Arcipelago delle Azzorre, isole incantate sospese tra Europa e America
Le isole Azzorre, immerse al largo dell’Oceano Atlantico di fronte al Portogallo a 1800 km dal Continente Americano e a 1450 km dall’Europa, sono la nostra meta di viaggio all’insegna della natura selvaggia, falesie, crateri, cascate e spiagge di sabbia scura. Sono note per il famoso “anticiclone delle Azzorre” spesso citato nelle previsioni meteo e hanno un clima mite tutto l’anno. Faremo un itinerario di massima nell’arcipelago composto da nove isole di origine vulcanica per visitare soltanto quelle che incontrano il nostro gusto.
L’arcipelago costituisce uno degli angoli più remoti e meno conosciuti di tutta l’Europa. Le isole Azzorre con Madeira, Canarie e Capo Verde costituiscono la regione geografica della Macaronésia, che significa “Isole beate” o “Isole fortunate”, così chiamate perché situate oltre lo stretto di Gibilterra. Alcuni ritenevano che fossero “fortunate” perché le divinità accoglievano qui gli eroi con capacità eccezionali. Per qualcuno sono un residuo dell’antico e mitico continente di Atlantide. Infatti, tra l’isola di Terceira e quella di S. Miguel, sul fondo dell’Atlantico, sommersa dalla sabbia, è stata trovata nel 2013 una Piramide alta 60 metri a pianta quadrata, traccia di una civiltà antecedente alla scoperta delle isole. In realtà si tratta di terre di recente formazione, catapultate in superficie da un’intensa attività vulcanica sottomarina. La loro natura vulcanica è evidente un po’ ovunque: dalla soffice sabbia scura delle spiagge alle innumerevoli colate di lava, dai crateri ai laghi, dai geyser alle sorgenti termali. Tutti elementi questi, che determinano l’aspetto ambientale e paesaggistico dell’arcipelago. Scoperte nel 1427, le Azzorre hanno sempre vissuto una vita tranquilla e appartata, lontano dagli eventi del mondo, conservando intatte nel tempo le vecchie abitudini e le tradizioni del passato, anche se ha ospitato la flotta di Cristoforo Colombo di ritorno dal suo primo viaggio in America.
L’abbondanza di pioggia dovuta alla formazione degli anticicloni, un clima di eterna primavera con temperature che oscillano perennemente tra i 14 ed i 23 gradi e un suolo estremamente fertile hanno fatto di queste isole un giardino botanico a cielo aperto. La vegetazione ha una densità decisamente tropicale, come attesta l’abbondanza di fiori selvatici che spesso offrono immensi tappeti di ortensie, azalee, camelie, ibischi, magnolie. Piccoli paradisi naturali circondati dall’oceano.
Visitare questo arcipelago non è semplicissimo. Per arrivare alle Azzorre la maggior parte dei voli parte dall’aeroporto di Lisbona o da Porto. L’attesa della coincidenza è però lunga e noi scegliamo la più breve, anche se la partenza è all’alba: h 6,30 da Milano Malpensa. Due ore di volo da Lisbona e atterriamo a Sao Miguel, la più estesa delle nove isole, l’unica con l’aeroporto internazionale e prima tappa del nostro viaggio. Ritiriamo l’auto all’aeroporto. Alloggeremo in un residence affacciato sull’oceano a Sao Roque sulla costa sud al centro dell’isola e in posizione strategica per girare comodamente nei quattro giorni della nostra permanenza. Siamo una coppia e un nostro cugino e quindi per stare insieme abbiamo scelto case in affitto o residence.
Nel pomeriggio visitiamo Ponta Delgada, la città più grande dell’arcipelago e capitale, dove ci si imbatte in numerose testimonianze architettoniche del periodo dal XVI al XIX secolo. Tre grandi arcate del 1783 segnano l’ingresso in città. Il piccolo centro storico è molto bello, con stradine acciottolate e un’ampia zona pedonale che dal mare sale verso l’interno. Le case sono in stile lusitano classico, prevale il bianco con profili neri intorno a porte e finestre. La piazza principale si affaccia imponente sulla grande baia e sul nuovo porto moderno. Negozi, locali e uffici turistici completano il quadro del porto. Visitiamo la chiesa gotica di Sao Sebastiao del XVI secolo, la cui facciata è in stile portoghese manuelino. A protezione dalle invasione dei pirati entriamo nella più grande fortezza dell’isola, Sao Bras, oggi quartier generale delle forze militari delle Azzorre e visitiamo il suo Museo. In serata ceniamo a base di pesce in un posticino molto piacevole sul porto.
