Cracovia, un gioiello nel cuore dell’Europa
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Venerdi 6 maggio
Partiamo con Ryanair da Orio alle 10,45; il volo parte alle 11 per uno sciopero ma va bene, dopo 1 ora e 50 minuti atterriamo all’aeroporto di Balice intitolato a Giovanni Paolo II. Ci sono due opzioni per andare in città: bus o treno; optiamo per quest’ultimo. La stazione (ma è praticamente una pensilina di tram) è distante 200 metri dall’aeroporto; c’è anche una navetta che parte poco prima dell’arrivo del treno (e da quest’ultimo poi porta in aeroporto quelli che partono): la frequenza è di 30 minuti, sul treno arriva subito la bigliettaia e con 10PLN e 20 minuti di viaggio si arriva alla stazione centrale Krakow Glowny. La posizione è comodissima, ai margini della città vecchia, verso la porta dove si trova Barbacane, un bastione difensivo circolare del XV secolo. Andiamo a piedi in hotel (e questa strada la faremo infinite volte nei prossimi giorni). Pokoje Goscinne Isabel è più che altro una pensioncina, diciamo una casa adattata ad hotel, in cui la reception è una stanzetta dove si trova qualcuno solo quando arrivano o partono ospiti. Ci hanno dato le chiavi anche del portone e non li abbiamo più visti per 4 giorni. Non ci hanno rifatto la stanza ne cambiato gli asciugamani e il letto era un po’ scassato, ma il tutto costava poco (l’equivalente di 25-30 € a notte a testa) e la posizione fantastica: a 50 metri dalla piazza del mercato, una favola. Il tempo di lasciare gli zaini in camera e siamo nel cuore della città.
La piazza del mercato Rynak Glowny la più grande piazza medioevale d’Europa, lunga 200 metri per lato, quadrata, elegante piena di bar con i tavolini all’aperto (visto anche coperte per i clienti), vero punto di incontro dei ragazzi e dei turisti di Cracovia, divisa in due dal lungo edificio rinascimentale del 13 secolo il mercato dei tessuti (Sukiennica), all’interno del quale per tutta la sua lunghezza, tante piccole bancarelle vendono oggetti turistici, ambra, mentre sulle pareti gli stemmi delle corporazioni e delle città polacche abbelliscono l’insieme. Al primo piano è ospitato il museo della pittura polacca. La chiesa di Santa Maria caratterizza un angolo della piazza: è formata da due torri, quella più bassa è sormontata da una cupola rinascimentale, quella più alta ha guglie e torrette. Da qui risuonano ogni ora le note della tromba in sequenza dai quattro lati della torre; la breve melodia si interrompe improvvisamente in memoria della sentinella che nel 1241 dette l’allarme all’invasione dei tatari ma fu trafitto da una freccia alla gola. Il trombettiere apre la finestra, suona, e poi a volte saluta i turisti che dalla piazza col naso all’insù lo aspettano (anche noi). Rimandiamo la visita della chiesa a domani, ora abbiamo fretta di arrivare al Wawel perché la Cattedrale chiude alle 16.
Scendiamo dal planty dove incontriamo subito una mostra fotografica su Giovanni Paolo II e arriviamo al wawel, la collina del castello. Prendiamo la rampa che sale e acquistiamo il biglietto per la cattedrale; è veramente singolare perché l’interno non è un grande spazio ma tante piccole e medie cappelle gotiche, rinascimentali e barocche piene di sculture; la più bella ci è sembrata la cappella di Sigismondo e quella di San Stanislao, con un baldacchino barocco. Saliamo sulla torre per vedere e toccare la campana Zygmunt, così grande che per azionarla ci vogliono otto uomini. Da li passiamo nella cripta con le tombe reali dove sono conservati i resti di re e eroi polacchi. Quando usciamo dalla cattedrale ce ne stiamo all’esterno del castello cercando la statua del drago vecchia leggenda della città. Ai piedi del castello la vistola traccia una curva attorniata da prati ben tenuti, un lungofiume con pista ciclabile e anche qui in una piazzetta vediamo sculture e foto di Karol, dall’altra parte del fiume si vede il manggha, centro di arte giapponese. Ce ne andiamo a Kazimierz il vecchio quartiere ebraico, dove vediamo dall’esterno la sinagoga e entriamo a visitare le chiese cristiane del corpus domini, di Santa Caterina chiesa barocca con l’interno molto luminoso, e