Ai piedi del Monte Bianco

Era il 7 agosto del 1786 quando il medico Michel Gabriel Paccard e il cercatore di cristalli Jacques Balmat, due cittadini di Chamonix, raggiunsero, alle 18:23, la cima del Monte Bianco. I due vi rimasero per circa mezz’ora, il tempo necessario a Paccard per compiere le sue osservazioni scientifiche. I tentativi di conquista della montagna, che...
Scritto da: Daniela Palano
ai piedi del monte bianco
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Era il 7 agosto del 1786 quando il medico Michel Gabriel Paccard e il cercatore di cristalli Jacques Balmat, due cittadini di Chamonix, raggiunsero, alle 18:23, la cima del Monte Bianco. I due vi rimasero per circa mezz’ora, il tempo necessario a Paccard per compiere le sue osservazioni scientifiche. I tentativi di conquista della montagna, che con i suoi 4807 metri sul livello del mare costituisce la cima più alta d’Europa, si erano susseguiti già negli anni precedenti, ma con scarsi risultati. Gli abitanti delle valli guardavano con indifferenza questi monti spaventosi, tanto da soprannominare il Monte Bianco, allora conosciuto come Mont Mallet, “taupinière blanche”, letteralmente “bianco monticello di terra prodotto dagli scavi della talpa”. Ma il 1786 rappresenta la svolta; nel giugno di quello stesso anno, infatti, Balmat nel tentativo di aprirsi una via alla vetta si perde nella nebbia e pernotta in un bivacco in quota, rientrando a Chamonix il mattino successivo tra lo stupore di tutti, in quanto non si credeva possibile sopravvivere a quelle altezze. L’avventura gli procurò, tuttavia, segni d’assideramento che l’obbligarono a rivolgersi al medico del paese, Paccard appunto. Fu il loro primo incontro (anche se le versioni sui fatti accaduti sono talvolta un po’ differenti). Il Monte Bianco ricorreva anche tra i sogni di un giovane botanico ginevrino, Horace Bénédict de Saussure, che da tempo ammirava la vetta innevata dalla terrazza della sua casa. Egli era un buon camminatore, ma non altrettanto un buon alpinista a causa della sua stazza! Aveva promesso un’ottima ricompensa a chi l’avrebbe condotto sulla cima del Monte Bianco. Il suo sogno si realizzò un anno più tardi, nel 1787 e fu proprio Balmat a condurlo in vetta, insieme ad altre 18 guide. I due sono raffigurati in un bel monumento di bronzo, collocato sul Pont de Cour, a Chamonix, nel quale Balmat punta il dito verso il Monte Bianco per mostrarlo a De Saussure. A quest’ultimo è dedicato un giardino botanico, il “Giardino Alpino de Saussurea”, sul versante italiano, a Pavillon du Mont Fréty, stazione intermedia della funivia che da La Palud (Courmayeur) porta al Rifugio Torino (Colle del Gigante – 3500 metri di altezza), a 2175 metri di quota (il più alto d’Europa). Come per Paccard e Balmat, Chamonix sarà anche la nostra base di partenza, non certo per ripetere l’ardita impresa che segnò la storia dell’alpinismo, ma per andare alla scoperta delle bellezze naturalistiche e storico-architettoniche della valle.

