Montenegro, non solo mare
Il Montenegro sta attraversando un periodo storico importante, avendo riacquistato da poco l’indipendenza dopo novanta anni. Il distacco dalla Serbia è stato deciso con un referendum, senza spargimenti di sangue, un caso quasi unico nei Balcani. La storia del paese invece è antica e ha lasciato molti elementi interessanti che si accompagnano alle bellezze naturali. La costa è caratterizzata da verdi montagne che precipitano in mare, ma in molti tratti è un po’ troppo edificata per i miei gusti. A Sveti Stefan il paese moderno comunque è abbastanza discreto e l’isolotto, trasformato in resort di lusso, incantevole. L’acqua è cristallina anche nella spiaggia pubblica, mentre quelle dei ricchi sono fantastiche anche se inaccessibili. Le città antiche mantengono intatto il loro fascino: Budva, su un promontorio circondato da mura, è un dedalo di vicoli, le rovine di Bar accolgono architetture da oriente e occidente. Nelle Bocche di Cattaro, il “fiordo più bello del Mediterraneo”, il mare penetra per molti chilometri all’interno della costa, creando un paesaggio insolito per queste latitudini. I paesi lungo la baia sono stati per secoli l’avamposto della repubblica di Venezia nell’Adriatico e conservano, ancora oggi, le atmosfere di quei tempi.
I montenegrini sono un popolo fiero che seppe resistere eroicamente all’invasore turco, aiutati dall’inaccessibilità delle loro montagne. Il cuore storico del Montenegro, Crna Gora, è costituito dal massiccio del monte Lovcen con l’ex capitale Cetinje. Nell’ottocento per collegare il piccolo principato con i domini austriaci sulla costa, fu costruita la Scala di Cattaro, una strada che supera i mille metri di dislivello con un’incredibile serie di tornanti. Una viaggiatrice d’inizio novecento racconta:
Una volta l’Imperatore d’Austria visitò Cattaro e il Principe (l’attuale Re del Montenegro) scese dal suo nido d’aquila per incontrarlo. L’Imperatore guardò le scoscese montagne in alto. “Mio fratello, il Principe, vive in alto” – disse. “Mio fratello, l’Imperatore, ha preso tutto il mare; i turchi hanno preso tutta la terra; così a me è rimasto solo il cielo” – fu la risposta del Principe.
“A Woman in the Balkans” – Will Gordon (1918)
Il lago di Scutari, al confine con l’Albania, è un’altra meraviglia naturalistica. Le basse acque sono coperte da “praterie” di ninfee, gli isolotti ospitano affascinanti cappelle, mentre sperduti paesini possono essere raggiunti solo con strette stradine.
Nelle nostre esplorazioni non ci siamo spinti fino ai parchi dell’interno; il canyon del Tara nel Durmitor è uno dei più profondi al mondo. Ci rimane così il desiderio di tornare in Montenegro, per una vacanza di montagna.
Ed ora il diario di viaggio.
Sabato 6 agosto: Roma – Bari
Per raggiungere il Montenegro ci affidiamo a un traghetto notturno. Partiamo da Roma all’ora di pranzo, giungendo a Bari nel tardo pomeriggio. Il porto è organizzato per smaltire il notevole flusso di passeggeri, diretti sopratutto verso Croazia e Grecia: parcheggiata l’auto nell’apposita fila in un grande piazzale, facciamo il check-in per la nostra nave della “Montenegro Lines”. Alle sette e mezzo un altoparlante ci invita all’imbarco: percorriamo quindi una lunga strada interna al porto, fino a raggiungere il molo. Le operazioni procedono abbastanza lente; lo “Sveti Stefan” è un grande traghetto tinteggiato di rosso ma le navi dirette in Grecia lo fanno sembrare piccolo. Per il comfort del piccolo Fabio abbiamo prenotato una cabina con bagno: si trova nel ponte superiore e per quanto spartana ha due bei letti. Prima della partenza è difficile tenere a bada Fabio che vuole scorazzare per i pontili della nave.
Domenica 7 agosto: Bari – Bar – Sveti Stefan
La notte trascorre tranquilla. La mattina presto ci svegliamo con la costa montenegrina già di fronte a noi. Il porto di Bar, affollato di barche a vela, è molto più piccolo rispetto a quello di Bari ma le formalità doganali procedono lentamente e per di più siamo gli ultimi della fila. Per raggiungere la nostra meta, Sveti Stefan, percorriamo la strada costiera verso nord, attraversando alcuni paesi congestionati dai villeggianti diretti alle spiagge. Le distanze in Montenegro sono molto contenute e dopo mezzora siamo già arrivati a destinazione. Il paese moderno, costruito per i vacanzieri, si trova sulle pendici della montagna che degrada verso il mare, attraversato da un’unica strada che scende stretta dalla statale. In basso l’isoletta, un tempo abitata dai pescatori, è collegata alla costa da una striscia di sabbia. Oggi è tornata ad essere un resort di lusso, come ai tempi della Yugoslavia. L’appartamento prenotato, “Vila Alterna”, non è segnalato da alcuna insegna ma chiedendo in giro ci indicano una palazzina, davanti alla quale troviamo ad attenderci Darko. Saldiamo subito in contanti tutto l’importo dovuto. L’appartamento è formato da un salone con angolo cucina e una camera da letto. Nei giorni successivi consumeremo i nostri pasti sul balcone affacciato sul giardino con gli ulivi; purtroppo la vista dell’isola è nascosta dalle case di fronte.
Il pomeriggio scendiamo al mare per il primo bagno. Una scala consente di tagliare i tornanti della strada ma mi costringerà a portare su e giù Fabietto con i suoi undici chili. La spiaggia di sassolini è occupata dagli ombrelloni di canne e solo un piccolo spazio è lasciato libero. Nonostante un certo affollamento (ma ad agosto pensavo peggio!), l’acqua è cristallina e la vista sull’isola molto bella. Volgendo lo sguardo verso il paese, le case moderne, specie quelle lasciate a metà, rovinano un po’ la visuale, anche se sono abbastanza “discrete” e il paesaggio delle verdi montagne subito dietro rimane affascinante. Fabio è tutto contento di inaugurare il secchiello e sguazzare nell’acqua. La sera ceniamo a “Villa Drago”, a due passi dal nostro appartamento. Ci portano un grande vassoio di carni saporite, con vari tagli affumicati.
