San Pietroburgo-Pechino… e intanto corre, corre la Locomotiva

Tour politico, culturale, storico e ambientale in Transiberiana da San Pietroburgo a Pechino
Scritto da: jackoontour
san pietroburgo-pechino... e intanto corre, corre la locomotiva
Partenza il: 04/08/2011
Ritorno il: 24/08/2011
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
Galeotta fu una delle tante proposte di viaggio che quotidianamente si ricevono per email. Tra le tante offerte c’era la “Transiberiana da Mosca a Pechino”. Allora avevo 16 anni e mi sembrava solo un sogno, ma ormai nella mia testa era scattata la scintilla… Sogno la Russia da quando alle scuole superiori sono nati i miei ideali politici e ora, a 25 anni, è arrivato il momento. Mi sono inoltre sempre immaginato sul treno del cartone animato Galaxy Express 999 che girava lo spazio sulle orme di Capitan Harlock. Ho passato l’ultimo anno ad organizzare a periodi alterni questo viaggio, senza dire niente a nessuno per scaramanzia. Ora che so quando andrò in ferie a lavoro non mi resta che prenotare. Come mio solito faccio tutto all’ultimo momento. La questura ci mette del suo nel consegnarmi il passaporto dopo 45 giorni e così non mi resta che affidarmi ad un’agenzia specializzata per ottenere i visti necessari al viaggio. Prenoto autonomamente gli aerei e per il treno uso l’agenzia “Transiberiana.com”. Spedisco il passaporto alla Yak Service di Roma e in circa 10 giorni ricevo il passaporto vistato per circa 450 euro totali…

04/08

Giusto in tempo per prepararmi alla partenza: 2 giorni dopo sono all’imbarco Meridiana per Milano Linate (€ 77,80). Un ennesimo sguardo dall’alto alla mia amata Cagliari e inizia il mio viaggio.

05/08

Sbarco puntale a Linate alle 19.00, ritiro il bagaglio e cerco un posto abbastanza tranquillo e poco illuminato per passare la notte. Alle 06.30 decollo con il volo SAS che fa scalo a Copenaghen (totale € 94,00), e poi con un altro aereo della compagnia scandinava tocco il suolo di Leningrado alle 13.30. Sono in Madre Patria Russia! Passo al controllo passaporti e dopo 3 minuti di attesa mi autorizzano a passare: accettato! Dopo 5 minuti ritiro il bagaglio (incredibile, il 4°) e posso uscire seguendo la linea verde. Cambio 50 € ottenendo circa 1900 Rubli. Fuori dall’aeroporto scanso gli innumerevoli tassisti e mi reco alla fermata dell’autobus 13 a sinistra. Scendo alla fermata Moskovskaya e seguo la folla. Nell’immensa piazza davanti a me svetta maestosa una statua di Lenin altra 30 metri e dietro la biblioteca da cui è partita la Rivoluzione Bolscevica, sormontata da falce e martello. Ecco la Russia che volevo vedere: sono a casa! Entro nella metro con un gettone da 25R (linea 2 blu sino a Nevsky Prospekt), non ci sono biglietti qui. In metro c’è l’aria condizionata e si sta benissimo, pur se le scale mobili sono talmente lunghe che non si vede la fine, sembra di scendere al centro della Terra. Ogni fermata può essere considerata un museo gratuito, con affreschi, sculture e mosaici ovunque. Scendo a Nevsky e subito sulla destra compare la Cattedrale del Sangue Versato. Ci vado incontro cercando l’agenzia per ritirare i biglietti della Transiberiana (in Naberezhnaya Kanala Griboedova, 26) ma ovviamente l’ufficio era nella direzione opposta. Le commesse mi aspettavano e in 5 minuti sono fuori con i biglietti del treno in mano. Arrivo all’hotel Corinthia (Nevsky Prospekt, 57) dopo un pò di smarrimento per i numeri civici praticamente inesistenti (palazzi con più ingressi hanno lo stesso numero civico). Entro per la prima volta in un albergo a 5 stelle e tutti fanno il massimo per non mettermi a mio agio (mi sembra di capire che vogliono solo carte di credito a garanzia, mentre io sono lì solo perchè con la mia postepay ho pagato in anticipo 110 € per 3 notti). Appoggio zaino e valigia nell’immensa camera ed esco a godermi San Pietroburgo. Percorro nuovamente Nevsky Prospekt sino alla Cattedrale del Sangue Versato. Supero il ponte e mi dirigo nei giardini di fronte. Raggiungo delle bandiere rosse che delimitano un piccolo giardino con una delle tante fiamme per gli Eroi di Leningrado. Attraverso il ponte e arrivo alla Fortezza di Pietro e Paolo, dove tra giardini e similspiaggia qualcuno fa il bagno nel fiume Neva. Il ponte successivo mi porta sino allo storico Palazzo d’Inverno. Rifaccio tutto il lungofiume sino alla Cattedrale del Sangue Versato e poi in Nevsky sino all’albergo. 1° giorno andato!

