Il mio viaggio in Scozia
Così, tra le altre molle al viaggiare, io annovero come fondamentale questa spinta ad allungare su di lui – il mondo appunto- la nostra ombra in un possesso parziale, una estensione dell’esistere. Si può viaggiare per trarre conferma del proprio modo di essere e di vivere il rapporto col mondo. Per un europeo ad esempio significa cercare le città storiche, i valori occidentali, la società industrializzata e le sue meraviglie tecnologiche, il benessere, le metropoli, il dominio dell’intelligenza e della razionalità, il controllo sulla natura.
Ma, al contrario, si può viaggiare per cercare il diverso, l’altro dall’esperienza quotidiana in un riemergere del bisogno dell’anima di scoprirsi ancora vergini, ancora giovanilmente capaci di un rapporto nuovo col mondo, con gli altri, con il tempo, insomma con la vita.
Nell’accingermi al viaggio in Scozia è stata quest’ultima la molla fondamentale.
Grandi spazi nordici, brughiere solitarie e colorate d’erica, castelli a loro modo misteriosi abitati da oscure presenze, pastori e pescatori in un mondo di pecore e di silenzio: queste le aspettative per un viaggio che si riveli in qualche modo “il viaggio”, quello che trasforma i giorni non solo in ricordi ma in vita sicchè al ritorno si è in qualche modo diversi.
I partecipanti: La coppia organizzatrice che in questo viaggio intende festeggiare i 37 anni di matrimonio.
Lei, Marianna, la mia twin sister: tanta (in tutti i sensi!). Estroversa, sensibile, entusiasta, curiosa, affannosa. La sua prima incontenibile necessità? Che tutti stiano bene, che tutti siano contenti, che non ci siano zone d’ombra o malintesi non espressi a costo di tormentare il marito reo di voler pensare a come stare bene lui. Marianna e la guida, anzi le guide. Le consulta con avidità ed affanno e nonostante una ripetuta lamentazione sulla loro scarsa validità non ne può fare a meno per un solo momento. Il perché? Non deve sfuggire nulla di quanto si possa vedere perchè il riposo è un optional, le soste, necessariamente brevi, una perdita di tempo, la macchina fatta per macinare chilometri. Penso che il controllo sulla guida sia il suo primo pensiero del mattino e l’ultimo contatto con il mondo la sera, prima di dormire. Mi ricorda di quando eravamo bambine: una fila di giornalini sotto il suo sedere e la graziosa concessione a me di leggere, uno per volta, le copie da lei già visionate. Ancor oggi deve avere un po’ tutto sotto controllo.
Lui, il marito, il mio cognatino. Spigoloso, taciturno, brusco spesso nei modi ma disponibile nella sostanza. Abituato a viaggiare fin da giovanissimo (retaggio del benessere familiare) si muove con disinvoltura e guarda ai nostri tentennamenti (lingua, problemi di adattamento, impacci di varia natura) come a spie del nostro provincialismo. E’ sicuro nell’uso dell’inglese, pronto a far proprie le nuove esperienze (fossero anche solo i piatti locali), propenso anche a spendere per concedersi ciò che può dare piacere (si vive una volta sola). E’ più affidabile e disposto alla vita comunitaria in viaggio che in Italia. E’ disponibile anche con me che pure sono la metà non scelta della sua metà e che, nella sua vita guidata da forte senso della privacy, sono una presenza certamente ingombrante.
La coppia di amici.
Lei, Margherita, carina benchè abbia superato –come tutti noi- l’età sinodale non dei quaranta ma dei sessant’anni. Donna decisa, razionale, con una discreta attitudine al comando. Il viaggio per lei? Un giusto equilibrio di “esplorazione” e meritato riposo. L’unica con vestaglietta elegante per sé ed il marito, macchinetta di caffè al seguito, biscotti o cibi salati per ogni evenienza. Molta pulizia, guardaroba appropriato e disponibilità ad un viaggio che non riservi però sorprese “avventurose” (poco gradita sarà la barchetta “in balia delle acque” ed in genere le improvvisazioni). E’ disposta al nuovo ma deve essere pre-avvertita. Secondo me nel viaggio vorrebbe, almeno in parte, rinunciare alla sua immagine di buona organizzatrice, buona decisionista per un pieno di tenerezza e di sana delega agli altri dei doveri decisionali.
