Catalogna, tra mare e conventi
Domenica Decidiamo di fare un giro nell’entroterra per conoscere subito questo territorio e puntiamo a nord verso Reus. Che sorpresa questa cittadina che ha dato i natali a Gaudì e che è considerata una vera culla del modernismo. La percorriamo a piedi per ammirare i molti edifici in stile floreale; è un vero tripudio di questo stile così narcisista che si appaga nell’esibizione di sé stesso. Chi vuol farsi un’idea di questa tendenza architettonica degli inizi del secolo scorso basta solo che passeggi col naso all’insù. La Catalogna dell’interno ci meraviglia per il suo paesaggio di un verde intenso e la prosperità dell’agricoltura: una vera cornucopia di messi di ogni genere, dalla frutta (tante nocciole) al vino, dall’ulivo agli ortaggi. Sono una goduria anche per gli occhi queste terre benedette dall’Ebro, che scorre poderoso come un mare, dalle profonde acque di un intenso blu. Arriviamo a Tortosa, il capoluogo, nell’ora della siesta (sacra per gli spagnoli fino alle 5 p.M.) ed essendo anche domenica non troviamo nessuno in città, nemmeno un ufficio turistico è aperto. La città ha un aspetto antico, ma trascurato, di monumenti in restauro neanche l’ombra. Chiediamo istruzioni per andare al Castell, un famoso parador, ma non ne hanno mai sentito parlare: eppure siamo a due passi! Non ci spingiamo fino a Deltebre perché il giro si farebbe troppo lungo; valutiamo invece l’idea di visitare quest’area un altro giorno perché è molto vasta e necessita di un’intera giornata. Decidiamo quindi di far ritorno in hotel lungo la strada costiera. Le distanze non sono così indifferenti come appare a prima vista dalla mappa e per spezzare il rientro ci fermiamo in una graziosa località: Ametlla de Mar, con una bella baia e ampia spiaggia quasi deserta. Soffia un vento abbastanza forte e l’aria è frizzante: certamente per gli spagnoli questo clima è già un anticipo d’ autunno; indossano infatti giubbotti e maglioni anche se il sole splende e nel cielo non si intravvede nemmeno una nuvola.
Lunedì Dedichiamo la giornata completamente al relax in spiaggia: finalmente il sole che cercavamo. Il cielo è limpidissimo e il mare luccica ma continua a soffiare un vento alquanto forte che ci sferza in continuazione la pelle. Resisto perché questo vento è anche benefico; infatti negli attimi di tregua il sole picchia ancora con una certa intensità. L’acqua invece è gelida: solo i russi la sfidano e si bagnano con indifferenza. Facciamo conoscenza con le tariffe per la giornata a mare da queste parti: 3.50 euro per il lettino e 4.50 per l’ombrellone, praticamente una fetta di telone che si tira all’interno di una galleria di paletti fissi predisposti in riva al mare. Questo sistema non l’avevo mai visto; qui le spiagge sono libere e non c’è nessun tratto di arenile riservato ad hotel o residence quindi ognuno può mettersi dove vuole e accedere eventualmente ai servizi a pagamento o installare il proprio ombrellone senza che nessuno lo mandi via. Il sistema mi sembra democratico perché evita la spiacevole gerarchia di chi si accampa nelle prime file ma lascia a desiderare sul piano dei servizi igienici, perché risultano quasi introvabili sulla spiaggia. La clientela del nostro hotel, fully booked, è costituita in maggioranza da russi, che forse approfittano delle tariffe di bassa stagione, tedeschi e tanti svizzeri che talvolta sbraitano in schwitzer dutsch.
