Islantilla, ultimo lembo di Spagna

Tra la Costa de la Luz andalusa e l'Algarve portoghese
Scritto da: Nube
islantilla, ultimo lembo di spagna
Partenza il: 01/06/2010
Ritorno il: 08/06/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 500 €
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Ancora su un volo Vueling da Venezia con destino Siviglia per ripercorrere la rotta che avevamo fatto, non molti mesi prima, in condizioni atmosferiche alquanto avverse che ci avevano tenuti allacciati per tutto il volo. Ora la situazione meteo è migliore e nelle due ore e mezza di volo il segnale si accende solo per brevi tratti. L’assenza di nubi ci permette di prendere subito confidenza con la costa ed il paesaggio talvolta montuoso e arido dell’entroterra andaluso. Scesi dall’aereo è una sferzata calda che ci investe: fanno 38° gradi, siamo a Siviglia e qui non si scherza, non è la prima volta che veniamo da queste parti. Ci affrettiamo a prendere l’auto noleggiata per puntare verso la costa dove speriamo di trovare refrigerio. La nostra meta è questa volta Islantilla, una località sorta di recente accanto alla più nota Antilla, considerata la spiaggia d’eccellenza per le famiglie, dove si riversano i sivigliani per sfuggire alla calura (come avremo modo di appurare). E’ una località sull’Atlantico a pochi km dal confine portoghese e a circa 150 km da Siviglia. Le indicazioni sono chiare, seguiamo dapprima la scorrevole Autopista del Centenario che ci conduce a Huelva e da qui prendiamo la biforcazione per Ayamonte, ultimo avamposto spagnolo prima del Portogallo. A Lepe troviamo indicazioni per le spiagge e, attraversando campi sterminati di fragole, distese di aranci ed ulivi, arriviamo facilmente al nostro Grand Hotel Puerto Antilla. L’impatto con l’esterno è subito di sollievo, vi spira una fresca brezza nonostante il sole picchi, l’aria è tersa e tutto risplende. L’hotel è la prima gradita sorpresa: veniamo accolti da una hall immensa che si apre in altezza con vari piani da cui debordano piante lussureggianti tanto che sembra di stare in una foresta tropicale. Al di là dell’ampia vetrata intravvediamo uno splendido giardino con piante e fiori che fa da cornice ad enormi piscine. Le premesse ci sono tutte per assicurarci relax e qualità dei servizi, non ci resta che verificare. Dopo cena ci spingiamo fuori dal cancello che delimita il nostro hotel prospiciente sul “paseo maritimo” ed è ancora una sorpresa. La lunga ed ampia passeggiata lastricata è fiancheggiata da un’alta duna di sabbia ricoperta di tamerici e vegetazione spontanea. Leggere passerelle in legno sovrastano la duna e conducono all’immensa spiaggia digradante sull’oceano. 2° giorno Prendiamo confidenza con gli ampi spazi dell’hotel e recuperiamo dei teli per il mare attraverso un percorso così complicato che sembra una caccia al tesoro. Ci rilassiamo in piscina nonostante la presenza di molti piccoli spagnoli e portoghesi: è il periodo delle famiglie con ninos che godono di speciali tariffe. Incominciamo ad esplorare i dintorni; ci incuriosisce in particolare il Portogallo che è molto vicino e vogliamo raggiungerlo con il ferry che parte da Ayamonte. Questo era un tempo l’unico collegamento con il paese confinante, prima dell’apertura dell’aereo ponte di Calatrava che ora collega le due sponde del Guadiana. Passiamo per Isla Cristina, un’importante località balneare costruita attorno ad un villaggio di pescatori che ha tuttora un notevole porto peschereccio e un mercato del pesce. Ci gustiamo dell’ottimo pesce fresco nel ristorante dei fratelli Moreno, una specie di osteria di fronte al porto, frequentato dai locali, dove mangiamo bene senza essere spennati. Arriviamo ad Ayamonte appena in tempo per parcheggiare l’auto e prendere il battello (euro 1.50 per pax e tratta) che con una