Calabria, per vedere e capire
Premessa
Prima di recarsi in questa bella regione sarebbe opportuno conoscerne un po’ la storia. Dalla notte dei tempi la Calabria e la Sicilia sono state mete ambite da molte popolazioni. Una civiltà tra tutte le ha rese belle e fiorenti: quella greca. Infatti la Magna Grecia pare fosse talmente bella da superare la Madrepatria. Poi vennero i Romani, che non fecero altro che portare avanti l’eredità ricevuta dai greci. Dopo la disgregazione dell’Impero Romano, anche ad opera di una nascente religione monoteista, il Cristianesimo, vennero i Bizantini, che non erano altro che Greci e Turchi (insieme con altre popolazioni dell’est Europa) eredi del Sacro Romano Impero (l’Impero d’Oriente) la cui capitale era Costantinopoli (l’attuale Istanbul). Questi dominatori (tra cui spesso si trovavano anche veri e propri pirati, che razziavano e facevano schiavi) non erano molto attenti ai bisogni delle genti calabre e sicule, piuttosto pensavano a farsi le lotte per il potere, c’erano intrighi di palazzo, lotte intestine, fazioni, tutto a scapito del Meridione d’Italia, ricco e rigoglioso.
Indice dei contenuti
La nascita della religione coranica (anch’essa monoteista) segnò l’inizio per il Sud e per le coste italiane di secoli e secoli di terrore e devastazioni, ad opera dei pirati saraceni, i quali eseguivano velocissime e sanguinose incursioni per portare via bottino e schiavi (il fenomeno durò dalla fine del 600 d.C. Fino al 1800). Le regioni che pagarono il tributo più alto furono, guarda caso, Sicilia e Calabria. I governanti bizantini si guardavano bene dal difendere efficacemente queste regioni, tant’è che spesso le armate inviate a difenderle si rifiutavano, fellonescamente, di arrivare allo scontro con i saraceni. I Longobardi, che occuparono gran parte del meridione d’Italia, per parte loro furono altrettanto inefficienti, tant’è che tra loro c’era corruzione e lotte intestine per il potere. Le battaglie contro i saraceni erano spesso perdenti e le due povere regioni ci rimettevano sempre in termini di persone e beni. Dopo qualche secolo di scorrerie gli abitanti decisero che i loro paesi dovessero essere trasferiti in alto, sul cocuzzolo, al fine di evitare di essere sempre massacrati ad ogni incursione dei corsari. In qualche modo cercarono di preservarsi, a scapito però della crescita. Infatti per andare a coltivare i campi gli abitanti dovevano uscire dal borgo e camminare ore per raggiungere il posto di lavoro. Iniziò una specie di lento declino di queste magnifiche regioni, declino che fu acuito dal dopo Unità d’Italia (ma di questo bisognerebbe parlare in altra sede). I saraceni non fecero grande il sud da loro occupato bensì il nord Africa ed il Medio Oriente, arricchiti da tutto il loro bottino, frutto di innumerevoli incursioni piratesche in Italia, Spagna e Francia. Prima di parlare di splendore, di periodo aureo sotto i saraceni, inviterei le persone ad informarsi su quanto quello splendore fosse costato in termini di vite umane e soprusi. Altro particolare: tutte le costruzioni belle che, per esempio a Palermo, si possono ammirare ancora oggi, furono realizzate dalle mani e braccia degli schiavi, gli stessi abitanti depredati e ridotti a delle nullità.
Inviterei a leggere un libro che tratta dei saraceni. Un testo fra tutti: “I Saraceni in Italia”, di Rinaldo Panetta.
La chiave di lettura sta proprio nello stillicidio che la Calabria e la Sicilia subirono nei secoli ad opera dei Saraceni
Il mio pensiero, la mia solidarietà, le mie lacrime vanno a tutte le famiglie che nei secoli perdettero un caro, i figli, la moglie, un padre, una madre, una sorella, i bambini, finiti per sempre come schiavi in terra straniera, dopo essere stati depredati e violati da queste accozzaglie di furfanti e ladroni.
Immagino come fosse la vita in Calabria prima dei secoli di terrore: una terra rigogliosa, florida, prospera, ricchissima, dove la gente viveva in pace, lavorava e stava molto bene. C’era un diffuso benessere in tutta la regione, nelle case non mancava nulla, le chiese erano adorne di preziosi ex-voto e di splendidi affreschi, il cibo era abbondante e gran parte veniva esportato. In genere la popolazione viveva a livello del mare, e coltivava le ampie piane fertili.
Era tutta brava gente, operosa e laboriosa, che ebbe un destino storico assai gramo.
Nessun testo ufficiale parla esattamente di come si svolsero i fatti, forse c’è una colpevole dimenticanza, e non stiamo parlando di un solo secolo. Che m’importa di aver studiato alle medie la geografia e la storia degli Stati Uniti d’America, se poi nessuno mi ha mai parlato di come si svolsero veramente i fatti nel Meridione? Chi cavolo mi ha mai parlato di tutti gli italiani (centinaia di migliaia, se non milioni) strappati alla loro terra e alle loro famiglie e fatti schiavi per oltre dodici secoli? Perché Paul Revere deve avere più importanza delle tante Assuntina, madre di famiglia, oppure bambina di neanche otto anni, vittime delle turpi attenzioni libidinose di luridi e violenti predoni?
Vorrei, con queste poche righe, restituire la giusta dignità a questa grande regione, risarcendola di qualcosa che, ahimè, non è più risarcibile. Il mio è una sorta di revisionismo storico teso a ristabilire, per quanto possibile, la verità su questi luoghi, troppo spesso martoriati e anche dimenticati. Forse furono proprio la Calabria e la Sicilia a pagare il tributo più grande per troppi secoli di innumerevoli depredazioni. Per quanto ne possa sapere non conosco altri popoli che abbiano avuto la stessa sorte così a lungo. La loro posizione era troppo strategica e baricentrica al Mediterraneo, da poter essere ignorate.
Girando per la regione sentivo che mancava qualcosa, la cui percezione mi ha fatto capire che avevo bisogno di sapere.
Sarà una mia impressione, sarà una suggestione, ma ripensando ai volti della gente che ho incontrato in Calabria, mi sembra che mancasse loro qualcosa, in quegli occhi amichevoli ma tanto tristi, retaggio di un lungo passato di soprusi subiti, mi è parso di leggere paura, rassegnazione, sconcerto, ricordi di innumerevoli pianti per i loro cari rapiti o uccisi….
Questo, che è nato con l’intento di essere un diario, è diventato qualcosa di più, forse un invito a riflettere e a non fermarsi alle apparenze o alle credenze.
Chiedo scusa ai calabresi per non averli conosciuti prima.
Mercoledì 14.10.2015: PISA – AEROPORTO DI CROTONE – STILO
Sveglia alle 05.45. Doccia. Colazione veloce a base di frutta. Scendo al garage, carico il bagaglio a mano (ho solo quello) e parto. Raggiungo tranquillamente Pisa Aeroporto alle 08.15. Il navigatore poco prima dell’ingresso nell’area aeroportuale decide di impazzire… lo spengo. Cerco la direzione per il mio parcheggio preferito, che è poco fuori, e non mi costa un euro. Ma qualcosa va storto, ci sono lavori in corso, sbaglio strada, entro in una bretella che mi porta nel gorgo del traffico mattutino di Pisa. Cerco di uscirne, a fatica, ma ce la faccio. Riaccendo il navi, a cui chiedo lumi. Mi porta in mezzo al nulla…lo rispengo. Torno sui miei passi cercando di riacciuffare il Galileo Galilei. Ma trovo un’altra superstrada che mi porta fuori, verso nord. Passo venti secondi di panico e di rabbia, ce l’ho con me stesso: la troppa sicurezza mi ha fatto sbagliare perché non ho usato la testa. Ma è possibile che io, che ho letto quintali di libri di persone che hanno viaggiato intorno al mondo, con ogni mezzo, e magari senza alcun supporto, siano arrivate a destinazione dopo decine di migliaia di km o miglia marine, ed io, che ero in aeroporto, mi sono fatto risucchiare fuori, girando come una trottola?