Il 18 ottobre andiamo verso ovest diretti a Ponta da Ferraria, una spa a cielo aperto frequentata sin dal XV secolo, dove è possibile fare un bagno terapeutico anche ai giorni nostri. I punti dove fare il bagno nell’oceano sono chiamate piscine naturali (piscinas) perché le formazioni di roccia lavica formano delle aree protette dalle onde, che peraltro a volte superano la protezione entrando nella piscina creando l’effetto di una piscina con le onde L’acqua vulcanica emerge in superficie e si mischia con quella dell’oceano. Ci cambiamo negli spogliatoi sulla riva e scendiamo nella piscina dalla scaletta predisposta. L’acqua è nera a causa delle rocce laviche sul fondo e tutt’intorno. Alcune corde sono tese sull’acqua e ci si aggrappa volentieri come scimmie perché le onde dell’oceano entrando nella “piscina” ci travolgono e si mischiano all’acqua sorgiva termale calda, col risultato che facciamo il bagno in acqua tiepida molto piacevole e tonificante. Usciamo dall’acqua frastornati, ma molto rilassati. Ci rivestiamo e proseguiamo il nostro itinerario.
Arriviamo alla Caldeira das Sete Cidates, un cratere con due laghi, uno verde e l’altro azzurro, separati da un ponte ad archi, circondati da una vegetazione lussureggiante, dalla quale spiccano le case bianche del villaggio di Sete Cidades. Il posto è bellissimo ricco di miti e leggende che riguardano la sua forma a clessidra. Una leggenda popolare racconta la storia di una bellissima ragazza, promessa sposa di un principe, che s’innamora di un contadino di Sao Miguel. La ragazza però è destinata a sposare il principe per volere del padre. La notte prima delle nozze, la ragazza saluta il suo amato per l’ultima volta. I due si stringono in un forte abbraccio versando un mare di lacrime. Le lacrime versate formeranno i due laghi: azzurro come gli occhi della giovane e verde come gli occhi del ragazzo. Saranno così vicini per sempre ma divisi dal ponte. C’è solo silenzio tutto intorno.
La bellezza della Caldeira si ammira dal belvedere Vista do Rei che raggiungiamo percorrendo una strada tra pascoli, cespugli di ortensie e boschi di cedri per scattare foto memorabili dal punto più famoso dell’isola. E’ il luogo che ci ha colpito di più: incantevole e romantico, scenario di un film epico, incantati davanti a questo scenario naturale. A bordo in un’auto abbiamo percorso le vie dei laghi fermandoci lungo le strade ad ammirare panorami mozzafiato. Durante il girovagare passiamo davanti al lago di Santiago incastonato nel verde, le cui acque sono color smeraldo. La sera ceniamo in un locale vicino al nostro residence con pesce grigliato a volontà.
Il giorno successivo ripartiamo diretti alla Vale das Furnas, lussureggiante giardino sul fondo di un grande cratere, dove scorrono impetuosi ruscelli di acqua … calda. Dall’alto si nota nella valle sottostante il paese di Furnas e qua e là comignoli di fumo come se il solito contadino bruciasse le erbacce, ma quando ci avviciniamo vediamo che sono fumarole.
Le strade alberate sono poco trafficate e l’ambiente è quasi fiabesco, anche se l’aria odora di zolfo. All’interno il magnifico Parque Terra Nostra, giardino ricco di vegetazione esotica mista ad altra tipica dei paesi freddi. In seguito raggiungiamo il Lagoa das Furnas, una caldeira ancora molto attiva con geyser, vapore e getti di fango bollente. Il vapore bollente delle Caldeiras ci ricorda l’origine vulcanica dell’isola. Poiché la sera il sito è chiuso, di giorno si paga al guardiano l’ingresso di Euro 0,50 a testa. L’acqua ribolle e sembra di stare all’inferno. Gli abitanti del luogo sfruttano questo calore naturale per cucinare le pietanze in appositi forni conficcati nel terreno. Noi, incuriositi, a pranzo ci fermiamo in un locale a Furnas e assaggiamo questo gustoso piatto tipico (cozido) veramente succulento e leggero preparato secondo un’antica ricetta tradizionale composta da carni miste e verdure. La cittadina di Furnas con le fumarole e le sorgenti termali rende la nostra passeggiata sempre più surreale. Sulla riva del lago è stato creato il Centro di monitoraggio e ricerca di Furnas con lo scopo di divulgare le attività ecologiche di Lagoa das Furnas. Una curiosità sono i personaggi fiabeschi e animali scolpiti nel legno e sparsi nel bosco (wood carving) quasi a proteggere la foresta.