Chamonix si raggiunge comodamente percorrendo gli 11,6 km del traforo, che la collega alla sua “gemella” Courmayeur e che attraversa il ventre del Monte Bianco (38.10 euro andata e ritorno, con scadenza alle ore 24 del settimo giorno dalla data di emissione). All’epoca di questo viaggio il traforo era chiuso per i lavori resi necessari dopo il tragico incidente del 24 marzo1999. L’itinerario deve subire, quindi, una variante che conduce a Chamonix passando dal territorio elvetico. Giunti in Valle d’Aosta, all’altezza dell’uscita “Aosta” dell’autostrada, si imbocca la valle del Gran San Bernardo che conduce all’omonimo traforo (circa 5,8 km, 35.6 euro andata e ritorno con validità un mese). Per i più avventurosi è possibile svalicare attraverso il Colle, a 2473 metri di quota, godendosi così l’ebbrezza dei numerosi tornanti e la bellezza selvaggia di questo angolo di montagna. Frequentato già ai tempi dei Celti e dei Romani, il Colle del Gran San Bernardo ha rappresentato per secoli una delle principali via di comunicazione tra il Nord e il Sud Europa. Migliaia di pellegrini e viandanti hanno sfidato le intemperie e i rigori del clima ostile, trovando rifugio nell’antico Ospizio che ancora oggi domina il paesaggio del colle. Superato il confine e voltandosi ad ammirare la mole imponente del Grand Combin (4314 metri) si giunge a Martigny, che merita almeno una sosta per il pranzo. Arroccato sulla nuda roccia il castello di La Bâtiaz, datato metà del XIII secolo, offre una vista magnifica sulla piana e sulla città (aperto al pubblico da metà luglio a metà agosto). Ai suoi piedi si trova il vecchio ponte di legno coperto di La Bâtiaz che scavalca la Dranse dal diciannovesimo secolo. Il centro è molto grazioso e si respira un’atmosfera molto tranquilla pur essendo in piena estate! Martigny offre anche interessanti itinerari archeologici (Anfiteatro romano, Mithraeum, Tempio Gallo-romano), nonché varie fondazioni culturali, che purtroppo non abbiamo avuto il tempo di scoprire.

Uscendo dal paese si segue la strada che si innalza verso il Col de la Forclaz, a 1527 metri s.L.M., inoltrandosi sempre più in un ambiente d’alta montagna molto suggestivo. Ai nostri occhi appare infatti il ghiacciaio del Trient, piccolo assaggio dello spettacolo naturale che ci accompagnerà nei giorni a venire. Poco dopo Trient si oltrepassa il confine e si entra in Francia. Nei pressi di Vallorcine si incontra la Réserve naturelle des Aiguilles-rouges, che si estende tra i 1200 e i 2995 metri d’altezza e che permette di fare la conoscenza delle numerose specie di animali e di piante di montagna. Si continua a perder quota fino a superare il Col des Montets (1471 metri), che segna l’inizio della valle di Chamonix e dove si trova uno chalet che mostra, attraverso diaporami e guide audiovisive, la geologia, la flora e la fauna della valle.

Di origine glaciale e percorsa dall’Arve, principale corso d’acqua dell’Alta Savoia, la valle di Chamonix, che si estende per una ventina di chilometri, è dominata dal massiccio del Monte Bianco a sud e dal massiccio dell’Aiguilles Rouges a nord. Il paese offre una vasta scelta di alberghi e sistemazioni per alloggiare, ma una soluzione piuttosto economica è l’Ostello della Gioventù; l’Auberge de Jeunesse si trova in Montée J. Balmat n.127 (www.Aj-chamonix.Fr), un po’ fuori dal centro, in una posizione davvero fantastica; basta alzare lo sguardo per veder incombere sulla propria testa il ghiacciaio di Bossons, uno dei più tormentati da candidi e affilati seracchi. Le camere sono semplici e pulite, ma non si può certo parlar bene del cibo, piuttosto scarso. Noi abbiamo optato per la mezza pensione e dopo la prima cena a base di pasta in bianco e pollo lesso abbiamo deciso di farci dare il sacco-pranzo per le escursioni, sempre molto ricco, e di cenare nei numerosi ristorantini in paese. Frequentata da una moltitudine di turisti e alpinisti, un po’di tutti i generi, la mondana Chamonix è una cittadina molto graziosa, che non vanta certo importanti opere artistiche e architettoniche, ma che gode di un panorama la cui bellezza e maestosità appaga ad ogni volger dello sguardo.

