Miniature persiane

Iran. La Persia, lo Shah, Soraya, i cavalli bardati e i cavalieri delle miniature, baffi e turbanti, i giardini con le ancelle velate, i minareti, le cupole e i palazzi scintillanti di specchi: questo era il mio immaginario Iran e per questo ho voluto visitar questo paese. Naturalmente non c’è più nulla di tutto questo. Sono però rimaste...
Scritto da: deejee
miniature persiane
Partenza il: 10/05/2007
Ritorno il: 30/05/2007
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
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Iran. La Persia, lo Shah, Soraya, i cavalli bardati e i cavalieri delle miniature, baffi e turbanti, i giardini con le ancelle velate, i minareti, le cupole e i palazzi scintillanti di specchi: questo era il mio immaginario Iran e per questo ho voluto visitar questo paese. Naturalmente non c’è più nulla di tutto questo. Sono però rimaste grandi esempi di architettura islamica, come le moschee, tante e fantastiche, molte con facciate ricoperte di maioliche, poi alcune antiche case di ricchi mercanti e i giardini. Quello che però mi ha particolarmente colpito è stata un’umanità assetata di conoscere cosa c’è dall’altra parte, cioè in Europa, e anche consapevole dell’importanza dell’Iran nel mondo, e poi i giovani, tanti, orgogliosi d’essere iraniani, ma contemporaneamente desiderosi di sapere che idea hanno all’estero dell’Iran e del suo popolo. Si meravigliano che in Europa chiamavamo l’Iran, Persia. Persia, in effetti, è il nome che si usava fino a metà del secolo scorso, deriva da Pars, tribù di Ciro il Grande che abitava la Parsa, una regione del sud, chiamata Persis dai greci e Farsi si chiama la loro lingua. Iran invece è un’antica denominazione che significa il paese degli ariani. Mi ha colpito anche una gioventù molto bella e sensuale. S’incontrano ragazze irrimediabilmente coperte, ma che ti turbano se incroci lo sguardo, (qualcuna azzarda a posizionare il fazzoletto o lo chador in modo da scoprire la fronte e metà capo: può essere rischioso per loro), e un esercito di ragazzi palestrati, molti barbuti, alcuni con i capelli lunghi legati dietro, tutti con lo sguardo da …Orientali e tutti molto educati nel porgersi. Nota negativa: per l’attuale situazione, gli iraniani devono comportarsi come bacchettoni, ma non credo lo siano nel profondo del loro animo. Inoltre sono sottoposti ad un severo controllo sociale, per mitigarlo in parte, i vetri delle finestre, di molte delle loro case, non sono trasparenti per evitare sguardi indiscreti.

Insomma, dopo aver dovuto ascoltare tutti i consigli di parenti, amici e conoscenti a non andare in questo paese, considerato tanto pericoloso, finalmente sono atterrato a Teheran. Dopo il classico assalto di tassisti, si entra a far parte del traffico di Teheran. Attraversare la città e un’esperienza che toglie il respiro. A forte velocità le auto si superano e si sfiorano al centimetro e questo di continuo e siccome la città è grande, l’evento si ripete mille volte, prima di arrivare a destinazione. I pedoni per paura attraversano in gruppo perché nessuno si ferma e i tanti motorini per arrivare prima preferiscono andare contromano. Insomma si è in Oriente.

Nel corso del viaggio ho avuto parecchi incontri che hanno contribuito a meglio capire alcuni aspetti del paese. Li elenco: – A Teheran, in un caffè, del parco vicino al Palazzo Golestan, un distintissimo professore di sociologia, senza più lavoro e soprattutto senza più un soldo, in quanto compromesso con il vecchio regime dello Shah, in perfetto inglese, mi ha descritto com’era la vita prima della rivoluzione. Mi ha rivelato la loro paura d’arabizzarsi per via dell’Islam (gli iraniani non sono arabi) e della loro nostalgia per la vecchia civiltà persiana: la sua cultura, i poeti e lo zorastrismo, la vecchia religione di Zarathustra che ha influenzato anche il cristianesimo. Ricordate i “Magi”?. Erano sacerdoti di quella religione. Religione che, secondo lui, ha influenzato anche l’iconografia sacra, sia cristiana che islamica, naturalmente nei paesi come l’Iran, dove e consentita la rappresentazione della figura umana. Si riferiva a quel particolare atteggiamento pietoso e patetico ma sereno che hanno i santi, la Madonna, Gesù e anche Husayn, protomartire dell’Islam (in memoria del suo martirio a Kerbala si fanno le grandi processioni con i flagellanti il giorno dell’Ashura), quando sono rappresentati nelle statuine e nei santini.