Il 20 ottobre esploriamo in auto la costa sud. La strada ben tenuta non è trafficata, corre alta sulla costa a strapiombo, e ogni tanto incrociamo una deviazione che scende a picco verso il mare, dove ci sono villaggi nascosti. Viaggiamo sino a Vila Franca do Campo, l’antico capoluogo che sorge sul cratere di un antico vulcano. A circa un km dalla costa avvistiamo l’isolotto di Vila Franca, riserva naturale nata da ciò che resta del cratere di un antico vulcano sprofondato nell’oceano. Ha la forma circolare e all’interno nasconde una bellissima piscina naturale con acque cristalline e l’incantevole spiaggia di Vinha da Areia. A sud dell’isolotto si ergono due scogliere vulcaniche che offrono riparo ai numerosi uccelli marini. Poi ci fermiamo a Ribeira Grande, piccolo villaggio di pescatori con spiagge riparate e pescherecci tradizionali. Subito dopo è in programma una passeggiata a Lagoa do Fogo, un lago profondo al massimo 30 metri, dalle acque trasparenti, immerso in una vegetazione fitta. Facciamo la discesa in circa un’ora, con calma e scattando foto. In riva al lago il paesaggio va dal verde del bosco sullo sfondo, passando dal blu delle acque. Magnifico. Riserva dal 1974, il lago incastonato nel cratere si è formato dopo un’eruzione vulcanica. La strada serpeggia in salita attraverso la foresta e ogni tanto incontriamo i “mirador” (simbolo il cannocchiale), belvedere per ammirare il panorama da scorci inaspettati e stupendi. Si arriva in cima e si vedono i due versanti dell’oceano. Siamo esattamente al centro dell’isola. Da un lato l’oceano è calmo, mentre dall’altro le onde sono lunghe e tumultuose. Proseguiamo per la Caldeira Velha, una cascata di acqua calda ferruginosa che si trova a nord del lago Fogo. Paghiamo Euro 1,00 a testa ed entriamo in un giardino botanico composto da piante rare collezionate da un architetto famoso delle Azzorre, Antonio Borges. Dopo dieci minuti si arriva alla prima piscina di acqua calda. Le rocce sono rosse di ferro e qualcuno è già in acqua. Più avanti troviamo la piscina con la cascata alta una ventina di metri che si tuffa nell’acqua. I colori sono splendidi e sembra di essere su un set cinematografico. Ci cambiamo e ci immergiamo in un’acqua tiepida e calmante.
Nel pomeriggio andiamo a visitare le piantagioni di tè, Cha Gorreana, a Ribeira Grande, unica coltivazione in Europa introdotta nel 1820 da Jacinto Leite che portò i semi dal Brasile, dove era comandante delle Guardie Reali alla corte di Dom Joao VI. La leggenda narra che l’imperatore cinese Shen-Nung nel 2737 a.C. era solito bere acqua bollita credendo che fosse salutare. Un giorno nell’acqua caddero alcune foglie di tè che diedero un sapore aromatico alla bevanda. Fu l’inizio della storia del tè. In occidente arrivò soltanto nel XV secolo quando i missionari per primi portarono il tè in Europa. Furono gli olandesi e gli inglesi però che iniziarono su grande scala il commercio del tè in Europa durante il XVII secolo. La piantagione è un labirinto lineare dai toni che sfumano dal verde chiaro al verde più scuro. Ci spiegano che la tonalità del verde distingue il tipo di tè. La prima foglia di colore chiaro si chiama Orange Pekoe e regala un tè leggero e aromatico; la seconda foglia è la Pekoe che ha un sapore pieno; dalla terza foglia si ha un tè leggero, il Broken. Questi sono i tre tipi di tè neri, triturati e fermentati durante la produzione. Il tè verde, Hysson, invece, si ottiene dalla lavorazione a vapore. Li assaggiamo cercando di indovinare la qualità. E’ un tè assolutamente biologico perché non ci sono insetti nocivi.
La cena per chiudere il nostro soggiorno su quest’isola è presso una trattoria tipica con pesce misto e verdure, ananas locale come dessert, piccolo ma dolcissimo.
L’isola di Sao Miguel è un importante centro turistico per cultura, gli sport che si possono praticare e i piaceri della tavola con gli ananas dolci e profumati, gli antichi dolci (natas) creati nei conventi e il liquore di maracuja. E’ l’isola dove ci si rende più conto della sua origine vulcanica a causa dei geyser.
