Dieci piemontesi a Palermo

Palermo, una città in bilico tra splendore e decadenza.
Scritto da: mque_mque
dieci piemontesi a palermo
Partenza il: 10/02/2011
Ritorno il: 13/02/2011
Viaggiatori: 10
Spesa: 500 €
Manchiamo dalla Sicilia dall’anno scorso, e con la scusa del compleanno di LC combiniamo una zingarata a Palermo e dintorni. Questa volta però mettiamo insieme un gruppo tanto numeroso da esser degno di un pellegrinaggio… o meglio di una gita scolastica, visto che abbiamo anche il prof.. Siamo addirittura 10! Senza contare che sabato ci raggiungeranno anche due amici di Catania: e così saremo 12.

Acquistiamo il volo da Torino a fine ottobre, una discreta offerta Windjet a 45 euro a testa, e visto che ci fermeremo 3 giorni noleggiamo anche due auto, per poter visitare i dintorni, oltre che Palermo città. Cerchiamo poi un B&B in centro, in modo da facilitarci negli spostamenti in città: lo troviamo in posizione molto comoda nel quartiere della Kalsa, a pochi metri da piazza Marina. Atterriamo alle 22 di giovedì. L’atterraggio è morbido: Palermo ha un aeroporto famoso per il fenomeno del wind shear, cioè improvvise folate trasversali di vento che richiedono ai piloti un addestramento supplementare per essere abilitati ad atterrare qui. Per fortuna vento non ce n’è e non dobbiamo verificare se il pilota ha davvero studiato.

Primo approccio con la locale gestione turistica: dov’è l’area degli autonoleggi?? Nessuna indicazione. Alla fine capiamo che bisogna attendere un pulmino navetta, l’area è a qualche centinaio di metri dall’aeroporto. E dire che bastava un cartello. O un punto noleggi raggiungibile a piedi, con risparmio di CO2. Mentre L e D noleggiano, io telefono a un paio di trattorie consigliate, per prenotare i tavoli di venerdi e sabato sera: siamo davvero in tanti, e soprattutto il nostro è un gruppo storicamente sempre mooooolto affamato… sul cibo non si scherza! Attiviamo il navigatore, che si rivelerà essere assolutamente fondamentale; per l’occasione lo ribattezziamo Rosalia. In una mezz’oretta siamo in centro a Palermo, e raggiunta la Kalsa Rosalia ci butta in un intrico di vicoletti da cui le auto, nonostante diverse svolte ad angolo retto che richiedono pure un paio di manovre, escono miracolosamente indenni… e siamo pure a destinazione! Brava Rosalia! Il B&B a differenza di quanto ci avevano giurato per telefono, non ha uno straccio di parcheggio; per fortuna a breve distanza c’è piazza Marina, perennemente assediata di auto sia di giorno che di sera. Occupiamo due quadruple e una doppia, le stanze sono molto ampie ma il bagno è mignon; le scale sono ripidissime, e non c’è alcuna area comune… per fortuna non fa freddo, perché ci toccherà sempre attendere in strada la formazione del gruppo (in 10, è un processo lungo e laborioso). Mollate velocemente le borse, il ragazzo del B&B, estremamente gentile, ci accompagna a piedi ad una trattoria poco distante, dove nonostante l’ora (sono ormai le 23.30) riusciamo a cenare, e anche discretamente bene. Va sfatato il mito che a Palermo si mangi tardi, o perlomeno a febbraio è così: abbiamo sempre trovato locali già pieni alle 20.30, e già mezzi vuoti alle 23.

VENERDI – MONREALE E LA COSTA TIRRENICA

In attesa dei nostri amici, che vogliono farci da guide tra le bellezze di Palermo, sfruttiamo la giornata per salire a Monreale evitando i giorni del weekend, e poi, già che siamo in macchina, esplorare la costa tirrenica fino a Cefalù.