– Sempre a Teheran, il gestore di una rivendita di pneumatici con l’hobby della fotografia, al quale mi ero rivolto per un’informazione, mi ha sequestrato, saputo che ero italiano, per mostrarmi le foto che aveva scattato in Italia che adorava ed aveva visitato insieme con amici italiani. Unico problema che non riusciva a superare in Italia, era il senso di disagio nel vedere le nudità delle sculture, mai fotografate: quasi materiale pornografico. – A Kashan, la città dei famosi tappeti con un rosone centrale spesso in campo chiaro, alcuni studenti universitari incontrati, mentre visitavo una delle antiche case dei ricchi mercanti ora restaurate, volevano a tutti i costi sapere perché avevo scelto l’Iran per le mie vacanze. Cosi sotto l’obiettivo di una telecamera ho dovuto rispondere alle loro ansiose domande. Devo aver dato risposte convincenti perché uno degli studenti mi ha invitato a casa sua e lì ho cenato con tutto il resto della sua famiglia, accovacciato sul tappeto.

– Ad Isfahan, in un ristorante due ragazze, desideravano parlare con me in inglese e contemporaneamente sapere se gradivo il mangiare iraniano e se mi piacesse l’Iran. C’era anche la madre che ci teneva a svelarmi che la sua religione non era l’Islam, ma il Bahaismo, una dottrina derivante dallo sciismo e di grande apertura, rispetto alle note “durezze” dell’Islam che tanto ci spaventano. Il padre che dimostrava il piacere di incontrare un europeo, ha permesso alle figlie di stringermi la mano nel salutarmi: atto considerato di solito disdicevole per una donna.

– A Shiraz, i gestori di un fast food, i quali, saputo che ero italiano, mi hanno offerto il pranzo a base di spaghetti freddi al ragù: specialità che hanno imparato a cucinare durante la loro passata permanenza in Germania.

– A Yazd, nell’albergo, ricavato in una vecchia casa, costruita come tutte intorno ad un patio, alcuni ragazzi festeggiavano il compleanno di un loro amico. Hanno voluto che partecipassi anch’io. Anche lì, sono stato sottoposto ad un tiro incrociato di domande su quanto e perché gradissi l’Iran. Regalo degli amici al festeggiato? La raccolta delle poesie di Hafez! Te lo immagini a Roma se gli amici ti regalano per il tuo diciottesimo compleanno, il canzoniere del Petrarca? – Ancora a Yazd, un parente dell’albergatore, mi ha portato a visitare alcune vecchie e bellissime case della città che lui restaura per conto del governo. – A Kerman, poco prima di entrare in città col pullman, uno studente mi si siede a fianco e poi attacca a conversare, quindi all’arrivo mi ha sequestrato e portato a casa sua dove la sorella e il marito, anch’essi studenti universitari, hanno preparato un favoloso pranzo a base di riso, pesce e verdura. Erano molto emozionati per il fatto di avermi loro ospite, di avere notizie sull’Italia di cui sembrava avessero una qualche conoscenza (avevano anche studiato Dante!) e soprattutto di sapere cosa pensavo dell’Iran e del nucleare. Anche questa volta la ragazza, dopo aver avuto il permesso dal marito, ha voluto stringermi la mano alla fine serata, quando li ho salutati per raggiungere il mio albergo. I ragazzi chiaramente mi hanno accompagnato a piedi, portando loro sacca e zainetto.

– Sempre a Kerman due studenti alla scuola di grafica che e mi avevano ceduto il posto a sedere sull’autobus che mi portava a Mahan, una volta arrivati a destinazione, hanno chiesto in prestito ai loro amici due motorini, per accompagnarmi a vedere il giardino per cui Mahan va famosa. – Ancora a Mahan, che è una piccola cittadina, il sindaco, incontrato all’entrata della notevole moschea principale, visto che ero straniero, ha voluto accompagnarmi nella visita, soffermandosi con lunghe spiegazioni in farsi, davanti al mausoleo del Sufi Shah Nematallah.