Il marito, Roberto: tenero, disponibile, obbediente, premuroso, ottimo anzi eccellente ragioniere dei nostri impegni economici. Se proprio si intende trovare qualche neo è troppo… troppo buono, troppo disponibile, troppo accondiscendente. Almeno così appare agli occhi degli esterni; per conferme ed approfondimenti rivolgersi alla moglie che lo conosce da quando era ragazzo. Certo, a pensar bene, ciascuno di noi finisce con l’essere inchiodato in ruoli fissi come un coleottero sul vetrino dell’entomologo: insieme oggettivamente scientifico ed egualmente deformante e questo non fa bene alla libertà ma neppure alla verità.
Infine ci sono io, la momentanea single con il suo carico di sensi di colpa per aver aderito ad un viaggio mentre il marito, poverino, fa il paziente ed affettuoso infermiere dei genitori novantenni. Eppure la scelta di partire per la Scozia, oltre ad avere le motivazioni espresse ad avvio del diario, ha tratto origine anche dalla volontà di rivendicare uno spazio di coppia che interrompa la routine spesso pesante della vita quotidiana. O forse questo è solo un alibi per considerarsi meritevoli di nuove esperienze. Ma insomma, lo dice anche Margherita, la bontà non esiste e, se c’è, è spesso pesante, qualche volta un disvalore. Come si potrà ricavare da quanto detto, da buona twin, somiglio, nel fisico e nel carattere, a Marianna ma sono meno… un po’ meno abbondante di forme, meno buona, meno disponibile, meno “mamma” di tutti. E così, con i miei sensi di colpa, saluto marito e figli e me ne parto. E finalmente scocca l’ora zero.
Il viaggio 4 Luglio 2004: Fiumicino – Amsterdam – Edimburgo Ore 9:30, incontro all’aeroporto. Siamo tutti un po’ su di giri come scolaretti in vacanza. Bagagli pronti e, in ottemperanza alle raccomandazioni, di proporzioni modeste. Il doppio viaggio in aereo si svolge con normali modalità: speranza di finestrino vicino, fugaci sguardi al mondo che ci passa sotto gli occhi, gustose caramelle da succhiare per evitare fastidiosi ronzii alle orecchie, applauso finale per atterraggio ben riuscito. Alle 16:00 siamo finalmente ad Edimburgo. Sotto una leggera pioggia attraversiamo il centro della città, interessante ed un po’ austera e ci sistemiamo nelle camere al Clan Campbell Hotel in Brunswick street saggiamente prenotate: sono tutte dotate non solo di bagno e televisione, ma anche, come d’uso in Scozia –avremo modo in seguito di constatarlo- di teiera, marmellate, biscotti a scelta, bustine di the, caffè, cioccolato per ingannare le attese. Le stanze sono grandi, spaziose, un po’ zuccherose, anche se alcuni particolari tradiscono un inizio di degrado. Ognuno prende possesso della sua postazione e procede ad uno studio d’insieme: ricerca adattatori corrente per la nuova schiavitù dei telefonini da ricaricare, funzionamento doccia, orari per la colazione ed amenità varie. Non siamo ancora usciti dal guscio che si annuncia la prima sorpresa: siamo tutti invitati a cena in casa Graham, una anziana amica di Giovanni che, informata del nostro arrivo, vuole darci il benvenuto in Scozia. Si presenta la prima (e sarà unica) occasione di socializzazione. Dopo una prima passeggiata per la città eccoci pronti per la cena. Piacevole la serata, buono il cibo, stentato l’inglese. Fortunatamente i convitati sono molto affabili e se la cavano con qualche parola di italiano. Mi colpisce il perdurare della luce solare fino ad ora assai tarda.