Cuore della città vecchia è Avenue de l’Eglise che conduce alla chiesa e alla Maison de la Montagne, celebre sede della “Compagnia delle Guide di Chamonix”, fondata nel lontano 1821. Le case hanno il tipico aspetto di costruzioni alpine, mentre nelle vie si aprono numerosi bar e ristoranti, che offrono le specialità della cucina savoiarda: fondue savoyard, raclette e tartiflette a base di formaggio, per ricordarne solo alcune molto sfiziose! Enorme intrusione granitica formatasi 300 milioni di anni fa, il Massiccio del Monte Bianco è coperto per la maggior parte della sua superficie da ghiacciai, tanto sul versante italiano (tra i più famosi il Ghiacciaio della Brenva, che si spinge fino a lambire l’ingresso del traforo e il Ghiacciaio del Miage, che origina un bellissimo laghetto proglaciale, interposto cioè tra il fronte del ghiacciaio e la morena, in questo caso, laterale), quanto più su quello francese, esposto a nord. Oltre al già citato Ghiacciaio del Bossons, che si poteva scorgere dalla finestra della nostra camera, molto affascinanti sono anche il Ghiacciaio della Mer de Glace e il Ghiacciaio dell’Argentière. Il nostro primo giorno di vacanza lo dedichiamo proprio alla Mer de Glace. Con una superficie di 40 km2, una lunghezza di 14 km e un salto di 2500 metri di dislivello (si origina a 3900 metri d’altitudine e scende fino a 1400 metri), la Mer de Glace rappresenta il ghiacciaio più esteso di Francia. In realtà la lingua terminale della Mer de Glace è l’unione di altri tre ghiacciai che qui confluiscono: il ghiacciaio di Leschaux, dominato dalle Grandes Jorasse, il ghiacciaio di Tacul (che riunisce la Vallée Blanche e il ghiacciaio del Gigante) e il ghiacciaio di Talèfre. La Mer de Glace è comodamente raggiungibile da Chamonix grazie alla Ferrovia di Montenvers. La stazione di partenza si trova, guarda caso, in Place de la Mer de Glace, prossima alla stazione ferroviaria del paese (Il treno di Montenvers è aperto tutto l’anno, ad eccezione che dal 15 novembre al 15 dicembre; la tariffa per una corsa andata e ritorno per un adulto è di 16.00 + 3.00 euro; per informazioni e prenotazioni: tel.04-50531254). Questo grazioso trenino a cremagliera di colore rosso percorre poco più di 5 km in 20 minuti, superando un dislivello di 871 metri (parte dai 1042 metri del paese per arrivare ai 1913 metri della stazione sommitale), con pendenze che variano dall’11 al 22% (degno delle più ardite ferrovie elvetiche!). Il percorso è molto suggestivo perché man mano che si sale si apre un ampio panorama aereo sulla valle ed emozionante perché si percorre un viadotto di 152 metri d’altezza. La ferrovia di Montenvers fu la prima costruzione della valle realizzata a scopo turistico e venne inaugurata nel 1908. All’arrivo alla stazione di Montenvers troverete un caffè-ristorante dove rifocillarsi. Troverete anche un grazioso museo alpino che ospita un’esposizione di magnifici minerali, di proporzioni inimmaginabili, ritrovati in zona, soprattutto quarzi fumè e fluoriti. Impressionanti le fotografie che ritraggono il lavoro di questi cercatori di cristalli, chiamati “cristallier”; veri e propri alpinisti appesi con una corda alle pareti strapiombanti, che cercano questi piccoli gioielli nelle fratture della nuda roccia. Ma soprattutto rimarrete ammaliati dallo spettacolo che si apre al vostro sguardo, che può spaziare tra le cime più prestigiose del gruppo: le Drus (3754 m) di fronte, l’Aiguille du Grépon (3482 m) alle nostre spalle e l’Aiguille du Tacul (3444 m) in fondo.