Lunedì 8 agosto: Budva
Sveti Stefan si trova lungo la riviera di Budva, la più amata dai villeggianti, con i paesi trasformati in centri balneari e le spiagge invase dagli ombrelloni. La costa è molto edificata, rovinando in parte la sua bellezza paesaggistica, fatta di alte montagne ricoperte di vegetazione. Budva in particolare è il centro della vita mondana, animata dai divertimenti e dalla confusione che tanto attraggano i giovani di oggi. La sua storia però è antica; Stari Grad, la città vecchia racchiusa dalle mura, è un dedalo di vicoli che mantiene inalterato il suo fascino. Le case in pietra dalle bianche persiane sono state ricostruite dopo il terremoto del 1979. Il piccolo promontorio è circondato da mura su tutti i lati, anche verso il mare. Intorno regna il caos: le spiagge traboccano di ombrelloni, i locali inondano i viali con musica a tutto volume, nel porto sono ormeggiati gli yacht dei ricconi. Le mura e i vicoli proteggono Stari Grad dall’invasione delle auto, creando un’oasi pedonale dove i vacanzieri possono passeggiare godendo le atmosfere del passato. Le maggiori attrazioni monumentali si concentrano nella piazza sulla punta, sulla quale si affacciano la cittadella e ben quattro chiese, oltre a una serie di locali con tavolini all’aperto. Per primo visitiamo St. Ivan. L’interno è semplice con la pietra imbiancata a calce; un moderno mosaico naif, ben inserito nella chiesa antica, raffigura Gesù che porta un sasso bianco sulle spalle, circondato da gente con costumi tradizionali. In mezzo alla piazza, la chiesa della Santa Trinità, che risale all’ottocento, presenta file alternate di pietre bianche e rosa. La facciata ha un campanile a vela con tre campane; l’interno è coperto di affreschi “troppo nuovi” in stile ortodosso (nell’Ultima Cena la tavola è rotonda e Gesù siede su un trono), mentre l’iconostasi ha un aspetto più antico ed è sormontata da un grande crocefisso di legno. In un angolo della piazza le due cappelle di San Saba e Santa Maria della Punta formano un quadretto caratteristico, sfruttato come sfondo per rappresentazioni teatrali (questa sera è prevista la Divina Commedia). Passiamo quindi alla visita della Cittadella, la fortezza affacciata sul mare. La biblioteca è piena di libri su Budva ma Fabietto è un po’ nervoso e ci ostacola la loro visione. Dai bastioni si gode la vista dei tetti di tegole nella città antica, mentre in mare i gommoni fanno la spola avanti e indietro verso l’isola di San Nicola. Terminata la visita, ci sediamo a godere il fresco dell’ombra davanti alla Santa Trinità, quando dietro il campanile passa in cielo un bagnante appeso a un paracadute!
Il pomeriggio a Sveti Stefan vorremmo visitare l’isola ma l’accesso è riservato solo agli ospiti del resort. Chiedendo ai ragazzi della security scopriamo che per tutti gli altri l’unica possibilità è consumare un pasto al costoso ristorante. Anche la spiaggia a destra dell’accesso all’isola è riservata ai suoi ospiti oppure a chi è disposto a spendere cinquanta euro per un ombrellone. Gli ampi spazi vuoti contrastano con l’affollamento della “spiaggia per il popolo”.
Martedì 9 agosto: Kotor
Una delle grandi attrazioni del Montenegro sono le Bocche di Cattaro, il “fiordo più bello del Mediterraneo”, frutto in realtà dell’azione di antichi fiumi e non di un ghiacciaio. Le Bocche sono state incluse tra i venticinque fiordi più belli del mondo; tutti gli altri si trovano in Scandinavia!
Per oggi ci limitiamo a visitare Kotor, collocata nella parte più interna. Per secoli queste terre hanno fatto parte della Repubblica di Venezia e l’italiana Cattaro ha mantenuto le atmosfere di quell’epoca, tanto da meritare il titolo di Patrimonio dell’Umanità. Alle banchine sono ormeggiate due grandi navi da crociera; sull’altro lato del lungomare ombreggiato dalle palme, si levano le mura che circondano la città. Dietro incombono alte montagne rocciose sulle quali si arrampicano a zig zag le fortificazioni; il colpo d’occhio è veramente incantevole. Entriamo in città dalla porta principale, sopra la quale una targa ricorda la data di liberazione dai nazisti. Si accede subito alla lunga Piazza delle Armi, sulla quale affacciano interessanti edifici. Davanti alla Torre dell’Orologio, il curioso monumento con un’appuntita piramide era utilizzato come gogna. Passeggiando per le stradine s’incrociano bei palazzi dai portoni decorati con bassorilievi. Le case sono in pietra bianca, con persiane verdi e tetti di tegole; sembra di essere in Italia. La grande cattedrale di San Trifone è dominata da due alte torri che si stagliano sullo sfondo delle montagne. L’interno invece appare moderno, forse per il freddo pavimento di marmo bianco; qua e là tracce di affreschi antichi. Il bel tabernacolo è formato da pilastri rossi che reggono tre livelli ottagonali con bassorilievi dedicati alla vita del santo, allevatore di oche. Kotor è molto compatta e le piazzette piacevoli si succedono una dopo l’altra. In mezzo a una delle più belle, pavimentata a scacchi bianchi e rosa, sorge la chiesetta di San Luca, dalla curiosa forma che richiama un cofanetto prezioso. In fondo alla piazza la grande chiesa ortodossa di San Nicola risale al 1909; i due campanili sono sormontati da basse cupole a cipolla con croci dorate. La piazza dietro la porta nord costituisce un altro angolo pittoresco, con la chiesa di Sv. Marija Koledata, in pietre bianche e rosa, e un giardinetto che ci concede un po’ di ombra. Attraversando la porta si rimane colpiti dalle fortificazioni che risalgono la montagna; il fossato intorno alle mura oggi è utilizzato come peschiera.