5 Luglio 2004: Anniversario di Giovanni e Marianna.
Alle ore 8:00 tutti a fare colazione. Se noi optiamo per la colazione tradizionale, Giovanni ci mostra come si dovrebbe fare, cominciando la giornata con uova e bacon-wurstel-sanguinaccio-fagioli e chi più ne ha più ne metta. Che la colazione possa danneggiare più di 37 anni di matrimonio? Disciplinati ed operosi cominciamo con la visita al castello, splendida balconata sulla città. E’ il più famoso castello di Edimburgo, casa dei gioielli della corona scozzese, i gioielli regali più antichi della Gran Bretagna. In mostra si trova anche la pietra del destino, la pietra su cui venivano incoronati i re scozzesi. Nel castello si possono ammirare la magnificenza della Laich Hall restaurata, l’enorme cannone da assedio Mons Meg e la stanza dove Maria Stuarda diede alla luce Giacomo VI e Giacomo I. Piuttosto freddo il nostro coinvolgimento nella eroica storia patria degli scozzesi nonostante la escalation continua e l’atteggiamento estatico degli altri visitatori. Usciti dal castello ci diamo da fare per riscuotere sterline inglesi da un bancomat. Un colpo al cuore ci prende quando, nel foglietto di accompagnamento, risulta un pericoloso 12.04. Possibile una così alta spesa di provvigione? A tirare le somme abbiamo sborsato, tra tutti, più di settantamila lire di interesse bancario. E giù riflessioni sul ladrocinio operato dalle banche, dovunque ricattatorio. Non si può subire. Margherita e Roberto si assumono il compito di protestare per tutti. Meno male che sono andati loro a fare la magra figura, cosa da sprofondare di vergogna: trattasi non di provvigione ma di orario dell’operazione. Cosa avranno pensato i sussiegosi bancari? Lo sguardo diceva più delle parole. Con le tasche belle gonfie e la maggiore sicurezza che si accompagna sempre alla disponibilità economica ci avviamo lungo il Royal Mile: passeggiata lungo una delle più famose e scenografiche strade d’Europa nei suoi quattro tronconi: Castle Hill, Lawn Market, High Street, Canon Gate. Da segnalare la cattedrale di St. Giles, la chiesa che fu di John Knox durante la riforma, rinomata per le sue vetrate, l’organo Reiger e la bella cappella del Cardo. All’entrata in Chiesa ci colpisce la musica sacra che giunge ai nostri orecchi. E’ in corso un concerto ma nonostante la specifica passione di alcuni di noi per tale tipo di musica, la sosta è breve e il concerto assai modesto. Usciti di Chiesa ammiriamo i grandiosi edifici del nuovo Scottish Parliament, ragione di orgoglio da quando, nel vicino 1999, è stata riconosciuta l’autonomia scozzese. Il cammino si conclude davanti alla grandiosa cancellata del castello di HolyRoodHouse, la residenza scozzese ufficiale di sua maestà la regina, posto all’ombra della collina di Arthur’s seat. Questo palazzo barocco è strettamente collegato alla ricca storia della Scozia ed è forse meglio noto come la dimora di Maria Stuarda. Dopo un rapido giro per negozi (a buon prezzo le merci dozzinali, inarrivabili quelle pregiate) e una toccata e fuga nel curioso negozio artigianale di addobbi natalizi ci concediamo un rapido pranzo a base ovviamente di fish and chips. Rientro in albergo per riposo pomeridiano. Rinfrancati da un ottimo caffè italiano in camera ci si dirige a Colton Hill per godere di uno spettacolare punto panoramico da cui si può cogliere la topografia di Edimburgo. Sulla collina sorgono diversi edifici neoclassici, tra cui la parte edificata di una copia del Partenone mai completata. Per una scalinata tra il Nelson Monument e il City Observatory si scende fino a Princess Street dominata dalla guglia dello Scot Monument, una delle caratteristiche più famose di Edimburgo che con i suoi 287 gradini permette incantevoli vedute della città. Alle 19:00 si è alla ricerca di un mezzo che ci conduca al porto dove si spera di festeggiare l’anniversario in un bel ristorantino a base di pesce. Fa al caso nostro e ai nostri piedi stanchi un taxi provvidenziale che ci scarica a destinazione. Già abbiamo l’acquolina in bocca quando a Giovanni viene l’idea di portarci a vedere il Brittania, lo yacht della regina Elisabetta. Essendo lui il festeggiato non gli si può dire di no e così addio ai sospirati ristorantini, finiamo col mangiare al New Ocean Terminal con bella veranda sul mare ma menu poco allettante e nel complesso costoso per un ristorante da centro commerciale. Nel nostro peregrinare, poco attenti alla anticipata chiusura dei negozi (ore 17:00) non è stato possibile procurare un regalino per gli sposi, a dire la verità un po’ litigiosi. La giornata, complice il tempo assai bello ci ha dato veramente molto. Edimburgo è interessante anche se piccola: la si visita tranquillamente in poco tempo nonostante gli scozzesi nazionalisti (chiacchierata serale in casa Graham) la considerino paragonabile anzi preferibile alla contestata Londra. Domani saremo seri e pronti ad appagare le nostre attese di “intellettuali”. Non bisognerà dimenticare la vita notturna ed i pub anche se per ora non abbiamo trovato traccia della vita di strada allietata da giovani artisti. Edimburgo per ora ci sembra una città ingessata e seriosa.