La Mer de Glace è un caratteristico ghiacciaio ad ogive, ossia la sua superficie è un alternarsi di strisce a semicerchi bianche e nere, quasi a formare tante increspature o tante onde su un mare di ghiaccio (Mer de Glace).

L’accesso al ghiacciaio avviene tramite una scaletta di ferro che consente di superare un salto roccioso di circa 10 metri e che dà l’idea, insieme all’imponente morena laterale che si ha di fronte, sull’altro lato del ghiacciaio, di quanto lo spessore di questo sia diminuito a causa del ritiro avvenuto nel corso degli anni. Ai piedi della scaletta tanti erano gli alpinisti che, calzando i ramponi, si preparavano ad affrontare il ghiacciaio. Dalla nostra “terrazza” potevamo comodamente ammirare e stupirci dei numerosi crepacci che animano la superficie del ghiacciaio e del sentiero, striscia bianca sottile come un filo di lana, che passa accanto a lambire queste voragini. Solo quando qualcuno vi cammina si possono percepire le reali ed impressionanti proporzioni.

Un’esperienza molto suggestiva, per chi non vuole arrischiarsi a percorrere la lingua glaciale, ma che vuole comunque vivere un incontro ravvicinato con un ghiacciaio, è la visita alla grotta di ghiaccio, intagliata ogni anno nel ghiacciaio stesso già a partire dal 1946. E’da ricordare che i ghiacciai sono entità in continuo mutamento e avanzano incessantemente verso valle. La Mer de Glace “guadagna” circa 90 metri l’anno. La grotta si può raggiungere facilmente grazie ad una telecabina oppure per sentiero. L’entrata è preceduta da una passerella ricoperta da un improbabile tappeto rosso fradicio d’acqua. Si penetra così nel cuore di questo gigante, si rimane avvolti in un azzurro intenso e irreale, si vedono le mille bolle d’aria che rimangono intrappolate durante la formazione del ghiaccio, si sente il fluire dell’acqua di fusione sopra e dentro, dando proprio la percezione di essere all’interno di qualcosa che sta cambiando il proprio aspetto proprio in quell’istante. Sul fondo della grotta sono collocati dei manichini in abiti tradizionali valligiani, che a mio parere stonano un po’ con l’incanto puro di quel luogo.

Ridiscesi a valle ed avendo ancora tutto il pomeriggio a disposizione, decidiamo di andare a visitare le Gorges de la Diosaz, per goderci una passeggiata rilassante. Situate vicino a Servoz, le Gorges de la Diosaz sono raggiungibili da Chamonix percorrendo la strada N205, quindi a destra la D13, in prossimità di Le Lac. La visita a questo sito naturale protetto è libera (le gole sono aperte tutti i giorni dal 1 giugno al 30 settembre dalle 8 alle 19:30; Tariffe: adulti 4.50 euro, bambini 3,00 euro; tel : 04-50472113) e ha una durata di circa un’ora, un’ora e mezza. Il sentiero si snoda per circa 1,5 km, inizialmente inoltrandosi in un incantevole e verdeggiante sottobosco, per poi arrivare sulle rive della Diosaz. Quest’impetuoso torrente di montagna, che ha le sue sorgenti alle pendici del Mont Buet (3099 m), nel corso degli anni si è aperto uno stretto passaggio attraverso la montagna. Man mano che si risale il torrente, il sentiero si fa sempre più spettacolare: passaggi intagliati nelle falesie rocciose e passerelle sospese, in legno o di ferro, permettono di raggiungere via-via le sette cascate che la Diosaz forma lungo il suo cammino. Da prima si incontra la “Cascade des Danses”, quindi, superato il Pont Achillon-Cazin si giunge alla tumultuosa “cascade de Barme-Rousse”. Dal Pont du Soufflet si possono poi ammirare i tre salti della “Cascade de l’Aigle”. L’ultima, incassata là dove le gole si fanno più strette e inaccessibili, è la “Cascade du Soufflet”. Lungo il sentiero è possibile trovare delle panchine, collocate nei punti più suggestivi, che consentono così di poter godere con più calma questo luogo magico, piuttosto frequentato.