“Ok”, mi dico, “calma e gesso”. Mi fermo dopo un po’, e torno sui miei passi. Cerco con calma la bretella che mi porta all’aeroporto e finalmente ci rientro. Vista l’ora, le 08.45 (il gate chiude alle 09.47), decido di parcheggiare a pagamento per non correre rischi. Seguo le frecce per P4, posteggio per le lunghe soste, che è molto fuori. Arrivo alle sbarre, ma l’accesso per i non prenotati è chiuso. Non si entra, Amen (il prezzo sarebbe di Euro 6,00/giorno). Torno all’ingresso dell’aeroporto, al parcheggio P1 (costa una fucilata, 12/giorno), decido di cercare altrove, in una via laterale. Ci sono però troppi lavori e strade chiuse. Capito davanti ad un parcheggio a pagamento a basso costo, mi chiedono 50,00 per tutto il periodo. Accetto. Lascio auto e chiavi e m’involo verso il gate 7. L’attesa si prolunga di una buona mezz’ora per le condizioni meteo avverse (sulla Toscana è previsto maltempo con allerte meteo, chi ben inizia…).
Si parte. Decollo, volo, atterraggio da brivido perché soffia un vento molto forte che fa traballare il velivolo. Si spiega così perché tutt’intorno ci sono così tante pale eoliche.
Ritiro l’auto da Europe Car che per nove giorni mi ha fatto un buon prezzo con la copertura totale. L’addetto, gentilissimo, mi consegna una 500 molto carina e sfiziosa, full optional, con tetto panoramico.
Faccio un controllo dettagliato, saluto e m’involo verso Isola di Capo Rizzuto. Nulla di che. Riprendo per Le Castella. Purtroppo la fortezza, che è sul mare, è visitabile fino alla fine di settembre. Scatto delle foto e poi mi sposto nella piazza limitrofa dove fa bella mostra di sé la statua del corsaro Occhiali, inaugurata nel 1989. Mi chiedo cos’avrà fatto di così importante un farabutto del genere, se non nascere in territorio di Le Castella. La sua vita fu costellata di barbari assalti a popolazioni inermi. Un rinnegato, uno spietato bandito, più feroce dei suoi stessi colleghi predoni, che dalle coste del Nord Africa piombavano sulle nostre coste per depredare e portare morte e distruzione. Mi sale la rabbia…
Scappo via. Mi dirigo verso Catanzaro. La città si trova ad una decina di km all’interno della costa, in posizione dominante. La guida consiglia di non salire in auto fino al centro storico, ma di prendere la funicolare. Peccato che sia fuori uso. Salgo al centro città. Nei secoli era un bel centro storico ma dopo il terremoto di duecento anni fa non dice nulla, e non invoglia a fermarsi. In Via Roma mi reco al Caffé Lanzo per degustare la loro specialità: la Spuma di caffè con uno schizzo di soda. Sublime e delicata. Esco e faccio un giro veloce, il parcometro dura mezz’ora (1 euro) e non voglio dilungarmi. Nulla di che, niente di interessante. I terremoti del 1600 e rotti e 1700 e rotti distrussero gran parte della vecchia Catanzaro.
Fa caldo, la temperatura segna 27/28°, ma c’è tanto vento, fuori non si percepisce, in auto sì. Ma non accendo il climatizzatore, perché mi fa male. Lungo la strada mi fermo presso un bar che offre caffè e brioche a 1 euro (e mi viene offerto pure un bicchiere d’acqua), I cartelli pubblicitari che trovo spesso per strada reclamizzano prodotti alimentari dei supermercati, del tipo: prosciutto cotto a 8,90/kg, mortadella a 6,00 euro/kg, parmigiano stagionato a 8,90/kg etc… In Calabria sembra che i prezzi siano diversi rispetto al Nord- Italia.
Fuggo in direzione Squillace. Foto veloce al litorale. Faccio tappa a Soverato. Una bella passeggiata per sgranchirmi. Bel litorale, ma riprendo la marcia in direzione sud. Da Monasterace Marina (che sarebbe da visitare, ma non ho molto tempo, prima che cali il sole) salgo verso Stilo. Finalmente un posto che ha da dire qualcosa, dopo un litorale noioso e poco caratteristico, con case brutte e costruite senza criterio urbanistico. Stilo mi accoglie in tutto il suo splendore, a rievocare lontani tempi bizantini. Lascio subito l’auto e faccio due passi. In Via Roma trovo l’hotel suggerito dalla Marco Polo: il Città del Sole, un bel 3 stelle tutto ristrutturato. Tripla uso singola, tv sat, A/C, bagno con doccia, wi-fi gratuito, per un ottimo prezzo. Il proprietario mi accoglie calorosamente e mi dà uno strappo fino alla Cattolica. Ma sono le 18.00 e il complesso è già chiuso. Ci andrò il mattino dopo alle 08.00, all’apertura. Alle 19,.00 mi reco al Ristorante il Castello. Ordino tagliatelle con funghi e scaloppine con funghi, un’insalata verde, un quarto di rosso della casa, molto corposo e buono. Niente male, mancavano altri piatti, ma le pietanze che ho mangiato mi hanno soddisfatto. Mi offrono un liquore al finocchietto selvatico, che è una bontà. Conto onestissimo. Esco a fare due passi per il centro storico, dove scatto alcune foto. Rientro all’hotel e termino il diario della giornata.
Giovedì 15.10.2015: STILO – REGGIO CALABRIA
Sveglia alle 07.00. Doccia. Guardo i notiziari alla tv e alle 07.30 scendo a far colazione. Al buffet trovo di tutto: frutta, yogurt, cereali, prosciutto e formaggio, pane biscotti etc… Prendo un te che allungo con un latte buonissimo, che sa (cosa ormai rara) di latte. Alle 08.00 faccio check-out e mi reco, ahimè sotto la pioggia, alla Cattolica, un edificio religioso di arte bizantina, quasi più bello fuori che dentro. Scatto qualche foto e fuggo. Di andare a piedi al castello normanno, sotto la pioggia, non se ne parla proprio, visto che la camminata dura un’ora.
Scendo a mare.
Saluto Stilo. La pioggia finisce di lì a poco. Raggiungo la costa e, arrivato a Locri, prendo per Gerace. Salgo per circa 9 km e alla fine trovo un meraviglioso borgo antico, che ha molta Storia da raccontare. Ci sono tanti edifici sacri di epoca bizantina e normanna, inseriti in un meraviglioso centro medievale perfettamente conservato.
Faccio in tempo a visitare la Cattedrale. Purtroppo le brutture aggiunte in epoca barocca hanno cancellato o trasformato gli affreschi originali. La Cattedrale è un edificio monumentale religioso, il più grande della Calabria, in stile normanno.
Esco e mi reco alla chiesa di San Francesco, danneggiata dal terremoto del 1783. Da notare l’altare con marmi policromi intarsiati e, dietro, il sarcofago del principe Nicola Ruffo, morto nel 1372. Un signore anziano fa un po’ da Cicerone. Gli faccio un’offerta. Esco. Inizia a piovere. Corro dalla Cattedrale dove prospiciente c’è un bar pasticceria “Cattedrale” che prepara, tra i tanti, i dolci al bergamotto. Assaggio tre pasticcini che sono deliziosi, sopraffini, di una bontà unica. Fuori, appena molla un po’, raggiungo l’auto e lascio Gerace sotto il diluvio. La mia visita purtroppo finisce qui. Sembra che stia venendo giù il mondo, la strada è un fiume, voglio arrivare presto alla costa perché la montagna mi fa paura. Fiumi d’acqua s’intersecano davanti all’auto. Penso e temo che il notiziario di domani riporti della scomparsa di un turista solitario, travolto da una montagna di acqua e fango… Arrivo a Locri dove alcune strade sono laghi, sembra quasi che non esistano gli scarichi delle acque meteoriche. Prendo direzione sud. Dopo alcuni tappi la strada scorre veloce e aumenta pure il limite di velocità, a 90 km. Raggiungo la punta dello Stivale. Mi trovo in zona grecanica. A Condofuri Marina cerco un ristorante consigliatomi dal un amico che è originario di questi luoghi, poi emigrato al nord, nel mio paese. Lo trovo. Il proprietario mi dice che, essendo testé rientrato dalle ferie, riaprirà in serata. Rispondo che in serata sarò a Reggio Calabria e quindi non mi sarà possibile tornare. Mi consiglia un agriturismo ad Ammendolia, qualche km all’interno di Condofuri. Bei posti, bel verde, tanta pace e tranquillità. Peccato che anche l’agriturismo sia chiuso. “Ok”, mi dico. Torno alla costa. Prendo direzione Reggio Calabria. Dopo Melito Porto Salvo devio per Pentedattilo, un borgo che è stato abbandonato negli anni ’70 a seguito di un disastroso terremoto. Lungo la strada trovo un agriturismo. Telefono. Mi dicono che è chiuso e in questo periodo lavora solo su prenotazione. Riparto. Dopo due curve arrivo al belvedere di Pentedattilo, il borgo fantasma, che però è veramente carino, arroccato sul monte, sembra quasi un presepe. Faccio due foto e ridiscendo a mare. Prendo per Reggio e dopo pochi km, prospiciente, appare la Sicilia in tutta la sua grandezza. La strada scorre veloce e in pochi minuti raggiungo il centro del capoluogo. Parcheggio in una via laterale e vado a zonzo tra Via Garibaldi, che è pedonale e lunga quasi 2 km. Scendo a sinistra, lato mare, e tra le vie scopro un ristorante braceria “La Cantina della Suocera”. Divoro 3 panini ai cerali, maccheroni fatti in casa alla Cantina della Suocera, una braciola di maiale, insalata, un quarto di vino rosso della casa, ed un crostino al pomodoro, che mi è stato offerto come antipasto. E’ tutto molto buono, la braciola mi viene servita su una pietra rovente. Pago un conto onesto ed esco. Scendo a passeggiare sul lungomare Falcomatà, che è definito (dai reggini) per la sua bellezza e la vista sullo Stretto “il chilometro più bello d’Italia”.