Alla sera dopo cena (qui la sala da pranzo apre alle 8 p.M. E i clienti scalpitano davanti all’ingresso) facciamo una scappatina in auto fino a Salou. E’ una località che giustamente merita il titolo di spiaggia d’Europa, perché fa confluire masse di turisti da ogni dove, ma principalmente dal Regno Unito. Non ha niente di storico, non c’è traccia di paese, si vede che tutto è stato appositamente creato deturpando non poco l’ambiente con casermoni fittissimi per alloggiare il massimo numero di nordici in cerca di sole. L’unica caratteristica che eleva questo mostro del turismo balneare è l’ampio viale di palme che borda il mare e il lungo paseo attiguo che si conclude con un’ originale fontana, la Fuente luminosa, programmata con 210 movimenti d’acqua, opera di un famoso architetto catalano. Questo riscatta Salou dalle sue avenidas affollatissime di turisti attratti dalla miriade di negozi che vendono dappertutto la stessa paccottiglia a prezzi esagerati. Merce prodotta altrove; ormai è tutto massificato e trovare l’oggetto tipico o il prodotto del luogo è pressocchè impossibile, ma evidentemente questo è quanto cerca la clientela inglese e per cui è disposta ad aprire il borsellino.
Martedì Al mattino visita di Tarragona. Passeggiamo lungo l’ampia Rambla dove si trova un’ imponente scultura raffigurante un Castell (piramide umana) , fino al cosiddetto balcone del Mediterraneo che poggia sulla cinta di mura romane. La spiaggia sottostante è ormai deserta mentre è affollatissima d’estate. La città si sta preparando ai festeggiamenti di Santa Tecla ed è tutta in fermento per organizzare le feste di piazza, i cortei, le sfilate e balli che si protrarranno fino al mattino. Arriviamo al Teatro romano le cui gradinate hanno come quinta il mare (come a Taormina), costruito seguendo un declivio naturale del colle. Vestigia romane le incontriamo un po’ ovunque essendo questa l’antica Tarraco ora dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Si conserva ancora il Foro, il Pretorio, il Circo e molti altri reperti romani concentrati soprattutto nella lunga passaggiata che segue internamente il profilo delle mura. Non dimentichiamo la Seu, la bellissima cattedrale, con la semplice facciata arrichita da un profondo portale impreziosito da bassorilievi. Anche il chiostro, con il suo incrocio tra arte araba e cristiana, le raffinate colonnine, i preziosi capitelli e i medaglioni decorati con motivi mai ripetuti, è una meraviglia da non perdere e sarà indispensabile prologo alla visita che faremo ai monasteri cistercensi. L’interno è imponente con il grande pannello di marmo, che fa da sfondo all’altare maggiore, raffigurante la vita di Santa Tecla in una esasperazione del dettaglio. La visita a Tarragona termina in un ottimo ristorantino sul porto (L’ancora) attiguo al mercato del pesce dove ci vengono servite cozze abbinate a varie salse, sardine ai ferri, una zarzuela, acqua, vino e caffè per 26 euro (tutto ottimo ed abbondante).
Mercoledì E’ la giornata destinata giornata alla visita dei conventi benedettini, la vera ricchezza artistica dell’entroterra catalano. Puntiamo dapprima su Santes Creus. Ci sorprende innanzitutto la disposizione concentrica di questi complessi monastici. Si entra per gradi, passando tre ordini di porte e cortili. Questo è l’unico monastero dei tre che visiteremo oggi ad essere privo di monaci ed ora proprietà statale. Il complesso è molto bello e raffinato; visitiamo il chiostro, la chiesa e concludiamo con il video multimediale che ci fa un excursus sulla vita di questa laboriosa comunità monastica e ci illustra la regola