la chiesa dei padri paolini sulla roccia importante per la storia perché qui fu ucciso il vescovo Stanislao divenuto il santo protettore della Polonia. Attraversiamo la Vistola; da questa parte nel 1941 i tedeschi crearono un nuovo ghetto in cui confinarono tutta la popolazione ebraica spostandola da Kazimierz, ma altro non era che una stazione di transito prima della deportazione finale nei campi della morte. In plac Bohaterow getta ci sono decine di sedie vuote, che stanno a simboleggiare il ghetto dopo la “liquidazione”. All’angolo della piazza si trova la farmacia sotto l’aquila, la farmacia del ghetto in cui il proprietario non ebreo rischiò la vita per più di due anni fornendo assistenza alla popolazione che veniva massacrata sotto i suoi occhi. La farmacia era chiusa, oggi ospita un piccolo museo che racconta la vita nel ghetto in quegli anni terribili. Vedere questi posti e ricordare il film di Spielberg fa venire i brividi. Per arrivare alla fabbrica di Oskar Shindler attraversiamo un ponte sotto la ferrovia dove incontriamo brutte facce (unico momento poco piacevole in 4 giorni ma non è successo niente); L’interesse di arrivare li è era più forte. Il portone è proprio come era nel film di Spielberg una storia veramente incredibile e drammatica in cui più di mille ebrei furono salvati da morte sicura. Ritorniamo in centro camminando per più di due km e dopo una breve sosta in hotel andiamo a mangiare nel bellissimo centro commerciale a nord della città vecchia e tiriamo tardi in piazza del mercato.
Sabato 7 maggio
Subito alle 9 bus per Oswiecim che si prende alla stazione dei bus subito dopo quella dei treni, arriviamo dopo un ora e mezza e con la solita fortuna vediamo che il tour in italiano (che su internet era dato solo nei mesi estivi) parte alle 10,30. Ci sbrighiamo a fare il biglietto e al volo eccoci qua con un altra decina di italiani (gli altri gruppi sono più numerosi); la guida è molto brava, una ragazza di qui che ha studiato la nostra lingua. Il campo è terrificante, molto peggio di Mathausen o Buckenwald; contribuisce a ciò anche aver capito ogni dettaglio, anche i più raccapriccianti grazie alla guida ma è veramente terribile verificare a quali limiti può arrivare l’essere umano. Qui sono morte 1 milione 300 mila persone (non è possibile comprendere questo numero neanche sforzandosi) di cui 1 milione e 100 mila ebrei. Il campo è stato trasformato in un museo; vi si accede dal tristemente celebre cancello sovrastato dall’iscrizione in ferro battuto “aebeit macht frei”; diversi edifici in mattoni rossi (i famosi blocchi) sono stati trasformati in sale di esposizione per non dimenticare. La guida ci ha spiegato la vita quotidiana nel campo, le “selezioni” le camere a gas, i forni crematori, le adunate particolarmente crudeli perché qui si raggiungevano anche i -30 gradi e i detenuti venivano lasciati per ore fermi all’aperto coperti solo da stracci. Vediamo la cella dove è morto Massimiliano Kolbe, vetrine dove sono accumulati capelli, occhiali, stampelle, valige. Ci sono le foto dei prigionieri con gli occhi sbarrati e non dimentichiamo che qui Mengele effettuava esperimenti. I prigionieri per la fame perdevano un terzo del loro peso nelle prime tre settimane dal loro arrivo. Un bus ci porta a Birkenau distante 3 km, fatto costruire perché il primo campo non bastava; è molto più grande di Auschwitz che ospitò al massimo 20 mila prigionieri, Birkenau 100 mila. Le condizioni igieniche erano spaventose. Qui si vedono ancora i binari che dalla porta d’ingresso entrano nel campo dove i treni della morte scaricavano persone che arrivavano da ogni parte dell’Europa occupata e che magari avevano viaggiato per giorni in vagoni bestiame sigillati. Vediamo le baracche in legno con le cuccette dove i detenuti dormivano ammassati anche in cinque dove ne potevano dormire al massimo due. Qui negli ultimi giorni i nazisti fecero saltare in aria due crematori nell’intento di cancellare le prove dei propri crimini; ma le prove da cancellare erano troppe. Veramente una visita devastante, da far male al cuore; non vorrei essere un cittadino tedesco e venire in visita in questo posto.