breve gita sul Guadiana ci traghetterà in Portogallo a Villa Real de San Antonio. Da padovani ci sentiamo in un luogo familiare legato alla memoria del nostro santo che però ha visto i natali in questa terra. Dallo stile degli edifici s’intuisce subito che siamo in un altro stato e questo ce lo ricordano anche il fuso orario (- 1 h) e la lingua che qui ha suoni per noi più incomprensibili. Il paesino è caratteristico con la sua mappa perfettamente a scacchiera, frutto di un progetto illuministico, che volle far nascere una città esattamente in corrispondenza di quella spagnola al di là del fiume. L’aspetto è un po’ troppo commerciale: ogni porta è un negozietto di biancheria per la casa, di asciugamani e tovaglie con il galletto, simbolo del Portogallo, riprodotto veramente in tutte le salse non commestibili! 3° giorno Facciamo in mattinata una lunga passeggiata in riva al mare sull’ampio paseo che porta all’Antilla, località balneare molto amata dai sivigliani che qui hanno le loro case dove arrivano in massa nei week-end e nelle feste religiose, che non sono poche. La spiaggia è immensa e per questo è adatta particolarmente alle famiglie con bambini. Arriviamo fino al mercato del pesce, ma sono le 11 e non c’è quasi più niente. Sostiamo un po’ al caffè Belvedere che fa onore al nome per la splendida veduta che offre: una finestra spalancata su una spiaggia quasi deserta lambita dall’oceano. Per pranzo, attratti dall’aspetto casereccio, ci fermiamo nella trattoria improvvisata nella casa di un pescatore che ha allestito un po’ di tavolini, coperti da tralicci di verde, sul marciapiede. Ingannati da quel che ci sembrava una casa autentica abbiamo ordinato l’ennesima paella in terra ispanica che si rivelerà come tutte le precedenti una fregatura per turisti con riso scotto e pescato surgelato. Trattoria Da Antonio, per chi approda da queste parti, certamente da evitare. Neanche il gazpacho si salva: tutto aglio e liquido come l’acqua. Dopo cena facciamo invece una piccola escursione a Lepe, il capoluogo di questa zona dove c’è il famoso santuario della Vergine di Lepe, detta anche La Bella, dalla prima esclamazione dei due frati che ritrovarono per caso nei campi l’effigie della Madonna. Troviamo purtroppo il santuario chiuso, ma ci fermiamo ugualmente in questo sperduto paese andaluso nella Plaza de Espana ad osservare la vita locale tra una folla di anziani, bambini che giocano e madri ciarliere, dove si confonde il vecchio con il nuovo ricordandoci com’era in passato anche da noi, nei filò del dopocena. 4° giorno Vogliamo dedicarlo a Cristoforo Colombo seguendo le sue tracce nell’itinerario colombino che è stato qui predisposto per revocarne la memoria. Prima però desideriamo passare per El Rompido per rivedere un hotel 5* in cui eravamo stati anni prima. Il golf club El Rompido è ancora un luogo magnifico, anzi la vegetazione lo arricchisce di più e l’hotel di design è ancora molto ben tenuto. Notiamo tanti piccoli dettagli che fanno la differenza e danno quel qualcosa in più rispetto ad un hotel quattro stelle. Invece ci delude il piccolo pueblo di pescatori: allora quattro case con pochi abitanti del luogo, ora quasi inghiottito da costruzioni che ne hanno sconvolto il fascino. Arriviamo a Huelva per la strada che costeggia le Marismas dell’Odiel, un’enorme distesa naturale formatasi alla foce dell’omonimo fiume che offre di continuo scorci paesaggistici di vero interesse. Attraverso le indicazioni per puerto exterior arriviamo al monumento a Cristòbal Colòn, come il genovese è chiamato da queste parti. E’ una statua di 37 metri di altezza costruita nel 1929 ad opera di una scultrice americana. Molto impressionante per l’altezza e l’aura di mistero che avvolge questo colosso di pietra ritto su un alto basamento che volge lo sguardo enigmatico