06/08

Colazione abbondante tra caffellatte, croissants, salame, prosciutto, salmone e aranciata. Metro rossa sino a Ploshad Muzhestva, all’uscita si va a sinistra verso la fermata dell’autobus 138 (31R) e dopo 5 fermate a sinistra si trova il Cimitero degli Eroi di Leningrado. Nell’ingresso centrale si trova subito la Fiamma Eterna e sullo sfondo il Monumento alla Vittoria. Tutto il resto è un susseguirsi di fosse comuni indicate da una pietra con l’anno di sepoltura sormontata da una stella o da una falce e martello. Faccio il percorso inverso (21R) e con la metro blu scendo a Moskovskaya. Dalla parte opposta al monumento di Lenin si erge il Monumento agli Eroi di Leningrado (quello usato in una copertina di un disco dei CCCP-Fedeli alla linea). Tra sculture, busti di Lenin e falce e martello si scende sotto l’imperioso obelisco, nel museo. Si possono ammirare bandiere, lettere, armi e vari cimeli relativi all’Assedio, con un video che mostra la vita cittadina di quei lunghi 3 anni di assedio e il tempo segnato da un metronomo. Fa riflettere il pezzo di pane con segatura che rappresentava la razione quotidiana per chi riusciva a sopravvivere in quelle condizioni. Torno in metro a Nevsky e raggiungo il Museo della Storia politica e sociale Russa (Kuibysheva St., 2/4), dove passo qualche ora tra Lenin, Stalin, manifesti, inni e cimeli vari. Raggiungo poi l’incrociatore Aurora, da cui è partita la cannonata che segnò l’inizio della Rivoluzione e al cui interno si trovano vari oggetti che ne hanno segnato la storia. Raggiungo il Palazzo d’Inverno passando dal Ponte dell’Hermitage e poi giro un pò aspettando mezzanotte. Alle 00.20 mi imbarco in un battello per il giro notturno nella Neva. Passiamo sotto tutti i ponti costeggiando l’Hermitage, l’Incrociatore Aurora, la Fortezza di Pietro e Paolo e il Palazzo d’Inverno. Verso l’01.00 questo ponte si alza interamente per permettere il passaggio alle petroliere. Innumerevoli i battelli e le persone nella terraferma che aspettano questo rito quotidiano. Torniamo al punto di partenza sotto una leggere e fastidiosa pioggia.

07/08

Colazione leggera, bagagli in deposito e a zonzo senza meta: ho visto la Leningrado comunista e poco turistica che sognavo di vedere. Alla fine di Nevsky Prospekt si trova la stazione Moskovsky, grande, affollata e molto calda. Nel binario 5 arriva il treno 001. La provodnista controlla passaporto e biglietto e alle 23.00 sono dentro la mia cuccetta, vagone 5, posto 19. I compagni del viaggio saranno 2 svizzeri e 1 russo. La notte passa sino all’arrivo a Mosca alle 08.00.

08/08

All’uscita dalla Stazione Leningradsky svetta un busto di Lenin. Fuori dalla stazione è il caos più totale: palazzoni, strade sterrate, centinaia di tassisti e tutte le indicazioni in cirillico. In qualche modo, con tanta difficoltà, salgo sulla stracolma e asfissiante metro rossa sino a Lubjanka. L’hostel Artel (Teatralniy Proezd, 3) è lì vicino ma nessuno sa indicarmi la strada, e neanche si impegna per aiutarmi. Raggiungo l’ostello grazie alle indicazioni datemi in un altro albergo, dopo aver vagato mezzora a vuoto. Il check-in è dopo le 12.30 quindi lascio i bagagli nel deposito e vado a farmi il primo giro nella capitale. L’ostello (15 € a notte, senza colazione) è all’interno di un condominio, 4° piano senza ascensore, connessione wifi in camera e molto carino. Da un sottopassaggio raggiungo in 5 minuti il Cremlino. La Piazza Rossa è delimitata dalle transenne, il Mausoleo di Lenin è chiuso il lunedì e in giro si sentono solo turisti italiani: Mosca non fa neanche mezzo passo per piacermi. Assisto al cambio della guardia nel Monumento al Milite Ignoto, ovviamente dall’esterno perchè l’interno del giardino è momentaneamente chiuso. Entro nel Museo Storico di Stato (130 R) attratto più che altro dai manifesti su una mostra della Rivoluzione con le grandi facce di Lenin e Stalin. In pratica affronto 39 sale di uniformi, fucili, piatti, forchette ecc per arrivare alla 40esima sala, quella più attesa. Nell’ingresso c’è un enorme bandiera rossa con falce e martello e nel resto della sala una quarantina di quadri e manifesti, qualche articolo di giornale, alcune monete, due uniformi e una tuta da cosmonauta. Torno in albergo decisamente deluso!