Il 21 ottobre con un volo interno di circa un’ora raggiungiamo l’isola di Flores, la più occidentale dell’arcipelago, di piccole dimensioni e quindi facile da visitare. La pista dell’aeroporto è molto corta e taglia in due il paese di Santa Cruz.
Soggiorniamo in un eco-resort sulla costa occidentale dell’isola vicino al villaggio di Faja Grande e siamo veramente nel punto più estremo d’Europa. Il nostro cottage è composto da due camere, la sala, la cucina abitabile e un grande bagno. E’ tutto nuovo e il proprietario ha costruito cinque cottages con veranda e giardino a disposizione. Ci spiega che nessuno qui chiude a chiave la porta di casa e nemmeno dell’auto perché i ladri non esistono. Il motto è: se anche rubi un’automobile, dove scappi su un’isola?
Faja Grande è un villaggio isolato e tranquillo, circondato da numerose cascate che finiscono in altrettante piscine, dove è possibile nuotare. Nelle vicinanze troviamo la Caldeira Seca, in parte asciutta come dice il nome, ma perfettamente tonda come il cratere che la ospita, e la Caldeira Negra, grande e nera come la pece con una cascata che si getta nelle sue acque profonde 100 metri.
Ceniamo in paese in un ristorante aperto soltanto il fine-settimana in questa stagione. Una specie di agriturismo familiare di una coppia locale che produce i suoi prodotti, carne e verdure, per sé e per gli ospiti. Assaggiamo la zuppa di fagioli neri, il polpo in umido e le alghe arrostite, tutte specialità della casa. Come dessert gustiamo un semifreddo al maracuja (frutto della passione) preparato dalla proprietaria del locale.
Il giorno seguente visitiamo i Sete Lagoas, sette gioielli azzurri incastonati nella Caldeira di Flores nella parte centrale dell’isola. Sono laghi situati in crateri vulcanici e il paesaggio creatosi è magnifico. Il lago Funda è profondo 100 metri e tutti hanno nomi dati secondo la loro caratteristica principale: Branca, Seca, Comprida, Rasa, Lomba e Funda das Lajes (bianco, secco, lungo, poco profondo, nero, profondo).
Tutto intorno il verde cosparso di ortensie, ormai in parte sfiorite, e una ventina di cascate che dall’alto delle scogliere si gettano mormorando nell’oceano. Ribeira Grande alta 300 metri e il Poco do Bacalhau 90 metri sono le più suggestive per un bagno nella natura selvaggia. L’orizzonte tra terra e oceano, il canto degli uccelli marini, provenienti sia dal continente europeo sia da quello americano e la ricca flora rendono questo angolo un paradiso in terra.
A sud dell’isola troviamo la Rocha dos Bordoes, giganteschi prismi di basalto a forma di grandi colonne verticali che assomigliano a un gigantesco organo a canne suonato da un gigante buono. Questa Roccia si è formata dallo shock termale durante la solidificazione della lava. Il Morro Alto è il punto più alto dell’isola con 914 metri e, quando il cielo è terso, offre la vista panoramica su laghi azzurri, valli verdi, villaggi bianchi e l’isola di Corvo in lontananza. La bellezza dell’isola invita a fare passeggiate interminabili in mezzo ai cespugli di ortensie che danno colore a tutto il paesaggio. Per cena ci consigliano un locale di pescatori, dove servono il pesce pescato fresco da loro in giornata. Oggi tonno, gamberoni e barracuda semplicemente grigliati e ottimi.
Il 23 ottobre visitiamo Santa Cruz das Flores e Lajes das Flores, pittoreschi villaggi abitati sin dal 1400, ricchi di chiese maestose, piazze centrali con piccole cappelle in miniatura o di legno dove sono esposte le insegne dello Spirito Santo, impérios (che ritroveremo anche su altre isole dell’arcipelago) e case in pietra di basalto. I musei interessanti sono: l’antico convento francescano Sao Boaventura del XVII secolo, la costruzione più vecchia di Santa Cruz, Pimentel de Mesquita, e la vecchia fabbrica delle balene, un grosso complesso industriale risalente al 1940. Decidiamo di visitare questo Museo per renderci conto di come avveniva la caccia alle balene. Un filmato descrive l’uscita in mare delle piccole barche con al massimo otto uomini a bordo armati di fiocina.