in direzione dell’America. Suggestiva anche la sua collocazione in una piccola penisola alla confluenza dei due fiumi Rio Tinto e Odiel. Basta attraversare il lungo ponte e siamo già al monastero della Rabida, luogo pregno di ricordi colombini. Lo visitiamo al suo interno con molta attenzione seguendo la traccia del foglietto che ci viene fornito. Hanno ricostruito con molta cura ed in stile didattico tutta l’avventura colombina, è stato per noi un ripasso della storia e l’incontro con i grandi personaggi che hanno reso possibile questa avventura, primo fra tutti il frate astrologo che lo appoggiò e cercò le entrature presso la corona di Castiglia. Suggestiva la cappella dove Colombo si ritirò a pregare prima della partenza. Sotto al monastero, sul fiume, sono state ricostruite le tre caravelle che si possono visitare. Passiamo poi per Palos de la Frontera, arrampicata su un colle, da dove proveniva gran parte dell’equipaggio di Colombo e sostiamo alla Fontanilla, che ora è asciutta, ma che un tempo aveva fornito d’acqua le caravelle prima di mettersi in viaggio. 5° giorno Facciamo un’altra piccola escursione in Portogallo, ora per via terra, passando sopra il ponte scenografico sul Guadiana che avevamo visto da Ayamonte. Molto utile la fermata all’ufficio del turismo sulla destra appena passato il ponte (attenzione a cambiare l’ora) che fornisce piantine e opuscoli dell’Algarve. Noi vogliamo curiosare un po’ solo nel primo tratto di costa, quella confinante con la Spagna: si chiama Sotavento, arriva fino a Faro ed è caratterizzata da marismas e spiagge di sabbia (mentre da Faro in poi si innalzano le alte falesie e si trovano le località più conosciute e frequentate dai turisti). Decidiamo di evitare Faro per non entrare nel caos della città e facciamo invece un piacevole percorso a ritroso attraversando i piccoli villaggi della costa. Ci fermiamo quindi a Olhao, dove tra l’altro è giorno di mercato e fatichiamo un po’ a parcheggiare. Il paese è molto caratteristico con la sua impronta araba data dalle case simili a cubi rigorosamente bianchi. Passeggiamo per il centro storico fino alla chiesa madre ed abbiamo la percezione di un tenore di vita più sottotono rispetto alla vicina Spagna. Sul porto si affacciano due enormi cubi in mattoni rossi: sono i mercati, uno dedicato al pesce (grande offerta e prezzi contenuti), l’altro alle verdure dove però notiamo i prezzi più alti rispetto ai banchetti sistemati fuori. Prossima sosta a Luz di Tavira, un borgo di quattro case, per vedere la chiesa che, come dice la guida, ha un interessante portale manuelino; ma la chiesa è chiusa e di arte manuelina c’è di meglio in Portogallo, non merita una sosta. Ripartiamo in direzione Tavira ma siamo deviati dall’indicazione Torre dell’Aires che seguiamo per una stradina fino ad arrivare alle marismas del Ria Formosa, un parco naturale incantevole fatto di dune, lagune e splendida vegetazione come ginestre ed eriche blu. Tavira è un’altra località molto caratteristica con case bianche dai tipici tetti a “forbice”, azulejos che decorano le facciate, una luce intensa che pervade ogni cosa. Ci spingiamo fino a Piazza della Repubblica per arrivare al fiume Gilao che attraversa la città con le sue belle case che ne seguono il profilo. Dal ponte si gode una stupenda vista che spazia dai monti al mare. Entriamo anche nella chiesa della Misericordia a due passi dall’ufficio turistico (chiuso di sabato!) sulla via che porta al castello. L’interno della chiesa merita una visita per i grandi azulejos che ne decorano le pareti. 