Costa Azzurra: una terra di contrasti tra lusso e borghi di artisti

In giro tra Cannes, Saint-Tropez e Nizza, poi un salto a Porquerolles
Scritto da: Apasq
costa azzurra: una terra di contrasti tra lusso e borghi di artisti
Partenza il: 24/07/2013
Ritorno il: 03/08/2013
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
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Una volta arrivato in Costa Azzurra, lo sguardo del visitatore viene immediatamente catturato dalla vista delle palme che, piantate a poca distanza dalle montagne coperte da una lussureggiante vegetazione, restituiscono l’immagine di un paesaggio a strapiombo sul litorale, con le Alpi che si immergono nel mare formando una terrazza naturale di fronte al Mediterraneo. Situata lungo la via della lavanda e a ridosso con il confine italiano, essa è la fascia litoranea a più alto tasso di mondanità del pianeta. Sinonimo di lusso ed eleganza. Viaggio con amici con cui condivido il valore del tempo, la stessa necessità di spazi, la stessa resistenza al camminare e al dormire. Esplorare questa parte della Provenza per noi non significa fare un viaggio lungo la solita rotta, alla continua ricerca delle località più frequentate e rinomate. Vogliamo scovare anche luoghi ameni e non ancora intaccati dal turismo di massa, per assaporare una Costa Azzurra meno appariscente, ma sicuramente più autentica. Lunga ed impaziente è stata l’attesa, entusiasmante è stata la ricerca e la selezione delle località da visitare. Sono pronta ad immortalare in centinaia di scatti le immagini e i momenti più preziosi. Amo riguardare le fotografie perché nell’osservarle si comprende come esse non rimandino solamente a una data o a un luogo, ma vi sono racchiusi racconti, vicende, volti e significati.

UN PRIMO SGUARDO SULLA COSTA AZZURRA

È mattino presto quando varchiamo il confine ed entriamo in terra francese. L’auto sfreccia lungo la strada deserta, mentre fuori dal finestrino vedo il paesaggio farsi sempre più dolce e verdeggiante. Mentone, Nizza, Cannes e altre miriadi di località e finalmente giungiamo alla meta: Cavalaire-sur-Mer, un piccolo comune situato tra Saint Tropez e Hyeres. Pernottiamo presso il Résidence du Cap, che sarà il nostro punto d’appoggio per i primi giorni di viaggio.

Il giorno seguente prendiamo le bici a noleggio e pedaliamo in direzione Le Lavandou, una località il cui nome sembrerebbe richiamare la lavanda, ma che in realtà si riferisce agli antichi lavatoi in cui le mogli dei pescatori erano solite lavare i panni, sparsi per tutto il centro del paese e lungo il porto. Il grazioso centro storico, poco più grande di un fazzoletto, affascina per le vie lastricate e ornate di fiori, i pergolati coperti di verde e le numerose fontane che mormorano in sottofondo. Eppure, lo sviluppo edilizio che costeggia il lungomare mi dà l’idea che Le Lavandou si stia trasformando lentamente in un mero agglomerato di residence ed hotel. La “promenade du litoral”, la pista ciclabile che fiancheggia la costa, offre panorami meravigliosi che riesco ad ammirare nonostante la fatica per le continue salite e discese. Raggiungiamo in poco tempo la spiaggia di Saint Clair, dove un mare cristallino, nascosto ai piedi della pineta, lambisce l’oro di una sabbia finissima.

PORQUEROLLES: UN TUFFO DOVE L’ACQUA È PIù BLU

È la mattina del giorno successivo quando saliamo sul traghetto che parte dalla stazione marittima di La Tour Foundue, situata all’estremo sud della penisola di Giens, per sbarcare a Porquerolles, l’isola più grande e più occidentale del piccolo arcipelago delle Isole di Hyeres. Esse sono oggi tutelate dallo stato tramite leggi speciali per proteggerne la flora e la fauna. Qui la frenesia della città, il traffico e lo smog non esistono. I veicoli a motore non possono circolarvi e dal porto si sviluppa l’unico centro abitato dell’isola. Non esistono strade, ma solo un’infinità di sentieri da percorrere a piedi o in bicicletta circondati da un enorme varietà di verde: pini e mirti si stagliano alti nei boschi, mentre grandi distese di vigneti coltivati a filari garantiscono la migliore qualità di vino rosè. Un paesaggio naturale intriso del profumo di macchia mediterranea e del suono di milioni di cicale canterine. Sarà la quasi totale assenza di automobili, ma sembra impossibile credere che l’isola sia ubicata a pochi passi dalla costa francese, nel centro dell’Europa cementificata e industrializzata.