di S. Benedetto, suo fondatore. E’ una sorta di video interattivo con scenari che si aprono su spaccati della vita di un monaco, ricostruiti con precisione attraverso strumenti ed oggetti dell’epoca a cui il commento si riferisce. Un sistema di narrazione molto ben congeniato che cattura l’attenzione dello spettatore e lo avvolge nello spirito del tempo, una lezione di storia e spiritualità che prepara il visitatore che intenda mettersi su questo cammino. Prendiamo il biglietto combinato di 7 euro che include anche la visita di altri due complessi. Partiamo in velocità per Vallbona de los Monges per una strada che ci sembra interminabile, attraversando un paesaggio che si ripete in continuazione con le sue distese a perdita d’occhio di basse viti, noccioli, ulivi e terre rosse fertilissime lavorate a terrazzi. Troviamo il monastero chiuso, nonostante l’orario che indica l’apertura fino alle 14; siamo alquanto contrariati per aver fatto inutilmente tutta questa strada ma dopo l’ennesima energica scampanellata si va vivo il guardiano, che era occupato con dei fotografi. E’ stato molto gentile poi a farci personalmente da guida spiegandoci tutto con dovizia di particolari. Apprendiamo quindi che questo è un monastero femminile dove attualmente vivono 12 suore piuttosto anziane (le vediamo uscire dalla funzione del mezzogiorno tutte vestite di bianco) ma fortunatamente da alcuni anni le vocazioni sono in ripresa. Anche qui stessa impostazione degli spazi: chiostro, chiesa e sale comuni. Il complesso è di dimensioni più modeste e forse non ne valeva la pena data la lunga deviazione che bisogna fare per raggiungerlo anche perché il paese offre meno di niente: neanche un bar aperto, nessun essere umano, sembra che siano perennemente in siesta da queste parti. Per ingannare il tempo e in attesa delle 15 , orario d’apertura della prossima meta, ci fermiamo a Montblanc , un interessante cittadina che conserva un’intatta cerchia di mura (ricorda Montagnana). Ci fermiamo nel primo bar che troviamo aperto in una piazzetta senza tempo ed evidentemente aspettavano il turista da spennare perché per due crostoni di pane con del paté e dell’acqua ci hanno spillato 13 euro. Il centro storico è una sorta di casbah di strette viuzze medievali e piccole botteghe, ma anche qui tutto è chiuso. Al pomeriggio visitiamo finalmente il monastero più importante dei tre, quello di Poblet che deriva il suo nome dalle coltivazioni di pioppi, tipiche della zona. Si tratta di un complesso monastico le cui origini risalgono al 1100; facciamo una visita guidata aggregandoci ad un gruppo di francesi. Il chiostro è un vero gioiello con il tempietto e la fontana in corrispondenza del refettorio: tappa obbligata dei monaci che al rientro dal lavoro si lavavano le mani prima del pranzo nella grande sala comune ed in assoluto silenzio, rotto solo dalla voce del monaco preposto a leggere i testi sacri. Il complesso è il risultato di vari stili, corrispondenti ad epoche di intervento diverse e così si incontra il romanico, il gotico e il barocco ben visibili simultaneamente da un angolatura del chiostro dove svettano i tre differenti campanili. Nella chiesa sono rilevanti i sarcofaghi fortemente inclinati (e depredati) dei reali delle varie regioni della Spagna prima della sua unificazione. Il retablo in marmo dietro all’altare maggiore ha un’originale fittissima decorazione. A Poblet vivono oggi 40 monaci (veste bianca con cappa nera) , ma un tempo il monastero ne contava anche 150.
Giovedì Completo relax al mare o meglio in piscina sotto enormi pini marittimi che ci fanno da parasole.