Nonostante l’ora calda, decidiamo di affrontare l’arrampicata fino alla Madonna della Salute. Fabio dorme tranquillo, prima nella fascia abbracciato a papà e poi sdraiato sui gradini all’ombra della cappella. La vista magnifica ci ripaga della faticaccia: subito sotto i tetti di tegole di Kotor, con le due grandi navi da crociera ancorate alla banchina, le acque della baia sembrano quelle di un lago mentre la vista delle fortificazioni che risalgono la montagna è vertiginosa. Naturalmente rinunciamo a proseguire oltre: già così per me e per Fabio è stata una bella sudata.
Ridiscesi in città, visitiamo l’interessante museo marittimo. Le antiche cartine di Cattaro, Perasto e Castelnuovo recano scritte in italiano, poiché risalgono all’epoca veneziana. La Cattaro asburgica invece è riportata nella regione dell’Albania Austriaca. Tra i modellini di velieri mi colpisce una nave di pirati dalle vele triangolari. Un libro riporta i privilegi concessi dalla Repubblica di Venezia al comune di Perzagno; un altro le rade e i porti del Mediterraneo. Alcuni ritratti sono dedicati a capitani di navi. Con l’avvento dell’impero asburgico iniziò la decadenza e nel 1830 duecento marinai di Cattaro lavoravano a Trieste nella Lloyd Adriatico. Il secondo piano è dedicato a tempi più recenti, con foto di battelli a vapore e una sezione dedicata alle guerre mondiali. Nell’atrio d’ingresso un plastico consente di farsi un’idea dell’articolata forma delle Bocche di Cattaro.
Mercoledì 10 agosto: Parco Lovcen – Scala di Kotor
Oggi abbiamo in programma la visita del parco di Lovcen, cuore del Montenegro storico. Prima di Budva lasciamo la costiera, iniziando una ripida salita verso le montagne. Il panorama copre tutta la riviera, con Sveti Stefan e l’isola di San Nicola. Arrivati in cima, proseguiamo fino alla ex capitale di Cetinje, una distesa di casette in una conca circondata da rocciose colline coperte di boschi. Rimandandone la visita a un altro giorno, entriamo nel territorio del parco, percorrendo la strada che ne costeggia il lato occidentale, fino al centro visitatori di Ivanova Korita. Una diramazione conduce al monte Jezerski, seconda cima del Lovcen. Sulla vetta è stato costruito un mausoleo dedicato a Njegos, l’ultimo vladika, principe vescovo, vissuto nell’ottocento; alto più di due metri, è il personaggio storico più amato dal popolo montenegrino, autore del poema epico nazionale “Il Serto della Montagna”. La strada termina in un piccolo piazzale circolare, dal quale si gode un primo panorama sui monti del parco, un paesaggio di rocce e boschi. La vista si spinge fino a Cetinje e ancora più lontano al lago di Scutari. Mentre incombono i nuvoloni di un temporale in arrivo, affrontiamo la lunga scalinata che conduce al mausoleo, in gran parte attraverso una galleria scavata nella roccia. Anche questa volta Fabio “viaggia con papà” nella fascia, ma la scalinata moderna è una pacchia dopo l’esperienza di Kotor. In cima il mausoleo è una sobria struttura squadrata di granito. Due monumentali cariatidi custodiscono l’ingresso della sala principale; rappresentano due donne in costume tradizionale. All’interno una grande statua di marmo nero raffigura Njegos, seduto pensoso sotto un’aquila. La tomba vera e propria si trova in una stanzetta sul retro; da qui si prosegue fino a un piazzale panoramico, ma la vista sulle Bocche di Cattaro è limitata a una piccola porzione per la presenza di altre montagne.
Ridiscesi fino all’imbocco della diramazione, facciamo un breve picnic sull’erba per sfamare Fabio. La strada prosegue stretta verso Kotor, offrendo visioni spettacolari e vertiginose delle Bocche, in tutta la loro contorta estensione. Un vero spettacolo della natura! Sbucati sulla strada Cetinje-Kotor, ci dirigiamo per un tratto verso l’antica capitale, fino alla storica trattoria “Kod Pera na Bukovicu”. La specialità della regione è il prosciutto stagionato e non ci lasciamo certo sfuggire l’occasione. La dinastia Petrovic dei principi vescovi era originaria del vicino villaggio di Njegusi; oggi si visita la casa nella quale nacque Njegos, un lungo edificio in pietra. Dopo il primo piano pieno di ricordi del principe, si passa alle cantine coperte da volte.
Tornando indietro, finalmente raggiungiamo la Scala di Cattaro, considerata una delle strade più belle al mondo. Una successione numerata di venticinque tornanti mozzafiato segnò nell’ottocento il primo collegamento stradale tra il piccolo principato e l’impero austriaco, rompendo l’isolamento dei rudi guerrieri montanari. La strada stretta mi costringe a procedere con molta cautela, anche per apprezzare i continui scorci panoramici. Scendendo Kotor si fa sempre più vicina, dominata dalla grande nave da crociera ancorata alle banchine.
Per tornare a Sveti Stefan non ci resta che seguire la strada per Budva e la costiera. Arriviamo in tempo per un’oretta in spiaggia e un bagno rinfrescante.
Giovedì 11 agosto: Monastero di Ostrog
Trascorsa la mattina in spiaggia ammirando l’isola di Sveti Stefan finalmente illuminata dal sole alle nostre spalle, il pomeriggio decidiamo di visitare il monastero di Ostrog: sarà la gita più lunga del viaggio. Percorrendo la costiera verso sud, raggiungiamo subito Petrovac, un tempo affascinante villaggio di pescatori oggi centro di villeggiatura ad alta densità. Dall’alto della statale si domina tutta la baia con belle montagne coperte di boschi: il mare è azzurro intenso, sopra uno dei due scogli si scorge una piccola cappella. Dopo un altro tratto, sopra una collina si scorgono le rovine della fortezza turca di Haj-Nehaj, per molti secoli a guardia del confine tra l’impero ottomano e i territori della repubblica di Venezia. I collegamenti tra la costa e l’interno in Montenegro sono sempre stati ostacolati dalle montagne; oggi una moderna strada le attraversa con un tunnel a pagamento, permettendo di raggiungere rapidamente il grande lago di Scutari. La strada prosegue fino alla capitale Podgorica; attraversata la sua brutta periferia, pieghiamo seguendo la valle dello Zeta. Il paesaggio è verde con casette sparse tra campi coltivati. Quando le montagne che racchiudono la valle si fanno più alte, compare sul lato opposto una macchia bianca su un costone roccioso: è il monastero di Ostrog. Per raggiungerlo lasciamo la statale, imboccando una strada che scende nella valle con un lungo percorso di stretti tornanti. Arrivati in fondo, ci accorgiamo di avere sbagliato strada e così ci tocca risalire fino al bivio, vicino a un ristorante. La strada che sale al monastero è stretta e piena di buche, con il precipizio subito di fianco.