09/08

Lascio i bagagli nello sgabuzzino che funge da deposito e con la metro gialla raggiungo la Stazione VDNK per vedere il Museo dei Cosmonauti, nel Centro Espositivo di Tutte le Russie. Il museo si trova subito a sinistra all’uscita dalla stazione, sotto l’obelisco in titanio alto 100 metri. Sono le 09.45 e il museo apre alle 11.00 quindi giro nel parco circostante raggiungendo l’obelisco. Nei 2 lati si trovano le sculture che rappresentano la conquista dello Spazio, con Jurij Gagarin che sale le scale verso l’universo portando lassù la falce e martello seguendo la strada indicata da Lenin. L’interno del museo è spettacolare, tra la capsula con cui Jurij Gagarin ha portato per la prima volta l’uomo nello spazio il 12 aprile 1961, Soyouz, cagnolini “cosmonauti” imbalsamati, tute, strumenti, satelliti, foto e video. All’esterno c’è una scultura che rappresenta l’Universo, con il Sole al centro e intorno tutti i Pianeti, con le rispettive indicazioni di distanza, grandezza e velocità di rotazione e il Viale dei Cosmonauti con i mezzi busti di tutti i cosmonauti che sono entrati di diritto nella storia. Attraverso la strada e mi dirigo nel centro espositivo, dove il monumento all’ingresso è delimitato da 2 falce e martello. L’interno è un grande parco, con il Luna Park a sinistra, una statua di Lenin infondo e tante piccole bancarelle di contorno. Saluto la periferia di Mosca e torno in Piazza Rossa a guardare la folla di turisti europei e chi, con i viaggi organizzati, segue le bandierine all’interno dei Magazzini Gum. Saluto il corpo imbalsamato di Lenin nel suo Mausoleo, le lapidi di Stalin e Gagarin e torno in albergo a prendere i bagagli. Non vedo l’ora di salire in treno e iniziare la mia Transiberiana, lasciandomi alle spalle Mosca, una città turistica con poco da vedere e che ha cancellato tutto ciò che può ricordare il comunismo, per entrare nell’occidente globalizzato. La popolazione è molto diversa dalla popolare San Pietroburgo (chiamata dai residenti anche Leningrad, Stalingrad o più familiarmente Piter), nessun interesse ad aiutare gli ospiti, fredda e amante del lusso.

Da Lubjanka prendo la metro per Kosmomolskaya, cerco di uscire dalla stazione ma non si capisce niente e nessuno ha l’aspetto di chi vorrebbe aiutarti. Negli angoli qualcuno litiga in disparte, senza farsi vedere dalla polizia che presiede gli ingressi. Esco da un’uscita laterale e fuori c’è il nulla, oltre piccoli gruppi che inquadrano subito lo straniero incasinato con zaino in spalla e valigia. Torno indietro e sfido i consigli della Lonely Planet (“se chiedete informazioni ai poliziotti rischiate che vi chiedano molti soldi per lasciarvi andare, non date mai il passaporto o i biglietti del treno originali e non aprite i vostri bagagli”) chiedendo ad un poliziotto dove devo prendere il treno per Irkutsk. Inizio a fare strani pensieri quando mi chiede il biglietto del treno e quando parla per 5 minuti alla radio, iniziando il discorso con un comprensibile “c’è un europeo che deve prendere il treno per Irkutsk”. Mi aspettavo l’arrivo di poliziotti corrotti, pronti a prendere tutti i soldi che avevo per lasciarmi andare via senza il biglietto… invece mi indica la strada per la stazione di Jaroslavsky. Nella sterrata piazza all’esterno, non si legge nessuna scritta che possa far pensare alla stazione cercata, ma in qualche modo scopro che è il palazzo dall’altra parte della strada: 8 corsie di auto che sfrecciano divise dai binari del tram. Evito i sottopassaggi e faccio circa 500 metri sino al semaforo con attraversamento pedonale in fondo alla strada. Faccio il percorso all’opposto ed entro finalmente in stazione. Centinaia di persone sono sedute nel piazzale antistante con bustoni di provviste. Controllo il tabellone dei treni e segna partenze sino alle 22.00 e poi dalle 04.45. Il mio treno è alle 23.45, qualcosa non torna! Chiedo in biglietteria e dopo avermi controllato il biglietto non sanno dirmi niente. Mi sposto e vedo una ragazza con mappa in mano, incasinata almeno quanto me. Sicuramente è italiana! Infatti Valentina è una siciliana trapiantata a Milano che pensava di fare il viaggio da sola con le mie stesse motivazioni. Già, la “transiberiana.com” ha organizzato in realtà lo stesso viaggio anche ad altri 3 ragazzi e a 4 coppie, pur se tutti sapevano di essere da soli. Se per qualcuno è stata una piacevole sorpresa, per altri è stato un pò una caduta di stile, una mancanza di rispetto e sincerità. Resto in compagnia di Valentina per 3 ore sinchè nel monitor non compare il nostro treno dal binario 1. Sotto una leggera pioggia ognuno arriva al suo vagone. Il provodni controlla biglietto e passaporto e mi da il necessario per il “soggiorno” in treno: lenzuola, cuscino, coperta, asciugamano, pantofole. Ora posso occupare il mio posto 24 nel vagone 9. Che dire dell’immenso treno… vagone ristorante sempre aperto (e un pò caro), cuccette di prima classe per 2 persone, seconda classe con 2 letti a castello per 4 persone e terza classe con un vagone unico per 50 persone. I 2 bagni sono all’estremità del vagone, dall’altra parte c’è il samovar da cui avere sempre acqua calda e la cuccetta per le 2 provodniste (le responsabili del vagone).

