Azerbaigian, il nuovo che avanza
Questo piccolo e, per molti versi, ancora sconosciuto Stato caucasico va in effetti visitato senza preconcetti o pregiudizi di sorta, legati al fatto che la popolazione è in gran parte di fede islamica o per la posizione in una zona dal recente passato turbolento (ricordo i conflitti in Cecenia, Ossezia e Daghestan). Si sta aprendo al turismo occidentale solo negli ultimi anni ed intraprendere ora un viaggio in questi luoghi può essere un’occasione unica per entrare in contatto con delle realtà e stili di vita che stanno rapidamente mutando e perdendosi a causa della globalizzazione.
Motore trainante di questo veloce cambiamento sono stati gli enormi introiti derivanti dal petrolio che, dopo l’inevitabile periodo di instabilità seguito alla fine della dominazione sovietica e le dispute territoriali con la confinante Armenia, hanno iniziato a fluire copiosi nelle casse dello Stato. La ricchezza principale dell’Azerbaijan è infatti la presenza di idrocarburi, già conosciuti in antichità ed i cui fenomeni naturali di combustione hanno dato origine al culto del fuoco, con la nascita dello zoroastrismo, poi diffusosi nella vicina Persia ed in India.
Per la visita di questo Paese ci siamo appoggiati all’agenzia Cividin Viaggi di Trieste che, in collaborazione con il T.O. Columbia Turismo, proponeva un tour di 8 giorni tra la capitale Baku , sul Caspio e la cittadina di Sheki, situata alle falde del Caucaso Maggiore, con soste lungo il percorso per ulteriori escursioni. Dopo Armenia, Georgia ed Iran del Nord abbiamo così voluto completare la scoperta di quell’ area.
Nonostante ci fossimo preparati a quanto avremmo visitato nel corso del tour, lo scoprire quanto moderna ed “occidentale” sia Baku ci ha davvero impressionato. Splendidi grattacieli dalle forme avveniristiche stanno sorgendo un po’ in tutti i quartieri della città che si affaccia sul Caspio, stravolgendone lo skyline e relegando in secondo piano le costruzioni di inizio secolo e di epoca sovietica, che pure mantengono un loro stile ed un loro fascino. In centro hanno aperto boutiques delle più note firme della moda e le concessionarie delle maggiori case automobilistiche che, a giudicare dal traffico e dal parco macchine di gamma alta in circolazione, stanno facendo affari d’oro. La metropoli è stata comunque sapientemente valorizzata con la costruzione di molti musei, palazzetti sportivi, ponti, stadi e di un lunghissimo“ boulevard”, un viale ricco di giardini, con ruote panoramiche, fontane, bar e caffè che corre lungo buona parte delle rive ed è molto animato a tutte le ore del giorno. Ma è di notte che la città dà il meglio di sé, quando si possono ammirare i giochi di luce delle Flames Towers, il complesso di tre grattacieli che svetta in cima alla collina del Parco Montano e quando anche molti altri edifici vengono sapientemente illuminati creando un’atmosfera quasi magica con il gioco dei riflessi nelle acque del Caspio.
Tra tanta modernità, il centro storico – separato dalla città da una cinta muraria e dichiarato patrimonio mondiale dall’ UNESCO – ci è sembrato quasi un corpo estraneo; eppure conserva al suo interno alcuni monumenti di pregevole interesse quali il bel complesso del Palazzo Shirvanshah, la Torre della Vergine, moschee, hammam e caravanserragli, eredità del passato di una Baku tappa fondamentale per le carovane che percorrevano la Via della Seta e per i pellegrini adoratori del fuoco, seguaci di Zoroastro.
Proprio a tale culto sono legate un paio di attrattive situate nella penisola di Absheron, nei dintorni di Baku: lo Yanar Dag ed il complesso di Atesgah. Il primo, letteralmente “montagna che brucia”, è un piccolo fuoco di gas naturale che fuoriesce dal sottosuolo in cima ad una collinetta mentre l’ Atesgah, meta in passato di pellegrinaggi fin dall’ India, è una costruzione simile ad un caravanserraglio con al centro un tempio in cui arde una fiamma perenne.
Nella stessa zona è invece visitabile il museo storico ed etnografico a cielo aperto di Qala dove è possibile scoprire come vivevano gli azeri nel passato, con la ricostruzione di varie tipologie di abitazioni ed ambienti quali forni,mulini, fucine e stalle in cui sono ancora ospitati cammelli, capre, conigli ed altri animali da cortile con i quali si può interagire.
Sempre nelle vicinanze di Baku, ad una sessantina di chilometri dalla città, è molto interessante la visita della zona del Qobustan: qui, nel corso di migliaia di anni, l’uomo ha lasciato la propria testimonianza su alcune pareti rocciose attraverso incisioni e graffiti raffiguranti scene di caccia, di danza e rappresentazioni di animali; le scene coprono un arco temporale che va dalla preistoria fino al Medio Evo e, curiosità tra le altre, vi si trova pure l’iscrizione di un legionario romano dell’epoca dell’imperatore Domiziano. La genesi e la storia della zona è molto ben spiegata dal nuovo museo interattivo situato alle falde della collina su cui si trovano i graffiti. Il sito colpisce inoltre per le particolari conformazioni rocciose dovute alle ripetute variazione del livello del mare e per la vista che spazia fino al Caspio.