Nonostante la presenza di Fabio che dorme nel seggiolino, non ci fanno accedere al parcheggio superiore e così mi tocca portarlo nella fascia su per le scale che tagliano gli ultimi tornanti, le stesse percorse dai devoti pellegrini. Il monastero di Ostrog sorge appoggiato su una parete verticale, con le bianche mura incastonate nella roccia. La grande facciata non nasconde dietro di se nessuna chiesa, come si potrebbe pensare: le scale conducono a una serie di pianerottoli con porte chiuse, dall’aspetto di un condominio se non fosse per la nuda parete di roccia subito dietro. Ridiscesi all’ingresso, troviamo i pellegrini in fila per accedere alla cappella sepolcrale di San Basilio, ricavata in una grotta e tutta ricoperta di affreschi. All’interno un monaco, con i lunghi capelli legati, porge una croce da baciare; i fedeli uscendo cammino all’indietro, per non dare spalle al santo, e baciano la porta. Nonostante l’affollamento, il luogo trasmette un’atmosfera di misticismo.
Terminata la visita, m’incammino con Fabio in braccio lungo la strada, evitando le scale scivolose. Subito si ferma una macchina per darmi un passaggio; a bordo c’è una giovane famiglia con mamma, papà e tre bambini. La mamma si sposta acrobaticamente nel sedile posteriore per farmi posto. Una serie di rosari sono appesi allo specchietto retrovisore; in macchina regna una gran confusione e tanta allegria. Ripresa la nostra macchina, ci spostiamo verso il monastero inferiore, facendo prima solo una breve sosta alla chiesa di San Stanko Martire; i muri in pietra chiara sono illuminati dalla luce del tardo pomeriggio. Nel monastero inferiore la chiesa ottocentesca, dominata dall’alto campanile centrale, è affollata per la messa.
Ormai si è fatto tardi ed è tempo di tornare a casa. Il viaggio di ritorno fila tranquillo perché Fabio dorme tutto il tempo, come aveva fatto all’andata, e ormai conosciamo la strada. Dopo due ore senza soste siamo a Sveti Stefan, pronti per la pappa serale di Fabio.
Venerdì 12 agosto: Bar
La mattina raggiungiamo Bar, percorrendo di nuovo la costiera verso sud. Superato l’antico confine ottomano, raggiungiamo il centro balneare di Sutomore sempre congestionato dal traffico dei villeggianti. A Bar facciamo una puntata a un centro medico perché Fabio da un po’ di giorni si è coperto di bollicine. La dottoressa ci tranquillizza, è solo una reazione al sudore e al caldo. Ci consiglia un prodotto naturale, con dei cristalli rossi da sciogliere nell’acqua con cui detergere Fabio. Il servizio sanitario si è dimostrato efficiente e l’utilizzo di un prodotto naturale molto apprezzato; la visita è costata otto euro e l’attesa è stata brevissima.
Nella città nuova l’unica attrattiva è il palazzo che re Nikola, ultimo monarca del Montenegro, fece costruire per accogliere gli ospiti illustri. Il candido edificio giallo, affacciato sul lungomare, è racchiuso da un lussureggiante giardino. Gli alberi e le piante sono originari di tutto il mondo, grazie ai semi portati dai marinai montenegrini. Gli interni del palazzo hanno conservato il mobilio di un tempo. Il fresco del giardino ci invita a una sosta nel ristorante per un rapido pranzo a base d’insalata, polpo e creme brulè.
In auto raggiungiamo Stari Grad, a qualche chilometro dalla città moderna. L’atmosfera cambia completamente: ci troviamo in un quartiere abitato da popolazione musulmana, pieno di moschee. Una fontana di pietra presenta un’iscrizione in caratteri cufici. Le affascinanti rovine della città vecchia si trovano sopra una collina, racchiuse da mura. Dopo i regni slavi nel medio evo e il periodo veneziano, Bar fu sotto il dominio turco per molti secoli finché nel 1878 fu liberata dai montenegrini, che in quell’occasione la bombardarono riducendola nello stato attuale. Le differenti dominazioni hanno determinato una commistione di architetture che rendono il sito particolarmente interessante. Varcate le mura attraverso una torre, raggiungiamo uno spazio adattato a teatro. Sulle pareti sopravissute della chiesa di San Nicola si distinguono alcuni affreschi serbo-bizantini, tra cui una grande raffigurazione del santo. In un angolo delle mura sorge la Cittadella; dai bastioni la vista abbraccia montagne coperte di ulivi e l’antico acquedotto. Su un pennone sventola la bandiera del Montenegro, rossa con un’aquila bicefala gialla (le due teste dell’aquila sono alte, simbolo di un popolo mai sottomesso). Proseguiamo il giro raggiungendo la chiesa di San Giovanni, restaurata e tornata attiva. Nella parte alta la cattedrale di San Giorgio, distrutta da un’esplosione accidentale di polvere da sparo, è scomparsa. Scendiamo attraversando affascinanti resti di cadenti edifici, fino alla Torre dell’Orologio. Il bagno turco presenta un ambiente coperto da una cupola bianca e un altro che fungeva da sauna. Il palazzo del principe è piuttosto malridotto mentre quello episcopale è ricoperto dalla vegetazione.
Terminata la visita di Stari Grad, raggiungiamo in macchina lo Stara Maslina, un ulivo vecchio di 2000 anni, il più antico d’Europa. Le sue dimensioni sono impressionanti; i tronchi rugosi sembrano mostrare la loro età.
Sabato 13 agosto: Cetinje
Per raggiungere Cetinje, seguiamo la strada che dalla costa si arrampica verso il monte Lovcen. Sopra una vetta, si scorge il forte austriaco che vegliava il confine tra l’impero e il piccolo ma bellicoso principato. L’ex capitale, Cetinje, ha mantenuto intatto, ancora oggi, il suo fascino. Sorge in una conca ondulata da colline rocciose, ricoperte di vegetazione. Iniziamo la nostra visita passeggiando per la via principale, lungo la quale si allineano le eleganti palazzine delle ambasciate ottocentesche. Raggiungiamo quindi la piazza centrale: tutto è in “miniatura” ma cerca di riprodurre le magnificenze di una capitale.