Costruita dal 1941 al 1944, si estende su due piani. All’esterno si notano gli antichi serbatoi per l’immagazzinamento dell’olio. All’interno delle quattro sale rettangolari imponenti su un’area di circa 1850 m2 ci sono ancora i macchinari della fabbrica perfettamente restaurati, utensili, caldaie ed essiccatoi per recuperare ogni parte dell’animale. Tutto delle povere balene veniva utilizzato o trasformato. Chiusa nel 1984 è diventata Museo Regionale nel 2006 a memoria delle future generazioni.
Anche qui su quest’isola ci sono piscine naturali intagliate nella costa frastagliata un po’ ovunque. Il percorso segnato consente di attraversare gli scogli neri e di arrivare al mare per nuotare protetti. Sostiamo per la cena in un ristorante sull’oceano tumultuoso. Si gustano calamari e tonno alla griglia con verdure miste. Il cameriere, un ragazzo giovane, ci racconta la storia della barca Papadiamandis che dona il nome al locale. Tanti anni fa questa barca partì da New Orleans diretta ad Amburgo carica di cereali. Sugli scogli di questa costa fecero naufragio, ma i trenta uomini a bordo si sono salvati e si sono fermati qui. La barca è ancora in fondo all’oceano.
La vacanza sull’isola di Flores, che deve il suo nome all’abbondanza di fiori in maggio/giugno, è stata attiva ma tranquilla, rigenerante e abbiamo ritrovato il rapporto intimo con la Natura. La piccola comunità di 4000 abitanti conserva tradizioni secolari rimaste intatte dall’isolamento di questa terra in pieno oceano. A Flores la natura è esuberante allo stato puro. Il suono magico delle cascate, che scendono dalla cima delle colline verso il mare, avvolge tutta l’isola. Quest’isola dal 2009 è Patrimonio Unesco come Riserva della Biosfera.
Il 24 ottobre partiamo per l’isola di Faial, che ci accoglie con le sue case bianche di Horta, città romantica e avventurosa, le colline verdeggianti e i pittoreschi mulini rossi a due piani. Il nostro hotel è in città, in una casa ristrutturata di recente, e sopra a una “pasteleria” (pasticceria) dove faremo colazione la mattina. Qui offrono dolci e panini e servono bevande calde e succhi di frutta.
Nel pomeriggio visitiamo Horta. Il porto si affaccia su una baia pittoresca ed è il punto di partenza delle imbarcazioni per l’osservazione dei grandi mammiferi marini che vengono a nutrirsi in queste acque. Il Monte da Guia è un cono vulcanico che offre una vista panoramica da una parte sulla baia di Porto Pim e dall’altra sulla città di Horta.
La marina di Horta nata nel 1986 è una delle più famose del mondo, centro di regate internazionali e i velisti superstiziosi dipingono un murale sui frangiflutti per ottenere la protezione divina per il loro viaggio. La conclusione è che la zona sembra un laboratorio artistico a cielo aperto.
Il Forte de Santa Cruz del XVI secolo ha difeso l’isola dai pirati e anche durante le lotte contro l’armata di Filippo II di Spagna. Oggi è stato trasformato in hotel (!). Dal belvedere Espalamaca possiamo ammirare le altre isole delle Azzorre centrali: Pico, Sao Jorge, stretta e lunga, e Graciosa. Ci fermiamo per la cena in una trattoria rustica che prepara piatti di pesce e carni locali. Dopo cena prendiamo il caffè nel celebre Café Peter aperto nel 1918, dove si radunano gli equipaggi di ogni parte del mondo per passare ore in compagnia e, prima di partire, lasciano sulle pareti a ricordo un disegno/foto che identifica la propria imbarcazione, trasformando questo luogo in qualcosa di originale. Conosciamo il figlio e il nipote di Peter che ci racconta come suo nonno ebbe l’idea di aprire questa tana per naviganti che col tempo si è trasformata in un locale famoso. Alcuni equipaggi italiani si sono fermati qui e contiamo bandierine e stemmi italiani.
Il giorno seguente andiamo alla scoperta di Faial. Il vulcano dos Capelinhos è una delle migliori testimonianze di eruzioni al mondo, iniziata a circa un miglio dalla costa nel settembre 1957 e durata tredici mesi. Quando finì, si era formata la penisola aggiungendo 2,5 km2 alla grandezza dell’isola stessa. Il vulcano svetta maestoso e non cresce alcun tipo di vegetazione. Entrare qui è come atterrare sulla superficie lunare. La visita al Centro di Interpretazione si conclude con la salita al faro per un’esperienza incomparabile. La Caldeira, al centro dell’isola, larga 2 km e 400 metri di profondità, nasconde un grande cratere color muschio, ma che dall’alba al tramonto assume diverse sfumature. E’ una riserva naturale con rare specie di flora endemica.