E’ comunque uscendo da Baku che si iniziano a scoprire le ultime testimonianze di quello che doveva essere l’ Azerbaijan fino a non molti anni fa : lasciati alle spalle i campi petroliferi e dirigendosi a nord-ovest verso Sheki si entra in un mondo rurale fatto inizialmente di paesaggi aridi e stepposi di campi mietuti o arati di recente, che poi gradatamente lasciano il posto alle prime colline e ad una natura ricca di fitti boschi e pascoli man mano che ci si avvicina ai monti del Caucaso. Le greggi di capre e pecore vengono via via sostituite da mandrie di bovini,cavalli e qualche bufalo e in molte aie si vedono gruppi di grasse oche starnazzanti. Piccole cittadine e rari paesini sfilano via velocemente, questi ultimi talvolta attraversati dall’unica strada principale asfaltata, mentre le vie laterali sono in terra battuta: le abitazioni appaiono comunque ben tenute e dignitose e si percepisce che i ritmi di vita sono molto più rallentati rispetto alla grande città. Lungo la via si incontrano chioschi improvvisati o anche solo automobili con il bagagliaio aperto con poca merce esposta : di solito verdure, frutta e qualche altro cibo destinato ai camionisti ed agli automobilisti di passaggio. Nei bar dei paesi si vedono solo uomini, talora impegnati in partite di nard, un gioco simile al backgammon che si contende con gli scacchi il ruolo di gioco nazionale. Da quanto abbiamo visto però, la popolazione ormai non veste più gli abiti tradizionali e sembra alquanto riservata : non abbiamo percepito la curiosità ed il calore verso lo straniero tipica dei paesi un tempo attraversati dalle carovane della Via della Seta, dove l’accoglienza verso i forestieri era quasi un credo.
A circa mezza strada tra Baku e Sheki è possibile visitare il bel mausoleo di Diri Baba del XV secolo, costruito addossato ad un costone roccioso quasi a sembrare sospeso, mentre nella vicina città di Shemakha è stata ricostruita la Moschea del Venerdì, una delle più antiche e grandi del Caucaso: di grande effetto la parete maiolicata del mihrab con la nicchia che indica la direzione della preghiera.
Più oltre si trova Qabala, le cui estese ed antiche foreste sono meta di turismo locale in estate, quando gli abitanti di Baku cercano riparo dalla calura delle zone costiere. Qui si è ormai entrati nel territorio un tempo chiamato “Albania Caucasica” ed a pochi chilometri della città nuova si trova Chukur Qabala, l’antico insediamento del IV sec. a.C. le cui rovine a dire il vero non impressionano molto. Nei pressi si trova però un moderno e ben articolato museo che espone i reperti provenienti dagli scavi, con una ricca collezione di ceramiche e terrecotte.
Proseguendo verso Sheki si incontra Oguz dove è possibile visitare un piccolo museo situato in una antica chiesa albanese ed una sinagoga ancora utilizzata dalla numerosa comunità ebraica della zona che, come raccontatoci da una incaricata museale, convive qui pacificamente da quando si insediò nella seconda metà dell’800.
Ad una ventina di chilometri a sud-ovest da Sheki si incontra invece il piccolo villaggio di Fazil: qui, tra mille difficoltà e con evidente mancanza di fondi e mezzi, alcuni archeologi stanno riportando alla luce tombe del IV e III secolo a.C. risalenti alla civiltà albanese. E’ stato ricostruito un ambiente sotterraneo in mattoni, denominato impropriamente “labirinto”, lungo il cui percorso sono esposte una serie di sepolture che un’archeologa ci ha illustrato con una passione ed entusiasmo a dir poco toccanti: il ricordo di questa visita ci ha seguito per i giorni successivi quando poi abbiamo visitato i già citati musei del Qobustan e di Qabala, costruiti con evidente profusione di mezzi e disponibilità finanziarie….
Arrivati a Sheki dopo circa 350 chilometri si scopre una cittadina moderna che ad un primo impatto lascia un po’ interdetti: avendo letto che era un punto nodale lungo la via delle carovane ci si attende di vedere edifici antichi e tracce dei gloriosi trascorsi, un po’ come nei nostri paesini del centro Italia. Si scopre così che gran parte della vecchia città non è sopravvissuta a secoli di contese, terremoti e frane! Solo risalendo l’erta strada costeggiata da un torrente, il passato svela le sue ultime vestigia. Si incontrano infatti un paio di caravanserragli e, più in cima, una bella cinta muraria che racchiude al suo interno un autentico gioiello architettonico: il palazzo estivo dei Khan, de XVIII secolo. L’edificio ha una facciata impreziosita da disegni su gesso e maioliche e da portali e “muqarna” di specchio ma è famoso soprattutto per le sue “shabaka”, le finestre di legno e vetri colorati costruite ad incastro, senza l’uso di chiodi o colla che con il sole proiettano all’interno del palazzo dei fantasmagorici giochi di luce. E, sempre all’interno, cinque delle sei stanze lasciano letteralmente senza fiato per le raffinate decorazioni in affresco sui soffitti e sulle pareti che riproducono motivi floreali e di animali e che le fanno somigliare a delle preziose bomboniere. La sesta stanza è completamente bianca per evitare distrazioni a chi vi lavorava…
Poco oltre a Sheki si trova il piccolo villaggio di Kish, cresciuto attorno all’antica chiesa albanese che la tradizione vuole edificata già nel I secolo d.C. da San Eliseo. Attorno alla chiesa ci sono delle sepolture di individui di notevole statura che assieme ad altri indizi linguistici hanno suggerito al citato Heyerdahl il collegamento tra questa civiltà e quella vichinga: non sappiamo se avesse ragione, ma potrebbe esser un pretesto per un nostro futuro viaggio di scoperta nei paesi scandinavi….noi di confini in testa non ne abbiamo!