Cetinje, che è la più piccola capitale in Europa, ospitando solo cinquemila anime circa, è una piccola città o meglio un grande villaggio, situato in una piccola pianura come un anfiteatro tra le colline. La maggioranza delle case è a due piani con tetti rossi costruiti nello stile “porta al centro, finestra a ogni lato”. Ci sono in realtà solo due strade principali, circondate da queste semplici piccole case, e uno può attraversare a piedi l’intera città in un’ora.
“A Woman in the Balkans” – Will Gordon (1918)
Il palazzo di re Nikola è una piccola reggia con salottini e camere, alle cui pareti sono appesi quadri e foto di famiglia. Nella camera del re spicca per terra una grande pelliccia d’orso. Al piano terra sono esposti stendardi turchi, preda di guerra, con la mezzaluna islamica e scritte in caratteri cufici. Sull’altro lato della piazza si trova il museo etnografico; nell’esposizione mi colpiscono i corredi di biancheria per le future spose conservati in cassapanche di legno dipinte. Il palazzo fortezza della Biljarda fu la residenza di Njegos. Il primo piano è dedicato alla sua memoria, con vari oggetti tra cui il manoscritto del “Serto della Montagna”. Una sala ospita il biliardo da cui deriva il nome dell’edificio. In un padiglione di vetro è conservato il grande plastico del Montenegro realizzato dagli austriaci nel 1917, durante l’occupazione del paese; la sua visione dall’alto permette di farsi un’idea del territorio montuoso, con il profondo solco del canyon del Tara e l’articolata forma delle Bocche di Cattaro. In mezzo a un vasto prato, completa l’insieme la piccola Chiesa di Corte, edificata nell’ottocento sulle rovine del primo monastero; nel 1989 vi sono state trasferite le spoglie di re Nikola e della regina Milena, morti in esilio. Oggi però è in restauro e non possiamo visitarla.
Per pranzo scegliamo il caffè ospitato nell’ex ambasciata bulgara, a fianco del palazzo reale. Raggiungiamo poi il monastero ortodosso di Cetinje, il più importante del Montenegro, più volte ricostruito per le distruzioni operate dai turchi. L’esterno si presenta come una solida struttura in pietra grigia. Nel cortile sulla destra si apre una cappella affrescata che custodisce preziose reliquie, tra cui la mano destra di San Giovanni Battista. Come me, un visitatore montenegrino non riesce tuttavia ad individuarla e mi chiede dove sia. Sul lato opposto del cortile si trova l’ingresso al Tesoro, ma per visitarlo bisogna formare un gruppo numeroso e noi siamo solo in due. Purtroppo non c’è modo di convincere gli intransigenti monaci. E’ un peccato perché custodisce molti oggetti interessanti, tra cui il primo libro stampato in lingua serba.
Il vasto edificio, un tempo sede del governo, oggi ospita il Museo Storico e il Museo d’Arte. La sezione storica copre in ordine cronologico tutte le epoche. La parte più interessante è quella più recente. La tunica indossata dal principe vescovo Danilo, quando fu assassinato, reca i fori delle pallottole. Una foto di famiglia ritrae Nikola, il “suocero d’Europa” insieme alle figlie e ai relativi consorti appartenenti alle più nobili famiglie dell’epoca; si riconosce il futuro re d’Italia, Vittorio Emanuele III con la moglie Elena. Un filmato racconta la cerimonia d’incoronazione di Nikola a re nel 1910. Vi parteciparono reali provenienti da tutta Europa, ma non lo zar russo con grande disappunto dei montenegrini. Dopo cinquanta anni di governo come principe, Nikola decise di trasformare il Montenegro in un regno ma la scelta non gli portò fortuna poiché dopo la prima guerra mondiale perse il trono per l’annessione alla Yugoslavia, nonostante il Montenegro avesse combattuto dalla parte delle potenze vincitrici. Nel museo d’arte il pezzo più interessante è l’icona della Madonna di Philermos, dipinta secondo la tradizione dall’evangelista Luca ed esposta in una cappella tutta illuminata da luce azzurra. Il volto della Madonna, sotto il rivestimento dorato tempestato di gioielli, è stato quasi del tutto cancellato dal tempo. L’icona, appartenuta per lungo tempo ai Cavalieri di San Giovanni, ha passato una storia tempestosa; a Filerimos nell’isola di Rodi esiste ancora la chiesa di Nostra Signora, dove fu custodita per molti anni.
Terminiamo la nostra visita di Cetinje con la chiesa Vlaska. Nel giardino lo “Spirito di Lovcen” raffigura una donna che tiene nella mano destra una spada, sollevata al cielo, e nella sinistra una corona d’alloro. Ricorda i montenegrini emigrati negli Stati Uniti che vollero tornare nel loro paese per difenderlo durante la prima guerra mondiale, ma trovarono la morte naufragando davanti alle coste dell’Albania.
Domenica 14 agosto: Sveti Stefan
Dopo le tante gite dei giorni passati, decidiamo di trascorrere un’intera giornata a Sveti Stefan. La mattina ci godiamo il sole in spiaggia, rinfrescandoci con qualche bagno. Nonostante l’affollamento, l’acqua è trasparente e con la maschera riesco a vedere qualche pesce argentato. Il pomeriggio una passeggiata ci porta verso Przno: il percorso circolare attraversa una pineta, ritornando lungo la costa. Quest’area veramente bella, con una serie di spiagge tra promontori rocciosi, non è sfuggita all’attenzione del turismo di lusso. L’Hotel Milocer tra le due guerre era utilizzato come residenza della famiglia reale jugoslava. La lunga spiaggia subito davanti è riservata ai suoi clienti; i camerieri fanno la spola per raccogliere le ordinazioni tra i pochi ombrelloni. Il sentiero risale poi un promontorio roccioso, raggiungendo la spiaggia riservata ai clienti del resort sull’isola di Sveti Stefan.
Terminata la passeggiata, ci sistemiamo nel breve tratto di spiaggia pubblica sgombero di ombrelloni, sotto il ponte verso l’isola. Da qui la visuale sul paese moderno e le belle montagne che lo circondano è completa; anche la parte per la gente comune tutto sommato fa la sua bella figura!