6 Luglio 2004: Di prima mattina comincia la visita alla National Gallery of Scotland. Interessante la sezione italiana, fiamminga impressionista. Rapida visione alla sezione degli artisti scozzesi per noi sconosciuti. Data l’ora, pranzo al Coffee bar, assai modesto e all’aperto fa un bel freddo. E poi, vista l’esperienza di ieri, shopping nei negozi. Tutto carissimo, ricerca spasmodica di qualcosa di carino per i nipoti di Marianna e rientro in albergo alle ore 17:00. Dimenticavo: l’unico acquisto a buon mercato sono gli occhiali in sostituzione di quelli perduti da mia sorella il primo giorno di viaggio. E’ un periodo pericoloso per lei: ha perduto un brillante nel giardino della Versilia (futura caccia al tesoro… non si sa mai) e a lei ho dovuto dare il mio spazzolino da denti di scorta visto che ha pensato bene di far cadere il suo nel water dell’albergo. Visto che è l’ultima sera ad Edimburgo la scelta del locale dove cenare è più meditata. Locale italiano no… al porto è troppo lontano… Risaliamo il Royal Mile ed andiamo verso un ristorante segnalato: locale in una Torre gotica, lume di candela, apparecchiatura sfarzosa (è nell’aria una fregatura). Tanto più che il gestore-cameriere orientale non sa che darci vaghissime informazioni sul menu. Ma ormai abbiamo ordinato le bevande. Tra mille tentennamenti e gli immancabili “Te l’avevo detto io…” arriva il misterioso piatto; tutto veramente buono: pesce e tante verdure. Fine della tragedia. Ci permettiamo una passeggiata per la Old Town illuminata e ne approfittiamo per invitare Marianna ad essere meno brontolona ricordandole i suoi lamenti serali: la cena in casa Graham frutto delle manie relazionali della famiglia del marito, la cena all’Ocean Centre per vedere il Britannia (e chi se ne frega dello yacht della regina), cena alla torre gotica. Qui è troppo caro, lì è troppo triste. Se mi toccherà di stare in camera con i due sposi (nel caso non si trovino stanze singole) saranno problemi miei. 7 Luglio 2004: In mattinata visita al Royal Scottish Museum con una carrellata della storia scozzese dalla preistoria ai giorni nostri. Bella vista dalla terrazza sui tetti di Edimburgo e carrellata dall’alto sugli edifici della città. Alle ore 13:00 alla Hertz presa di possesso della macchina prenotata (una Ford Mondeo 1800, comoda e capiente). Visita allo Starling Castle, uno dei più importanti della storia scozzese, castello degli Stuart dov’è stata incoronata a 9 mesi d’età Maria la Stuarda. Il castello, con le sue costruzioni, sorge in un bellissimo avamposto: da visitare la grande cucina, la sala delle udienze, la stanza delle guardie e i lunghi camminamenti protetti dalle feritoie e dai cannoni. L’impressione d’insieme è grandiosa e molto suggestiva. Il tempo è bruttino e fa un po’ freddo, dopo i panini in macchina la cioccolata calda è particolarmente gradita. Si prosegue per Callender e con non poche difficoltà si raggiunge il B&B Inver-Enys in Ancaster Road per due camere doppie (mia e di Margherita e Roberto). Giovanni e Marianna procedono per il loro B&B, più caro ma più signorile. Il nostro alloggio è assai gradevole, con stanze grandi anche se un po’ zuccherose: rosa e celeste in gran uso, fiorellini alle pareti ed anche nelle greche. Letti e copriletti nuovamente a fiori con tessuto lucido tipo raso. Azzurro e rosa anche per l’abatjour. Inizia la ricerca del ristorante serale. Dei due indicatici uno è ormai pieno, l’altro è chiuso per lutto. Fortunatamente il gestore “luttuoso” ci indica un locale (agriturismo) un po’ fuori dal paese: il Fisher. Per noi, amanti del pesce, è una manna ed infatti ci troviamo benissimo: ampia scelta, buon vino, dolci irresistibili. E le finanze rischiano di traballare peggio dei conti di Tremonti. Ci permettiamo una ultima passeggiata lungo il fiume (quale il nome?) bella e romantica. Non abbiamo potuto visitare il Rob Roy and Trossachs Visitor Centre dedicata alle imprese del fuorilegge Rob Roy McGregor.