Tra le tante spiagge di Porquerolles, scegliamo quella di Notre Dame, totalmente naturale, selvaggia direi. Nessuna pulizia, nessun impianto, niente. Una piccola striscia color ocra tra l’azzurro del mare e il verde della vegetazione, dove si respira un’atmosfera primordiale in cui la natura regna incontrastata. La spiaggia è coperta da resti di alghe, rami spezzati, foglie, conchiglie frantumate, ma si tratta di rifiuti spiaggiati di origine naturale lasciati laddove il mare li ha depositati e che certo non mi infastidiscono. Ci abbandoniamo nell’acqua cristallina il cui fondale degrada dolcemente, mentre i miei occhi fissano l’orizzonte attratti dalla fitta presenza di imbarcazioni in rada, che puntellano Porquerolles in tutto il suo perimetro. Il sole ancora picchia. Il vento è caldo. Mi piacerebbe rimanere qui, ma il tempo passa e dobbiamo tornare a bordo del traghetto, così riprendiamo controvoglia la strada sterrata che ci conduce al porto. Mi godo i paesaggi che riesco a intravedere dal mare, lasciandomi cullare dalle onde, mentre memorizzo ogni odore, ogni suono e ogni colore di quest’isola. Tornati sulla terraferma ci dirigiamo verso Hyeres: lasciata la città moderna, ci inoltriamo tra stradine e quartieri della città medievale sino a raggiungere la sommità della collina di Castéou, con le rovine della residenza feudale. Tra un negozietto di souvenir e l’altro notiamo l’enoteca Cave Massillon, dove ci fermiamo a gustare un’ottimo aperitivo a base di prodotti locali.

LUNGO LA VIA DELLA MIMOSA

La tappa successiva del nostro itinerario è la zona nei dintorni di Bormes-les-Mimosas. Il navigatore ci indica una strada piuttosto tortuosa, ma molto paessagistica, che costeggia i vigneti arrivando sino in fondo, in direzione del mare. Il mio sguardo si posa sui filari di viti ben allineati e perfettamente curati, di un vivido colore verde che contrasta con il rosso della terra. Giungiamo ad un cancello che sembra essere quello di un’area privata: scopriamo che racchiude la Plage de Pellegrin, in effetti, la spiaggia privata della tenuta vinicola Chateau de Lèoube. Dopo aver pagato il biglietto di ingresso, parcheggiamo nella pineta adibita a tale scopo. La spiaggia di sabbia è larga, lunga e ben tenuta. Per fortuna c’è poca gente e tanto spazio a disposizione. L’acqua è cristallina ed appena a ridosso della sabbia i pini marittimi fungono da ombrelloni. Chilometri di sentieri percorrono il litorale di questo tratto di Provenza, l’estrema punta sud della regione, collegando tra loro le varie insenature. Non resisto alla tentazione e mi addentro in questo sentiero immerso nel verde della macchia mediterranea, che profuma di eucalipto, ginepro e rosmarino selvatico. Nel tardo pomeriggio vorremo fermarci allo Château de Brégançon, una delle tante aziende vinicole della zona, ma purtroppo è necessaria la prenotazione per la visita guidata della cantina. Cerco allora di convincere i miei compagni a visitare il paesino arroccato di Bormes-les-Mimosas, definito dalla mia guida uno dei villaggi più suggestivi della costa. Da gennaio a marzo, il paese si veste di una lunga “sciarpa d’oro”, un’esplosione di giallo e di profumo intenso dovuto alla fioritura delle piante di mimosa, motivo per il quale fin dal 1968 ha preso l’appellativo “les mimosas”. Il turismo si è certamente impadronito di questo luogo, circondandolo di costruzioni moderne, ma non è riuscito a snaturare il piccolo centro storico che sorge inerpicato sulla collina. Ogni angolo del borgo è tipicamente provenzale: molti infissi alle finestre sono dipinti di azzurro e alcuni muri delle case sono completamente coperti dalla bougenville o dall’edera, grazie al particolare microclima che qui favorisce la crescita di numerosi tipi di fiori. Camminiamo senza meta nelle viuzze in salita e tra i passaggi a volta che attraversano le parti basse delle case collegando tra loro stradine tortuose. Tutto è lindo, preciso, restaurato, rifinito. A coronare la vivacità del borgo, decine di negozi di souvenir si contendono l’attenzione offrendo i tipici prodotti provenzali.