Il giorno successivo, godendo ancora di un cielo azzurro e terso, andiamo al Ghiacciaio dell’Argentière, che si fa intravedere già da fondovalle, alle spalle della cupola rossa a cipolla della chiesa dell’omonimo paese. Noi prendiamo il primo troncone della funivia del Grands Montets, che si ferma ai circa 1974 metri di Lognan (Orario: 7:15-16:30; Tariffa andata-ritorno: 11.50 euro).

Da qui iniziamo a percorrere il facile sentiero che avvicina al ghiacciaio. La prima sosta, obbligata, è a pochi metri più in su, nei pressi della grande seraccata dell’Argentière; una cascata di ghiaccio che forma enormi blocchi, sottili pinnacoli e forme effimere. Se si ha il tempo di ascoltare e osservare, il ghiacciaio mostra la sua grande vitalità: un sassolino che cade, scricchiolii, blocchi di ghiaccio che si frantumano senza che mano li abbia toccati. Sono tutti segni che il ghiacciaio, in quel momento, si sta muovendo, piano ma inesorabile. Si prosegue lungo il sentiero per superare i circa 300 metri che mancano per giungere alla lunga distesa della lingua glaciale. Sulla nostra testa incombono le moli impressionanti della Petite Anguille Verte (3508 m), mentre di fronte si staglia l’Aiguille d’Argentière (3640 m). A chiudere questo immenso panorama, fino al termine degli11 Km del ghiacciaio, la verticale parete del Mont Dolent (3820 m), che segna il punto in cui si congiungono tre frontiere, quelle italiana, francese e svizzera.

Ci allontaniamo un po’di più da Chamonix, ma non così tanto dalle montagne e arriviamo ad Annecy, percorrendo la solita N205 che permette di arrivare all’autostrada A40, per poi prendere l’A41 in prossimità di Sallanche, fino all’uscita 17; seguire quindi la D14, poi la N1201. Soprannominata la “Venezia savoiarda”, Annecy sorge sulle sponde dell’omonimo lago, circondata dalle più belle montagne dell’Alta Savoia e attraversata dal Thiou, che forma pittoreschi canali e che in passato ha giocato un ruolo importante per la città, prima difensivo, poi di produzione di energia. Annecy ci è sembrata molto vivace, forse per le calde tonalità con cui sono dipinti i palazzi nella città vecchia, forse perché quando siamo arrivati le sue vie erano animate da un affollato mercato, dove abbiamo potuto acquistare tante delizie per il pranzo. La città vecchia si sviluppa attorno al Palais de l’Isle, edificio a forma di prua di una nave, che sorge su un’isoletta naturale e che nel corso dei secoli è stato prigione, palazzo di giustizia e zecca. Oggigiorno ospita il Museo di Storia d’Annecy. Rue Ste-Claire rappresenta la via principale della città vecchia, sulla quale si affacciano numerose costruzioni di pregio. Attraversato il Thiou e percorrendo la rue de la Republique si giunge ad un’altra strada piuttosto famosa, la rue J. J. Rousseau, che fiancheggia il Palazzo Episcopale e la Cattedrale St. Pierre. Il Castello d’Annecy domina la città vecchia. Fortezza robusta e massiccia, restaurata dopo gli anni 50, è caratterizzata da mura possenti e torri, tra le quali la Tuor de la Reine, che risale al XII secolo e la Tour Perrière . Al centro del cortile si eleva il Logis Neuf, del XVI secolo. Il castello è oggi sede di un museo d’archeologia e di una galleria d’esposizione d’arte contemporanea. Per godere del caldo pomeriggio abbiamo, infine, fatto una passeggiata sul lungo lago, attraversando Les Jardins de l’Europe, arrivando e superando il Pont des Amours. Si respirava un’atmosfera frizzante di vita quotidiana.

