Viaggio in Caucaso: da Baku a Tbilisi
Nella capitale Georgiana abbiamo prenotato un Hotel nella zona vecchia, dopo i saluti e una doccia li porto a cena alla Khinkhali House, in italiano la “casa del raviolo” : non è segnata sulle guide e si trova vicino a un sottopassaggio di Rustaveli ma vale la pena darsi da fare per trovarla. Khachapuri, la focaccia col formaggio, e vari tipi tipi di ravioli per un totale di circa 9 e in tutto ! Venerdi’ 21 agosto 2009: 1° giorno di Ramadan, un taxi prenotato dall’Hotel ci porta in aeroporto per il volo per Baku (Azal Airlines, prenotato dall’Italia per stare sicuri).
Arriviamo dopo circa 1h di volo, la vista dall’alto è impressionante, compriamo il visto all’arrivo senza problemi e all’uscita troviamo il tassista spedito dall’Hotel con un sorrisone a 32 denti…La maggior parte d’oro ! Diciamo che in Azerbaijan è un po’ uno status simbol e allo stesso tempo un posto sicuro dove mettere i propri risparmi.
Anche qui abbiamo scelto dalla guida uno degli Hotel di prezzo medio nella citta vecchia che è tutta completamente restaurata e molto carina.
Visitiamo le rovine del Palazzo Shiravani e poi cominciamo a esplorare la città. Elisa trova subito il « piccolo principe » in azero e ne compra una copia per la sua collezione, Lucia spedisce in posta le cartoline armene e quando ce ne accorgiamo temiamo il peggio ma l’impiegato non se ne accorge (armeni e azeri sono in conflitto per il Nagorno Karabakh).
Vicino al lungo mare saliamo sulla Torre della Vergine per ammirare da un lato il Mar Caspio con un po’ di piattaforme petrolifere in lontananza e dall’altro il boom edilizio che sta investendo la città, qui la crisi economica pare non essere arrivata.
Contrattiamo, con il poco di russo che ho imparato in questi mesi, un taxi per la gita a Qobustan del giorno seguente, speriamo abbia capito…
Le vie dello shopping sono piene di gente, macchine di lusso e negozi alla moda, i caffè sono pieni malgrado sia il mese del digiuno.
Sfidiamo la sorte e ci avviciniamo al mare che sembre denso, ci sono chiazze di olio in superficie e non è per niente invitante ma un dito dobbiamo pure immergerlo.
Per cena dolma (involtini di foglie di vite con carne e riso) e kebab (spiedini di carne).
Sabato 22 agosto 2009 Non solo il taxi è puntualissimo ma ha pure lavato l’auto. Ci dirigiamo a sud, il cielo è grigio come il mare e come la terra, cantieri navali e piattaforme petrolifere costellano la costa, raffinerie, oleodotti e altre industrie l’entroterra. Arrivati a Qobustan ci accorgiamo che il tassista non c’è mai stato e forse non sa nemmeno leggere visto che, malgrado i numerosi cartelli, non fa che chiedere indicazioni.
Dopo la visita al minuscolo museo seguiamo le frecce per il percorso fra le rocce per vedere i famosi « petroglifi » : incisioni sulla pietra fatte dai cacciatori-raccoglitori che una volta abitavano la zona. Raffigurano animali, scene di caccia, canoe (migliaia di anni fa il mar Caspio era decine di metri più alto e arrivava proprio sotto queste alture).
Non ci eravamo capiti e il tassista non ci vuole portare ai vulcani di fango perchè ha paura di rovinare la macchina cosi’ contrattiamo con un poliziotto di stanza ai petroglifi e ci porta con la Lada d’ordinanza. Prima di arruolarsi doveva essere un pilota di rally visto che percorriamo i 10km di strada sterrata fra mucche, oleodotti e pozze di nafta a palla ma senza mai sbandare ; ed eccoli li’ delle montagnette, ovviamente colore grigio che gorgogliano allegramente. Saltelliamo da un montarozzo all’altro, ogni tanto spaventati da un blob improvviso ma il fango è freddo e non c’è alcun pericolo.
Domenica 23 agosto 2009 Il ragazzo dell’Hotel ci accompagna alla fermata dell’autobus per la stazione nuova degli autobus da cui partono anche le marshutke, o « mazurke » come le chiama Elisa : è una sorta di cattedrale nel deserto di tre piani, poi nel piazzale c’è il solito casino di pulmini e autisti. Ci accapparriamo i posti migliori per Ismayli, da li’ prenderemo un taxi per la montagna. Il paesaggio è desertico per un paio d’ore poi cambia e diventa molto verde quando arriviamo ai piedi delle montagne. Nella tipico autogrill caucasico, ovvero dotato di orso in gabbia, una paffuta signora usicta dagli anni ottanta ci dice che sta andando pure lei a lahiç e che quindi potremo prendere un taxi insieme, davai ! La strada che sale a Lahiç è sterrata ma molto bella, in quattro dietro stiamo scomodissimi ! Io ed Elisa abbiamo i capelli sciolti e la signora ci regala dei ciappi coi brillantini per legare i capelli e ci spiega, mimando perfettamente, che tutti si spaventerebbero a morte vedendoci arrivare cosi’ spettinate.