All’orizzonte la sagoma maestosa della montagna di Pico, l’isola accanto dove sorge il monte-vulcano più alto dell’arcipelago e del Portogallo di 2351 metri che sembra proteggere Faial. Sulle pedici del Pico si trovano vigneti fino a 100 metri di altitudine, protetti dai venti da un reticolo di muretti a secco eretto nei secoli pazientemente, tanto che nel 2004 il paesaggio dei vigneti è diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Verso la costa sud s’incontra la bella baia, Varadouro, sovrastata dalla collina di Castelo Branco di roccia scura, prati ed erica ovunque. Numerose piscine formate da rocce basaltiche e fonti di acqua calda completano il panorama. Oggi il cielo è terso, ci sono 24 gradi e ci fermiamo volentieri per un bagno nell’acqua tiepida. Bighelloniamo tutto il giorno per godere un po’ di relax.
La sera ceniamo a Horta in un ristorante sul porto Pim famoso per cucinare sulla piastra di pietra lavica pesce, carne e verdure. E’ situato in un vecchio magazzino a due piani restaurato e con grandi finestroni sul porto. Ci è talmente piaciuto che abbiamo prenotato anche per la sera successiva. Portano fette di pesce crudo o tipi di carne diversi, verdure miste e ogni commensale li cuoce come vuole sulla piastra bollente davanti a sé. Tre salse completano il gusto. Tutto innaffiato dal vino “lavico” di Pico. Poi ci concediamo un bicchiere di Porto nel Café Peter, dove c’è sempre musica vivace e punto d’incontro per gente da tutto il mondo.
Il giorno successivo, seguendo la strada che contorna l’isola verso nord, passiamo da diverse località come Praia do Almoxarife, Pedro Miguel, e Praia do Norte, dove si trova il belvedere di Costa Brava a 320 metri di altitudine, dal quale si gode una bella vista. Colpisce il contrasto tra i terreni di lava scura e la vegetazione lussureggiante dalle tante tonalità di verde. Le vecchie case sono costruite con blocchi di lava ornate di vasi di fiori. Muretti a secco eretti nei secoli pazientemente dall’uomo oggi servono come recinti, dove pascolano le mucche che sono numerose in tutto l’arcipelago.
L’isola di Faial ha un forte carattere cosmopolita a causa della sua vocazione per gli sport acquatici, pesca sportiva, subacquea e regate di vela. Allegria e ore conviviali al bar, dove si riuniscono gli sportivi provenienti da tutto il mondo, sono le caratteristiche di Faial.
L’isola di Pico con i suoi vigneti che producono un ottimo vino “Verdelho” nato dalla lava, i vasti panorami mozzafiato, i villaggi sul mare, le barche da pesca che dondolano dolcemente sull’oceano è un’isola-montagna da esplorare.
Il 27 ottobre ripartiamo alla volta di Terceira, la seconda isola per importanza dell’arcipelago, che incanta con le sue case bianche incorniciate dal reticolato di campi verdi pianeggianti punteggiati dalle sagome bianche delle mucche. 90 km di costa fanno sembrare l’isola più grande di quello che è realmente. Questa volta abbiamo un’intera casa a disposizione con due ampie camere da letto, il salotto, la grande cucina e il bagno spazioso. La terrazza, un bel giardino e il parcheggio completano l’alloggio. La padrona di casa, Luisa, ci spiega i migliori posti da visitare e i ristoranti dove mangiare bene. Nel pomeriggio passeggiamo nel paesino di pescatori di Sao Miguel, dove ceniamo in una trattoria direttamente sul porto, specializzata in pesce pescato fresco (pescado).
Il giorno seguente visitiamo il suggestivo centro storico di Angra do Heroismo, dichiarato nel 1983 Patrimonio mondiale dell’UNESCO, primo esempio di città europea del XVI secolo fondata sull’Oceano Atlantico. E’ forte il contrasto fra la bellezza naturale dell’isola e l’ammirevole opera dell’uomo in questa cittadina. Il motto della città la dice lunga: “Nobilissima, Leale e sempre Costante”. Ci immergiamo in vie e vicoli stretti che si arrampicano e scendono a picco verso l’oceano. Sulla via principale, rua Diretia, si affacciano case eleganti con belle facciate dai profili colorati in contrasto intorno a porte e finestre, e ringhiere di ferro battuto, decorate da “azulejos” (piastrelle nei toni del blu/azzurro). La cattedrale Sé è considerata la più grande dell’arcipelago, la cui costruzione iniziò nel 1570 sulle rovine della chiesa gotica del santo Salvatore e terminata 42 anni più tardi. All’interno i lampadari in argento sull’altare sono stati creati da artigiani locali nel XVIII secolo. Dopo tanto girovagare arriviamo alle possenti mura della fortezza di Sao Sebastiao, noto come Castelinho, costruito nel 1580 che rappresentò una nuova concezione di protezione a difesa della città e del porto dagli attacchi dei pirati. E’ a Terceira che anticamente attraccavano i galeoni carichi di merce preziosa provenienti da Oriente e dal continente americano. Sull’oceano spicca il Monte Brasil, un vulcano estinto di tre km2 circondato dalle mura del forte Sao Batista lunghe 4 km. Oggi la grande caserma è occupata dalle forze armate portoghesi.