Lungo la strada che costeggia la riva est del lago di Annecy, a circa 9 km dalla città, si incontra il castello di Menthon-Saint-Bernard, impressionante struttura del XIII secolo, a strapiombo sul lago d’Annecy, ornata da torrette, che ricorda un po’i castelli delle favole. La biglietteria era già chiusa quando arriviamo; peccato, sicuramente sarebbe stata una visita interessante.

Nei pressi di Annecy, più precisamente a Lovagny, da lì raggiungibile percorrendo la N201 per circa 4 km, quindi a sinistra la D16 per un breve tratto e infine la D116 (“Route des Gorges du Fier”) è possibile visitare un sito naturale di grandiosa bellezza, le Gorges du Fier (aperte tutti i giorni dal 15 marzo al 15 ottobre, dalle 9:15 alle 18; Tariffe: adulti 4.50 euro, bambini 2.60 euro; la biglietteria chiude 40 minuti prima dell’orario di chiusura del sito; tél:04-50462307 E-mail : gorgesdufier@wanadoo.Fr). Aperte nel 1869 e rese accessibili al pubblico grazie a una passerella sospesa a più di 27 metri sopra il torrente, le Gorges du Fier sono lunghe 300 metri, profonde 70 e sono divenute sito classificato nel 1943. La Fier nasce a 2019 metri d’altitudine, ai piedi del Mont Charvin e coprendo un dislivello di 1760 metri termina la sua corsa gettandosi nel Rodano. In questo suo lungo viaggio, a circa 10 km dalla città di Annecy, ha dato vita ad un’enorme spaccatura nella roccia; lungo il percorso di visita, inoltre, è possibile ammirare anche numerose marmitte dei giganti, profonde depressioni a forma di scodella, che la forza e l’impeto dell’acqua hanno scavato nel corso dei millenni. Ma la vera sorpresa arriva all’uscita delle gole, quando la Fier distende il suo corso formando un autentico labirinto di rocce biancastre, un vasto lapiaz chiamato “Mer des Rochers”. Lo spettacolo è molto suggestivo perché l’acqua ha saputo modellare, come in un pezzo di morbida creta, forme sinuose e tondeggianti. Dalle rocce una moltitudine di persone si tuffavano negli spazi tra una roccia e l’altra, nell’acqua verde del fiume. Al termine del percorso è possibile, infine, vedere delle fotografie che mostrano le grandi piene del 1910, 1960, 1990, 2002 e 2004. Durante le piene la portata della Fier può raggiungere i 300-500 m3/s; il passaggio tra le pareti rocciose è così stretto che in caso di forti piogge, l’acqua può montare di 26 metri in poche ore. Il giorno di Ferragosto, persa l’opportunità di salire sul tramway di Bionnassay, che parte da Saint-Gervais-les-bains e giunge fino ai 2372 metri del Nid d’Aigle, balcone panoramico sul Ghiacciaio di Bionassay, decidiamo di andare al Désert de Platé, del quale siamo venuti a conoscenza solo attraverso la Guide Verte della Michelin “Alpes du Nord: Savoie Dauphiné”.