Venerdì Oggi il tempo non è più così limpido, c’è una leggera bruma e si intravvedono nubi all’orizzonte. Decidiamo pertanto senza alcuna esitazione di fare la gita a Monserrat, idea che avevamo quasi accantonato per goderci ancora un giorno di sole. Il viaggio di circa 150 Km. Da Cambrils scorre veloce per le ampie autovie/autopiste (ma che differenza c’è?) che si intersecano ovunque e le spaziose rotonde che smaltiscono il traffico. Gli sbarramenti naturali, tipo qualche montagna di media altezza, sono stati superati, senza tanti ripensamenti, tramite il taglio netto del monte. Di queste alture colpisce il colore rosso fuoco della roccia, che ha impregnato tutto il paesaggio e persino i suoi corsi d’acqua conferendo loro un aspetto sinistro come se vi scorresse del sangue. Arrivati a Montisol-Vila prendiamo la nuova cremagliera che con 6 euro a/r ci permette di salire in 15 minuti fino al monastero e di evitare così una strada molto tortuosa. Sbuchiamo dal sottopasso e rivolgiamo gli occhi all’insù per ammirare sbigottiti l’arditezza della posizione. Monserrat è incastonato in una gola e ha come quinte naturali delle fantasmagoriche montagne dalle forme arrotondate, perfettamente levigate che neanche il più esperto scalpellino avrebbe saputo creare. Certamente un posto così straordinario non poteva che ospitare una meraviglia come la statua della Moreneta (brunetta) patrona della Catalogna. Assistiamo alla funzione religiosa delle 13.00 perché vi canta la famosissima Escolania (Pueri Cantores), uno spettacolo da non perdere. Sono infatti bellissimi quando escono in fila nelle loro vestine nere e bianche con le braccia rigorosamente nascoste. Che buffi! Cantano dapprima la Salve Regina e poi il Virulei al quale si associano i ferventi catalani presenti nella traboccante basilica. E’ il loro inno nazionale con cui invocano la Vergine di preservare la pace nel loro paese. Visitiamo subito dopo l’attiguo Museo dell’architetto floreale Pujg Y Catafalc (?questo nome mi fa impazzire) fondato con i lasciti alla Madonna e contenente soprattutto opere di autori catalani ma anche alcuni dipinti di pittori più famosi quali Picasso, Dalì, Seurat, Monet per citarne solo alcuni. Infine, nel pomeriggio, dopo che le orde dei gruppi turistici provenienti dalle spiagge sono scemati, riusciamo ad incanalarci nel percorso che porta alla miracolosa statuetta che guarda tutto il suo popolo dal trono, sopra l’altare maggiore (come Santiago a Compostela). L’immagine della Vergine scura, che tiene il bimbo in braccio, è di una bellezza toccante nelle sue forme stilizzate, quasi primitive e anche noi, come da rito, tocchiamo il globo e le indirizziamo le nostre richieste al pari di tutti quei pellegrini, che con ogni mezzo e tempo, si sono spinti fin qui da oltre un millennio. Sabato E’ purtroppo giorno di rientro. La prevista sosta a Girona non si fa, essendo l’aeroporto a sud della città proprio da dove proveniamo e vicinissimo all’autostrada. Ci fermiamo un’oretta in una località in mezzo ai boschi conosciuta per le sue fonti termali, Caldes de Malavella. Visitiamo l’area dove si possono fare le cure, la piscina e l’attiguo stabilimento. Tutto sembra essersi fermato agli inizi del secolo scorso. Gente in accappatoio che sorseggia una bibita, tranquillamente seduta ai tavolini di un bar all’aperto sotto grandi alberi ombrosi, una pergola fiorita: tutto invita al relax, ma oramai non siamo più nello spirito vacanziero e non vediamo l’ora di tornare.
Il soggiorno in Catalogna non ci ha affatto deluso, anzi l’impressione che ne abbiamo avuto è stata superiore alle nostra attese. E’ un paese lanciato verso un futuro che si prospetta più roseo di quello del nostro Nord-Est. Ho visto fabbriche e complessi industriali che lavoravano a pieno ritmo, di crisi sui giornali non c’è traccia e i dati sulla stagione turistica sono più che confortanti (18% in più di presenze quest’anno). E’ un paese organizzato per ospitare grandi eventi e grandi masse, la clientela attuale è fatta in larga misura da turisti dal Regno Unito a cui seguono i russi, i francesi, i tedeschi. Italiani proprio non ne abbiamo incrociati, ma la massa viene in agosto e di solito preferisce la Costa Brava o Barcellona. Spero solo di ritornarci ancora in questi posti, perché la passeggiata serale lungo il mare da Cambrils a Salou, con l’ampia spiaggia e lo sciacquio dell’onda che ti accompagna, è un’emozione che conterei di ripetere (magari in terza età).
Note tecniche (spesa x 2 pax) Volo Ryanair da Treviso a Girona A7R per 2 pax Euro 190.- Auto Smart for four Hertz prenotata su sito Ryanair Euro 150.- Hotel Hesperia Centurion prenotato con Atrapalo – mezza pensione Euro 458.-