Cina zaino in spalla
Le tappe sono state: Shanghai –> Pechino –> Qingdao –> Qufu –> Shanghai.
Gli spostamenti li abbiamo fatti tutti in treno, in Cina c’è l’alta velocità che va a 300km/h e quindi Shanghai-Pechino si fa in 5 ore. I biglietti si comprano là tranquillamente, il costo è variabile in base al tipo di treno e alla distanza (Pechino-Shanghai con alta velocità=70 euro). Se li compri in hotel è più comodo ma c’è sempre una maggiorazione, noi da bravi testardi abbiamo preferito fare la fila alle biglietterie sgomitando con i cinesi (è un’esperienza di vita!). Se si vogliono visitare aree più grandi è necessario l’aereo, noi abbiamo preferito vedere solo un pezzetto e fare tutto via terra. Ci siamo trovati benissimo!
Gli hotel li abbiamo prenotati tutti online, ci siamo trovati bene. Dimentichiamoci il sudest asiatico, qui si spende (in ostelli e alberghi alla buona) dai 40 ai 50 euro a notte per la doppia, di più se si vuole il lusso ovviamente.
Riguardo a questioni linguistiche, ricordiamoci che l’inglese è un optional. Negli alberghi tendenzialmente si parla, ma non sempre, nei ristoranti di solito no. S’ha da arrangiarsi!
Il cibo ci ha un po’ deluso. Ci aspettavamo grandi cose, ma non siamo rimasti entusiasti. Da assaggiare assolutamente sono gli xiaolongbao tipici di Shanghai, ravioli al vapore ripieni di brodo… dimenticatevi quelli del ristorante sotto casa, questa è una vera delizia. In generale lo street food merita: spiedini, “crepes”, panini ripieni al vapore. Però orientarsi in Cina non è facile, la cucina è talmente variegata che ci vorrebbe una guida cinese solo per la gastronomia.
Pechino merita almeno 3 giorni pieni, se non 4, ci sono tante cose da vedere e gli spostamenti non sono sempre facilissimi. Il mio consiglio spassionato è di prenotare un albergo molto vicino alla metropolitana, cosa che noi non abbiamo fatto, avventurandoci con taxi (con cui devi fare estenuanti contrattazioni!) e autobus (comodissimi e al modico costo di 1yuan, ma non è facile capire quale prendere). Occhio, perché distanze che “sembrano” brevi in realtà prevedono mezzora di camminata! La città proibita è maestosa vista dall’alto, ma è un po’ deludente vista da dentro e sicuramente non aiutano le orde di cinesi che ci sono all’interno (ti sembra di essere in un parco giochi!), ma resta comunque una tappa obbligata. Piazza Tiananmen è affascinante, ma si visita in mezzora (se volete andare al mausoleo di Mao andate la mattina, il pomeriggio è chiuso). Noi siamo andati di pomeriggio tardo e ci siamo goduti la piazza seduti per terra (non ci sono panchine o sedie di alcun tipo). Bellissimo il palazzo d’estate, che merita una mattinata intera (intensa), sia perché è lontano, sia perché il parco che lo ospita è enorme, volendo ci si sta delle ore a godersi il panorama (orde di cinesi permettendo). Consiglio vivamente anche il tempio del cielo, che è situato in un parco stupendo, un’oasi di pace (non facile da trovare in Cina!!). Una tappa secondo me imperdibile (e poco battuta) è il distretto artistico 798, che si trova a nord (va preso il taxi perché non è comodo da raggiungere!). Si tratta di un complesso di ex fabbriche militari riconvertite a musei e gallerie d’arte contemporanea, un paradiso per gli amanti dell’arte e un luogo davvero “internazionale”, pieno di caffè e ristorantini, in cui passare un piacevole pomeriggio. Ovviamente poi è d’obbligo visitare gli hutong, i vicoletti tradizionali, meglio ancora prenotare un albergo dentro uno di questi vialetti e poi perdercisi dentro. La gita alla Grande muraglia di Mutianyu l’abbiamo organizzata con l’hotel (1h,30 di minibus da Pechino). Questa sezione della grande muraglia è suggestiva e tranquilla, totalmente immersa nella giungla. Si sale con la seggiovia e si scende col bob (sic!). Il nostro hotel ci ha risparmiato deviazioni non gradite (che quasi tutti gli hotel propongono, come ad esempio deviazioni in case da tè del cuggino dell’autista.. etc) e quindi ci si mette tra viaggio e scalata meno di una giornata (alle 16 eravamo già a Pechino).
