Iran dopo 30 anni
Trent’anni costituiscono già l’arco di una intera esistenza ed infatti le uniche cose che riconosco, sono alcuni tratti di strada in Tehràn, i mausolei, le moschee già visitate.
Tutto è cambiato, le strade, i grandi viali alberati di cui la gran parte delle città iraniane è abbondantemente provvista, perfino il traffico che è sempre estremamente caotico ma uno scherzo, rispetto a quello ‘mortale’ di allora di cui porto ancora il ricordo.
Stilando una classifica dei primi tre paesi dal traffico incredibilmente e terribilmente caotico, per conto mio, ed in base alle città da me visitate finora, riservo senza esitare la prima posizione a New Delhi, al secondo posto metto Kabùl ed al terzo Tehràn.
Nei miei ricordi, era rimasto un paese povero, piuttosto arretrato, in particolare fuori dalle mura delle grandi città.
Ritrovo un paese in forte ascesa, moderno, aggiornato tecnologicamente, sostanzialmente autosufficiente sebbene esso sia costretto dalle ben note sanzioni imposte dalle nazioni unite.
Il nostro itinerario comprende due distinte fasi: il primo è il classico tour delle grandi testimonianze artistiche, il secondo è invece costituito da due escursioni nel deserto. La prima, di una giornata, con base di partenza in Yazd , nel Dasht e Luth’, la seconda, di tre giorni, con base di partenza in Kashàn ed escursione lungo il ramo iraniano diretto verso sud della via della seta, alla ricerca di alcuni caravansarai fra i più suggestivi.
Non tutti, probabilmente, conoscono esattamente il significato del termine ‘caravansarai’, (caravanserraglio). Entrerò più nello specifico in un’altra occasione, mi ripropongo infatti di riportare in un racconto più dedicato, l’esperienza nel deserto iraniano. Intanto mi limito a scrivere che esse erano strutture nate proprio in Iràn, diffuse successivamente anche in altri paesi e che anticamente rivestivano grande importanza logistica, quali vere e proprie stazioni di sosta e maggiormente di rifornimento d’acqua, lungo le carovaniere che, come appunto la ‘via della seta’, collegavano l’occidente all’oriente oppure, più semplicemente, i centri ad alto traffico commerciale fra loro.
Il volo: Milano Malpensa — Tehràn con Iràn Air.
Volo di cinque ore e mezzo di durata. L’aeromobile era un non meglio identificato, nel senso che non l’avevo mai sentito prima, Airbus ‘A 310’; aereo piccolo, obsoleto, sedili scomodi e che sarebbe improponibile, per un passeggero della mia corporatura per tratte di maggior durata. Assistenza in volo discreta.
Sfatiamo, per incominciare, il passaparola senza alcun fondamento, secondo il quale le donne dovrebbero velarsi il capo già sull’aereo. Non è vero, anche le passeggere iraniane erano vestite con abiti estivi alla occidentale ed a capo scoperto, fino all’arrivo a Tehràn.
Abbiamo usufruito di un volo interno, con la stessa compagnia aerea, il Tehràn-Shiràz, in partenza dal vecchio aeroporto, non lontano dal monumento alla libertà, l’Azadì, che attualmente gestisce soltanto i domestic flights.
L’aeroporto internazionale ‘Imàm Komeinì, è una struttura moderna che ho trovato ben organizzata e funzionante. Dista circa 60 km dal centro di Tehràn, a cui è collegato dalla moderna e veloce superstrada proveniente dal Golfo Persico e che collega Qom alla città. Coloro che partono, devono prevedere, nelle ore di punta, anche 3 ore per raggiungerlo dal centro città. Il nostro periodo di viaggio è coinciso con l’anniversario, il 2 giugno, della morte di Komeinì, il cui mausoleo si trova proprio lungo la strada per e dall’aeroporto. Abbiamo avuto la fortuna di avere il volo di ritorno alle 6,30 del mattino per cui alle 4 non c’era gran traffico, ma di giorno, a causa dei milioni d’auto dei pellegrini, sarebbe stato quasi impossibile raggiungerlo anche in 5 o 6 ore. Bisogna tener presente ciò nel caso che il proprio volo cadesse di venerdì, giorno di pellegrinaggio al mausoleo durante tutto l’arco dell’anno.
