in città appena dopo pranzo e troviamo alloggio in pieno centro, in una stupenda casa coloniale, Villa Paraiso, accolti dal gentilissimo Hector. La nostra stanza è stupenda, pulitissima, il bagno in camera è meglio di quello di casa nostra! Splendido anche il classico patio centrale, la terrazza ed alcune voliere con pappagalli. La città non è molto grande, per cui si riesce a visitare in un pomeriggio, partendo dalla grande piazza centrale, sulla quale si affacciano numerosi edifici colorati, visitando le due chiese principali ed il famoso ponte “a schiena d’asino” sul Rio Yayalo. Anche qui lungo le vie che partono dalla piazza centrale sono numerosi i negozietti con oggetti di artigianato e piccole botteghe. Per cena ci fermiamo nella nostra casa particolar, dove Hector ci prepara ottimi ed abbondanti piatti di pescado, zuppa, insalata e frutta, serviti nella splendida sala da pranzo, per l’occasione completamente a nostra disposizione.
27/8/2015
La meta della giornata è una delle più attese del viaggio: Trinidad, patrimonio dell’Unesco. Oggi il percorso è più breve del solito e, lasciata la Caretera Central per dirigerci verso sud-ovest, arriviamo in città a metà mattina e decidiamo di cercare subito un alloggio per poter depositare il nostro bagaglio. Lo troviamo nella casa particular Hostal Carmen, gestita da due professori di psicologia, con i quali ci intratteniamo a fare due chiacchiere. Per visitare Trinidad seguiamo il piccolo tour consigliato dalla guida, che ci fa toccare le attrattive principali della città. Le nostre attese vengono ampiamente ripagate: la città è bellissima, con le strade lastricate di pietra e le facciate colorate delle case coloniali che si affacciano su di esse, la splendida Plaza Mayor, con la chiesa, il colonnato ed una grande scalinata. Unica nota dolente è che si dimostra la città più commerciale fino ad ora, con tanto di anziani signori a cavallo di muli, con sigari in bocca e Havana in testa, che per mezzo Cuc si fanno fotografare con te. Veniamo anche avvicinati da un ragazzo che parla italiano e che esordisce contandomi l’inno nazionale e recitandomi a memoria la formazione titolare della nazionale italiana campione del mondo del 2006, con tanto di data di nascita di ciascun giocatore, squadra di club nella quale militava ed eventuale moglie/fidanzata! Alla fine ci chiede qualche moneta e ci saluta, probabilmente non del tutto soddisfatto con un “a caval donato non si guarda in bocca”. Il pomeriggio ci rilassiamo un po’ nella vicina e frequentatissima Playa Ancon, tutto sommato un po’ deludente rispetto alle aspettative create dalla guida e da alcune persone di Trinidad che ce l’avevano consigliata. La sera ceniamo al bar-ristorante La Bodeguita de Trinidad, dove ci gustiamo zuppa, insalata e medaglioni di carne di maiale. Due passi dopocena, che ci riportano in Plaza Mayor, ci permettono di godere dell’aria rinfrescata da un breve ma intenso acquazzone e dell’ottima musica cubana suonata dal vivo, con tanto di orchestra e corpo danzante, al quale non ci uniamo, nonostante le richieste, per decenza e rispetto dei presenti!