SAINT-TROPEZ: UN MITO SENZA TEMPO

Saint-Tropez dista solo pochi chilometri da Cavalaire-sur-Mer, ma il traffico in alcuni punti del percorso lo fa sembrare più lungo. Già nei primi anni del Novecento un pittore del calibro di Matisse si era accorto dello splendore di questo luogo, eleggendo l’allora placida località della Costa Azzurra a magnifico studio a cielo aperto. Poi arriva la stagione del turismo più glamour, arrivano i vip e gli yacht, le bellissime attrici del cinema e gli inguaribili playboy. È l’epoca di Brigitte Bardot. Mi piace Saint Tropez, al contrario dei miei compagni di viaggio che non riescono a spiegarsi come nel corso degli anni sia diventata una tappa così irrinunciabile per i ricchi del pianeta. Certo, ad accoglierci c’è un porticciolo brulicante di yacht di lusso, che nascondono l’elitè che frequenta la cittadina. Tuttavia, se guardo attentamente dietro lo sfarzo riesco a scorgere chiaramente quel che resta del vecchio villaggio di pescatori, con le le sue stradine e i ristorantini dispersi nei viottoli del centro. Non mi dà l’idea di lusso sfrenato che la sua immagine evoca. Il litorale che mi si apre davanti mi sembra a prima vista mediocre. Tutt’altro. Da qui parte il “Sentier du Littoral”, un panoramico itinerario costiero che si snoda per oltre 30 chilometri fra un susseguirsi di alture rocciose e calette nascoste. A causa del limitato tempo a disposizione riusciamo a percorrerne solo pochi chilometri, ma la vista che spazia a perdita d’occhio sul mare, la sensazione della sabbia e degli scogli sotto i piedi, il profumo dei pini marittimi e della macchia si imprimono nella mia mente in modo indelebile. A pochi passi dalla città scopriamo anche le spiagge circondate da canneti e pini marittimi della baia di Pampelonne, una grande ansa lunga cinque chilometri sulla quale si alternano stabilimenti balneari e porzioni libere. Il mare è un po’ mosso, ma la sabbia è bianchissima e fine come cipria. Volgendo lo sguardo in ogni direzione vedo in lontananza lussuose barche sospese sull’orizzonte. Una telefonata a terra e dai moli partono i gommoni per sbarcare i clienti. Passiamo il restante pomeriggio a Ramatuelle, un villaggio medievale arroccato sulla baia stessa. Passeggiamo tra i vicoli lastricati di pietra che si rincorrono in cerchi concentrici, alle finestre le imposte dipinte nel tradizionale blu provenzale incorniciano vecchie case. Ci fermiamo al negozio “La Tarte Tropezienne”, una catena di panetterie in cui viene venduto il dolce locale, che riprende il suo nome. Inventata negli anni Cinquanta da un pasticciere di origine polacca, è una brioche aromatizzata all’essenza di fiori d’arancio, farcita con una crema al burro e una crema pasticcera.