Il viaggio: Chiarisco subito che non starò a perdere nemmeno un minuto di tempo libero, a descrivere città e monumenti visitati, se non per le cose che per noi sono risultate particolarmente rilevanti.
Si tratta infatti di notizie abbondantemente e meglio reperibili in qualsiasi testo d’arte persiana o guida di viaggio e le opinioni al riguardo che potrei riportare potrebbero non corrispondere con quelle di coloro che già le hanno visitate o che le visiteranno in futuro. Mi limiterò, invece, a qualche consigliuo più pratico ed inerente allo schema di programmazione, secondo me, oggi, ideale, per visitare le cose ed i luoghi più importanti del paese.
Come abbiamo viaggiato: In aereo, come scritto sopra, da Tehràn a Shiraz. A Shiràz abbiamo preso un’auto con driver parlante inglese e con essi siamo ritornati fino a Tehràn.
Sottolineo l’opportunità e l’utilità impagabile di poter disporre di un buon interprete. In Iràn, specialmente fuori dalle grandi città, in pochi sono coloro che parlano lingue differenti dal farsi, pertanto quello di usufruire di una comunicazione di buona qualità diventa spesso un problema.
Come in tutto il mondo, al turista è spesso riservato un trattamento economico parallelo a quello riservato ai locali, sicchè talvolta, non sempre, il sovrapprezzo rasenta il doppio oppure anche il triplo delle tariffe tradizionali locali, giocando anche sul fatto che il conto viene presentato nella maggioranza dei casi in caratteri persiani e quindi per i più incomprensibili.
Il nostro driver, Farhad, una persona molto corretta e seria, ha sempre rifiutato, smascherandole in modo molto irritato, le mazzette offertegli dai negozi o dai ristoranti in cui siamo stati, per ottenere il suo silenzio al momento di saldare un conto ‘truccato’ all’uopo. Abbiamo interamente condiviso 13 giorni di viaggio durante i quali potrei dire che si è instaurato un reciproco rapporto di amicizia e di stima.
Nel Dasht e Kevìr, invece, abbiamo ingaggiato Ahsàn, un giovane efficientissimo ranger espertissimo di deserto ed abbiamo viaggiato con la sua tremenda, quanto incredibilmente efficiente Jeep Willis 1600 cc quattro cilindri diesel, di trent’anni fa. Poiché Ahsàn non conosce una sola parola differente dal farsi, Farhàd si lasciato convincere, ha vinto le paure e si è unito a noi nell’avventura, in qualità di indispensabile interprete.
Le città: Il nostro programma prevedeva: -Tehràn. Le abbiamo dedicato complessivamente un giorno e mezzo, di cui uno all’arrivo ed un’altra metà al ritorno. Secondo me è il tempo più che sufficiente per poter visitare i loci più interessanti, per trascorrere una piacevole serata in qualche ristorante, magari alle pendici dell’Alburz, dove c’è un intero quartiere dedicato ai ristoranti tipici, una sorta di Grinzing viennese o di Fiesole, dove gli iraniani migrano in massa la sera per rinfrescarsi dal caldo della città. A Tehràn raccomando agli appassionati del genere, una visita all’old Bazar, sicuramente il più grande e meglio fornito di tutto l’Iràn. Una piccola città nella città, assolutamente non turistica ed in cui convergono commercianti da tutto il paese.
– Shiràz. Due giorni possono bastare per visitare le cose più salienti. Una giornata per l’ineludibile e, scusate la retorica, stupenda Persepolis, un’altra per la visita della città. E’una bella città del sud dove l’aria che si respira è più integralista, già molto diversa rispetto a quella francamente più evoluta e sofisticata della capitale.