Alla fine della passeggiata trovo li vicino il Museo Archeologico Nazionale. Pago l’ingresso, Euro 5, e mi dirigo verso la sala dei Bronzi di Riace.
Non ho parole… Mi fermo a contemplarli. Sono statue in bronzo del 430 e 460 a.C. Rimango in silenzio e mi siedo a fissarli. Se posso esprimere un parere personale la Calabria va visitata anche solo per vedere i Bronzi. Eccoli, finalmente, dopo 40 anni che ne sentivo parlare, cioè fin da quando ero adolescente. Stupendi, due corpi perfetti, che sicuramente saranno appartenuti a due schiavi neri (allora la schiavitù era diffusa) portati dall’Africa. Stride un po’, in uno dei due, la testa piccola (di un greco) posta su un corpo così altro e slanciato (le statue sono misurano poco più di 2 mt l’una). Sono due guerrieri maestosi e fieri, che il tempo non sembra abbia intaccato.
Lascio la stanza e visito la parte del museo che ospita i reperti greci. Nell’atrio due musiciste suonano la viola ed un clavicembalo, per deliziare i visitatori del museo con musica antica. All’ingresso mi soffermo sui libri esposti e ne compro uno: “1861, la brutale verità” di Michele Carilli (un libro che tratta di revisionismo storico).
Esco. Cerco una sistemazione per la notte. Trovo un b&b. Chiamo sul cellulare. Per 25 Euro è mio, garantendomi che il bagno è nuovo. Lo aspetto. Arriva, mi fa vedere la stanza ed il bagno. Che schifo, scappo via. Trovo un hotel tre stelle S, il Lido, che per un prezzo accettabile mi offre colazione e parcheggio. La camera è piccola ma va bene, il bagno è nuovo e pulito.
Esco, percorro tutto Viale Garibaldi e arrivato all’auto la porto al parcheggio dell’hotel. Sono stanco e sudato. Nel pomeriggio il telefono ha squillato più volte per questioni di lavoro. Uffa, lasciatemi godere la mia vacanza!
Una bella doccia mi rimette in pace col mondo. Scendo nella hall per aggiornare il diario.
Venerdì 16.10.2015: REGGIO CALABRIA – TROPEA
Sveglia alle 07.00. Doccia. Alle 07.30 colazione (non molto fornito il buffet, ma va bene lo stesso). Faccio il check-out alle 08.30. Lascio Reggio. Passo attraverso i vari insediamenti e raggiungo Scilla. Lo Stretto è ben visibile lungo la strada e da Scilla si gode un bel panorama, soprattutto dal castello Ruffo. Uscito dalla rocca scendo al quartiere Chinalea, che è un borgo di pescatori di pesce spada, con le case che vengono lambite dal mare. Merita una visita. Riparto in direzione Bagnara. Faccio il giro della passeggiata e mi fermo ad un bar pasticceria “Le Gardenie”, dove assaggio un torroncino al cioccolato, tipico di Bagnara. E’ ottimo, e me lo hanno pure offerto. Ringrazio. Riprendo in direzione Palmi. Salgo in quota ed il paesaggio è bellissimo, a tratti ricorda la Costiera Amalfitana o le Cinque Terre. Si riscende. Passo Palmi, Gioa Tauro e Rosarno (peccato che in quest’ultima regnino disordine e incuria). Mi fermo a visitare il borgo di Nicotera, da cui si gode una bella vista sul Golfo di Gioia Tauro.
Risalgo in auto e mi dirigo verso Capo Vaticano. Anche qui il paesaggio è bellissimo, con richiami alla Costiera e alle Cinque Terre. Arrivato al Capo, in Loc. Santa Maria, vedo un ristorante sul mare dove alcuni uomini stanno scaricando pesce appena pescato. Il locale si chiama Peppino il Pescatore. Entro. Ordino le linguine alla Peppino Il P. (da urlo!) ed un tonnetto ai ferri (che peserà un chilo), con un bianco della casa. E’ tutto buono, sublime, non potevo chiedere di meglio. Ho la pancia strapiena. Lo consiglio a tutti e devo dire che i sapori, semplici e genuini, sono di quelli che rimangono impressi nella memoria per sempre. Prezzo onestissimo. I camerieri, un ragazzo ed una ragazza, sono molto attenti e cortesi. Converso con loro amabilmente, insieme con la vedova del fondatore, Peppino, appunto. I due figli fanno i pescatori ed hanno entrambi un ristorante. Andateci, rimarrete soddisfatti spendendo poco.
Saluto e riparto in direzione Tropea. C’è il sole e si sta bene. Arrivo, il paese è molto carino, abbarbicato in alto, su uno sperone roccioso, mentre le spiagge sono giù in basso. Parcheggio e gironzolo subito per il centro storico. Mi concedo un tartufo al cioccolato e cacao (delizioso) e poi un cannolo al pistacchio (non era fresco come dettomi, mi torna su per due ore).Trovo un signore, Antonio, titolare di un bar, Caffè del Corso, in Corso Vittorio Emanuele, che ha delle camere a disposizione in affitto. Mi porta a vedere la camera, che è ok, tutta rinnovata e con un bagno spazioso. Prezzo onestissimo, con colazione inclusa presso il suo bar. Mentre porto la valigia i strada passa la processione di non so quale santo. Mi cambio e scendo alla spiaggia. Il mare è un po’ mosso, e poi è tardi (sono le 17.00 passate), per cui sto seduto a prendere il sole. Nel frattempo arriva in spiaggia un pescatore, Salvatore, che è intento a vendere due tonnetti ,appena pescati, a due turisti tedeschi di Amburgo. Parliamo del più e del meno, e vedo che Salvatore ha una notevole parlantina, conosce tutti nel paese. Alle 18.00 passate il tramonto porta con sé umidità, al che mi rivesto e torno alla camera. Mi faccio una doccia. La stanchezza è tanta. Mi concedo un sonnellino e poi aggiorno il diario.
Ho notato che a Tropea, in controtendenza rispetto al resto della regione, c’è ancora molto turismo, soprattutto tedeschi, svizzeri e olandesi.
Per l’economia locale è ottimo, infatti pullula di ristoranti e botteghe di prodotti locali tipici.
Sono stanco, molto stanco. E’ notte fonda. Sono le 01.30, mi sveglio, non riesco a riprendere sonno. Leggo il libro che ho comprato a Reggio.
Ripenso alla giornata e soprattutto al mio arrivo a Tropea, che è un vero paradiso. Ci sono ancora molti turisti, per lo più stranieri, provenienti dalla Svizzera, Germania, Austria, Olanda, i quali si godono questo ultimo sprazzo d’estate in una località affascinante, come sono affascinanti le ragazze teutoniche che si godono questo paradiso.
Mi è tornato sonno. Chiudo il libro, che parla dei danni del dopo Unità d’Italia. Ci sarebbe da parlarne per ore…
Sabato 17.10.2015: TROPEA – COSENZA
Sveglia alle 07.30. Doccia. Esco per fare colazione e mi reco al Caffè del Corso. Prendo un tè ed una brioche alla marmellata. Acc… la brioche oltre che buona è anche maxi, strapiena di marmellata (ce n’è dentro mezzo vasetto) ed in più Antonio mi offre un delizioso pasticcino. Non contento alla fine mi offre una enorme lingua di suocera ripiena di marmellata. E ci sta pure un ottimo caffè. Nel frattempo arrivano altri avventori, tra cui un regista francese, solito venire qui a fare le vacanze, che se ne sta seduto fuori, converso amabilmente con tutti, come se ci si conoscesse da sempre. Questo bar è così, ti siedi, stai una mezz’oretta e conosci un sacco di persone, tutte gentili e affabili.