8 Luglio 2004: Partenza da Callender. Tempo bellissimo. Zona dei laghi: paesaggi incantevoli, boschi incontaminati, confondersi di laghi e di fiordi. Quasi inesistenti case e paesi. E’ questa la zona di parco The Trossacks, regione a nord est del Lock Lommond. Ci dirigiamo A Lock Katrine per il promettente giro in battello a vapore W. Scott, in attività da più di cent’anni. Il Lock Katrine è il più grande e spettacolare. Sul battello Giovanni osserva incantato le 2 caldaie ed il caldaista che getta palate di carbone. Noi siamo grati del poco rumore ma la puzza della combustione ci disturba un poco. Occupiamo i tre quarti d’ora di traversata per leggere la graziosa canzoncina di Bonnie Bonnie bants of Lock Lommond: “For you’ll take the high road and i’ll take the low road and i’ll be in Swetland before you But me and my true love will never meet again On the Bonnie hanchs of Lock Lommond..” E’ la storia di un militare scozzese morto in battaglia che lamenta il suo dover ritornare per la strada inferiore dei morti senza poter ritrovare la sua bella che corre verso di lui per la via alta dei vivi. Arrivati all’altro capo scendono i “biciclettari” per la prosecuzione su strada. Noi torniamo indietro.
Lasciata la zona dei laghi ci si inoltra per lo sterminato altopiano delle High-Lands e si giunge a Glen Coe, passo dove nel 1692 vennero sterminati i Mac Donalds (tutti uccisi i maschi inferiori ai 70 anni). Colpisce l’attenzione di tutti noi la presenza, qui in montagna, di rumorosi gabbiani. Giunge presto la spiegazione: ad un passo si apre improvviso un lembo di mare. Così rapidamente si cala su Fort William, centro panoramico e turistico, punto di convergenza di mare e montagna dominato dal Ben Nevis, la più alta vetta dell’intera Inghilterra e meta agognata degli scalatori esperti. Il nome della cittadina venne dato dal responsabile della posta, stanco delle continue diatribe tra i vari signorotti che intendevano imporre il proprio nome. Fort da fortezza e William perché ultimato nel 1689 sotto Guglielmo III. Vi partono i traghetti per l’isola di Skye. Non avendo prenotato siamo alla ricerca di un adeguato B&B. I primi tentativi risultano improduttivi e la scarsa pazienza unita alla stanchezza ci spingono a fissare le camere all’Alexandra Hotel, piuttosto anonimo nella sua notevole vastità. Visitiamo il paese ed il piccolo porto e ceniamo in un gradevole pub.
9 Luglio 2004: Partenza per l’isola di Skye, la più estesa delle Ebridi con lo splendo scenario montuoso, il migliore della Gran Bretagna. Innumerevoli baie grandi e piccole, scogli battuti dalle onde, spiagge sabbiose, rocce di granito rosso, foreste, laghi, prati e pascoli fanno di quest’isola una straordinaria meta turistica anche se spesso immersa nella famosa foschia della “Misty Isle”. Nel viaggio di avvicinamento deviazione a Lock-Ness, ma Nessie non si è fatta vedere e non siamo andati a trovarla al Ness’ Exibition Centre. Sulla sponda del Lock Duich ci attende l’ Eilean Donan Castle, ricostruito ai primi del ‘900 e quindi architettonicamente poco interessante, ma di un fascino romantico incredibile e per questo il castello più fotografato di Scozia. Si procede per il ponte a pagamento per l’ingresso all’isola di Skye, destinazione Portree, colorato porticciolo dove si trova i B&B Sandra Campbell da noi prenotato. Tragedia: la signora ci aspetta dopo le 18:00 e per Margherita è una disdetta: come si farà senza riposare, bere, fare la pipì ed un debito riposino… Ma non c’è alternativa, è così… In macchina fino a Trotternish, una penisola a Nord: strade a senso unico e rovine del Duntulm Castle con tanto di gabbiani innamorati che si rincorrono ed in lontananza il Kilt Rock, formazione di rocce scoscese a picco sul mare così chiamata perché ricordano il kilt scozzese e le sue varie pieghe. Magnifico panorama sulle Ebridi esterne che paiono una ininterrotta catena di monti. Ritorno a Portree e cena al pub. Unico contatto con il locali l’esclamazione “Robertooo..”, alla Loren, indirizzata al nostro amico da un giovane ubriaco in vena di dialogo. Domani le foche? Riposiamo nella solita camera con moquette azzurra e pareti rosa, bordure a fiori e copriletto a quadri azzurri. Una vera persecuzione per me che non amo i colori pastello.