-Yazd. La nostra prediletta! Arrivandoci abbiamo sostato a Pasargade, un po’ deludente ma sempre emozionante considerando il fatto di trovarsi a calcare la terra sulla quale mossero i loro passi Ciro ed Alessandro, ‘i grandi’.
Per ‘visitarla’ secondo gli schemi prettamente turistici, a Yazd basterebbe dedicare anche una sola, intera, giornata. A noi non sono bastati tre giorni per viverla godendocela appena un po’ di più dello standard turistico. Col senno di poi, avremmo anche preferito rinunciare a qualche successiva tappa intermedia per potercela godere un giorno in più. Avrei trascorso una intera giornata girando attorno e sedendomi ad osservarle presso le ‘torri del silenzio’. Vorrei essere ancora in giro per i vicoli di terra e paglia della cittadella, per le gallerie dell’antichissimo, piccolo ma vivace bazar.
Con base a Yazd abbiamo fatto le escursioni per —– e ——, e quella nel Dasht e Luth, il deserto più a sud del Kevìr, (che poi significa ‘deserto’), per raggiungere la suggestiva ‘Chak Chak’, località isolata su di una aspra montagna rocciosa nel mezzo del deserto, luogo sacro per i seguaci della religione zoroastriana.
-Isfahàn. Isfahàn tre giorni interi di visita se li merita tutti. E’ sicuramente una città che colpisce in modo particolare per la sostanziale eleganza, (sobria eleganza rispetto alla capitale), dei suoi abitanti, nonché per lo schema urbanistico che, grazie allo Zeyandè, il fiume che la attraversa per tutta la lunghezza, assume dei toni estremamente occidentali.
Avevo visitato questa bellissima città, trent’anni fa e mi accorgo soltanto oggi di averlo fatto in maniera molto superficiale ed irrispettosa. E’ irriconoscibile, ricordavo il fiume, i viali alberati in prossimità dello stesso, mentre non ricordavo un verde così diffuso in tutte le strade della città. D’altronde, in 30 anni, gli alberi crescono un bel po’ e trasformano profondamente il profilo estetico della città. La splendida Meidun-e Emam, detta anche Meidun-e Naghsh-e Jahan è la piazza spettacolare che costituisce il cuore urbanistico della città.
Rivedere lo splendore della Masjed-e Sheikh Lotfollah è stata per me una grande emozione.
Grande delusione, invece, ha prodotto in me il rivedere la Masjed-e Emam, la grande moschea che chiude uno dei lati corti nella piazza. Purtroppo la moschea è adoperata per la preghiera durante la stagione estiva ed il suo spettacolare cortile interno è deturpato dalla presenza di una devastante struttura in tubi innocenti, la cui funzione è quella di sostenere un grande telo per far ombra sui fedeli, che la occupa per intero.
– Abianeh, Kashàn.
Località da visitare molto velocemente, in una giornata si può fare tranquillamente. Una nota d’attualità merita il fatto che, in direzione di Kashàn, sul lato sinistro dell’autostrada, è ben visibile il sito nucleare di Natane, del quale oggi si parla in tutto il mondo. Nella zona esiste il divieto assoluto di fotografare, anzi, per cautela, chiudo la macchina fotografica nello zaino e lo ripongo sotto altri bagagli, non si sa mai! L’area è platealmente costellata da vecchi cannoni e mitragliatrici antiaereo puntati verso il cielo che farebbero ridere i polli se non fosse più che evidente il loro fine esclusivamente propagandistico locale. Comunque vi si vedono moltissimi macchinari da movimento terra in azione che scavano ed ammucchiano terra dappertutto, insomma si capisce abbastanza facilmente che la zona è in fermento.
-Marenjàb, Ghasre Barham ed i caravansarai lungo la silk road.