Dopo aver stra-mangiato faccio un giro per la cittadina in cerca di souvenir. E’ giorno di mercato e mi reco a visitare il mercato alimentare dove i produttori espongono le loro mercanzie a km 0. Verso le 10.00 scendo alla spiaggia dove spero di fare un bagno. Arriva subito una cinese che domanda: “masagio?” e mi lascio tentare (“una ola venti eulo”). Vada per i venti “eulo”. Ci voleva proprio, me lo sono goduto. Poi mi butto nell’acqua freschissima e massimizzo il momento. Mi sdraio sulla sabbia e mi asciugo al sole di Calabria.
Di lì a poco arrivano, tra i tanti turisti stranieri, anche due belle ragazze. Si sdraiano ad una ventina di metri da me. Sono carine, ma una è veramente bella, un gran bel pezzo di figliola, e sembra leggere nella mia mente quel che sto pensando di lei.
Arrivano velocemente le 11.30 e devo rincasare per effettuare la riconsegna prevista per le 12.00. Mi fermo a salutare le due bellezze, che mi dicono essere svizzere, di Lucerna. Si chiamano Greta e Christine, hanno 25 anni entrambe, e sono venute per una settimana di vacanza. Sono innamorate di Tropea e del calore umano che le ha accolte. Sono tentato di fermarmi, Greta mi piace un sacco, è così dolce e semplice, non se la tira per nulla, è una dea. Ho una tabella di marcia da rispettare per cui m’involo verso casa, anche se mangerei, scusate il termine, una merda, e mi detesto per quello che sto facendo. Mi dico “torna indietro, pistola!” ma poi do retta a quella parte di me che dice “era solo una gran fica, simpatica, ne sarebbe valsa la pena, ma devi proseguire”.
Addio Greta…
Tra le lacrime faccio una doccia veloce, preparo il bagaglio ed esco. Faccio ancora due passi per il paese, compro due oggettini e carico il bagagliaio.
Alle 12.30 mi reco al ristorante La Pergola, situato all’inizio del paese, che mi è stato raccomandato da più persone. Ordino la pasta alla Pergola (con verdure) e tonno con cipolle di Tropea. Un vinello bianco fresco che va giù che è un piacere. Tutto molto buono. Consiglio questo locale. Il conto è onesto. Il cuoco/titolare si intrattiene a parlare con me, a riconferma della spontaneità e cordialità tipica dei tropeani e dei calabresi. Pago e salgo in macchina. Mi dirigo verso Zungri, sito archeologico situato qualche km all’interno, ove si trovano degli insediamenti rupestri. Merita una visita. Sono case scavate nel tufo da popolazioni che vissero qui tanti secoli fa. Finita la visita scendo verso la costa in direzione di Briatico, che è un paesino sul mare, dal litorale molto bello. Proseguo per Pizzo Calabro. Il paese è arroccato su un promontorio e fa bella vista di sé dalla strada. Salgo al centro storico e posteggio nei pressi. E’ un paesino con tanta storia, ma secondo me è mal tenuto. Mi disseto a due fontane, di cui una è di acqua ferrosa (una lapide ricorda che l’esercito si abbeverò qui in occasione del suo passaggio da Pizzo, durante la seconda guerra mondiale). Arrivo alla Piazza principale su cui si affacciano le gelaterie rinomate per il tartufo. Cerco la gelateria Ercole e chiedo la loro specialità. Mi portano una specie di zuccotto alla nocciola e una palla di gelato, crema siciliana, alla ricotta, di cui detengono la ricetta originale. Il tartufo l’ho già mangiato a Tropea, per cui provo le alternative. Rimango deluso. Il loro gelato lo trovo troppo dolce e senza alcuna personalità. E’ un parere mio, che va in contrasto con la maggioranza di chi pensa che sia eccezionale. Ma questo è il gusto. Mi sforzo di finirlo, anche se mi brucia la gola. Pago e me ne vado. Dico la verità, Pizzo non mi attrae per nulla e non vedo l’ora di andarmene. Mentre degustavo il gelato ho sentito uno dei camerieri, che stava parlando con degli avventori, sostenere che l’afflusso turistico di Pizzo è molto superiore a quello di Tropea. Sarà, ma a me sembra l’opposto: la gente che ho visto a Tropea qui non c’è, direi che, facendo un rapporto, stanno 10 a 1. Raggiungo l’auto e scappo. Percorro la litoranea fino ad Amantea. Mi fermo a scattare delle foto al centro storico, arroccato sulla rupe e poi devio dalla costa l’interno, direzione Cosenza. Potrei andare a Paola e farei più veloce, ma voglio vedere com’è la strada che parte da Amantea. Per i primi 778 km è velocissima, quasi una superstrada, fino al paese di Lago.
Poi diventa una strada di montagna, seppur sempre veloce e senza traffico, anzi, non incontro anima viva per molti km fino a che non scendo e trovo i paesini di Domanico e Carolei. La strada è lunga ma apre la vista su monti pieni di boschi, un vero piacere, una pace, un toccasana per gli occhi, vedere tutto quel verde a perdita d’occhio e senza insediamenti umani mette in pace col mondo (meglio però non fermarsi per strada).
Finalmente arrivo a Cosenza. Mi accoglie il traffico dell’ora di punta. Sono le 18.00 e faccio qualche giro per studiare la situazione. Trovo un posto vicino alla ferrovia e chiamo l’hotel, che si trova lì vicino. Ci accordiamo sul prezzo e raggiungo la struttura. Esco, faccio un giro in centro storico. Fa freddo, ci sono 12°, meno della metà che a Tropea. Le case cadono a pezzi, c’è molto degrado, cacche di cani per terra nei viottoli. Ci sarebbero molte cose da vedere, ma mi passa la voglia. Torno verso l’hotel. Faccio ancora due passi nella via centrale, che è pedonale, e poi rincaso. Dico la verità, Cosenza non mi attira, non ci vedo nulla che mi possa far fermare più di una notte, se non giusto per dormire. Un vero peccato perché questa città ha tanta storia da raccontare per cui necessiterebbero alcuni giorni.
Domenica ì 18.10.2015: COSENZA – PRAIA A MARE
L’indomani, dopo una notte semi-insonne in una camera squallida, parto di buon’ora per Paola. Prendo la strada veloce, che sale molto fin verso Rende (bel paesino, sarebbe da visitare, è abbarbicato sul cocuzzolo) e poi scende rapidamente verso la costa. Il versante sul mare regala viste mozzafiato, non si può rallentare e non ci sono spazi per fermarsi a fare foto. Peccato. All’inizio del paese c’è il santuario intitolato a San Francesco da Paola, patrono della Calabria e della gente di mare. Faccio una visita veloce e scappo via. La strada costiera è tutta pianeggiante e molto veloce. In poco tempo sono a Diamante, borgo caratteristico, che si affaccia sul mare. Mi fermo per vedere i murales e per gustare un gelato al peperoncino da Ninì. Non male, da provare. I murales dipinti sulle facciate sono simpatici e danno un tocco di colore e allegria ad un paesino carino già di suo. Poco lontano un pescatore vende le acciughe appena pescate a 3 euro al kg (ne ha prese tante e sono piccole, per cui cerca di farle fuori svendendole).
Riparto per Cirella, che è poco lontano. Ci sono sulle alture i ruderi del vecchio insediamento, ma non sono accessibili per via delle recinzioni di sicurezza. Da lassù la vista è impagabile. Scendo e prendo per Maleria, che è un altro simpatico borgo arroccato a 8 km dalla costa. Peccato che ad un km dal paese la strada si interrompa per lavori. Torno giù. Prendo per Santa Maria dei Cedri. In paese trovo il bar Egidio, che produce succo di cedro e altri prodotti a base di questo agrume. Prendo uno yogurt al cedro con canditi. Una delizia, un sapore fine e sublime. I canditi sono i più buoni che io abbia mai mangiato e lo yogurt è di una bontà rara. Compro due vassoi di pasticcini, uno alla pasta di mandorle e cedro, e l’altro di pasta con canditi. Il titolare mi spiega che ha il brevetto delle sue creazioni: caramelle al cedro, canditi, pasticcini, succhi, liquore cedro, sciroppo etc… ma gli affari non vano più come una volta, vende molto meno e se continua così pensa di chiudere l’attività entro fine anno. Un vero peccato. Se volete ordinare i suoi prodotti visitate il sito: www.cedrocalabria.it.