Farò il viaggio sino a Irkutsk con una famiglia che torna a casa a Vladivostok: Aleksander, 27enne tecnico radiomeccanico dell’Aeronautica Russa, la moglie 22enne Katia e la loro piccola Sasha di 10 mesi. Sono stato fortunato a non capitare con altri turisti, in questo modo posso parlare della Russia. I 2 simpatici e amichevoli compagni di viaggio mi spiegano subito i segreti dei treni: chi ha il posto nei letti di giù deve sollevarli per mettere i bagagli nello spazio sottostante, chi deve stare su ha il posto riservato ben visibile. E’ preferibile farsi la doccia (ci si arrangia con il lavandino) la mattina presto, intorno alle 07.00, quando le provodniste hanno appena finito di pulire i bagni. E’ stato bello quando alla prima fermata del treno, abbiamo comprato tutti e 3 qualcosa per i compagni di viaggio. Io ho preso da bere (e hanno gradito salsiccia e formaggio portati dalla Sardegna e conosciuti, con mio stupore, anche in Russia) e loro mi hanno fatto scoprire cibi che difficilmente avrei assaggiato senza il loro consiglio (i pesci essiccati nei banchetti delle babuske non sembrano molto belli alla vista ma sono buonissimi)

10/08

La notte passa tranquilla. Mi sveglio verso le 11.30 e mangio quello che offrono le Ferrovie Russe: riso con pollo, verdura, pesce con patate bollite e una zuppa con pomodori, cipolle e pollo. Alla stazione prendo 3 focacce di patate da una babuska (60R) mentre i russi portano filetti di formaggio e pesce essiccato. Ottima cena, alle 23 vado a dormire.

11/08

Durante la notte, mentre Sasha urla e il bambino russo 2 cabine più avanti piange, superiamo Yekaterinburg, oltrepassando così il confine Europa-Asia e il chilometro 2.102: l’inizio della Siberia. I famosi Monti Urali sembrano colline e il paesaggio non cambia mai. Osservo i chilometri passare dal vagone ristorante dove, tra un caffè e l’altro, si conoscono gli altri passeggeri. Le ore nel treno passano girovagando nei vagoni, chiacchierando con gli altri passeggeri e scattando foto. In ogni vagone c’è un foglio che indica le varie soste e la relativa durata. E’ un pò difficile capire l’ora esatta. Si passa tra vari fusi orari ma in tutte le stazioni (e così anche nei biglietti) è indicata esclusivamente l’ora di Mosca. Per questo capita che qualcuno fa colazione mentre altri pranzano. Io ho seguito il comportamento dei Russi: portavo l’orologio avanti seguendo l’andamento dei fusi orari così ero sincronizzato con l’ora della città di arrivo.

12/08

Il paesaggio non cambia negli oltre 2.000 chilometri che da Yekaterinburg portano a Krasnoyarks, con soste relativamente lunghe ad Omsk e Novosibirks. Tra una sosta e l’altra riesco a salire nel vagone di terza classe. Qui c’è più condivisione di tutto, mi trovo molto bene tra risate e discorsi politici.

13/08

Saluto i compagni di viaggio russi (dimenticandomi alcuni regali nella cuccetta) e alle 7.30 scendo puntuale nella stazione di Irkutsk. La pioggia mi da il benvenuto, insieme al pullman che ci porterà prima sul traghetto per Bolshie Koty e poi, dopo circa 2 ore, a Listvyanka. Questo paesino sul lago Baikal è costituito da una strada principale sterrata, dove si trovano piccoli ristoranti, il mercato e negozi di souvenir. L’acqua non sembra così trasparente e cristallina come viene descritta nelle guide. Dormo nel b&b Romanov’s House.

14/08

Di prima mattina mi reco all’Osservatorio Astronomico sulla collina. Dopo un’oretta di camminata si osserva tutto il panorama e l’immensità di questo lago, che supera l’orizzonte. E’ impossibile immaginarselo ghiacciato. Continuo la giornata nelle acque del Lago Baikal e poi, dopo una cena a base di pesce con dei ragazzi del gruppo, si va a letto.

15/08

Dopo la abbondante colazione, il pullman ci aspetta alle 10.00. In 2 ore circa raggiungiamo l’ostello che ci ospiterà una notte ad Irkutsk. La camera è molto grande, letto matrimoniale, letto a castello e bagno privato, tv e connessione wifi. Faccio un giro nelle vicinanze dell’ostello, godendomi l’aria Siberiana.

16/08

Colazione nella cucina in comune e poi in giro alla scoperta di questa piccola cittadina, capitale della Siberia. Una fontana all’interno di un parco, dove i bambini si divertono con l’acqua, segna l’inizio della via principale, Karla Marxa, che arriva sino al fiume. Qui si sprecano i negozi e i ristoranti europei mentre le casse audio attaccate ai lampioni della luce rallegrano le giornate con musica russa. Alle 22.15 salgo nel treno 362, posto 4 del vagone 8, direzione Mongolia. I vagoni sono più antichi rispetto al treno russo, questo è mongolo: più stretto e senza vagone ristorante. Nel vano superiore della cuccetta c’è una cassetta di uva e ben presto la provodnista mongola viene a comunicare che è sua, e non sarà la sola cassetta che vedremo…