– Sull’autobus per Takab, l’assistente all’autista, a metà percorso, ha voluto che sedessi al suo posto in prima fila. E’ seguita una fitta richiesta d’informazioni sulla mia persona, da parte di tutti i passeggeri. – A Takab, nel Kurdistan iraniano, si va per visitare nelle sue vicinanze Takth e Soleiman (il trono di Salomone), un incredibile santuario zoroastriano fortificato, situato su una rocca ventosa al centro di un vasto altopiano. All’interno della cinta fortificata, un’abbondante sorgente ha formato un bacino d’acqua. Così nello stesso posto i sacerdoti zoroastriani, custodi del fuoco perpetuo, avevano a disposizione i quattro elementi del loro culto: terra, acqua, fuoco e aria (il vento). Per arrivarci ho contattato un tassista, che alle 8 in punto era alla porta della mia pensione, vestito alla curda con pantaloni alla zuava e gilet, ma prima della gita, nella sua bellissima abitazione, mi ha offerto (era obbligatorio) una colazione di cortesia, preparata dalla moglie: tè, pane, burro e marmellata fatta in casa. – Ad Urmieh, città ai confini con la Turchia, ho incontrato in diocesi il vigoroso vescovo cattolico, nato a Baghdad. Si è dilungato sulle difficoltà che i cristiani devono affrontare quotidianamente, anche nelle situazioni concrete per l’atteggiamento del governo nei loro confronti (tra l’altro non si possono fare proseliti e le processioni devono avvenire all’interno dl recinto della diocesi), ma la popolazione mussulmana ha, in ogni caso, gran rispetto per lui, pastore d’anime.

Sono stato sempre affascinato dall’architettura islamica. Visitare l’Iran per chiunque abbia questa passione è obbligatorio come visitare l’Italia per chiunque apprezzi l’architettura della Roma imperiale. Avrei voluto vedere anche altro, ma di seguito elenco i siti irrinunciabili: – Teheran che non è molto bella, anche se i quartieri “alti” possono quasi considerarsi eleganti, dove però il traffico è caotico e il rumore assordante. Da vedere comunque: il Palazzo Golestan, dove gli shah venivano incoronati e dove tenevano le udienze, il museo dei tappeti, il tesoro della corona, le residenze reali sulla collina, deludenti ma significative e poi il bazar che era l’antico centro del piccolo villaggio, scelto in passato per diventare la capitale del paese.

Poi in giro per il Paese: – Le fantastiche case dei mercanti, costruite intorno ad un grande patio, un piano sotto il livello stradale per mantenere la temperatura più costante, (Kashan e Yazd) e quelle, invece (Shiraz) d’epoca kajara, costruite in fondo ad un giardino che poi si ammira da una loggia centrale della facciata principale. Di solito le logge sono racchiuse da tre pareti decorate con mosaici di specchi per dare un senso di freschezza nelle torride serate estive.

– Le moschee ricoperte di maioliche blu, quelle di Isfahan, di maioliche rosa e rosse, quelle di Shiraz, o quelle con le facciate in mattoni disposti, a formare complessi disegni. – La grande piazza di Isfahan, circondata di portici con due moschee. Una volta era un campo di polo e, su un lato lungo, vi era la residenza reale con una loggia da dove il sovrano e la corte potevano seguire la partita. Al tramonto obbligatorio sedersi sul terrazzo di uno dei caffè che si affacciano sulla piazza, per riempirsi gli occhi di colori. La sera invece irrinunciabile la sosta al fresco in uno dei caffè sotto gli archi di uno dei bellissimi e antichi ponti della città il Siore pol (pol significa ponte) a livello della corrente del fiume Zayandeh: musica iraniana dal vivo.

– I bazar che si sviluppano per tutto il centro delle città lungo passaggi ricoperti da ampie volte in muratura, con i loro caravanserragli e gli hamman in disuso, questi ultimi trasformati in caffè con musica (Isfahan, Shiraz, Kerman).

– I giardini all’interno delle città, quelli reali a Teheran (Golestan) e Isfahan, quelli delle case dei notabili a Shiraz, quelli che sorgono in mezzo a paesaggi che più brulli non si può, oasi di verde, rinfrescate sempre da una sorgente, recintati da un alto muro per proteggerli (Kashan, Mahan).