ALLE SOGLIE DI MARSIGLIA

Dopo alcuni giorni trascorsi nei dintorni di Cavalaire-sur-Mer, ci immergiamo nel traffico costiero per raggiungere La Ciotat, una cittadina di porto tra Marsiglia e le Isole d’Oro di Hyeres, terra di mare e di vini. Qui pernottiamo al Residence Park & Suites Elegance per una sola notte. Il luogo è un po’ desolante, intorno a noi vediamo negozi chiusi e molta sporcizia. D’altronde, è una cittadina incentrata principalmente sulla cantieristica ed il suo porto, pur sembrandomi tutto sommato carino, ne riflette la vocazione. Ben visibili sono infatti tutte quelle attività riguardanti la ristrutturazione, manutenzione e riparazione di yacht a vela e a motore di tutti i tipi. La Ciotat, dunque, non ci convince pienamente, così nel pomeriggio preferiamo spostarci a Cassis, il cui centro è un dedalo di viuzze che abbracciano il porticciolo circondato da case nelle tinte pastello tipiche della Provenza. Attirano immediatamente il mio sguardo mucchi di reti da pesca messe ad asciugare al sole sui bordi delle finestre. Passeggiare per Cassis ci conferma che si tratta di una località di villeggiatura “classica”, con tanto di negozi turistici e ristoranti costosi. Gli scorci, però, sono effettivamente piacevoli. Ritornando a La Ciotat, decidiamo di fidarci delle recensioni lette sul sito di TripAdvisor e ceniamo al ristorante Le Sud, un pò costoso ma ottimo. L’indomani non perdiamo di vista il motivo per cui siamo venuti sin qui, alle soglie di Marsiglia. Dal porto di La Ciotat le barche salpano per l’escursione giornaliera alle celebri Calanques. Estese per circa 20 chilometri tra Cassis e la periferia di Marsiglia, le Calanques sono valli fluviali simili a piccoli fiordi caratterizzati da bianche falesie calcaree, formate da solchi erosivi stretti e profondi. Essi hanno creato delle insenature che terminano in spiaggette dove il battello può solo avvicinarsi senza attraccare, in quanto oasi protette. È possibile percorrere diversi sentieri a piedi, limitati in alcuni periodi dell’anno e ad alcune zone circoscritte, ma noi preferiamo l’escursione in barca che in un paio di ore ci mostra le principali calette naturali.

ALLA SCOPERTA DI CANNES E NIZZA

L’escursione ci impegna solo parte della mattinata così nel primo pomeriggio siamo già diretti a Cannes, dove pernottiamo presso il Résidence Florella Marceau, situato proprio nel centro della città. Siamo in una delle capitali del cinema mondiale, basta guardarsi un po’ intorno per capirlo: murales sui muri e sagome con i personaggi cinematografici sparsi un po’ ovunque. Il suo lungomare è piuttosto turistico, composto per la maggior parte da hotel e boutique di lusso. Nondimeno, una volta giunta sulla Croisette, invasa da frotte di turisti e bagnanti, mi scopro a guardare ammirata le architetture e i fasti dei suntuosi alberghi, primo fra tutti il Carlton, dove in occasione del Festival soggiornano ogni anno attori e registi di grido. Con le sue luci, i fiumi di turisti per le stradine e la sua vivacità, Cannes mi strega, rubandomi un centinaio di scatti. Ma è la collina di Le Suquet, la parte più antica della città, ad affascinarmi maggiormente con le viuzze strette e tortuose sulle quali si aprono ristorantini e botteghe d’arte. È uno dei luoghi più coloriti di Cannes. Lasciandoci alle spalle la torre dell’antico castello medievale, scrutiamo le mille luci della città dall’alto di una terrazza. Sole e cielo azzurro ci accompagnano il giorno seguente a Nizza. Mi piace girovagare in una città che non conosco perché ogni scorcio sarebbe da immortalare. Metto quindi da parte cartina e guida turistica e mi lascio guidare dall’istinto nei carrugi della città vecchia, un dedalo di viuzze tanto intricate da formare un vero e proprio labirinto che nei colori ricorda la Liguria. Nei vivaci vicoli del centro storico è infatti possibile ritrovare, nelle architetture e nelle atmosfere, anche un po’ della vicina Italia. Gli accostamenti possono riguardare anche il piatto tipico di Nizza che non tardiamo ad assaggiare: molto simile alla farinata ligure, la “socca” è a base di farina di ceci e viene cotta nel forno a legna. Curiosiamo tra i profumi dei fiori e dei prodotti agricoli nel grande mercato che si svolge ogni mattina, prima di dirigerci verso il lungomare ornato da palme e costellato da splendidi palazzi ed edifici in stile liberty: siamo sulla Promenade des Anglais, creata per volontà dell’aristocrazia britannica nel 1822.