17/08

La mattina il treno sta ancora costeggiando il Lago Baikal, sino ad allontanarsi definitivamente verso pranzo. Arriviamo così a Naushki, la cittadina che segna il confine russo, la prima temuta frontiera. Il treno si ferma circa 1 chilometro prima della frontiera, in aperta campagna. Dai cespugli sbucano una 20ina di uomini Mongoli che aiutano le provodniste a scaricare le merci importate illegalmente dalla Russia: decine di cassette di uva, cocomeri, scatole varie ecc ecc. Questo sarebbe il pericoloso contrabbando su cui è stato incentrato il film Transiberian (guardatelo solo quando ritornate dal viaggio, rivivrete sensazioni e paesaggi) e di cui mette in guardia la Lonely Planet? Ho visto solo persone che fanno quello che possono per sfamare le proprie famiglie… Dopo i 10 minuti necessari a concludere l’operazione, il treno riparte ed entra in stazione. Qui stiamo chiusi nel caldo del treno per circa un’ora poi si presentano i decisi uomini della frontiera russa per prendere i passaporti e perquisire l’interno delle cuccette. Al termine di questo primo controllo possiamo scendere dal treno nell’ultima, calda, città Russa. Con l’asciugamano datomi dalle Ferrovie Russe all’ingresso del treno (marcato KPAPA) creo un piccolo pallone e in brevissimo tempo inizia la partita di calcio 4 contro 4, scalzi e a petto nudo, nel piazzale della praticamente deserta stazione. Il divertimento dura circa 15 minuti, interrotto definitivamente dal solerte doganiere russo che, al grido “NIET!” prende a calci il “pallone” rompendolo, portandolo via e decretando così la fine delle partita. Delusi come bambini, aspettiamo 10 minuti per recuperare l’asciugamano-pallone e andiamo alla scoperta del piccolo mercatino dietro i binari: inutili cianfrusaglie e scarso cibo poco sostanzioso. La suspense la crea George, un americano con cui abbiamo fatto le 4 del mattino in cuccetta arrivando a parlare in inglese di religione e filosofie di vita, che si allontana in macchina con 2 sconosciuti russi per raggiungere la collina lì vicina, salvo poi dimenticarsi il marsupio con soldi e documenti nella loro auto. Dopo qualche attimo di sbandamento a suon di “fuck”, recupera tutto grazie al fatto che i 2 sconosciuti erano guardie della dogana. Dopo qualche ora, annoiati e stanchi, possiamo risalire in treno a dormire un pò, prima che gli uomini della dogana ci restituiscano i passaporti e così possiamo finalmente ripartire. Entriamo in Mongolia e il treno, nonostante qualche vagone sia stato “lasciato” in Russia, procede lentamente e a singhiozzo. Questo perchè bisogna permettere ai Mongoli di scendere dal treno quando la loro casa è affianco ai binari. Raggiungiamo così Sukhbaatar, la città di frontiera che segna l’inizio della Mongolia. Qui i militari salgono subito sul treno per prendere i passaporti e controllare le cuccette (meno attentamente e senza i cani usati dai Russi). Possiamo quindi scendere dal treno per questa sosta di quasi 2 ore (dopo le circa 6 trascorse sino a poco prima a Naushki. Il tempo è più che necessario per usare le mazzette di soldi cambiateci dalle provodniste sul treno (1€=1600Tugrik) per trovare un locale dove mangiare dei calzoni mongoli riempiti con carne di montone (uno a 200T, € 0,13) e prendere da un ambulante in strada il famoso latte di giumenta fermentato (e alcolico), versatoci direttamente da un secchio ad una busta di plastica. Restiamo un pò delusi…

18/08

Alle 05.30 tutto il vagone guarda le prime ger che compaiono dai finestrini. Arriviamo alle 06.10 nella stazione di Ulaan Baatar, un’occhiata veloce e la guida ci fa salire nel pulmino da 30 posti che ci porterà nella riserva naturale di Guun Galuut. Dopo circa 3 ore tra le “strade” sterrate che passano, senza indicazioni, tra le verdissime e disabitate colline e dopo la sosta all’imponente monumento all’eroe nazionale Gengis Khan (più che altro una vera e propria cattedrale nel deserto), arriviamo in quello che sembra un villaggio turistico. Tra le verdissime colline, attraversate dal fiume, sorgono 2 belle strutture contornate da una ventina di ger. Potrebbe in pratica considerarsi un albergo in stile mongolo, con colazione alle 8, pranzo alle 13 e cena alle 19. La curiosità è tanta quando apro la colorata porta della mia ger n° 20. Le “pareti” interne sono bianche come l’esterno, base circolare alta circa mezzo metro e 7 metri di diametro, da cui partono delle ravvicinate stecche di legno sino alla sommità circolare, per metà chiusa con un foglio di plastica, da cui esce la canna fumaria del piccolo camino a legna posto al centro. I letti sono a sinistra e a destra mentre dalla parte opposta alla porta c’è un mobiletto con 2 candele, dato che all’interno non c’è la corrente elettrica. La cena delle 7 non è altro che una leggera e poca insalata di carote. Vado a letto con un pò di fame. La notte passa nel piacevole tepore della ger. Dopo lo spettacolo regalato dalla luna e dal cielo stellato la notte, decido di alzarmi alle 5.30 per vedere l’alba.