Lunedì 15 agosto: Monasteri dei Pastrovici
Dopo una mattinata in spiaggia, dedichiamo il pomeriggio alla visita di una serie di monasteri lungo la costa, nei territori un tempo dominati dal clan dei Pastrovici. Lasciata la costiera dopo Przno, una stradina si arrampica fino al monastero di Duljevo, abbarbicato a 450 metri di altezza. Le monache vestite di nero sono raccolte in preghiera nella chiesetta di pietra, in preparazione alla messa. La facciata ha un piccolo campanile a vela e una finestra tonda con croce. All’interno i semplici affreschi sono rovinati ma affascinanti, con figure di re coronati.
Percorrendo la costiera verso sud, superiamo Petrovac fino al monastero di Gradiste, a poche decine di metri dalla strada. Il complesso comprende tre chiese. La prima presenta file alternate di pietre bianche e rosa, un campanile a vela con tre campane, un piccolo rosone e un’iscrizione in cirillico sopra la porta. La seconda ha una struttura analoga ma è più rustica per la pietra lasciata grezza. E’ aperta e possiamo visitarne l’interno affrescato; sulle pareti della navata tra i vari episodi spicca una nave a vela carica di passeggeri. Completano l’insieme, una grande immagine di San Nicola con un libro in mano e una bella iconostasi tutta dipinta. In alto raggiungiamo la cappella più piccola, con una sola campana: il semplice edificio in pietra è circondato dalle tombe di un cimitero. Le croci sono cattoliche, lo saranno anche i defunti? I montenegrini sono cristiani ortodossi ma lungo la costa in passato c’era una numerosa comunità cattolica. Da qui il panorama copre un lungo tratto di mare con la grande spiaggia di Buljarica.
Tornando verso Sveti Stefan, accanto alla strada sorge il monastero di Rezevici. La chiesa in pietra bianca ha un alto campanile a loggia. L’interno è tutto coperto di affreschi moderni: sulla volta la mano di Dio è piena di uomini. La cappella a fianco presenta invece affreschi antichi ma rovinati. In giro incrociamo vari monaci; un giovane conduce i suoi visitatori al belvedere affacciato sul mare. La casa in pietra sulla costiera ospita un museo dedicato al clan dei Pastrovici. In realtà si tratta di un’abitazione con alcune stanza dedicate all’esposizione. Al piano terra un’ampia sala espone biancheria femminile di taglio ottocentesco, insieme a centrini e tovaglie ricamati a mano. Ne approfittiamo per un paio di acquisti.
La sera per cena ci rechiamo a Budva. Nella città vecchia regna una grande animazione ma noi scegliamo un piccolo locale, il “Knez Konoba” con soli tre tavolini sotto un arco in un affascinante vicoletto. Il piatto misto di pesce per due è abbondante e saporito. Fabio vuole scorrazzare per il vicolo, costringendoci a seguirlo a turno avanti e indietro.
Martedì 16 agosto: Baia di Kotor
Giornata dedicata all’esplorazione della baia di Kotor. Superata Kotor, proseguiamo fino a Perast, proprio di fronte al passaggio più stretto delle Bocche. Il paese fiorì sotto la dominazione veneziana e la sua architettura ricorda ancora quel periodo. Di fronte si trovano due isolotti. Uno ospita il monastero benedettino di San Giorgio; la chiesa in pietra scura con il piccolo campanile è circondata da cipressi. L’altra isola, completamente piatta, fu creata nel seicento per ospitare la chiesa della Madonna dello Scalpello. La sua costruzione fu un atto di espiazione per l’uccisione dell’abate benedettino inviato da Kotor (le solite beghe campanilistiche!). In barca raggiungiamo l’isola artificiale. Lo spiazzo davanti alla chiesa è denominato “piazza della riconciliazione”. Sulla punta si trova un piccolo faro moderno, vicino un’antica colonna sormontata da una croce. La chiesa in pietra bianca è caratterizzata dalla cupola ottagonale e dal campanile, che ricorda un faro. L’interno ha un soffitto a cassettoni; nella navata unica, sopra gli stalli di legno, le pareti sono coperte di quadri. Nell’abside l’icona della Madonna dello Scalpello ha tratti delicati. Sul retro della chiesa si trova un piccolo museo che espone oggetti legati alla storia di Perast, tra i quali colpiscono i quadri che raffigurano navi in mezzo a tempeste.
Nel tragitto di ritorno in barca, Perast appare in tutto il suo candore, adagiata sul fianco della collina: le case in pietra bianca sono coperte da tetti di tegole e dominate dai campanili di due chiese, mentre sul lungomare spicca il bel palazzo che ospita il museo, con gli eleganti balconi sormontati dal leone di San Marco. Il museo espone molti oggetti che evidenziano gli stretti legami con la repubblica di Venezia: nelle antiche carte geografiche il mare Adriatico è indicato come golfo di Venezia, un quadro raffigura i perastini che baciano una bandiera con il leone di San Marco. Una bandiera della Russia con la croce di Sant’Andrea segna il passaggio verso il mondo slavo. Passeggiamo per Perast, percorrendo il lungomare; qualcuno ha steso il bucato proprio davanti a una piccola cappella. La grande chiesa di San Nicola è dominata dall’alto campanile ma a quest’ora purtroppo è chiusa. Fa un caldo notevole e per addentrarci nel paese dobbiamo percorrere ripide scalinate tra strette stradine.
Lasciata Perast, proseguiamo per un breve tratto fino a Rissan, dove sono stati scoperti i pavimenti musivi di una villa romana del II secolo. I vari ambienti presentano disegni geometrici in bianco e nero ma una camera ha un bel mosaico a colori con una raffigurazione di Ipno, dio del sonno.