Seguiamo le indicazioni della guida e cerchiamo il tourist office il cui direttore non solo parla inglese ma affitta anche un paio di camere a casa sua.
Il villaggio, costruito sulla riva di un fiume, è tutto in legno e pietra e conserva ancora il fascino del passato, camminando per le strade si sente il rumore del martello che batte sul rame, principale attrazione del paese insieme ai tappeti di lana. La vita scorre tranquilla, tutti sono curiosi e gentilissimi. Ci fermiamo per un te’ nell’unica locanda del paese e assaggiamo l’ottima marmellata di rose, poi un altro giro e un kebab nell’unico ristorante.
Prima di dormire chiediamo al sig dadash di poter fare una doccia e con grande piacere scopriamo che ha una sorta di stanza da bagno similsauna, riscaldata dalla caldaia che è in cucina, un toccasana alla fine della giornata. ( anche perchè di sera fa piuttosto freschino) Lunedi’ 24 agosto 2009 Per prima cosa andiamo all’organizzatissimo ufficio del turismo del Sig dadash e ci facciamo prenotare taxi e guesthouse per l’indomani, poi una visita al piccolo ma interessante museo che si trova giusto accanto. Attraversiamo il paese e seguiamo il fiume fino a una cascata poi torniamo inidietro sul crinale passando fra prati, pecore e signore incuriosite dalla nostra presenza. Non sembra ma in realtà il paese e’ abbastanza grande, prendendo una strada laterale arriviamo a una piazza con un’altra moschea e alle rovine di un palazzo del diciottesimo secolo in cui ora abita un’arzilla vecchietta che non solo ci invita ad entrare in cortile ma ci regala anche un sacchetto di prugne appena colte.
Torniamo a fare merenda e ceniamo in casa con un ottimo stufato di agnello con patate.
Martedi’ 25 agosto 2009 Durante la strada rischiamo di fare fuori un paio di greggi di pecore, comunque arriviamo a Sheki verso l’ora di pranzo. La guesthouse è centrale e pulita. Ci avviamo subito a vedere il palazzo dei Khan splendidamente affrescato all’interno. Per merenda mangiamo dolma e Piti, il piatto della città, stufato di agnello con grasso del medesimo, ceci e zafferano, ottimo ! Visitiamo il laboratorio degli artigiani vetrai che fanno le finestre colorate totalmente a incastro, un lavoro notevole.
Scendiamo per la strada principale, visitiamo il Karavansaray che ora è un bellissimo hotel, la scuola di scacchi e ci fermiamo in uno dei negozi di halva per assaggiare il dolce locale fatto di noci, cardamomo, miele e moltissimo zucchero.
Al posto della cena decidiamo di tornare alla sala da tè del Karavansaray per un servizio completo di narghilè, una serata perfetta.
Mercoledi’ 26 agosto 2009 Andiamo a piedi fino al Teza Bazar e da li’ prendiamo il bus per Kis, piccolo paese un po’ più in alto dove si trova la cosiddetta chiesa albanese ; niente a che vedere con lo stato attuale, l’Albania caucasica fu una delle prime nazioni cristiane e comprendeva l’Azerbaijan, parte di Georgia e Armenia. La chiesa è stata restaurata grazie a una collaborazione scandinava ed è molto carina, qualche studioso sostiene infatti che i vichinghi fossero originari di questa zona…
Rientrati in città compriamo un po’ di zafferano al bazar e andiamo all’emporio della fabbrica della seta dove acquistiamo alcune stole dai prezzi piuttosto economici rispetto all’Italia.
Per l’ultima serata in Azerbaijan ceniamo nel fresco giardino del Karavansaray ; ovviamente kebab e piti. Giovedi’ 27 agosto 2009 Per arrivare a Sighnaghi, la nostra meta Georgiana, prendiamo nell’ordine: taxi, mazurka, mazurka, taxi, passiamo a piedi il ponte sul confine, taxi, mazurka, mazurka. Ormai ci siamo abituati e poi sono l’immagine del caucaso: denti d’oro, donne in nero piene di sporte, sguardi curiosi, musica improponibile. Un tassita azero ci dice che metà della sua famiglia è in Daghestan e una volta quando non c’erano confini bastava attraversare le montagne a cavallo per ritrovarsi, stavano forse meglio quando stavano peggio ? Arrivati a Sighnaghi ci indicano subito la casa della Sig.Ra Nana dove abbiamo prenotato due stanze che ci sembrano quasi di lusso. Dopo un piatto di khinkhali facciamo un giro nel paese che è circondato da una quasi intatta cerchia di mura ed è stato completamente restaurato per farne meta di turismo vinicolo locale. Prendiamo un taxi per andare al vicino monastero di Santa Nino, la santa che ha convertito la Georgia, ecco perchè la metà delle ragazze si chiama cosi’ (l’altra metà si chiama Nana …) Per cena : Khachapuri, Chakapuli, shashlik e vino locale che non è proprio di nostro gusto…Gaumarjos ! Venerdi’ 28 agosto 2009 Diluvia tutta notte e al mattino sembra di essere nel mese di novembre. Siamo d’accordo che Zaza, il marito di Nana, ci porterà al monastero di Davit Gareja e poi alle relative mazurke. Per colazione te, caffè, uova, toast, peperonata, pasta e non possiamo rifiutare un sorso di chacha (la grappa fatta in casa) al basilico rosso. Saliamo sulla Lada Niva mezzi ubriachi e ci immergiamo in una vera e propria landa desolata al confine con l’Azerbaijan.