IL PAESE DEGLI ARTISTI

C’era una volta Saint-Paul-de-Vence, uno di quei piccoli borghi medievali, incastonati tra le montagne ed eretti in posizione dominante sul mare, chiamati “villages perchés”. Negli anni del dopoguerra, qui, arrivarono personaggi del calibro di Chagall e Picasso seguiti da molte star del cinema, la cui presenza permise a Saint-Paul di raggiungere una certa fama. Persino il Café de la Place, situato appena prima della porta medioevale che segna l’ingresso nel paese, è diventato ormai un vero e proprio luogo di culto, grazie alla spianata di terra all’ombra dei platani dove si gioca alla “pétanque”, una variante del gioco delle bocce nata proprio in Provenza. Addentrandoci nel villaggio, praticamente quasi tutto pedonalizzato, ci sembra di entrare in un paese delle favole: grande è la suggestione del borgo tutto circondato da mura, con le sue mille gallerie d’arte, le casette in pietra dalle finestre azzurrine, le strade in ciottoli, i negozi e le boutique con i tessuti e le ceramiche provenzali, tutti di livello più che raffinato, non i soliti negozietti di souvenir per turisti. È incredibile pensare che ci troviamo solamente a pochi chilometri dalle caotiche e modaiole località di Nizza, Cannes e Antibes.

IL BORGO MEDIEVALE DI EZE

Il viaggio di rientro in Italia è lungo perciò ci concediamo una sosta a Eze, cittadina medievale a pochi passi dal confine italo-francese. Abbarbicato su un picco roccioso a oltre 400 metri di altezza, il villaggio medievale si presenta straordinariamente ben corservato, con piccole case di pietra sparse alla rinfusa e vicoli tortuosi che racchiudono gallerie d’arte e botteghe artigianali. Così simile nella sua bellezza a Saint-Paul-de-Vence, con i vicoli alti e stretti e i balconcini in pietra gremiti di vasi e fiori. L’unico mio rimpianto è che non riusciamo a visitare lo splendido giardino che segue ripidamente il fianco della scogliera, ricco di cactus e piante esotiche, da cui la vista spazia sul Mediterraneo fino alla Corsica nelle giornate più limpide. Mentre ci allontaniamo, Eze riprende a sonnecchiare placida tra le sue colline, il tempo scandito da colori e profumi tipici della Provenza.

IL PRINCIPATO TRA STORIA E MONDANITà

Non molto lontano da Eze si trova il Principato di Monaco, un piccolo fazzoletto di Costa azzurra che trasuda opulenza nei grattacieli tecnologici, nei lussuosi hotel, nei casinò esclusivi, nei porti affollati di yacht. Un piccolo stato che ha tutti i presupposti per giustificare la sua innegabile fama: se da una parte rappresenta una fiaba moderna grazie alle vicissitudini amorose della famiglia reale, dall’altra è un ambitissimo paradiso fiscale nel cuore dell’Europa. Al primo colpo d’occhio il Principato, stretto fra la montagna e il mare e con la fitta presenza di grattacieli così alti e impressionanti, mi fa pensare a certe città asiatiche, come Macao o Hong Kong. Poi il mio sguardo si posa su Monaco, la città vecchia, formata da vicoli stretti comunicanti tra loro attraverso dei passaggi a volta, che conservano nell’insieme un carattere medioevale. Abbraccio con lo sguardo uno dei simboli della città, il Palazzo Reale, dove la famiglia Grimaldi vive abitualmente mentre, gironzolando per le stradine laterali, si aprono incredibili scorci su Montecarlo e sul porto di Fontvieille.

UNA TERRA DI CONTRASTI

Alle volte bisogna abbandonare i luoghi comuni. Prendiamo la Costa Azzurra: una terra di forti contrasti, non solo geografici. Per tutti è la patria ricercata del jet set internazionale, casa ospitale dei super ricchi in cerca di lussuosa discrezione. Eppure, la Costa Azzurra è anche altro. Una terra disseminata di luoghi autentici, dove la vita si consuma fra piccoli borghi incorniciati da fontane e chiesette storiche e paesaggi che paiono usciti da un quadro impressionista. Tele e cavalletti che spuntano sull’acciottolato delle strade e all’entrata degli atelier con la stessa frequenza dei saponi agli agrumi e alla lavanda sugli usci dei negozietti di souvenir. Un’armonia di sensazioni, colori e odori che si godono appieno in una vacanza “on the road”, percorrendo le strade panoramiche che dominano a strapiombo il blu cobalto del mare. A fare da colonna sonora il mormorio delle fontane, il ronzio delle api che bottinano tra i fiori e soprattutto il frinire delle onnipresenti cicale, simbolo della regione.

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