Nel pomeriggio andiamo a Praia da Vitoria, per visitare il suo centro storico, la chiesa gotica di Sao Sebastiao eretta dai primi abitanti, le case nobiliari, le cappelle di Sao Carlos, Lajes, Sao Bras e gli “impérios”, cappelle dedicate al culto dello Spirito Santo che sono i capolavori creati dalla popolazione in tutte queste isole. Sono piccole e colorate cappelle che da aprile a settembre sono al centro di processioni e festeggiamenti che risalgono al Medio Evo. All’interno c’è l’altare coperto di seta bianca con simboli di culto come una corona e uno scettro d’argento. Ci facciamo raccontare come si svolgono queste feste dalla nostra padrona di casa molto gentile, Luisa. Si elegge l’imperatore della festa e i banchetti sono a base di carne alla griglia e “sovada”, dolce fatto di latte, uova e zucchero. Balli popolari si mischiano alle processioni e completano la festa.
Questa città ha anche una bellissima e lunga passeggiata sul mare che costeggia l’ampia spiaggia dove fare il bagno in acque sempre tiepide. Dalla Serra do Cume si può godere la vista sulla baia di Praia da Vitoria e la pianura interna dell’isola suddivisa da muretti di pietre vulcaniche note come “patchwork”. Rientrando verso casa passiamo da Porto Judeu sulla costa sud e di fronte notiamo l’Ilhéu das Cabras, due isolette che si sono formate dall’ennesima eruzione vulcanica e che all’interno hanno una pittoresca baia percorribile in barca. La cena andiamo nel nostro ristorante preferito a Sao Miguel che offre pesce fresco cotto in tanti modi e dove prenotiamo anche per la sera successiva.
Il 29 ottobre riprendiamo il giro dell’isola lungo la strada litorale sino ad Agualva, con il fiume e i mulini, il paesino di Biscoitos e la sua famosa zona balneare con piscine naturali di Ponta do Queimado, dove facciamo un bagno in acqua, non fredda. Più tardi arriviamo al punto più alto dell’isola, la Serra de Santa Barbara (1021 m) dal quale si ammira una veduta spettacolare sulla costa meridionale e sulla Caldeira de Santa Barbara, oggi Riserva Forestale Naturale. Nell’entroterra troviamo la Caldeira Guilhelmo Moniz con un perimetro di 15 km, considerato il più grande cratere dell’arcipelago.
All’interno le grotte Algar do Carvao profonde circa 100 metri ricche di stalattiti e stalagmiti che risalgono a oltre 3000 anni fa e ci portano in un mondo di fiabe e di mistero come se nascondessero qualcosa di prezioso e ci danno la particolare suggestione di vivere fuori dal tempo. Infine arriviamo a Furnas do Enxofre, dove hanno organizzato un percorso di passerelle di legno per passeggiare intorno alle fumarole che qui hanno il loro massimo sfogo. I colori vanno dal giallo al rosso, l’odore di zolfo è penetrante e tra le rocce la terra fuma. Lo spettacolo è davvero affascinante. Si ha la sensazione che la montagna potrebbe esplodere in qualsiasi momento.
L’isola di Terceira con la natura incontaminata, l’atmosfera rilassata, i vivaci colori delle case, le stradine strette, i verdi pascoli, i campi fioriti tra oceano e cielo sono le caratteristiche principali di quest’isola, dove il presente si unisce al passato.
Il 30 ottobre rientriamo a Ponta Delgada per il volo su Lisbona e quindi a Milano.
Le isole Azzorre sono un autentico Paradiso per chi ama la natura selvaggia: con i suoi laghi azzurri incastonati nel verde, le sue alte montagne che si affacciano sull’oceano e i crateri (caldeira) profondi e lussureggianti di antichi vulcani. Il silenzio è assordante e insolito, quasi una melodia, e lascia nel viaggiatore un piacevole ricordo.