A Shanghai d’estate il caldo è mortale. La città è molto interessante, però secondo me 2 giorni pieni possono bastare. Le principali attrazioni di Shanghai sono occidentalissime, a partire da Pudong, il distretto finanziario, ovvero il quartiere dei supergrattacieli che si trova al di là del fiume. È carino andarci il pomeriggio, girare dentro i grattacieli nei super centri commerciali, salire sul famoso “cavatappi” (il grattecielo più alto di Shanghai, 492 metri) e ad orario aperitivo trasferirsi sul Bund (noi abbiamo preso il tamarrissimo tunnel illuminato, ma non ne vale la pena) e ammirare la progressiva accensione delle luci dello skyline shanghaiese. Un’altra tappa molto carina sono i giardini del mandarino Yu, capolavoro di architettura del paesaggio (e inoltre sono freschi anche d’estate). A seguire giretto turistico nella città vecchia. Altra cosa da vedere è la concessione francese, che però -diciamocelo- se sei europeo non è che ti impressioni più di tanto. Si fanno quattro passi, si visita il museo della casa shikumen (tipica casa shanghaiese di primo novecento) e si guardano i numerosi negozietti più o meno chic del “quartiere” (che poi è un’area enorme, copre mezza città). Una cosa da provare assolutamente è una serata in un roof bar: sono dei bar fighetti sui tetti dei palazzi, da cui si vedono i grattacieli della città, suggestivissimo. Da Shanghai abbiamo fatto una gita a Zhujiajiao, paesello acquatico (stile Venezia) nei pressi di Shanghai (un’oretta di bus). È suggestiva, graziosa, ma se sei in Cina per poco tempo si può anche evitare secondo me.
La terza grande tappa è stato lo Shandong, ovvero la regione tra Pechino e Shanghai. Attratta da “terzaniana” ispirazione a questa regione, ho deciso di rinunciare a gite fuori rotta e andare a vedere un pezzo della terra di Confucio. Siamo arrivati a Qingdao alla sera, umidità a mille e aria salmastra. Finalmente il mare! L’idea era corposa: festa della birra, gita al monte Laoshan e magari spiaggia! Invece abbiamo capito fin da subito che non sarebbe andata così. Qingdao è stata fondata dai tedeschi, ma di tedesco è rimasta solo l’architettura, per il resto è una città che non ha niente di internazionale, non una scritta in inglese o traslitterata, non un appiglio per noi poveri malcapitati. Fermare un taxi? Difficilissimo. Comunicare dove si vuole andare? Impresa epica. Non parliamo dell’hotel… Abbiamo deciso di rinunciare al Laoshan e di dedicarci alla festa della birra e alla visita della città. Dopo un giretto sul lungomare, dove si può ammirare il tempietto stampato sull’etichetta della mitica birra Tsingtao, abbiamo preso (faticosamente) un taxi che ci ha (faticosamente) portato all’International beer festival. Armatevi di biglietti scritti in cinese, risparmierete molta fatica! Il festival è ciò di meno internazionale che i miei occhi abbiano visto in vita loro. Non una scritta in inglese, non un appiglio per noi poveri stranieri. Ci avventuriamo in uno dei numerosi padiglioni, dove ci propongono un menu totalmente scritto in cinese, chiedendoci di scegliere una birra. Scopriamo poi che ogni bottiglia che ti portano sono 5 euro… prezzi milanesi insomma! E io che credevo di essere in Cina… Al primo padiglione in cui siamo entrati ci ha intervistato un giornale locale (eravamo credo la maggior attrazione della città!). Dopo il festival siamo approdati in spiaggia. Che dire delle spiagge cinesi? Non s’ha proprio da fare. Il mare non è un granché, ma al di là di quello c’è una folla esagerata ogni cm quadrato di spiaggia. I cinesi sono tanti. Io avevo un due pezzi ma non ho avuto cuore di spogliarmi. Le ragazze cinesi vanno in spiaggia vestite, al massimo mettono costumi stile anni ’30. La tappa successiva è stata Qufu, la città dov’è nato Confucio. Scesi dal treno di pomeriggio abbiamo sentito subito un bel freschetto, e una leggera pioggerella. Una bella ventata di ossigeno! Qufu è piccolina e accogliente. Si mangia al mercatino locale, dove fanno dei panini ripieni di carne e spezie deliziosi. La gente è gentile e rilassata. A Qufu visiti la residenza della famiglia di Confucio (a dir poco maestosa), il tempio di Confucio e la tomba di Confucio. Confuciocentrica insomma! Secondo me è una tappa davvero interessante e sicuramente meno turistica di altre. Lo Shandong nel complesso è stata una meta più difficile e quindi più autentica. Siamo stati davvero “soli” in mezzo ai cinesi, abbiamo vissuto quel senso di straniamento che nelle grandi città turistiche -ormai quasi totalmente occidentalizzate- non senti.
La Cina è un paese difficile, non per tutti. È grande come un continente, quindi è importante capire il taglio che si vuole dare al proprio itinerario, in base al tempo a disposizione e ai propri interessi. Bisogna armarsi di curiosità e pazienza, per scoprire cosa si nasconde sotto quella riverniciatura di fresco che è la Cina di oggi. Se dovessi cambiare qualcosa aggiungerei più mete naturalistiche, sarà sicuramente per il prossimo viaggio!