19/08

Il sole fa capolino da dietro le colline quando la luna è ancora alta nel cielo, illuminando il fiume e piano piano tutta la valle. Torno a letto verso le 7, prima della colazione a base di caffè e pastasfoglia. Mattinata di relax insieme a mosche, insetti e cavallette che quando volano emettono un particolare rumore. Dopo il solito leggero pranzo, alle 14.30 saliamo in 4 su una vecchia Golf lungo i sentieri sterrati della zona, sino al fiume. Abbiamo deciso di fare una gita in gommone, che si rivelerà particolarmente pesante a causa del basso fondale e della corrente inesistente. I 10 chilometri remando passano tra mandrie, paesaggi spettacolari, risate, maledizioni e bagni nel fiume. Arriviamo in tempo per la doccia e la cena a base di riso e un pò di carne di montone. Mentre gli altri vanno in gommone, io mi godo il silenzio e la pace assoluta di quel luogo e poi mi riposo nella mia ger.

20/08

Solita colazione e poi alle 9 si sale sul pullman che ci riporterà ad Ulaan Baatar, la capitale della Mongolia. Affrontiamo le 3 ore nei sentieri della steppa, entrando nella città verso le 12.30. Arrivo in albergo e mi reco nella banca difronte a cambiare i rubli rimastimi. Il taxi mi porta nella centrale Piazza Sukhbaatar per 3000T e vengo salutato da una tempesta di sabbia e polvere. Mi reco quindi al Museo di Storia Naturale pagando 10000T (€6,25) l’ingresso + le foto. Dopo tante sale interessanti di fossili ecc, si entra nell’attesa sala dove sono presenti i dinosauri. Con disappunto e delusione scopro che proprio qui è vietato fare foto e la responsabile controlla severamente. Un piccolo e doveroso video (da cui poi estrarrò i fotogrammi) riesco comunque a farlo. Non reputo di aver sbagliato perchè all’ingresso non c’era nessun avviso e ho pagato per le macchina fotografica soprattutto pensando a quelle foto. Esco dal museo per recarmi al monastero lì vicino ma ben presto inizia a piovere a dirotto e le strade fatiscenti non aiutano. Diventano subito torrenti in piena e gli automobilisti non si curano dei pedoni. Attraversare la strade è un continuo tentativo di suicidio (investiti o affogati?). Non riesco a trovare il monastero e preferisco entrare nel riparato market a mangiare qualcosa e fare un pò di spesa (3 panini farciti 1500T, 2 pepsi da 600ml 900T, 2 confezioni di biscotti 500T, 2 pacchi di patatine 600T, 2 bottiglie d’acqua 200T: totale 3700T cioè € 2,32!). Vago un pò in centro prima di fare una movimentata conoscenza tornando in albergo: il signor Sodo si informa stupito della presenza di un viaggiatore nella sua città, “difendendomi” dalla decina di persone che mi facevano tante domande sull’Europa, offrendosi di portarmi a bere da qualche parte. A Ulaan Baatar sembra di essere in un antico paese orientale del 1200 dove la maggiorparte della popolazione ha solo visto, forse, i “beni di consumo occidentali” nei centri commerciali del centro (pieni di turisti) e per questo si accontenta del poco che ha ed è felice. Qualche ora in macchina è sufficiente per mostrare una Mongolia praticamente disabitata: basti pensare che è grande 5 volte l’italia e non raggiunge i 3milioni di abitanti (di cui il 40% circa vive a Ulaan Baatar). E’ difficile descrivere la sensazione nel vedere la steppa verde, le montagne all’orizzonte, cielo azzurro, nessun rumore e forse una ger in tutto quel territorio.

21/08

La sveglia suona alle 05.00. Il taxi mi porta in stazione dopo un errato percorso verso l’aeroporto (al tassista sembrava assurdo che viaggiassi su rotaie). Il treno 4 parte poco dopo le 08.00 con circa 1 ora di ritardo passando nella periferia di Ulaan Baatar dove tra le “case” in legno si notano tantissime ger. Gli abitanti della capitale non perdono la cultura e la tradizione nomade, pur vivendo in città. Nella mia cuccetta 5 c’è solo un signore Cinese, ancora addormentato. Mangio i biscotti comprati al market e inizio ad abituarmi ai “rumori” cinesi. Il treno supera la steppa, ed entrando nel Deserto del Gobi si riempie rapidamente di sabbia, polvere e terra, rendendo difficile persino respirare. Si resiste qualche ora, sinchè arriviamo verso le 18 nella piccola stazione di Zamin Uud, frontiera della Mongolia. Entrano i militari a prendere i passaporti e dare uno sguardo molto rapido alla cuccetta. Dopo aver terminato i loro controlli e ridatici i documenti, il treno riparte senza farci scendere a smaltire il caldo e le difficoltà respiratori delle ore precedenti. Il Cinese toglie da sotto le sue lenzuola pacchi di sigarette e riempie così la sua valigia: ormai è tranquillo, siamo in Cina e ha superato i controlli. La Repubblica Popolare Cinese ci accoglie nella stazione di Erlian con una musica leggera. Salgono i soliti militari a prendere i passaporti e fanno scendere i Cinesi arrivati a destinazione. Noi invece non ci muoviamo, stiamo nel treno che fa retromarcia ed entra in un cantiere enorme. Lo scartamento dei binari cinesi è diverso da tutti gli altri, quindi delle piccole gru elevatrici sollevano completamente il treno da terra, permettendo ai meccanici di regolare le misure. Il tutto dura oltre 2 ore. Lasciamo la stazione verso le 02.00, dopo circa 4 ore alla frontiera.