28/8/2015
La mattina, dopo colazione, ci rimettiamo in auto e, dopo un paio di errori stradali (ormai un classico al quale siamo abituati) ed un tratto di strada costiera nella quale siamo costretti a continui zig-zag per evitare i granchi, grandi e piuttosto distratti, che invadono la carreggiata per attraversarla, giungiamo a Cienfuegos, penultima tappa del nostro viaggio. Come sempre, per prima cosa, ci occupiamo della ricerca di un alloggio e lo troviamo nella casa particular El Prado, una bellissima casa coloniale gestita dall’altrettanto bella Alisa, sulla via principale, Calle Prado, appunto. Dopo aver sistemato i bagagli, ci dedichiamo alla visita della città, sotto un sole terrificante ed un caldo insopportabile. Grandi negozi, bancarelle, sontuosi edifici molto curati, gelaterie, cocktail bar, gallerie ecc. La città ci appare subito come la più europea tra quelle viste a Cuba; anche il livello del benessere è decisamente al di sopra della media. Visitiamo il teatro Terry (dove cantò circa cento anni fa anche Enrico Caruso), la “Casa de la Cultura”, la “Catedral de la Purissima Conception” che si affaccia sulla grande “Plaza de Armes” e finiamo in una galleria d’arte di un esponente di una sorta di Pop Art cubana, dove, secondo i dettami di questa corrente artistica, vengono rappresentati alcuni tra i simboli più noti della storia cubana. Acquistiamo per poche decine di Cuc alcuni quadretti, tra cui una bellissima riproduzione della copertina dell’album Let it be dei Beatles, con, al posto della foto di Paul McCartney, il volto di Che Guevara nella famosa raffigurazione del fotografo Korda. Il pomeriggio nuovamente mare, sulla spiaggia Rancho Luna, nei pressi di un bellissimo, anche se troppo invadente per il contesto, villaggio turistico. La sera lunga passeggiata sull’affollatissimo Malecon e poi di nuovo in centro per cena. Concludiamo la serata con una fumata di sigaro ed un caffè sulla terrazza della “nostra” casa particular ed una lunga chiacchierata con la figlia della padrona di casa e con il suo fidanzato ( e con il loro cane Nico, un coccolosissimo pechinese), con i quali abbiamo la possibilità di scambiarci alcune opinioni su Cuba, l’Europa (i due hanno doppio passaporto cubano-spagnolo ed hanno viaggiato molto) e la politica di Fidel e degli USA.
29/8/2015
Ormai la fine di questo viaggio si sta inesorabilmente avvicinando: siamo a 241 km da La Habana, ultima tappa del nostro itinerario. Dopo un tratto di strada secondaria che ci fa allontanare da Cienfuegos, ci ributtiamo nella Autopista Nacional, l’unica autostrada, ovviamente gratuita, di Cuba, dirigendosi con decisione verso la Capitale. Arrivati nei dintorni di La Habana decidiamo di fare una capatina a Finca Vigia, la casa dove Ernest Hemingway passò un periodo importante della sua vita. La villa-museo rappresenta appieno la personalità dello scrittore americano, mostrando fotografie e oggetti di tutte le sue passioni: le donne, il mare e la pesca, la caccia e le armi, i cani e, ovviamente, la letteratura. Vietatissimo fare foto! Lasciata la casa, ci portiamo verso la città che, come per tutto il resto del viaggio, appare subito molto meglio del previsto, per quanto riguarda viabilità e traffico: molto intenso ma, come già detto prima, niente di peggio di una città media italiana in un qualsiasi giorno della settimana! Aiutati dalla nostra guida e dalle mini carte stradali all’interno di essa, ci dedichiamo alla ricerca di un alloggio per i tre giorni che passeremo qui. Dopo tre tentativi andati a vuoto perché occupati, troviamo posto ad Habana Centro nella casa particular gestita da Josè e Lourdes, due signori molto molto gentili. Lasciamo il bagaglio in camera, ci diamo una rinfrescatina (che dura giusto il tempo della doccia, visto il caldo afoso che ci opprime) e scendiamo in strada, desiderosi di fare conoscenza con questa città. Attraversiamo il vicino Paseo del Prado, la camminata che divide Habana Centro, dove alloggiamo, da Habana Vieja e ci tuffiamo dentro, inoltrandoci tra i vicoli affollatissimi che la percorrono.
Ci rendiamo presto conto che La Habana non è una città che si possa semplicemente “visitare”, La Habana la “cammini”, nel senso transitivo del verbo. Sembra di essere su una giostra ubriacante, trascinati dalla corrente di un fiume umano in vorticoso movimento, un fiume fatto di turisti curiosi e impauriti, di annoiati poliziotti fermi agli angoli delle strade, di persone che ti osservano e ti raggiungono, che ti propongono sigari, bottiglie di rum, ristoranti, stanze per la notte, discoteche, che ti invitano a salire sui loro taxi, sui loro risciò a pedali, sulle loro auto d’epoca, che ti offrono una notte con una chica, un fiume fatto di rumori, di odori provenienti dalle botteghe e dagli ambulanti che vendo “pizzas calientes” e churros.