Aiutiamo le piccole, e a volte uniche, realtà locali a non morire!
Saluto e vado via. Scendo a Cirella per pranzare da A Cantinella, dove gusto un antipasto di salumi misti (soppressata, capocollo, prosciutto crudo, salame al finocchietto selvatico e la mitica ‘nduja, a cui bisogna prestare attenzione in quanto è piccantissima….ne ho assaggiato un solo spicchio che mi ha fatto bruciare la gola e la bocca).
Come primo piatto ordino le tagliatelle ai funghi appena raccolti e per secondo una frittata di cipolle tropeane. Tutto buono. Le tagliatelle sono spesse e consistenti, i funghi sono deliziosi e tanti. La frittata è molto fine. Un quartino di vino della casa annaffia tutto. Pago un conto onestissimo e riparto per Scalea. Arrivo velocemente al paese. Salgo su, al centro storico, anch’esso arroccato sulla rupe. Salendo capisco perché si chiami Scalea: ci sono scalini ovunque. Raggiungo la cima, dalle parti del castello, che non è accessibile. Da lì si gode una vista spettacolare. Scendo giù. Faccio due passi nel paese moderno in cui non c’è granché. Riparto per Praia a Mare. Dopo pochi minuti la strada mi regala una vista spettacolare: l’Isola di Dino in tutta la sua bellezza, in uno scenario incantato che mi dà il benvenuto. Apre un golfo che tocca tre regioni: Calabria, Basilicata e Campania. C’è un sole meraviglioso ed un mare di un azzurro scintillante. La passeggiata a mare è lunga alcuni km e comprende pure il Comune di Tortora a Mare. Sono le 15.00 e non vedo anima viva in giro. Mi fermo presso un hotel per chiedere una stanza ed ecco la sorpresa: una folla famelica sta pranzando. La proprietaria mi dice che non ha camere libere. Giro un po’, molte strutture sono già chiuse, ma riesco a trovare un hotel a Tortora a Mare, il Napoleone. Prendo possesso della camera. Mi cambio e mi dirigo alla spiaggia. Mi sdraio sulla battigia e mi addormento di sasso. Verso le 17.00 mi sveglio e vedo che la passeggiata si è animata. Faccio due passi in direzione Isola di Dino, poi aumento il passo e cerco di fare prima. Cammino per più di un’ora e mi accorgo che ho fatto diversi km. Torno velocemente all’hotel sperando di far prima del tramonto. Arrivo all’hotel al limite, quando l’aria è già umida e faccio fatica a scaldarmi. Una doccia calda mi ristora. Accendo il televisore e sintonizzo su Rai2, per 90° minuto. Faccio in tempo a vedere il servizio su Frosinone-Sampdoria 2-0. Spengo la tv deluso. Cerco di non rovinarmi la bella giornata che ho appena passato. Amen.
Mangio un po’ di frutta e scendo in veranda per scrivere il diario e conversare col proprietario, che mi dà dritte sui posti da vedere. Mi mostra le foto di pesci che pesca e che vede dalla sua barca, e la costa. Dice che da quando hanno posto limiti e divieti alla pesca a strascico il mare si è ripopolato. Meno male. Sono le 21.30. Fa freschetto. Me ne torno in camera. E’ stata un’altra giornata intensa, e sono stanchissimo.
Lunedì 19.10.2015: PRAIA A MARE – CASTROVILLARI
Sveglia alle 07.30. Doccia. Colazione e via, in direzione Maratea. Ho deciso di fare una deviazione in Basilicata per vedere il bel borgo di Maratea e la statua del Cristo Redentore. La strada che porta alla località regala viste mozzafiato, ricorda un po’ la costiera amalfitana. Il centro storico di Maratea è carino, ma la vera attrattiva è la statua del Redentore, posta su una sommità che domina il Golfo di Policastro. La vista da lassù è veramente impagabile, sembra di essere sul Pao de Azucar di Rio de Janeiro. Consiglio a tutti di andarci. Sceso dal cocuzzolo proseguo per Sapri, e siamo già in Campania, poi raggiungo Policastro, da cui si ha la vista di tutto il golfo e della costa calabrese. Sarei tentato di raggiungere Marina di Camerota e Capo Palinuro, ma questa ulteriore digressione mi costerebbe, tra andata e ritorno, altri 60/70 km e ore, che dovrei togliere al mio programma di viaggio attraverso la Calabria. A malincuore penso che sarà per un’altra volta e me ritorno a Sapri, da dove prendo la strada che porta all’autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria. All’inizio la strada sale, regalandomi le ultime viste del Golfo di Policatsro, mi si spezza il cuore. Poi i monti che devo attraversare fagocitano i panorami marini per proiettarmi nei boschi tutt’intorno. Nei pressi di Lagonegro la strada diventa quasi una superstrada e finalmente faccio il mio ingresso nella A3.
All’inizio, per alcuni km rimango stupito: non pensavo fosse così bella, con gallerie illuminate a giorno e belle larghe, viadotti con barriere frangivento, segnaletica nuova e abbondante. Penso che i soldi pubblici siano stati spesi bene. Peccato che sia del tutto gratuita e quindi il costo di mantenimento e costruzione gravi sulle casse dello Stato. Dopo una decina di minuti però iniziano a vedersi i primi lavori, i primi cambi di corsia, e mano a mano che si scende i lavori si moltiplicano, si viaggia su una sola corsia per decine di km fino quasi all’uscita di Morano Calabro. Molti lavori sono di ammodernamento mentre altri riguardano la costruzione di nuove gallerie. La differenza col vecchio tracciato è evidente, quest’ultimo è stretto e parecchio malandato. Non riesco a pensare quanto costeranno questi lavori, e quanto saranno quelli di costruzione in origine, quando dovette essere eretta una serie enorme di viadotti e gallerie, per consentire al tracciato di passare così in alto e centralmente rispetto alla regione. Non si potevano costruire due autostrade costiere, una ionica ed una tirrenica? Si è fatto tutto questo per servire Cosenza, che è all’interno? Bah… misteri italiani.
Esco a Morano, che è una bella cittadina dal centro storico abbarbicato sul cocuzzolo. Entro subito in un vicoletto che via via si fa più stretto, e mette a dura prova la mia abilità di guidatore. Arrivato ad un certo punto torno indietro per non sfidare troppo la sorte, non mi alletta l’idea di dover riconsegnare l’auto con le righe sui fianchi. Il ristorante segnalato sulla guida (La Cantina) è chiuso il lunedì, cioè oggi, per cui decido di recarmi a Castrovillari. Come arrivo noto che la città ha un abitato esteso, ma facile ed intuitivo, perché le vie sono perpendicolari le une alle altre. Mi reco al ristorante “La Locanda di Alia”, su suggerimento della guida, dove gusto dei buoni piatti, molto fini e ricercati. Il prezzo non è economico, ma è giustificato dagli alti standard e dal servizio impeccabile. Vale la pena provare, ogni tanto uno sfizio vale pure la pena toglierselo.
Dopo aver conversato amabilmente con il cameriere (che tra l’altro è ferratissimo), che mi ha offerto un liquore agli agrumi, di cui ho fatto bis e tris, cammino per il centro storico, per sgranchirmi e per smaltire l’ottimo bicchiere di vino rosso, assai corposo, ed il tris di liquore.
Il castello aragonese è chiuso per restauri, la chiesa normanna osserva orari di apertura diversi dalla mia presenza in loco, per cui non mi rimane che tornare in centro e prendere possesso della camera presso l’hotel Tarsia, assai economico e senza pretese, ma che offre tv e wi-fi in camera.
Mi do una sciacquata e prendo l’auto per recarmi ad Altomonte. Imbocco di nuovo la A3 e dopo una quindicina di km esco. Percorro altri 5 km e sono arrivato. E’ un bel borgo, posto anch’esso sul cocuzzolo, con tanta storia, e di una bellezza unica. Lascio l’auto in basso e salgo in cima, fino al castello (che adesso è inserito in una struttura privata con annesso ristorante). Chiedo lumi all’ Uffico Informazioni Turistiche. Nei pressi si trova la Chiesa di Santa Maria della Consolazione, che non è male, la facciata è gotico-normanna, mentre l’interno è stato coperto dall’intonaco, in epoca barocca, peccato, doveva essere una grande testimonianza di arte sacra, immagino i tanti affreschi che dovevano esserci. Accanto alla chiesa si trova il museo, nell’ex convento dei Domenicani. Molti dipinti che erano nella chiesa ora si possono ammirare qui dentro. Ingresso: 3 Euro.