10 Luglio 2004: Ebbene le foche sì! Visita al castello di Dunvegan o meglio biglietto per la zona della colonia delle foche. Tanto per accedere si attraversano necessariamente i meravigliosi giardini e chi ci può negare una visita più accurata… Incredibile l’amore per la botanica (giardino acquatico, circolare, murato etc.). E poi finalmente verso la nostra barchetta, fonte di perplessità per Margherita che ne teme le modeste dimensioni e che guarda con sospetto il nostro nocchiere, bruttino ma gentile. Io e Marianna facciamo le disinvolte e la guardiamo con una certa sufficienza. In realtà saremo le uniche a non sapercela cavare nell’indossare il salvagente e ad aver bisogno dell’intervento del marinaio. Che figura! Andiamo incontro alla colonia di foche che vivono sugli isolotti del fiordo e che sembrano pigramente galleggiare sugli scogli invisibili dal fondo, circondate da rumorosi e curiosi piccoli. Di lontano ci giunge lo strepitio dello scoglio occupato da una colonia di gabbiani. Ritornati a riva rapida corsa alla distilleria Talisker dove a fronte di miseri panini si acquistano costose bottiglie di acqua di vite (piccole o grandi a seconda della disponibilità). Scopriremo solo più tardi che il prezzo è più salato che al Duty Free dell’aeroporto). Fortunatamente l’ora di chiusura impedisce ai nostri uomini una più lunga ed accurata visita alla distilleria. Come è logico di sempre aperto c’è solo lo spaccio. Tutto il mondo è paese. Riattraversiamo il ponte a pagamento e ritorniamo in Scozia ed arriviamo nel pieno pomeriggio alle rovine del castello di Strome, costruito nel XV secolo e distrutto nel 1602 da parte di un Mac Donald. A sera arriviamo a Ulla Pool, pittoresco villaggio di pescatori con piccolo porto sulla penisola del Lock Broom dove ceniamo a base di aragoste, dando fondo alle nostre sostanze, rifiutando però a Giovanni e Roberto il bicchierino della staffa. Quando è troppo è troppo. Il B&B, nonostante il biglietto un po’ pretenzioso e la bella posizione, è sinceramente modesto: la mia cameretta mansardata è senza bagno, angusta e priva di armadio (qualche gruccia è fissata sulla porta). Non manca però la moquette azzurra e l’arredo rosa e verdino (Brae Guest House, Shore Street) 11 Luglio 2004: Da Ulla Pool a Doumess e Tongue. Ecco la North Coast. Bellissimi i paesaggi naturali delle Highlands precipitanti sul mare con due meravigliose piccole baie sabbiose e scorci incredibili sulle Summer blonds. Siamo alti sul mare e Margherita guarda con curiosità un bimbetto che indossa una ciambella e sembra in procinto di scendere al mare. Ben presto capiamo perché. Con una rapida quanto impensabile discesa si può scendere su una spiaggia incantevole, interessata dal fenomeno dell’alta marea. Sembra un lembo di Bretagna con le onde che rapide avanzano ed i bagnanti che altrettanto rapidamente risalgono. A sera arriviamo finalmente ad Inverness, graziosa cittadina lungo il fiume Ness con relativo lungofiume pieno di fiori: vi si specchiano chiese neo-gotiche. Fa la sua figura anche il castello vittoriano. B&B in bella zona appartata, bella facciata, stanze decenti (Aros, 5 Abertarff Road).
12 Luglio 2004: Partenza da Inverness alla volta del Cawdor Castle, romanticamente collegato a Shakespeare e al suo MacBeth (uccisione di Duncan), un castello superbo, quello che ciascuno si aspetta di poter vedere. E non è un monumento freddo ma la splendida dimora di Dowager Contess Cawdor. Ambienti interni sfarzosi, ricchi arredi, arazzi alle pareti con le storie di Don Chishotte, pinacoteca degli antenati e bellissimi giardini (selvatico, formale, labirinto, sentieri naturali etc.).