6° giorno – Corpus Christi – domenica E’ una grande festa per i sivigliani che hanno iniziato il ponte già da giovedì sera; ci sono delle grandi processioni in varie località, ma sono troppo lontane da dove ci troviamo così passiamo quasi tutta la giornata ad Islantilla. Al mattino siamo attratti dall’andirivieni delle barche dei pescatori che portano a riva secchi carichi di seppie, sogliole e langostinos direttamente venduti a chi può permettersi di cucinarlo perché qui ha casa e i prezzi sono decisamente inferiori che al mercato. Dopo cena prendiamo l’auto e ritorniamo ad Ayamonte perché ci dispiaceva andarcene senza averla visitata. Ha un bel porticciolo turistico ed è un posto tipicamente spagnolo con ampie piazze decorate da panchine ricoperte di azulejos colorati dove la gente si incontra, conversa ed ama stare all’aperto. E’ una bella immagine della vita spagnola e della concezione più dilatata del tempo che si percepisce in questi luoghi. Sostare fuori è piacevole anche per noi nordici: sono le nove e mezza di sera ed il sole è ancora accecante! Anche il paesaggio che circonda Ayamonte è tipicamente andaluso, tutto campi di fragole, aranceti ed ulivi. 7° giorno Partiamo un po’ a malincuore da Islantilla e dal Grand Hotel dove il soggiorno è stato così confortevole, che si poteva prolungare ancora di qualche giorno questa vacanza. Rientriamo a Siviglia con un giorno di anticipo sia per gustarci ancora una volta questa movimentata città, che per prendere l’aereo di buon’ora il giorno successivo. Alloggiamo all’hotel Abba Triana, una buona catena di hotel spagnoli, che non conoscevamo. La struttura in stile moderno è accogliente con camere e bagni di buone dimensioni, ma il plus è la vista sul Guadalquivir che si gode dalle camere. Dal popolare quartiere di Triana si può andare anche a piedi in centro attraversando il Ponte Isabella II, anche se non è proprio vicinissimo. In alternativa si può prendere un taxi che per 4 euro ti porta in centro. Rivediamo all’interno la Cattedrale di cui avevamo ricordi confusi (ingr. Int. 8 euro, anziani +65 2 euro). Ritorniamo sulle Sierpes, le vie dei negozi e ristorantini dove ci fermiamo a mangiare qualcosa anche se il servizio e il cibo sono prettamente per turisti. Ci avventuriamo poi in una lunga camminata per trovare il Convento di Santa Ines, chiedendo anche per strada ed ottenendo risposte vaghe o sgarbate. Evidentemente questo convento di clausura, che sforna ottimi biscotti, come avevamo visto di recente in un servizio in tv, non è conosciuto da tutti i sivigliani. Raggiungiamo a fatica questo posto, ma intuiamo che siamo arrivati quando soavi voci femminili escono da un’alta grata che prospetta sulla strada: sono le suore di clausura che si ritrovano per i canti a certe scadenze del giorno. Attraverso una porticina, che si apre prima della chiesa, si entra in un piccolo patio nel cui angolo c’è una sorta di ruota degli esposti, l’unico contatto delle monache con il mondo esterno senza farsi vedere. Si sceglie dalla lista a fianco il tipo di biscotti che si vuole ordinare: noi siamo andati a caso e preso due, tre nomi dall’elenco. Si suona il campanello, risponde una suora con un’invocazione al Signore alla quale bisognerebbe rispondere adeguatamente avendo un frasario più nutrito del nostro; si fa l’ordine, si sente un tramestio al di là, un registratore che batte uno scontrino e una voce che dice l’importo. Depositi i soldi, il resto ti ritorna automaticamente con i biscotti ordinati ed il contatto è già chiuso. Un’esperienza da provare come i biscotti semplici ma fragranti. La serata ci riserva ancora una chicca; nella guida agli eventi troviamo un concerto classico, offerto dagli allievi del conservatorio, in calle de los Banos: un nutrito gruppo di orchestrali eseguirà abilmente un programma impegnativo (Mendelsshon, Wagner e Beethoven) che catturerà la nostra attenzione fino a tarda ora concludendo, con questa gradita parentesi musicale, il nostro reiterato soggiorno in terra andalusa.


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