In basso nel paese, a fianco alla Chiesa di San Francesco da Paola, si trova il Complesso Monastico omonimo, che dal 1980 è sede del Municipio. Ci sono tante belle cose da vedere, non a caso Altomonte è stato definito uno dei più bei borghi d’Italia.
All’imbrunire lascio questo bel paesino e faccio ritorno a Castrovillari.
Giunto in camera redigo il resoconto del giorno, faccio una bella doccia calda e me ne vado a dormire, stanco morto.
Martedì 20.10.2015: CASTROVILLARI – ROSSANO CALABRO
Sveglia alle 08.00, anche se, a dire il vero, mi sono svegliato alle 04.00 senza riuscire a riaddomentarmi, se non alle 06.00. Forse è la stanchezza, forse la troppa adrenalina per tutte le emozioni che questo viaggio mi sta regalando. Doccia. Colazione (un po’ povera, ma va bene). Prezzo ragionevole. L’hotel non è di lusso, ma certe cose andrebbero sistemate, piccole cose, che però messe insieme fanno tanto.
Esco, salgo in auto e mi dirigo a Civita. Prima mi fermo a Frascineto, per visitare il museo della tradizione Arberesh e quello delle Icone ma entrambi sono ancora chiusi. La chiesa è aperta ed entro a dare un’occhiata. E’ di rito Greco-Bizantino, perché il paese fa parte della nutrita comunità di discendenti albanesi, che emigrarono a più riprese tra il 1400 ed il 1700 nel sud Italia, sparsi tra Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania e Abruzzo.
Mi reco a Civita (çiftas) che non è distante. Parcheggio nella piazzetta centrale, faccio due passi per il centro storico e raggiungo il belvedere. La vista è magnifica, lascia senza fiato, di fronte ci sono le Gole del Raganello. Potrei scendere per il sentiero fino al Ponte del Diavolo, ma il cammino è tanto, e temo di sudare.
Scatto un po’ di foto e poi faccio qualche fischio, per sentire l’eco.
Torno in piazzetta, per vedere se il museo è aperto, ma degli abitanti mi dicono che è chiuso per restauri. Rimango a conversare con uno di loro, il quale mi indica un mezzo anfibio col quale vengono effettuate escursioni al Ponte del Diavolo. Il costo di 5 Euro val bene la pena. Salgo su. Il mezzo è un 4×4 in uso, precedentemente, all’Esercito Italiano. E’ inarrestabile e si arrampica ovunque. Dopo poco ci buttiamo in un tracciato lastricato che scende con una pendenza media del 20%. Il ragazzo inserisce la seconda ridotta. Arriviamo al ponte, dove scatto tante belle foto. In estate è possibile risalire il torrente fino ad una distanza di 12 km, ma il ragazzo mi assicura che dopo soli 2 km se ne ha già abbastanza. Si viene guidati da personale esperto, indossando apposite mute, a tratti si nuota, a tratti ci si inerpica per le rapide. Deve essere una vera sfacchinata, ma penso regali emozioni uniche.
Risaliamo. Il mezzo parte in seconda e cambia subito in terza ridotta, sembra che voglia divorarsi il suolo.
Rientrati in paese il ragazzo mi lascia davanti al negozio di specialità locali, che mi invita a visitare senza impegno. Una ragazza carina e gentile mi accoglie e mi fa assaggiare alcuni formaggi e salumi. Nel negozio c’è di tutto, sarebbe bello comprare tante cose, ma devo limitarmi ad un dolce tipico natalizio della tradizione Arberesh e dei dolcetti tradizionali ripieni di cedro. Sono le 11.30. Il ristorante Kamastra apre alle 12.30. Approfitto per tornare a Frascineto. Mi reco al Museo dei Costumi Arberesh. E’ ancora chiuso. Chiamo il cellulare, che è riportato su una targhetta all’ingresso. Una gentile signora mi risponde e mi promette di arrivare subito. Infatti dopo pochissimi minuti arriva Mariapia, una bella donna, dai boccoli corvini e dalle origini miste calabro albanesi. Fa parte della cooperativa che gestisce il museo. Pago 3 Euro e subito lei parte con la spiegazione. E’ un fiume in piena, un’enciclopedia vivente della tradizione. Mi spiega nei minimi dettagli tutti i perché e percome dei costumi tradizionali, che sono stati trovati con paziente ricerca da delle suore. Per ulteriori informazioni si può visitare il sito:
http://www.bebparcodelpollino.it/beb_ilbelvedere/museobambole_frascineto.html
Alla fine mi fa vedere un piccolo filmato che riprende una sposa del paese in abito tradizionale, di cui è fierissima. Le informazioni sono tante e tutte interessanti. Faccio molte domande, perché è tutto bello e stimolante. Mariapia mi consiglia di visitare anche il museo delle icone greco-bizantine, che si trova in Piazza del Municipio. Ringrazio di cuore e saluto. L’altro museo è chiuso. Stano, visto che sono in orario. Sono le 12.30 e la chiusura è prevista per le 13.30. Chiamo uno dei cellulari segnati sulla porta d’ingresso. Mi risponde il Sindaco in persona, il quale si attiva per cercare la responsabile del museo. Attendo cinque minuti poi una signora arriva tutta trafelata, spiegandomi che il suo orario part-time non coincide con l’orario del museo. Pago 2 Euro. La mostra è su tre piani. Mi porta al terzo inferiore dove un filmato di 10′ mostra come fare un’icona. A fianco ci sono tempere e materiale per creare un’icona. Chi fosse interessato è accontentato. La sala è piena di raffigurazioni di ogni provenienza, Russia, Bulgaria, Romania, Serbia. Do un’occhiata veloce, non conosco il soggetto, capisco poco. Salgo fino in cima, ci vorrebbe una come Mariapia che mi spiegasse nei dettagli. L’addetta mi regala due piccoli poster e una mini guida. Saluto e vado a Civita per il pranzo. Sono le 13.15 ed ho un certo appetito. Il ristorante Kamastra è accogliente e la cameriera è molto gentile. Chiedo di poter assaggiare i famosi piatti della tradizione arberesh, ma la tipina mi spiega che sono piatti invernali che richiedono moltissimo tempo per la preparazione, per cui li fanno solo su prenotazione. Peccato. Mi faccio consigliare, la ragazza è molto sveglia ed ha l’occhietto furbo. Mi suggerisce due piatti: i cavatelli caserecci con sugo di pomodoro, ricotta di pecora ed erbette di montagna, come secondo cinghiale e contorno di patate. Come faccio a dirle no? E’ tutto buono e abbondante, sazia parecchio. Meno male che non ho preso anche l’antipasto e il dessert, sennò sarei scoppiato. Ottimo il vino rosso della casa e il pane casereccio. Il conto è veramente onesto. Consiglio questo ristorante.
Raggiungo l’auto e lascio Civita sotto una pioggerellina. Scendo fino a Sibari, alla ricerca del museo archeologico. Ingresso 3 Euro. Vale proprio la pena perché raccoglie molti reperti risalenti agli insediamenti greci pre-cristiani, seguiti dai romani. La zona di ritrovamento abbraccia Sibari-Cassano allo Jonio e Francavilla. Da non perderlo!
Ritorno sulla statale 106 e prendo per Rossano. Seguo per Paludi e in località Amica mi fermo presso l’Agriturismo Il Giardino di Iti, della Baronessa Cherubini. La tenuta è immersa negli ulivi e negli agrumeti. Alloggio nella sua antica masseria di famiglia. La baronessa mi spiega che coltivano e vendono agrumi e frutta, mentre con le olive producono l’olio per il consumo dell’agriturismo. L’ingrediente principale usato nella cucina è la verdura dei loro orti, biologici. La padrona di casa al mio arrivo mi offre un digestivo a base di finocchietto selvatico, che è ottimo. Mi accomodo in sala e redigo il diario della giornata, mentre la baronessa e la nipote escono per delle commissioni.
La sera esco con l’auto per visitare il centro storico di Rossano, ma appena arrivato si mette a piovere, per cui mi tocca tornare alla stanza.