Da una piccola chiesa si accede a un cortile interno sul quale danno le grotte dei monaci, ancora abitate ; il posto è ricco di fascino la terra è rossa di varie sfumature e il verde dei prati molto intenso.. Prendiamo il sentiero per i resti monastero di Udabno, al di là della collina scavato nella roccia ; ancora perfettamente conservati sono gli affreschi della chiesa e del refettorio.
E’ ora di salutarci, Elisa e Lucia prendono una mazurka arancione per Tbilisi e noi ci stipiamo come sardine in una per Telavi.
La città più grande del Khakheti è abbastanza squallida e triste, a parte il solito palazzo dei Khan l’architettura è puramente sovietica. Ceniamo alla guesthouse dove Svetlana ci prepara una delle migliori e più abbondanti cene della vacanza.
Sabato 20 agosto 2009 Anche la colazione è all’altezza della cena ; un autista ci porta, passando per la bella cattedrale di Alaverdi, ad Alvani dove ci aspetta l’ennesima Lada Niva che ci porterà nel Tusheti. Per fare gli 80km che separano Alvani da Omalo ci mettiamo circa 4 ore di strada sterrata molto panoramica : le montagne innevate che vediamo segnano il confine fra Georgia e le Repubbliche delle federazione Russa, Cecenia e Daghestan.
A Kvemo Omalo, Omalo inferiore, l’autista ci porta alla guesthouse di Nino che domina tutto il paese, la giornata è splendida.
Dopo un caffè ci avviamo a Zemo Omalo, Omalo Superiore, a vedere le torri difensive medievali che caratterizzano il Tusheti : 5 torri restaurate pochi anni fa sovrastano un micro paese in pietra dove sembra che il tempo si sia fermato. Le poche persone che incontriamo ci salutano cordialmente e riesco a rispondere alle domande di rito col poco russo che ho imparato.
Malgrado il freddo, dopo cena, non riusciamo a staccare gli occhi dal cielo stellato che da tanto non riuscivamo a vedere.
Domenica 30 agosto 2009 La colazione è simile alla cena : formaggio salato e pomodori con frittelline invece della zuppa, in camera ci sono 13 gradi ma fuori il sole scalda già, per fortuna.
Ci incamminiamo lungo la strada per Shenako, un villaggio in un’altra valle che ha l’unica chiesa attiva del Tusheti. Dopo 3 ore di notevoli saliscendi vediamo la nostra meta. Poco prima della chiesa incontriamo un gruppetto di locali che stanno mangiando e bevendo su un prato, ci invitano ad unirsi a loro, nessuno parla inglese ma sono gentilissimi e ci capiamo con un po’ di russo. Ci offrono funghi, che faccio assaggiare prima a Carlo, formaggio, pomodori, pane e ovviamente un vinaccio fatto in casa che non possiamo rifiutare ma è veramente terribile. E come si usa in Georgia viene designato il Tamada, ovvero l’incaricato dei brindisi, e quindi « gaumarjos » a noi, a loro, agli emigrati georgiani in Italia e agli italiani in Georgia, al Tusheti, a Dio ecc…La sorella di uno lavora a Bari e subito la chiamano e ce la passano ! L’unica ragazza del gruppo ci accompagna alla chiesa e poi, dopo esserci congedati a fatica, cominciamo a tornare indietro un po’ provati.
Al ritorno ci mettiamo 4 ore ! Troviamo la caldaia smontata percio’ niente doccia, in compenso per cena si uniscono l’autista, il marito di Nino e una guardia forestale…E anche qui si inizia, stavolta il vino è rosato ma fa schifo uguale e ci siamo appena ripresi dal pranzo! Si brinda a noi, a loro, alla pace, al Tusheti, all’amicizia e alla prossima partita di calcio Italia-Georgia. Fingo un mal di testa e fuggiamo, sperando che l’autista smetta di bere.
Lunedi’ 31 agosto 2009 Al ritorno non siamo soli, slagono anche due pastori che puzzano come i loro greggi, sono quattro ore durissime ! Ad Alvani prendiamo l’ultima mazurka del viaggio che dopo più di tre ore ci porta a Tbilisi.
Una doccia, di cui abbiamo veramente bisogno, e l’ultimo giro nella città vecchia verso il bagno turco.
Per cena mangiamo un ottimo khachapuri adjaruli, quello a forma di barca con l’uovo in mezzo e per risollevare il vino georgiano ordiniamo una bottiglia di quello buono. Un ultimo drink in uno dei caffè trendy delle vie pedonali e via verso l’aeroporto.