Ultimata la visita al castello, spersi sulle montagne dei Gran piani, davanti ad una sospirata breakfast si accende la discussione: discesa verso Aberdeen lungo costa –come suggeritoci- o tagliare per l’interno verso Balmoral, residenza preferita della regina Elisabetta e luogo istituzionale (God save the Queen). La votazione non può che tener conto dell’invito pressante della regina che, dopo il Britannia, ci vuol fare vedere la sua casetta estiva. Il parco è stupendo, con piante secolari quasi scolpite con cura dai giardinieri; i prati all’inglese sembrano curati con le forbicine da unghie tanto sono regolari e i fiori occupano totalmente lo spazio della serra.
Dopo la visita assai limitata degli spazi interni decidiamo di non far uso del trailer a cui si affidano gli altri visitatori. Possiamo ben arrangiarci da soli; e dopo chilometri di cammino per campi da golf e cricket, persi nel verde, quando già temevamo il peggio, siamo riusciti finalmente a riconquistare il luogo della sosta macchine. Giungiamo ad Aberdeen e siamo premiati da un B&B in linea con quanto visitato dal momento che la nostra camera a tre letti (altro non si è trovato!) si rivela assai meglio del previsto per ampiezza, eleganza e non manca un bow-window dove possiamo sederci a leggere con aria signorile e vagamente snob (Albany Guest House, 18 Whinhill road). Bello il B&B quanto brutta, sporca la cittadina dove per la prima volta mangiamo malissimo.
13 Luglio 2004: E’ l’ultima mattinata disponibile prima del nostro rientro. Nel primo pomeriggio infatti parte l’aereo che ci porterà in Italia e ci sono anche le pratiche di fine tour (non solo preparazione bagagli ma anche e soprattutto riconsegna della macchina a noleggio). La giornata però è bella e Giovanni, il nostro pilota, è uno che non demorde. Non vorremmo stare ore ad aspettare. E vicino, proprio sulla strada verso l’aeroporto è segnalato niente meno che il castello dove è stato ambientato l’Amleto di Mel Gibson. Il Dunnotar Castle, le cui maestose rovine si protendono sul mare in una zona incredibile. Come resistere ad una simile sirena? Il mattino presto, primi visitatori, scendiamo lungo gli scoscesi e numerosi gradini per una visita incantevole. Sono così emozionata che non posso non telefonare in Italia per rendere partecipi della mia emozione. Proprio una inaspettata, incredibile chiusura.
Ci resta il tempo per un ultimo succulento pranzo nel piccolo porto di Stone Hoven.
L’attesa dell’aereo è questa volta più rassegnata che emozionante. Ancora una volta alla rovescia Aberdeen-Amsterdam-Fiumicino. Persino gli sguardi dal finestrino sono più rari ed annoiati ed il cibo che ci servono più criticato e respinto. E’ la conclusione di ogni viaggio che abbia mantenuto le sue promesse. E tornare tra gli affanni degli uomini, il caldo, il traffico dopo la solitudine, i silenzi, la frescura della Scozia è ardua impresa. La lunga narrazione scritta forse obbedisce ad un bisogno: quello di ritardare il distacco da una esperienza forte. La coniugazione purtroppo deve scegliere ormai tempi passati ma l’oggi di una persona fortunatamente è il nodo convergente di passato, presente e futuro e nulla finisce per sempre.
Servirebbero due parole di bilancio, particolarmente doveroso in considerazione del numero, per di più dispari, dei partecipanti. Cinque come le dita di una mano: non tanti da assumere le caratteristiche di un gruppo nutrito non così pochi da concedere il rispetto delle singole aspettative. Cinque appunto, uno di troppo, uno che rischia di spaiare il mazzo e mandare a monte la partita. Direi che nel complesso io, quinto elemento, mi sono fatta piccola e silenziosa nei momenti di piccola tensione, aizzando, non veduta, chi sosteneva la mia stessa opinione, il mio stesso progetto, e barando nel numero con quel mio essere in fondo la metà del quarto. Ho trovato quello che cercavo? Forse sì, soprattutto nell’ultima parte. Quando si torna da un viaggio si soffre come da adattamento di fuso orario interiore: amaro sapore di estraneità. E’ una sensazione che non è destinata a durare, si scioglie in pochi giorni e torna l’abitudine al consueto. Peccato perché è bello il disorientamento, soprattutto a sessantanni, età in cui si riducono spaventosamente le occasioni di gustare…