Mercoledì 21.10.2015: ROSSANO C. – CROTONE
Questo agriturismo è un posto di quiete e relax. A parte la mia insonnia da troppa adrenalina, si dorme veramente bene. La stanza è ampia e silenziosa, il letto grande e confortevole. Alle 08.00 mi alzo, faccio una doccia e poi mi reco a fare colazione. La baronessa , con cui converso amabilmente, mi fa trovare la tavola con ogni ben di Dio. Divoro il croissant, tre fette di torta, una tazza di yogurt bianco a cui aggiungo la confettura di mandarini del loro orto. Svuoto la bottiglia di succo di frutta biologico, e così pure il thermos del latte, e sono a posto per iniziare la giornata. Vado a visitare il centro storico di Rossano non prima di essermi accordato con la padrona di casa sull’orario di pranzo. La particolarità di Rossano è che il centro storico si trova in alto, distante 6 km dalla parte nuova. A Rossano bassa le strade che si intersecano sono tante, è facile perdersi prima di azzeccare la strada che sale alla cittadella.
Posteggio in un’ampia area libera e invece di passare dalla galleria salgo su per la scalinata che porta alla sommità. La vista è notevole e raggiungo le case. Scendo giù e cerco la cattedrale, in cui è custodito un affresco originale del VI° secolo d.C. La chiesa venne denominata Acheiropoieta, ovvero non fatta da mano umana. La cattedrale, ampliata durante la dominazione normanna conserva un affresco originale del VII° secolo d.C., che si dice sia stato dipinto dalla Vergine. A lato della chiesa si trova il Museo Diocesano di Arte Sacra, che non è ricchissimo, ma custodisce un pezzo che da solo ne vale milioni: il Codex Purpureus, che data VI° secolo d.C. Pare che fosse stato redatto in Siria. E’ il più antico evangelario e deriva il suo nome dallo sfondo rossastro su cui spiccano caratteri argentei e rossastri. Fu portato in Calabria dai monaci Melchiti, in fuga dagli arabi, un secolo dopo. Delle 400 pagine originali ne rimangono 180. Contiene il Vangelo secondo Matteo e gran parte del Vangelo secondo Marco. Peccato che il Codice Purpureo in questo periodo si trovi a Roma per restauri, quindi posso solo ammirarne delle copie. Dovrebbe tornare a Rossano entro fine anno. Dovrebbe… Ciò che lascia stupefatti è pensare come un testo di 1400 anni fa sia potuto giungere quasi indenne fino ai giorni nostri, conservando la brillantezza dei colori delle sue pagine. Il mese scorso è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità.
Il museo è gestito da un ragazzo che è veramente ferrato ed ha piacere di fornire tutte le spiegazioni sul materiale esposto e sui monumenti presenti a Rossano. Conosce benissimo il greco antico e spiega tutte le connessioni linguistiche.
Ringrazio ed esco, vado alla ricerca della chiesetta di San Marco, a croce greca e con cinque cupole, uno dei migliori esempi di architettura bizantina del Medioevo.
Torno al Museo Diocesano, perché il custode mi ha promesso di farmi visitare l’oratorio della Pan-Aghia, altro pregevole esempio di arte bizantina.
Torniamo al Museo ed ho tempo di assistere ad una conferenza, a cui partecipano il Vescovo ed il Sindaco, per parlare del rientro a breve del Codex. Speriamo che ciò avvenga, perché è a Rossano che deve stare.
Sono proprio contento di questa visita, e sono anche molto ingordo di nozioni, perché ogni qualvolta qualcuno mi illustra cose, fatti e personaggi storici con dovizia di particolari mi prende una grande voglia di saperne di più.
E’ arrivata l’ora di pranzo e torno all’agriturismo.
Mi siedo, scambio due chiacchiere con la baronessa, che conosce bene la storia del Codex. E’ una persona di cultura, ma anche molto alla mano, e comincia a servirmi il pasto.
Si comincia con gli innumerevoli antipasti, a base di verdure del loro orto, tutti sfiziosi. Alla fine il pranzo sarebbe già bello che finito. No. Arrivano i maccheroni al sugo di melanzane e cacio, porzione doppia. E’ finita? No. Arriva lo spezzatino, che su mia richiesta è in dose dimezzata. Finale con dolcetto al cioccolato ed un digestivo al finocchietto che riequilibra tutto.
Il conto è veramente onesto, ringrazio e saluto la padrona di casa, saluto la nipote che la coadiuva, e parto in direzione di Crotone.
La strada è lunga e a volte un po’ noiosa, ma è quasi tutta sul mare, per cui mi sembra meno pesante, anche se con tutto il cibo che ho ingerito fatico a rimanere concentrato.
Nei pressi di Cirò esco e do un’occhiata veloce alla città del vino. Rientro in strada dopo poco e riprendo per Crotone.
Al mio arrivo prendo una stanza all’Hotel Concordia, posizionato nel cuore della città, a due passi dalla cattedrale e dal centro storico. Il prezzo è onesto, la camera è veramente minuscola, ma tutta rinnovata, e non manca nulla. In bagno c’è pure una bilancia.
Il proprietario, molto gentile, mi accompagna col suo cane a posteggiare l’auto in una zona vicina, non a pagamento.
Rientro in camera, poso la valigia e mi reco a visitare il Museo Archeologico (DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE). Il tema dominante sono le migrazioni greche in sud Italia, avvenute in epoca pre-cristiana. Uscito dal museo mi reco al castello di Carlo V che domina tutto il porto di Crotone.
In ultimo visito la Cattedrale, e poi gironzolo per la zona pedonale. Rientro infine all’hotel, dove, prima di ritirarmi in camera, mi fermo a chiacchierare col proprietario.
Giovedì 22.10.2015: CROTONE – SANTA SEVERINA – CROTONE
Notte semi-insonne, con sveglia alle 04.00. Ancora non riesco a smaltire l’adrenalina, e la regolarità del sonno ne risente. Alle 07.30 mi alzo. Doccia e poi a fare colazione al bar Mokka, che non è male.
Faccio il check-out e mi reco con l’auto a Santa Severina, l’ultimo borgo che mi manca alla lista per ultimare il tour programmato.
Prendo la SS 107 e percorro la vallata che porta all’interno, verso San Giovanni in Fiore e a Cosenza. Si presentano dei bei paesaggi, tutto intorno è verde di uliveti ed agrumeti. Il territorio è disseminato di paesini arroccati e fiumi che scorrono in grandi letti pietrosi. Esco per Santa Severina e la strada mi porta velocemente al paesino, manco a dirlo, sul cocuzzolo. Scatto un paio di foto perché merita. La Calabria è zeppa di borghi arroccati, risultato di secoli di difesa contro le invasioni nemiche, assai frequenti, soprattutto quelle ad opera dei saraceni.
Sono partito da Crotone sotto la pioggia ed arrivo a Santa Severina sotto la pioggia. Non è giornata… e fa anche freddo, ci sono 13° e l’umidità penetra nelle ossa.
Ci sarebbe da visitare il castello, ma scarto subito l’idea perché il percorso è in gran parte all’aperto.
Decido per la Chiesa ed il Museo Diocesano, che espone arte sacra dal Rinascimento in poi, fornendo anche spiegazioni sull’arte dei primi periodi cristiani, su some venivano decorate le catacombe e sull’arte bizantina.
Esco e mi reco a visitare la chiesetta bizantina di santa Filomena del XI secolo d.C. E’ proprio carina e vorrei visitarla anche dentro, ma la custode al momento non ha la chiave. Mi dice però che il bello della chiesa è fuori, dentro non c’è nulla. Scatto qualche foto e poi faccio il punto della situazione. La pioggia non smette e allora decido che ne ho abbastanza. Rientro a Crotone.
Uscendo dal paese manco la deviazione veloce per la SS 107 (non c’era il cartello… ma insomma spendete qualche euro per un cartello!) e percorro una bella stradina di campagna, la SP 56, che allunga un po’ il percorso, ma regala delle belle viste sulla campagna e sui boschi circostanti.
Arrivato alle porte di Crotone faccio rifornimento per lasciare il serbatoio pieno per l’indomani, il giorno della riconsegna della macchina.
Non ho più voglia di hotel, mi sono stufato. Gradirei un bed and breakfast. Chiamo il JolandaJolando che è ben quotato e prendo accordi col proprietario per incontrarci. Pietro mi dà le indicazioni e dopo qualche minuto lo incontro sotto casa sua, da dove era uscito per farsi vedere e farmi posteggiare, spostando la sua auto.
Mi accoglie calorosamente in casa sua, che è tutta ristrutturata con gusto e stile personalissimo, a prima vista incomprensibile, ma poi, ad un’attenta valutazione, rivela tutto il suo estro (l’ha pensata e progettata lui, trasformando un vecchio rudere in una chicca).