Occorre spiegare il clima di queste isole. E’ molto particolare. I nuvoloni si rincorrono a veloci, ma quando credi che il sole non splenderà mai, ecco che dopo dieci minuti torna il sereno e il sole scotta. E’ quindi molto variabile e rende piacevole stare al mare anche a chi non ama il grande caldo. E’ sufficiente munirsi di un leggero key-way per proteggersi. La sera comunque la temperatura scende soltanto di pochi gradi.
La cucina delle isole Azzorre è semplice, genuina e molto invitante. Si basa su materie prime di alto livello, che abbondano nell’arcipelago, a base di carne bovina e tanto pesce cucinati in umido o alla griglia, qualche formaggio, dolci (natas) e frutta come l’ananas. La coltivazione della vite sulle pendici di montagne e colline fu introdotta dai francescani e oggi è possibile gustare vino rosso e bianco. Colpisce la qualità e la gamma di pesce e frutti di mare di queste isole. Noi abbiamo assaggiato la caldeirada de peixe (zuppa di pesce), il cozido caldeiras das Furnas, una carne stufata con verdure cotte nelle sorgenti calde e sulfuree di Furnas che prende un aroma caratteristico e molto leggero perché senza grassi aggiunti.
Noi abbiamo visitato quattro delle nove isole delle Azzorre che sono diverse tra loro in quanto a fascino. Tutte però hanno in comune la vegetazione rigogliosa, i fenomeni vulcanici che hanno creato sul fondo dei crateri meravigliosi laghi, grotte misteriose e caverne, i materiali lavici e il vapore delle fumarole. Le isole Azzorre hanno ricevuto il Premio Europeo Turismo e Ambiente con la motivazione della preservazione degli ecosistemi dell’arcipelago. Riserve naturali, aree protette, parchi e aree forestali sono distribuiti in ogni isola e sembrano paesaggi dipinti a mano.
Numerose sfumature di verde e di azzurro sono i colori che contraddistinguono i paesaggi delle Azzorre. L’immagine che resta negli occhi è la natura predominante, i grandi spazi, la gente cordiale e discreta, i ritmi lenti e la sensazione di libertà e indipendenza lontani dal nostro mondo caotico. I tramonti sono particolarmente spettacolari e romantici, dipinti da colori caldi e intensi che soltanto le fotografie sono in grado di raccontare. Questo viaggio ci ha immerso in una realtà fatta di persone e sapori che ci hanno donato sensazioni uniche. Senza la forza dei vulcani queste isole non esisterebbero. I vulcani hanno costruito questi monumenti per l’eternità. L’isolamento le ha rese originali e ogni isola è una fonte di sorpresa.
Inoltre le persone che abbiamo incontrano in queste isole sono state molto gentili e disposte ad accompagnarci quando non trovavamo la strada. I cartelli per le verità sono ancora scarsi e ci si perde facilmente. Le strade di comunicazione sono ovunque ben tenute e anche i siti nei Parchi sono raggiungibili su strade asfaltate, ma più strette. Il secondo giorno della nostra vacanza, girovagando per Sao Roque, un piccolo borgo sul mare alle porte di Ponta Delgada, notiamo un imponente portone di legno che io prontamente fotografo e non mi accorgo che al primo piano una signora anziana, capelli bianchi corti, piccola di statura, che stava sul balcone di casa mi ha notato. Mi chiama e scende ad aprirmi il portone antico del 1739 e ci fa entrare in un grande giardino incantato.
Mi ha ringraziato della fotografia e ci ha invitato a vedere l’intera casa. Purtroppo parlava soltanto un portoghese stretto e veloce, incomprensibile, ma ci siamo capiti a gesti. Un antico frantoio per l’olio troneggiava al centro del grazioso giardino, un albero di frutti verdi sconosciuti aveva rami carichi fino a terra, dietro si apriva un grande prato con le galline che si rincorrevano e a pianoterra c’era il magazzino per la conservazione dell’olio. Vedova con due figli abitava al 1° piano da sola. Aveva una gran voglia di raccontare e peccato che noi non potevamo conversare bene con lei. E’ stato un incontro surreale, d’altri tempi.
Molto mare e poca terra. Azzurro e verde a perdita d’occhio. Muri di ortensie sul ciglio di ogni strada, erica, azalee, felci, platani e cedri diritti e altissimi a formare foreste primordiali.
Obligada Islas Azores (Grazie Isole Azzorre della meravigliosa vacanza!)