Per raggiungere Herceg Novi, dobbiamo percorrere un lungo tratto delle Bocche, superando Kamenari, punto d’imbarco dei traghetti per le auto. Questa parte è meno spettacolare, molto edificata, con le montagne che si sono fatte più basse. La baia è quasi del tutto priva di spiagge e così per soddisfare le esigenze dei vacanzieri sono stati costruiti diversi moli in cemento addossati alla strada, affollati di bagnanti in questa stagione. Alla periferia di Herceg Novi visitiamo il monastero di Savina; la chiesa della Dormizione è costruita in pietra bianca di Korcula, con un alto campanile frontale. All’interno spicca la grande iconostasi, molto ricca: la Madonna con un manto rosso regge in braccio il Bambino. La semplice chiesetta a fianco invece è imbiancata a calce. L’interno è tutto affrescato, inclusa la volta a botte della navata; sulla parete di fondo l’Ultima Cena si è adattata all’arco ogivale. Herceg Novi si trova di fronte all’imbocco della baia verso l’Adriatico, sulle scoscese pendici che scendono verso il mare; per questo è piena di scale. Lasciata la macchina sulla statale, raggiungiamo subito la fortezza turca di Kanli Kula; oggi utilizzata come teatro, sfrutta il mare e l’ingresso delle Bocche come sfondo scenico. Al centro della piazza principale della cittadina sorge la chiesa ortodossa dell’Arcangelo Michele, circondata da palme, mentre la fontana richiama forme dell’architettura islamica (Herceg Novi è stata a lungo il presidio turco sulle Bocche). Proseguendo nella discesa, attraversiamo la porta sormontata dalla brutta torre dell’orologio, raggiungendo il Bastione Fortemare, altra possente fortezza. La spiaggia più in basso è un carnaio mentre l’ingresso delle Bocche è proprio di fronte. Tornati nella piazza centrale, gustiamo un ottimo gelato seduti ai tavolini di un caffè.
Ormai è tempo di prendere la strada del ritorno. Per cambiare percorso sfruttiamo il traghetto per le auto di Kamenari: in pochi minuti ci porta sull’altra sponda. Durante l’attraversamento godiamo la vista su Perast e le due isolette. Sbarcati, prendiamo la strettissima strada per Kotor che costeggia le acque attraversando affascinanti paesini. Lo spazio è ridotto e molti hanno sistemato tavoli e sedie di fronte a casa, oltre la strada, direttamente sul mare: le banchine sono affollate di bagnanti. Procediamo molto lentamente ammirando palazzi e chiese antiche, fino a raggiungere Kotor, da dove proseguiamo per Budva e Sveti Stefan.
Mercoledì 17 agosto: Przno
Oggi ci concediamo una giornata di riposo senza escursioni ma decidiamo di cambiare spiaggia. Prima però ne approfittiamo per visitare il monastero di Praskvica nei pressi della statale. La chiesa di San Nicola risale all’ottocento ed ha una grande iconostasi dipinta; più in alto la cappella della Santa Trinità è circondata dalle tombe di un cimitero. Dagli alberi sbuca l’isola di Sveti Stefan. Terminata la visita, raggiungiamo la piccola baia di Przno, in fondo alla strada che scende da Sveti Stefan. Anche in questo caso il piccolo borgo di pescatori si è trasformato in un’affollata località balneare. Il grande albergo casinò sovrasta, come un gigante, le piccole case in pietra dei pescatori, affacciate direttamente sulla spiaggia e trasformate in apprezzati ristoranti di pesce. La baia circondata da pareti rocciose è molto raccolta; le barche sono ormeggiate subito di fronte, mentre la casa senza tetto sopra lo scoglio era utilizzata in passato come luogo di quarantena.
La sera torniamo a Przno per cenare al “Langust”; i tavoli affacciati sulla spiaggia permettono di apprezzare lo scenario romantico del tramonto sul mare. Anche gli spaghetti ai frutti di mare e l’orata sono all’altezza del posto.
Giovedì 18 agosto: Lago di Scutari
Giornata dedicata alla visita del lago di Scutari. All’altezza di Petrovac lasciamo la costiera, prendendo la vecchia strada per Podgorica che scavalca le montagne per poi ricongiungersi a quella proveniente dal tunnel. Superato Virpazar, il centro principale sul lago, percorriamo un lungo ponte che ci porta fino al centro visitatori sull’isola di Vranjina. La strada è fiancheggiata dal binario unico della ferrovia Bar – Belgrado, mentre l’isola a ridosso del ponte è interamente occupata dalle rovine della fortezza di Lesandro, passata più volte di mano tra turchi e montenegrini. Al parcheggio ci aggancia Mio: parla perfettamente italiano e ci propone una gita in barca sul lago. Alla fine cediamo alla sua cortese insistenza e ci imbarchiamo con il fratello. Il giro si svolge verso Rijeka Crnojevica nel tratto più stretto del lago, il più spettacolare. Raggiungiamo un gruppo d’isolette; le acque sono ricoperte da sterminate distese di verdi ninfee e la barca s’infila nei passaggi lasciati liberi. Un paesaggio veramente affascinante. Il barcaiolo raccoglie qualche fiore e ne fa dono a Stefania. Da questa visuale appare chiaro perché le due colline arrotondate sull’isola del centro visitatori sono intitolate a Sofia Loren! Un cormorano appollaiato su un ramo non si turba per il nostro passaggio; un monastero proprio sulla riva è raggiungibile solo in barca. Terminata l’escursione, acquistiamo qualche bottiglia di vino rosso “Vrnac” nel negozio ricavato in una grotta.
A Virpazar pranziamo in un locale sulla piazza principale. Dietro il ponte in pietra, la curiosa roccia, alta una ventina di metri, è sormontata da un monumento dedicato ai partigiani caduti nella seconda guerra mondiale, due figure armate con stendardi al vento. Il pomeriggio esploriamo la sponda sud del lago, percorrendo una strada spettacolare che si arrampica sulle montagne. La distesa delle acque appare immensa, alcune isolette ospitano monasteri; subito in basso lo sterminato manto verde di ninfee sembra una prateria. La strada a una sola corsia mi costringe a guidare con grande attenzione. La situazione peggiora ancora lungo la deviazione per Murici, una discesa mozzafiato: la striscia di asfalto in mezzo alla pietraia è veramente malridotta. Alla fine raggiungiamo il paesino caratterizzato dall’alto minareto della moschea. La moglie del barcaiolo ci segnala la strada per la spiaggia. Il molo è ridotto a una discarica, ma il campeggio di fianco è piacevole come anche i bungalow del villaggio vacanze. Di fronte alla spiaggia di sassolini si trova un isolotto roccioso; dalla vegetazione spuntano le croci delle cappelle. Faccio un bagno nelle basse acque del lago; il fondale è pieno di alghe e sono circondato da minuscoli pesciolini. Finalmente arriva il barcaiolo che ci accompagna all’isolotto. La barca di legno è piatta, sopra sono collocati due ombrelloni per riparare dal sole. Sopra le rocce bianche dell’isolotto, la prima fascia di vegetazione verde è sormontata da un’altra color ruggine bruciata dal sole, come in un autunno anticipato; i colori insieme all’azzurro delle acque formano un quadretto splendido. Attracchiamo in una piccola baia. La prima chiesa è aperta; il semplice interno reca un’iconostasi in pietra ed è protetto da due “navate laterali” come a Cipro. Nel secondo edificio, più grande, è in corso un restauro che sembra in realtà una ricostruzione. Sopraggiunge in barca una giovane monaca vestita di nero.