Il giardino come concetto è nato proprio in Persia e in farsi si chiama firdaws, paradiso, ed è preso a modello del paradiso di Maometto o forse è il contrario.

C’è un modulo, lo si vede stilizzato nei tappeti, che si ripete in tutti i giardini persiani (Isfahan, Shiraz, Kashan, Mahan, Yadz); un padiglione d’entrata che divide dal mondo esterno, subito dopo la vista di una vasca centrale di solito rettangolare o se il terreno è in salita più vasche collegate da cascatelle, in fondo si staglia un padiglione, a volte corredato da alte torri del vento(Yadz), affrescato o decorato interamente di specchi o affreschi, dove si poteva prendere il fresco e meditare. Il padiglione è spesso aperto sui quattro lati alle correnti d’aria (Kashan, Isfahan) oppure aperto su un solo lato a formare una loggia centrale con colonne, (Shiraz, Isfahan). Se c’è una sorgente è dietro il padiglione, in alcuni l’acqua scorre in una canaletta all’interno del padiglione stesso e si getta poi nella grande vasca centrale del giardino. – Il Giardino di Hafez a Shiraz. Hafez è il massimo poeta persiano classico che esaltava le osterie tenute di solito da monaci cristiani, con i giovani e bei coppieri che non degnavano di uno sguardo il poeta che si struggeva per la loro bellezza e si ubriacava per annullarsi. Attenzione non è come voi state pensando: il coppiere, messaggero di Allah, bello come è bello il verbo divino, verbo che versava nelle coppe a forza di assumere il divino nettare, ci si abbandonava, ubriachi, nelle braccia di Dio. L’Islam dei primi secoli produceva comportamenti molto simili a quello dei mistici cristiani. Shiraz ha dato anche nome ad un vitigno famoso, il vino proibito ai mussulmani veniva prodotto all’epoca di Hafez nei monasteri cristiani.

– I vecchi piccoli villaggi rurali come Abyaneh e Ardestan.

– Persepolis, il cui grandioso palazzo (una sala aveva cento colonne) serviva a Dario solo per ricevere tutti i dignitari del regno e gli ambasciatori degli stati alleati e tributari, in seguito il complesso fu sottoposto a razzia e incendiato da Alessandro Magno.

– La cittadelle fortificata di Arg vicino Mahan, ora che Bam è stata distrutta dal terremoto; – Le torri del silenzio di Yazd.

– Il deserto alle porte di Kerman con le sue formazioni rocciose che ricordano i paesaggi lunari. Ci si arriva in taxi e si può dormire la notte sotto le stelle. In quasi tutti i luoghi visitati quasi sempre ero l’unico straniero se non l’unico visitatore, niente turismo di massa. Siccome sono tirchio e al verde, ho scelto hotel budget e sono riuscito anche a questionare per avere uno sconto di due euro su un conto di dieci euro, lo so, infatti, me ne vergogno, ma volevo mantenere i punto. Il conto d’albergo più caro è stato di 18 euro a notte: camera con bagno, Tv e colazione all’iraniana con uova, formaggio, olive, pane, burro, marmellata e tè. Nessun problema c’è stato riguardo alle prenotazioni di hotel e aerei: ho trovato sempre posto.

Se fossi partito all’inizio della primavera, invece che a maggio inoltrato, non avrei sofferto cosi tanto il caldo a Kerman e Yazd e forse mi sarei avventurato nella zona dei nomadi intorno a Shiraz e Isfahan che dicono interessanti. Avevo intenzione di attraversare il deserto da Yazd a Mashad, la città santa, nella cui regione ci sono molti esempi notevoli di architettura islamica: lo so a nessuno interessa, per cui non ve li dico. Avvertenza: in Iran non ci si diverte secondo gli schemi classici d’oggi e cioè niente locali per ballare, forse qualche canna, ma non mi è capitato, comunque niente sesso e niente droga, se non a rischio della propria vita. Dimenticavo: la cucina iraniana può raggiungere livelli molto alti, i palati sono esigenti e gli ingredienti sono di livello, soprattutto le verdure, sempre molto fresche. Quello che mangerete nei ristoranti però è un’altra cosa, ci vuole l’esperienza e la dedizione di molte ore ai fornelli, delle mamme e delle zie iraniane, per avere un buon risultato, come nel nostro Meridione.



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