Usciti dal campo mangiamo (anche se ci è passata la fame) a una specie di fast food (ma con posate e piatti seri) alla modica cifra di 19pln a testa (5 € ) salsiccia e patatine. Poi riprendiamo il bus alle 15,35. Alle 17 siamo di nuovo in centro, vediamo la chiesa francescana del 1200 con magnifiche vetrate più tardi andiamo in cerca del bus che ci servirà domattina per andare alle miniere di sale ma non lo troviamo, così camminiamo fino al wawel mentre è sceso il buio; lo troviamo deserto così come le rive del fiume. Ero curioso di vedere come era questo posto alla sera, non pensavo non ci fosse nessuno, ma sono tutti in centro dove ci sono centinaia di posti da mangiare o per tirare tardi.
Domenica 8 maggio
Torniamo a cercare il bus 304 e finalmente lo troviamo: parte in una via laterale di fianco alla galleria Krakowska e qui io commetto un errore perché una volta trovato, il bus sta partendo e allora saliamo velocemente non ricordando che volevo arrivare a Wieliczka per mezzogiorno, per l’unico tour in francese della giornata (in italiano ce ne sono solo nei mesi di luglio-agosto). Il viaggio dura solo mezz’ora quindi alle 10 siamo già sul posto e ci pare brutto stare fuori 2 ore anche perché stamattina fa un po’ freddo. Prendiamo il primo tour in inglese che parte subito e entriamo. Il biglietto costa 61pln più 10 se si vuole fotografare. Dico la verità: ho capito poco, però quello che ho visto mi ha lasciato a bocca aperta. Scendiamo 380 gradini fino a 160 metri nel sottosuolo e iniziamo la visita di 20 grotte trasformate in sale comunicanti da gallerie. Si trova la grotta Niccolò Copernico, grande astronomo polacco, la cappella di S.Antonio, laghetti sotterranei dalle acque verdi, antichi strumenti per la lavorazione del sale, ma il clou si raggiunge con la sala di santa Kinga, patrona dei minatori polacchi a cui si deve, secondo la leggenda, la scoperta di questa miniera; la sala è una vera chiesa sotterranea scavata in più di trent’anni, con l’altare, bassorilievi di sale rappresentanti le nozze di cana e l’ultima cena, un pulpito, la statua di Karol; il tutto fa una grande impressione estetica.
Dopo questa fantastica esperienza esageriamo perché ci fermiamo a mangiare proprio in miniera, in un self service a 100 metri di profondità (c’è anche un ristorante vero e proprio) in cui finalmente mangiamo i famosi pierogi. Pranzo molto particolare e da ricordare. Si risale in un mini ascensore velocissimo che in 15 secondi riporta in superficie. Sono le 15; riprendiamo il bus e invece di scendere al capolinea scendiamo al castello perché ci aspetta un fantastico pisolino sotto il sole sui prati lungo le rive della Vistola. Bellissimo. E’ pieno di gente, ragazzi e ragazze, famiglie, ci sono le bancarelle e il drago che sputa fuoco. E’ proprio un bel posto, si sta proprio bene. Prendiamo via Grodzka, piena di foto appese di Karol, dove abbiamo trovato un ufficio dei cambi molto buono e andiamo a visitare la chiesa dei santi Pietro e Paolo con accanto la chiesa di S.Andrea. La prima è maestosa bianca con all’esterno le statue degli apostoli; la seconda, più piccola è proprio di fianco. Ritorniamo in piazza del mercato e visitiamo l’interno della chiesa di S.Maria: è un susseguirsi di colori e sculture che rappresentano sopratutto la vita di Maria, sotto una volta stellata. Nella parte centrale è rappresentata tra i 12 apostoli. L’effetto è rafforzato dalla luce splendente che entra dalle vetrate colorate dietro l’altare. C’è anche la cappella della vergine di Czestochowa, il quadro è una copia. Non riuscendo ad andare a Jasna Gora, mi fermo a pregarla qui. Uscendo vediamo sempre in piazza la piccola chiesa di S. Adalberto a cui diamo una sbirciata da fuori perché è a pagamento e sulle guide abbiamo letto che non vale la pena. Andiamo a cercare il palazzo dei vescovi dalla cui finestra una foto a grandezza naturale di Karol saluta la folla durante il suo trionfale ritorno nel suo paese nel 1979. Per mangiare, il centro commerciale è proprio un posto tranquillo e a buon prezzo, e sta aperto fino a tardi. Alle 22 troviamo la chiesa di S. Anna dove inizia la messa e la chiesa è assolutamente piena. Si vede tanta devozione, la gente entra nelle chiese e si inginocchia per terra.
Lunedi mattina colazione al solito centro commerciale e poi, dopo un altro giro in piazza e nelle vie laterali, alle 10,30 prendiamo il treno che ci porta in aeroporto. E’ stato un viaggio bellissimo in una città fantastica, un gioiello.