22/08

Resto solo in cuccetta per tutto il resto del viaggio, così posso passare la notte osservando il paesaggio fuori dal finestrino. La mattina vado alle 7 nel vagone ristorante per la colazione offerta dalle Ferrovie Cinesi: the, 2 uova sode e pancarrè con marmellata. L’attesa per la visione della Grande Muraglia è tanta e vale la pena trascorrere 2 ore in piedi nel corridoio del vagone per poterla fotografare appena appare nelle montagne all’orizzonte. Dopo circa 2 ore, percorsi poco più di 100 chilometri, si ha la possibilità di ammirarla per i successivi 20 chilometri. E’ impressionante vedere come segue l’andamento delle montagne e quanto sia imponente. Il paesaggio prosegue tra animali al pascolo, campi di girasoli e biciclette. Tra il chilometro 80 e il 50 (in Cina indicano la distanza da Pechino) il treno segue un percorso spettacolare: 63 gallerie passano dentro le montagne verdi e ogni volta che si esce al sole si vedono scorci fantastici. Poi mi rilasso in cuccetta pensando a tutti i chilometri percorsi e a quello che mi aspetta a Pechino: un altro viaggio sta per iniziare. L’ingresso della stazione di Pechino, puntuale alle 14.10, sembra una stazione spaziale, soprattutto quando si passa affianco al treno “sospeso in aria”. Quando scendo dal treno seguo il fiume di persone verso l’uscita riuscendo a salutare solo 7 compagni di viaggio. Ora per prima cosa devo prelevare al bancomat: ho pochi rubli e pochi insignificanti Tugrik mongoli… praticamente sono senza soldi in Cina. Impiego una ventina di minuti per entrare nel bancomat ATM difronte alla stazione: “codice pin errato”, ritento senza risultato. Le banche ATM cinesi necessitano di 6 numeri per pin, noi ne abbiamo 5. Ritiro quindi la scheda per non bruciare l’ultimo tentativo e vado nella vicina Bank of Beijing dove hanno i bancomat con il logo Visa, dai quali senza problemi ritiro 2000 Yuan cinesi (cambio a 9,40). Prendo un taxi per andare in albergo. Sono comodissimi per il costo (2Y per km = € 0,21, spesa minima 10Y, il tempo di percorrenza, dato il traffico, non viene calcolato) ma allo stesso tempo quasi tutti i tassisti sono stati fatti emigrare dalle campagne per le Olimpiadi del 2008 e non conoscono bene la metropoli (è anche normale date le dimensioni infinite, più o meno la metà del Belgio). Capisco subito che in Cina guidano peggio di Ulaan Baatar, che i pedoni attraversano sempre e ovunque e che le biciclette completano i danni. Il mio tassista, a dispetto dei guantini da pilota, non solo non sa guidare e incastra il taxi tra due macchine al centro di una rotonda, ma non ha neanche idea di dove sia il mio albergo. Usa la mappa in mio possesso senza neanche capire le indicazioni che sono scritte con gli ideogrammi, scende una decina di volte dal taxi per chiedere aiuto a passanti, poliziotti e dipendenti di attività commerciali sinchè, non trovando la strada, inizia a disperarsi dentro il taxi prendendosi a schiaffi, ripetendomi frasi in cinese, come se io potessi capirlo e dargli un supporto morale. Dopo circa 1 ora nel taxi, brancolando nel buio, decido di scendere da solo e arrangiarmi. Capendo la mia decisione, prendendo i 10Y minimi (€ 1,06), il tassista mi fa un sorriso enorme ringraziandomi per averlo liberato da questo pasticcio. Entro nel primo negozio all’angolo della strada, parlano un pò di inglese e subito mi danno l’indicazione giusta. L’hotel si trova 4 parallele più avanti. Mi metto in cammino e dopo circa 15 minuti sotto il sole (più che altro caldo afoso, perchè il piccolo tondo arancione si vede raramente) e qualche indicazione in cinese, entro nel corretto hutong. E’ un pò complicato girare con la valigia in queste strade dissestate, tra macchine che passano millimetricamente tra persone che giocano a scacchi e bici che sfrecciano suonando perennemente il campanellino. Però è questa la Pechino che mi interessava vedere. L’hotel “Beijing Double Happiness Courtyard Hotel” (www.hotel37.com, 1044Y, 111€ per 2 notti) è molto carino, una costruzione in perfetto stile cinese, con personale fantastico e disponibilissimo. La camera è ancora più bella e spaziosa. Sono circa le 18.00. Trascorro qualche ora al pc in dotazione nella camera e poi vado nel ristorante interno. Unico ospite a cena, faccio una discussione di circa 2 ore con la giovane responsabile del ristorante che si impegna per raccontarmi tutta la storia della Cina e l’importanza degli hutong per Pechino.