Venerdì 19 agosto: Sveti Stefan
Dopo una mattina in spiaggia, ci “vestiamo eleganti” per raggiungere il ristorante del resort sull’isola dove abbiamo prenotato il pranzo. Arrivati al ponte di accesso, i tipi della security appaiono molto sospettosi e controllano che il mio cognome figuri nella lista delle prenotazioni. Ci spiegano inoltre che in genere i bambini non sono ammessi sull’isola e quindi telefonano per chiedere se possono lasciarci passare. Ottenute le autorizzazioni, ci accompagnano lungo il ponte fino all’ingresso dell’isola. Naturalmente non possiamo girare da soli e una cameriera ci conduce fino al ristorante. Per raggiungerlo abbiamo comunque l’occasione di attraversare l’isola, una vera oasi di pace, ombreggiata dagli alberi e allietata dal canto degli uccelli. Le case, tutte perfettamente risistemate, sono in pietra grigia, con le persiane di legno tinteggiate di bianco e i tetti di tegole. Ai viottoli sono stati assegnati nomi romantici come “cliff lane” e “poetry lane”. La piazzetta del borgo ospita i tavoli del ristorante, piacevolmente ombreggiati dagli alberi; dietro, la chiesetta di Sveti Stefan. I camerieri sono gentilissimi e quest’improvvisa immersione nel mondo dei ricchi mi fa sentire un po’ strano. Anche Fabio, forse intimidito dall’atmosfera ovattata, se ne starà seduto buono per tutto il pranzo, invece di scorrazzare avanti e indietro come il solito. Il pranzo è squisito: come antipasti gustiamo melanzane con formaggio di capra e polpettine di baccalà, seguiti da zuppa di pesce e agnello arrosto come portate principale; il tutto innaffiato da due bicchieri di vino. Alla fine il conto è di 94 euro, addolcito da un ottimo creme brulé servito in un barattolino di vetro. La cameriera Maria si prende cura di noi, riempiendo Fabio di attenzioni; dopo il pranzo ci accompagna alla chiesetta di Sveti Stefan. Presenta il solito campanile a vela con tre campane ed è affiancata da una cappella più piccola; non si può visitare perché apre solo una volta l’anno, per la ricorrenza del patrono. Stefania chiacchierando con Maria scopre che gli ospiti del resort vengono da tutto il mondo. Lasciata l’isola, svestiamo subito i nostri panni, anche perché fa un caldo bestiale, e mentre Stefania spinge il passeggino per la strada, io a torso nudo prendo in braccio Fabio lungo le scale verso casa.
Sabato 20 agosto: Rijeka Crnojevica – Bar
Ultimo giorno in Montenegro: alle dieci e mezzo dobbiamo lasciare l’appartamento mentre il traghetto da Bar salperà solo la sera. Ne approfittiamo per un’altra gita verso il lago di Scutari. Percorsa la strada della volta scorsa fino a Virpazar, pieghiamo a sinistra in direzione di Rijeka Crnojevica. La stradina di campagna a una corsia questa volta ha un buon manto asfaltato. Salendo, la vista prima si apre sul lago, poi appaiono meravigliosi scorci sul fiume Crnojevic. Il panorama più bello si gode vicino a un baracchino: il fiume serpeggia tra le montagne, con le acque coperte da un manto incredibile di ninfee!
Rijeka Crnojevica, in passato luogo di villeggiatura dalla famiglia reale, si trova a una decina di chilometri da Cetinje. Arrivando si scorge prima un’alta ciminiera, poi un bel ponte in pietra a due archi. Le case del paese sono allineate lungo il fiume, con le barche ormeggiate sulla sponda erbosa. Lo scorcio più affascinante è fornito dall’antico ponte pedonale a schiena d’asino. Il ristorante “Stari Most” è considerato uno dei migliori del Montenegro e ne approfittiamo per un pranzo a base di pesce. Le carpe fritte panate per la verità sono un po’ asciutte. E’ una giornata torrida ma decidiamo ugualmente di fare una gita in barca, anche perché Fabio si è molto divertito nelle precedenti. Percorriamo un bel tratto di fiume verso il lago, ammirando dal basso i paesaggi osservati dalla strada. Il manto verde delle foglie delle ninfee è incantevole. Tornati a Rijeka, non ci sfugge una cappella: esternamente sembra un negozio ma l’interno, con un basso soffitto a volta, è tutto affrescato.
Terminate le escursioni riprendiamo l’auto puntando decisi verso Bar. Siamo in grande anticipo sul traghetto e così ne approfittiamo per gustare un creme brulé nel giardino del palazzo di Re Nikola. Alle sei siamo già al porto e sbrighiamo in un attimo le operazioni per il check-in. L’imbarco invece avverrà molto più tardi, costringendoci a un notevole impegno per tenere occupato Fabio. In attesa sono quasi tutti italiani e l’accento pugliese è dominante.
Domenica 21 agosto: Bar – Bari – Roma
Nel traghetto ci assegnano la cabina accanto a quella dell’andata. Anche questa volta la notte trascorre tranquilla. La mattina a Bari le operazioni di sbarco sono un po’ più lunghe ma alle otto e mezzo siamo già fuori dal porto. Fabio, dopo qualche pianto, si addormenta in auto e noi decidiamo di non fermarci finché non si sveglia: nonostante l’alta stagione lungo l’autostrada non c’è traffico e Fabio continua a dormire per tutto il tempo. Per pranzo siamo già a Roma, senza aver fatto nessuna sosta.