La parte di percorso che, da sola, vale di per se tutto un viaggio! Luoghi meravigliosi, dai paesaggi, dai colori e dalle luci veramente fantastici. Le località si trovano nel vero senso del termine, (facendo eccezione per Maranjab che è un po’ meno remota delle altre), fuori dal mondo. Un contesto estremamente selvaggio e naturale, nel quale, il mettere nuovamente i piedi sulle orme degli antichi viandanti che percorrevano un tempo la via della seta, non può che esaltare ogni emozione possibile.
Considerazioni conclusive : Qualcuno avrà probabilmente notato che, finora, non ho neppure per un’attimo accennato alla società iraniana. Ciò merita un capitolo a parte.
Non c’è nulla di più sbagliato, oggi, del sottovalutare l’entità culturale che questo paese rappresenta: Tehràn è una capitale che non ha nulla da invidiare alle grandi capitali occidentali. E’ moderna, tecnologica, aggiornata agli standards medi di un suo equivalente europeo.
L’Iràn paga a caro prezzo la reputazione che un regime di tipo dittatoriale, quello degli Ayatollah, impone ingiustamente alla popolazione.
Un paese che asserisce di odiare l’occidente, gli USA in particolare, ma che vive ad immagine e somiglianza dei suoi nemici giurati, tra copie di Mc Donalds, di coffee shops, di improbabili boutiques e di scritte in inglese ovunque in accompagnamento a quelle in farsi.
Un paese che nella ‘Zam Zam’ ha una copia fedele della Coca Cola, che tuttavia produce in originale in una fabbrica di Mashad di proprietà della famiglia dell’ex presidente Rafsanjanì.
Un paese nel quale, a causa delle sanzioni ONU, la gente vive con la tessera per il razionamento del carburante. E’ proprio così: l’Iràn, il secondo o terzo produttore di petrolio al mondo e, mentre investe miliardi di dollari nel nucleare, non ha un numero di raffinerie tale da poterlo utilizzare come carburante in quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno della nazione .
Per tale ragione è maggiore il quantitativo di greggio che lo stato esporta rispetto a quanto non possa raffinarne per uso interno ed allora è costretto ad acquistare, da altri paesi produttori, la benzina ed il gasolio che mancano: è incredibile! Le più evidenti e plateali elusioni alle sanzioni, (e gli interessi reconditi di alcune nazioni), sono rappresentate dalle automobili. La marca più presente in assoluto sulle strade, è la Peugeot. Assieme alla Renault, esse vengono costruite interamente in Iràn con i motori originali, mentre Mercedes e BMW vi sono solo assemblate. Esiste poi un’auto interamente progettata e costruita in Iràn ma non è diffusa quanto le altre.
La Donna: La donna è la pietra dello scandalo di questo regime.
Come ogni grande evento che la soria riporti ai posteri, anche in questo caso, ne sono convinto, sarà la donna a causare una rivoluzione culturale profonda e non priva di sofferenze per la vita di questo paese.
La grande contraddizione, infatti, è rappresentata dal desiderio sfrenato di modernismo che questo paese lascia intravedere e dalle regole ferree di contro imposte alla popolazione, alla donna in particolare, dal regime.
Se il modo di vivere della gente non si fosse evoluto così tanto, (così come ad esempio è accaduto ed accade nel confinante Afghanistàn, dove tutto è fermo a qualche secolo fa di distanza), potrei comprendere, senza giustificarlo, il sistema imposto dalla legge coranica. Ma com’è possibile, invece, imporlo in presenza di una così evidente quanto fortissima evoluzione dei costumi da parte della gente? Com’è possibile impedire a due giovani innamorati di tenersi per la mano mentre chiacchierano passeggiando sereni in un parco? Com’è possibile impedire ad una giovane donna di valorizzare davanti al mondo intero la propria bellezza, esibendola senza vergogna? Ciò che si percepisce parlandone con la gente, specialmente con quella appartenente alla sfera degli intellettuali o della media borghesia acculturata, è questa crescente insofferenza nei confronti di un sistema obsoleto le cui giustificazioni etiche sono sempre più spesso smentite dai fatti e da una dilagante corruzione.