Situato tra la valle di Sallanches e quella di Chamonix, da qui raggiungibile uscendo dal paese attraverso la solita la strada N205, quindi in prossimità di le Fayet si imbocca l’autostrada A40 fino all’uscita 19. Poi si segue sempre l’indicazione “Flaine” finchè si arriva al paese, caratterizzato da costruzioni alquanto moderne. Il Désert de Platé è collegato al paese grazie alla funivia del Grandes Platieres o per sentiero GR 96. Nei circa 800 metri di dislivello che la funivia copre in circa 15 minuti, è possibile ammirare dall’alto un paesaggio lunare, aspro e privo di vegetazione. L’arrivo della funivia, a circa 2400 metri d’altezza, è collegato con un rifugio, che sul lato opposto si apre sul Désert de Platé. Questa estesa piattaforma calcarea è un’autentica rarità geologica. Formatasi centinaia di milioni d’anni fa, costituisce il fondo di un oceano da tempo scomparso. La superficie rocciosa, di un grigio chiaro uniforme, è completamente fessurata, più o meno superficialmente, a formare tanti blocchi squadrati, chiamati Lapiaz (dal latino lapis o lapidis: pietra). Alcune misurano qualche centimetro, altre alcuni metri; in alcuni casi è possibile trovarsi di fronte a buchi molto grossi e profondi, talvolta ancora pieni di neve anche in estate. Il Désert de Platé è una manifestazione particolare di un fenomeno più ampio chiamato carsismo, quello per intenderci che dà origine alle grotte con stalattiti e stalagmiti. Ad accomunare questi due luoghi molto diversi tra loro vi è l’azione dell’acqua di ruscellamento, ricca di CO2, che nel corso degli anni discioglie il carbonato di calcio di cui le rocce calcaree sono formate, incidendo e scavando lentamente la superficie. Il risultato, nel Désert de Platé, è quest’immenso labirinto che costituisce un incomparabile belvedere sul vicino Monte Bianco, attraverso il quale si può camminare per ore, su e giù per queste rocce. Facciamo anche l’incontro con un piccolo gruppo di stambecchi, da lontano sembrano dei giovani.

Verso la fine della settimana il tempo cambia sfavorevolmente, velandosi di nubi grigie. Decidiamo di dedicarci più a delle passeggiate nei dintorni; così, conoscendo già il Lemano sul versante svizzero di Ginevra, decidiamo di fare una gita sulle sue sponde in territorio francese, zona ricca di tante attrazioni turistiche. Le prime sono le Gorges du Pont du Diable. Situate tra Morzine e Thonon e più precisamente a Le Jotty, le Gorges du Pont du Diable (aperte tutti i giorni da maggio a settembre dalle 9 alle 19; Tariffe: 4.80 euro per gli adulti, 2.80 i ridotti; www.Lepontdudiable.Com), rese accessibili al grande pubblico e visitate dal 1893 e dichiarate sito classificato dal 1908, sono formate dalla Dranse de Morzine che si inghiotte in una fessura profonda, dominata da un arco imponente che dà il nome a quest’orrido: il pont du Diable, appunto. La passeggiata ha inizio in una splendida foresta di faggi. La visita guidata ha una durata media di circa 45 minuti, durante la quale si ammira il profilo tormentato delle pareti, i loro colori sfumati che conferiscono all’insieme un carattere fantastico, addolcito dall’eccezionale ambiente forestale circostante. Proseguiamo lungo la strada D902 per raggiungere le sponde del lago a Thonon-les-Bains, località termale molto pittoresca, con il suo piccolo porticciolo. La visita è piuttosto veloce. Riprendiamo subito l’auto per raggiungere, percorrendo la N5, un’altra località termale molto conosciuta, Evian-les-Bains. Camminiamo lungo la passeggiata lungo-lago di Evian, passando accanto allo sfarzoso edificio del Casinò, al vecchio stabilimento termale, fino a raggiungere il nuovo, circondato da un magnifico parco. Le strade sono molto affollate, ma nel complesso non rimaniamo particolarmente colpiti da questa cittadina lacustre. Continuiamo lungo la strada N5 che costeggia il lago per raggiungere, e terminare questa breve gita, le Falaises de Meillerie impressionanti pareti di roccia calcarea, dai caldi colori dorati a strapiombo sul lago. E’ il nostro ultimo giorno nell’Alta Savoia, domani si torna a casa.



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