23/08

Alle 06.00 ho la gradita sorpresa di ricevere alla reception una bustina con la colazione. Ho infatti l’appuntamento con il bus per il tour prenotato al mio arrivo. Facciamo il giro di alcuni alberghi per caricare altri ragazzi e poi via in direzione Muraglia Cinese, nel tratto di Jin Shan Ling. Ho scelto questa destinazione, a circa 3 ore di strada, perchè viene descritta come la parte meno “restaurata” e quindi più autentica. La giovane guida parla un inglese strettissimo con accento cinese, praticamente incomprensibile. Capisco che il pranzo è fissato sino alle 13.40 e che avremmo potuto organizzare la giornata in relazione a quell’orario. Prendo la funivia che in 15 minuti (1 chilometro a 150 metri da terra) mi porta quasi in cima alla montagna. Da lì bisogna semplicemente camminare e arrampicarsi in questa incredibile opera umana, fatta di salite ripide, discese in pendenza, falsipiani, scalini di diverse dimensioni e altezze, torri con passaggi a trabocchetto, il tutto immerso nel verde delle montagne: stupendo ed incredibilmente emozionante! Arrivo puntuale in ristorante: pranzo a buffet con riso, pasta, carne e insalata. Purtroppo si possono usare solo le bacchette cinesi… mangio il riso “a colpi di fortuna”, sinchè stanco e nervoso smetto di mangiare e me ne vado. E’ abbastanza umiliante non riuscire a mangiare come loro, ci si sente come un bambino che sta imparando a usare il cucchiaio e puntualmente rovescia il tutto nuovamente nel piatto. Il pullman riparte verso le 14.30 e ci lascia fuori da un hotel verso le 18.00, con la guida che mi indica la fermata della metro. Uso quindi anche qui la metro: costo 2Y e le macchinette non danno resti. Non è troppo difficile orientarsi, così percorro i caldi corridoi sino al binario giusto. Una donna è responsabile di far mettere le persone in fila lungo delle strisce gialle, davanti alle quali, con precisione millimetrica, si apriranno le portine della metro con frequenze altissime. All’interno l’aria condizionata è ben regolata, dei led rossi lampeggianti sulle varie mappe segnalano la prossima fermata e, non so come, nei vetri vengono proiettati dei video pubblicitari che la fotocamera non riprende e che svaniscono all’arrivo nelle varie stazioni. Scopro così che la fermata della metro Dong Si è a circa 200 metri dal mio albergo (andare a destra uscendo dall’ingresso e poi quarta traversa a destra). Mangio qualche spiedino di carne negli hutong e torno in albergo.

24/08

Alle 07.30 esco dall’albergo per sfruttare l’ultimo giorno in terra cinese. Mi dirigo verso Piazza Tienanmen e nel tragitto vengo fermato da un ragazzo che si propone per darmi un passaggio in bici sino alla mia destinazione. Accetto e in 10 minuti, tra sbandate e manovre varie in strade trafficate e hutong pieni di pedoni, mi porta all’ingresso della Città Proibita. Pago 2Y per accedere al ticket office e poi 60Y di ingresso + 40Y per un apparecchio elettronico con guida in italiano (che descrive minuziosamente padiglioni, cortili e sculture) e luci lampeggianti che indicano la posizione all’interno dell’immensa struttura dove vivevano gli imperatori. E’ molto facile orientarsi così e verso mezzogiorno esco dalla Porta della Pace Celeste, sormontata dalla grande foto di Mao tra le scritte “Viva la Repubblica Popolare Cinese” e “Viva l’unità tra i popoli della terra”. Incredibile è il numero di Cinesi che si fanno fotografare con orgoglio con Mao sullo sfondo. Dall’altra parte della strada c’è Piazza Tienanmen e si raggiunge solo attraverso un sottopassaggio. L’accesso è sorvegliato dai check point della polizia, stile aeroporto. La più grande piazza del mondo è davvero immensa. Per prima cosa si vede l’Obelisco agli Eroi del Popolo, il monumento alto 36 metri raffigurante episodi fondamentali della Rivoluzione Cinese. Dietro c’è invece il Mausoleo di Mao. Lascio nell’apposito box la macchina fotografica e mi unisco al lungo serpentone per accedervi. Si superano dei metaldetector (non pensate quindi di nascondere la vostra fotocamera, sarete inesorabilmente accompagnati fuori e dovrete rifare tutta la fila, esperienza personale!) e si entra nella sala dove il corpo imbalsamato di Mao è avvolto dalla bandiera rossa. All’uscita passeggio tra i due imponenti palazzi in stile sovietico che delimitano la piazza: il Gran Palazzo del Popolo e il Museo di Storia Cinese. Faccio una lunga passeggiata senza fretta sino all’albergo e dopo, con 100Y arrivo in aeroporto. Con colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena in 9 ore di volo, la russa Aeroflot (€ 560,00) mi riporta a Roma, con scalo a Mosca. Poche ore e con Meridiana (€ 71,82) sorvolo la mia Cagliari.

E’ stato un viaggio lungo, forse il viaggio per eccellenza. Forse sono stati 6 o 7 viaggi insieme: ho percorso più o meno 25.000 chilometri tra città fantastiche e baraccopoli, tra storia e preistoria, tra hotel di lusso e ger, tra steppa e deserto, tra valli incontaminate e metropoli dove non si vede il sole; ho preso treni, aerei, bus, taxi, metro, bici e traghetti. 3 Stati, 3 culture, 3 Popoli, 3 lingue, 3 storie, 3 monete diverse. Questo è il viaggio di una vita… una vita in viaggio!



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