Insomma l’Iràn è, a mio parere, un paese destinato a subire profondi cambiamenti sociali in un futuro abbastanza prossimo. Auspicherei per lui una rivoluzione che lo conducesse pacificamente verso la realizzazione di un Islam moderato sul modello Turco, ma temo che ciò non potrà avvenire senza un inevitabile bagno di sangue.
Consigli utili.
il cambio: la divisa iraniana ufficiale è il Rial (IRL) che costa oggi attorno a 145.000 IRL per 1 euro.
Come provvedimento antiinflazionistico è stato introdotto il ‘Toman’ che vale 14.500 per 1 eu.
Non in tutte le sedi e filiali bancarie è consentito cambiare valuta straniera ed in alcune di esse mi hanno applicato delle strane tassazioni sul cambio che mi sembravano un piccolo raggiro, visto che si parla di differenze complessive di pochi centesimi. E’ possibile cambiare, a volte a quotazioni migliori che le banche, ai cambiavalute privati. Qui bisogna stare attenti a non farsi rifilare qualche biglietto falso, mi è stato detto che ne girano parecchi specialmente di banconote da 20.000 IRL, ma in linea di massima sono corretti.
Unica curiosità è che cercano di affibiarti biglietti di piccolo taglio e quindi se non si protesta ci si ritrova con le tasche gonfie di carta.
I tagli sono da 50.000, (4 eu), 20.000, 10000 e così via fino agli spiccioli.
Le carte di credito non sono valide. Soltanto alcuni venditori di tappeti, avendo il loro cc a Dubai, le accettano in pagamento ma è meglio non farci affidamento.
Il venerdì è tutto chiuso quindi premunirsi durante gli altri giorni.
Cosa si compra con? Con 50.000 real si mangia un un discreto ristorante, con 20000 in un kebab.
Con 85000, (6,50 eu), abbiamo cenato in un magnifico 5 stelle ad Isfahan.
Nei ristoranti è buona norma chiedere sempre il menù e, ove non ci fosse in inglese, chiedere i relativi costi prima di ordinare. Di solito c’è da aggiungere il 15% di tasse sul conto totale. Sul tavolo quasi ovunque troverete della frutta secca oppure mentre aspettate l’ordine vi arrivano delle portate. Occhio che non sono appetizers, se li consumate ve li mettono sul conto ed a tariffe fuori menù. Comunque tutto ciò lo riporto più per principio che per altro, poiché la peggior fregatura che si possa prendere costerà al massimo qualche eu.
Col senno di poi: Per evitare di portarmi appresso grosse somme in contanti, questa volta ho prepagato dall’Italia, ad un TO iraniano gli alberghi. Se ritornassi ora, prenoterei esclusivamente il primo hotel per poter ottenere la immigration’s letter necessaria per il visto ed il resto lo organizzerei direttamente in loco e senza alcuna preoccupazione particolare.
Ritornando a Shiraz, probabilmente organizzerei un’escursione verso sud, nella regione del Qashkaì che pare sia stupenda ed interessante per le antiche tribù nomadi che vi risiedono.
Concludendo L’Iràn è un paese bellissimo, gli iraniani sono gentili ed ospitali oltrechè desiderosi di poter avere con noi qualche contatto diretto per meglio comprendere con chi hanno a che fare.
Un bellissimo viaggio che definirei ‘facile’. Auguro di cuore a molti di voi appassionati del bello e dell’interessante anche con un pizzico di peperoncino in più di poterlo realizzare presto.
Spero di poter mettere presto in rete qualche altra impressione più particolareggiata, che ho già in lavorazione, ed anche qualche fotografia interessante.
Khodafez! Giumak 🙂