Pietro mi dà molti consigli tra cui dove andare a mangiare del buon pesce a prezzi contenuti. Mi reco da Ar Juazza. Ottimo consiglio. Ordino spaghetti con pomodorini e alici fresche. Ottimi. Un bicchiere di buon bianco della casa e una grigliata mista di pesce, favolosa. Un sorbetto al limone con un po’ di amaro ed un conto veramente irrisorio. Ringrazio, saluto ed esco. Vado a zonzo e decido di scendere sul lungomare.
Pioviggina sempre, ma non ci faccio più caso. Ad un certo punto mi imbatto in un negozio che vende prodotti artigianali senza glutine con annessa gelateria a tema. Mi concedo un gelato, senza latte, dolcificato alla stevia. Una bontà, una delicatezza che non mi aspettavo. Me lo godo per tutta la passeggiata, sotto la pioggia. La gelateria si chiama, senza troppa fantasia, Ice Cream. Provare per credere.
Al ritorno mi fermo a fare i complimenti e ad elogiare il prodotto assai innovativo e così salutare.
Ritorno verso il centro e faccio qualche piccolo acquisto, per il resto osservo le vetrine. Vado verso il Duomo e mi accorgo che una chiesa, che ieri era chiusa, adesso è aperta. Nulla di che, tranne un grosso crocifisso che risale al 1600. Scendendo nella via a lato del Duomo mi imbatto in un negozio di dischi e spartiti musicali. Chiedo se hanno un cd di musica folk tradizionale. La signora insiste ad offrirmi uno spartito e cd con musiche tradizionali calabresi per chitarra. Il tutto per 10 euro. Scoprirò più tardi, ormai rientrato a casa, che il cd è solo musica per chitarra, e le canzoni sono a me del tutto sconosciute. Una vera pizza… Lo riciclerò come regalo di Natale per qualche amico chitarrista (che a sua volta farà lo stesso con qualcun altro).
Al rientro mi fermo a chiacchierare con la commessa del negozio di Marina Rinaldi, vestiti da donna per taglie dalla 46 in su. Mi ha colpito un capo di ispirazione etnica esposto in vetrina. La ragazza è molto gentile e, visto che in quel lasso di tempo è un po’ più tranquilla, si ferma a chiacchierare con me.
E’ sera, e rientro al b&b, dopo che ho fatto una full immersion nella vita di Crotone.
Rientrando nel b&b penso: “che bello, una casa di due piani tutta per me”, anche se io sono assegnatario del piano superiore, Piero mi ha permesso di visitare le stanze inferiori.
Curioso nelle altre due camere e trovo molte idee originali, composizioni artistiche, e soprattutto, oggetti riciclati e abbelliti con gusto, riportati a nuova vita.
Bravo Pietro! Tutto quanto si trova nella casa ha un suo ordine, un suo perché, non è replicabile, è unico.
Mi metto a scrivere il diario non prima di aver preparato la valigia per l’indomani.
Alle 19.00 chiamo il padrone di casa perché ho bisogno di un suo aiuto. Arriva subito. Abita a fianco ed è molto gentile e disponibile. Mentre parliamo il tempo vola, lo ascolto mentre i narra aneddoti sulla sua vita. Mi accorgo però che lo sto trattenendo e capisco che ha le sue faccende da sbrigare. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento all’indomani mattina alle 08.00.per la colazione.
Venerdì 23.10.2015: CROTONE – PISA
Un’altra sveglia nel cuore della notte, alle 04.00. Mi frullano in testa tanti pensieri. Scendo giù in sala e faccio delle aggiunte al diario. Torno in camera e accendo la tv una mezz’oretta. Mi riaddormento a fatica, anche se il letto è veramente comodo ed avvolgente, ci si sta che è una meraviglia. Alle 08.00 sveglia e doccia. Scendo giù in sala, dove Pietro mi sta aspettando per la colazione. In un vassoietto ci sono i dolcetti fatti dalla figlia. Li divoro tutti perché sono veramente sfiziosi. Pietro mi fa provare anche un ottimo tè all’aloe, con anche cardamomo, scorza d’arancia, cannella, zenzero e altre spezie. E’ veramente buono e me ne bevo quattro tazze, nel mentre conversiamo. E’ un vulcano ed è un vero piacere stare ad ascoltarlo. Sono le 09.30, e purtroppo è arrivata l’ora del congedo. La sera prima ho lasciato un mio pensiero personale nel libro degli ospiti e glielo faccio presente.
Lo ringrazio, ci salutiamo e gli prometto di farmi sentire ogni tanto. In caso tornassi a Crotone lo ricontatterò, perché la sua ospitalità è stata unica ed indimenticabile.
Salgo in auto a mi dirigo alla SS 106 direzione Reggio Calabria. In dieci minuti arrivo all’aeroporto di Crotone. Parcheggio l’auto dove convenuto e lascio le chiavi nella cassetta di Europcar.
Salto il check-in, in quanto l’ho già fatto online, e passo il controllo di sicurezza. Nell’attesa dell’imbarco termino il diario.
In aereo durante il volo chiacchiero amabilmente con Teresa, un’insegnate elementare di un paesino dell’entroterra crotonese, la quale ha la fobia dei voli, e questa è in assoluto la sua prima volta. La mia strategia funziona abbastanza, la distraggo facendole spostare il focus dal volo a tematiche culturali. Alla fine mi ringrazia perché l’ho aiutata e rendere il viaggio meno traumatico.
L’arrivo a Pisa sancisce la fine del mio tour della Calabria 2015.
Conclusioni
Ne è valsa la pena? Si, assolutamente.
Le strade, come sono? Tutte valide (dimenticatevi le leggende sulle strade calabresi)
Auto: la propria o a noleggio? Utilizzate la formula aereo + auto a noleggio. Vi fate molto meno stress, arrivate riposati e potete partire subito per il tour con una macchina nuova fiammante, controllata e coperta di tutto (nel noleggio scegliete la formula tutto incluso, non si sa mai, eviterete di pagare la franchigia in caso di incidente o danno). Il mio fornitore è stato Europcar e con loro mi sono trovato benissimo.
Per informazione: da casa mia a Reggio Calabria sono quasi 1200,00 km (troppo stressante e rischioso)
Km percorsi: 1524,5 (mi sono limitato alla costa, con qualche puntata all’interno – per poter visitare Aspromonte, Pollino e Sila, sempre in nove giorni, occorre fare un altro viaggio)
Periodo: dal 14.10.15 al 23.10.15
Tempo atmosferico: buono, clima asciutto, ma quest’anno è piovuto abbastanza
Contro: ad ottobre molte strutture ricettive sono già chiuse, ed è un vero peccato, anche se in quelle aperte i prezzi sono molto ragionevoli.
Ristoranti: si mangia bene dappertutto e si spende poco (se andate nei ristoranti di charme però i prezzi si uniformano a quelli del resto d’Italia)
Volo: Ryanair Pisa – Crotone (per dovere d’informazione il prezzo del biglietto A/R è stato Euro 39,00)
La gente di Calabria com’è? E’ molto socievole e accogliente. A chiunque chiediate informazioni vi risponderà con il cuore (attenzione: si rischia di diventare amici immediatamente).
La guida serve? Si, assolutamente, è imprescindibile. In Calabria c’è tantissimo da vedere e da visitare, senza una guida pratica (la mia è stata ottima e, non per fare pubblicità, ma la Marco Polo, molto sintetica e pratica, mi è stata di grande aiuto, senza contare che le dimensioni sono molto ridotte, è tascabile) si rischia di perdere cose importantissime.
Le ragazze calabresi, come sono? Splendide. Quelle con i capelli corvini hanno un particolare fascino, che le inserisce nel fenotipo mediterraneo, ma con un mix genetico che le rende uniche (anche per questo sono sempre state oggetto di particolare attenzione da parte dei predoni del mare i quali prima le violentavano ripetutamente e poi le portavano nei vari harem nelle loro terre – povere fanciulle, il mio pensiero va anche e soprattutto a loro).
La cucina calabrese è piccante? No, per nulla (altro mito da sfatare). I ristoratori non vi serviranno pietanze piccanti, a meno che voi non lo chiediate espressamente. In quel caso avrete un’ampia scelta tra peperoncino in polvere, a pezzettini, intero oppure nella ‘nduja.
In Calabria cosa è preferibile mangiare: pesce o carne? Ambedue, è tutto buono, così pure verdure e frutta, spessissimo a km 0.
Un consiglio? Andateci!