La città è stupenda, con un susseguirsi ininterrotto di palazzi risalenti a periodi differenti, dal ‘600 in poi, tutti decoratissimi e con grande attenzione ai particolari decorativi: capitelli, ringhiere, inferriate, gronde ecc. Ogni angolo è un capolavoro di architettura. Percorriamo Calle Obispo, Calle de Mescades e dintorni, con i loro negozi storici (di cioccolata, zucchero, bevande alcoliche) con alle pareti le foto di tutte le celebrità che sono transitate lì. È bello mettere via la guida e la piantina della città e perdersi tra le vie ed i vicolini, ad osservare anche solo la bottega di un barbiere, una scuola di danza, un circolo ricreativo con gli anziani che giocano a scacchi nella penombra. Capitiamo a Plaza de la Cathedral, che non ha niente da invidiare alle principali piazze italiane, sulla quale si affacciano la magnifica Cattedrale e gli splendidi palazzi con i portici. Poco distante c’è la celeberrima Bodeguita del Medio, affollatissima di turisti molto impegnati a farsi i selfie di fronte all’entrata, con in mano un mojito, tra vecchie vestite da Mamas de la Santioria, pronte a celebrare un rito voodoo, e sosia di Hemingway. Nella vicina Plaza de Armes il piatto forte sono i mercatini di libri ed altri cimeli, riviste, giornali, che raccontano l’orgoglio cubano, ed altri oggetti usati. A Plaza Vieja i bar e i negozi fanno un attimo dimenticare che non ti trovi in Europa. A Plaza de Assisis si chiude il famoso quadrilatero delle piazze. Ciascuna di essa varrebbe da sola la pena di venire fin qui!
30/8/2015
Dopo una bella dormita, conciliata da un vecchio e rumoroso condizionatore, indispensabile per alleviare il caldo insopportabile, si riparte per continuare la scoperta di H. Prima il Malecon, il celebre lungomare, lungo chilometri e che termina di fronte a La Forteza, con decine di persone armate di canna da pesca in piedi sugli scogli artificiali a pescare. Proseguiamo sul Paseo del Prado fino al Capitolium, vecchia sede del Parlamento, purtroppo in restauro e quindi visitabile solo all’esterno. Girovaghiamo nelle piazze circostanti ed alla fine cediamo al continuo corteggiamento dei portatori di taxi a pedali e ci facciamo portare all’immensa Plaza de la Revolucion, dove giganteggia il memorial Josè Martì e le rappresentazioni stilizzate, installate sui palazzi del ministero delle telecomunicazioni, dei volti di Camilo Cienfuegos e, soprattutto, di Che Guevara, ispirata alla foto “Guerillero Heroico” scattatagli dal fotografo Alberto Korda, probabilmente l’iconografia moderna più famosa e riconoscibile al mondo. Tornati ad Habana Vieja visitiamo il museo della rivoluzione, che ripercorre le tappe fondamentali del percorso che ha portato alla caduta del governo di Batista e alla nascita della repubblica socialista di Cuba, con foto, cartine strategiche, lettere, vestiti e articoli di giornale. Concludiamo la giornata nella zona del porto, con un po’ di tristezza sapendo che ci aspetta la nostra ultima notte cubana
31/8/2015
Ultimo giorno, ma in piedi comunque presto perché non vogliamo perdere neanche un minuto. Il nostro girovagare ci porta in un grande parco sul Malecon all’estremità opposta rispetto alla Forteza, con al centro una grande statua dell’eroe nazionale Josè Martì. Ci addentriamo per le vie di Habana Centro, molto meno affollate rispetto a quelle di Habana Vieja, ma che ci permettono di osservare un’ordinaria domenica mattina, dove gli habaneros sono soprattutto intenti nelle faccende domestiche (in particolare gli uomini!). Torniamo ad Habana Vieja, dove, alla Cattedrale, viene celebrata la massa dal vescovo in persona, che terminata la funzione si porta all’ingresso della grande chiesa per salutare e stringere la mano dei fedeli (non tanti per la verità) che escono da messa. Si torna in zona Paseo del Prado e si va alla Casa del rum e tabaco, per acquistare un po’ di regali per amici e familiari (sigari e bottiglie di rum, ovviamente!). Terminati gli acquisti torniamo a casa, ci facciamo una doccia veloce e poi in macchina, verso l’aeroporto, dove ci attende il volo del ritorno, un po’ incupiti dalla fine del viaggio, ma sicuramente arricchiti dall’aver conosciuto e vissuto una realtà che ci ha sempre affascinati e desiderosi di tornare presto.
Hasta pronto, Cuba!