Fatta colazione con una deliziosa brioche alla ricotta, lasciamo perciò Palermo, direzione Monreale. In linea d’aria sono pochi km, ma il percorso si rivela un delirio di sensi unici assurdi.. Il Genio Del Male che ha organizzato la viabilità di Palermo sta ancora ridendo! Per uscire dal centro in direzione sud, non esiste alcuna via diretta, ma si percorrono infinite volte le vie a destra e a sinistra, zigzagando pian piano fuori città.. Il tutto condito da tante, tantissime auto. Il problema di Palemmmo è il traffico. Alla fine ce la facciamo: eccoci a Monreale! Con un po’ di fatica parcheggiamo; in definitiva, conviene dirigersi subito verso il parcheggio segnalato, è l’unico di tutto il paese e ha anche un ascensore diretto per salire alla piazza del Duomo. Visitiamo il Duomo; è davvero una perla, da solo vale il viaggio! I mosaici sono splendidi. Purtroppo sono poco illuminati, ma si riesce a vederli abbastanza bene, nonostante la giornata nuvolosa. Anche il chiostro è da non perdere: 228 colonne binate tutte decorate da intarsi di mosaico disposti a spirale, in linea e a scacchiera, con capitelli ricchi di figure umane e animali tutti diversi l’uno dall’altro. Per il chiostro, l’ingresso (6 euro) è dalla piazza del Duomo. Lo dico perché ovviamente non è indicato. Dall’interno della chiesa, invece, è possibile salire sulla terrazza laterale della Chiesa e vedere il chiostro dall’alto (2 euro). Prima di lasciare il Duomo, andiamo ancora a vedere esternamente l’abside, decorato con motivi geometrici in pietra bianca e nera (quella nera è pietra lavica). Compiuta la missione cultural-artistica, si passa alla gastronomia: è mezzogiorno, e un bell’arancino (con o senza cannolo? Che dilemma…) ci vuole proprio! Dato che sospettiamo (giustamente) che il Duomo di Cefalù sia chiuso nell’ora di pranzo, decidiamo una tappa al castello di Caccamo, alle spalle di Termini Imerese. Lasciata l’autostrada, che fino a pochi km da Cefalù è gratuita, la strada si inerpica sulle colline, che in questa stagione sono verdissime. Molte mimose e tanti mandorli fioriti.

Caccamo si rivela un grazioso paesello medievale, non molto ben conservato ma dalle grandi potenzialità inespresse. Il castello, grandissimo (pare abbia 130 stanze) e con tanto di mura merlate, è arroccato su uno strapiombo vertiginoso che scende verso un lago artificiale; su tre lati, il panorama è spettacolare. Ovviamente, il castello è chiuso fino alle 15.00. Gironzoliamo nei vicoli attorno al castello, fino alla Chiesa dei Corpi Santi, famosa per le sue catacombe (ovviamente chiusa), in pendant con un’altra chiesa identica sulla sinistra. Nella medesima piazza, una terza chiesa, enorme.. Ma quante ce ne sono?? Dalla piazza il panorama spazia per km e km; all’orizzonte si vedono alcune pale eoliche, che avviano un serrato dibattito sull’impatto ambientale di queste strutture. Vince il fronte del “più pale per tutti” per 7 favorevoli, 2 contrari e una scheda bianca. La votazione ci ha fatto venire appetito, ma Caccamo sembra sia disabitata, e non si profila nemmeno un bar all’orizzonte. Riprendiamo perciò la via verso Cefalù, dove arriviamo in una ventina di minuti. Anche qui deve aver lavorato il Responsabile Viabilità di Palermo: per raggiungere l’unico punto in cui è possibile parcheggiare la macchina vicino al centro, cioè il porticciolo, è necessario percorrere tutta, dico tutta, la città, lungo vie sempre più strette, quasi tirando giù la biancheria dai balconi, fino a che con l’ultimo barlume di speranza che si spegne, si apre anche uno scorcio di mare…e di parcheggio! Ci inoltriamo a piedi lungo i vicoletti della città vecchia. Visitiamo il lavatoio arabo, molto caratteristico e ben conservato, e arriviamo fino alla cattedrale. Si, certo: è chiusa fino alle 15.30. Che fare? Un arancino e un cannolo, e magari un pane e panelle, o due cazzilli fritti ci starebbero. Ma è tutto chiuso. Fino alle 16. Alla fine facciamo la gioia (e la fortuna) dell’unico bar-pasticceria aperto, dove tra l’altro ci sbafiamo un cannolo, farcito al momento, davvero paradisiaco. Entriamo finalmente in cattedrale; ci sono dei restauri in corso, probabilmente sono ancora quelli che la guida citava 5 anni fa a proposito della rimozione delle decorazioni barocche che avevano affollato l’interno. Ora la chiesa è tornata spoglia ed essenziale come doveva essere, con i mosaici nell’abside che brillano d’oro. Un pochino però siamo delusi, ci aspettavamo una decorazione più ricca.. Ma la cattedrale è comunque molto bella, con una scenografica scalinata d’ingresso, due belle torri normanne e un’abside che dovrebbe essere decorata esternamente.. Però non riusciamo a vederla perché non si può fare il periplo della chiesa, c’è un cancello con un catenaccio.

Sulla via del ritorno verso il porticciolo, ci concediamo ancora una sosta per un pane con la milza. Non si può dire che il gruppo non approfondisca ogni dettaglio della gastronomia locale! Dopo un completo reportage fotografico del porticciolo, davvero grazioso con le barche colorate tirate in secca, riprendiamo la via verso Palermo. Bellissimo lo scorcio della città vecchia contro il mare al tramonto, dall’autostrada. Dopo un break al nostro B&B, ricomponiamo il gruppo per andare a cena. La trattoria non è distante, ma per via dell’intervento del Genio del Male già citato, i sensi unici ci fanno fare un percorso lunghissimo a zig zag, che mette a dura prova le capacità di guida ravvicinata (solo la prima auto ha il navigatore, e perderla di vista potrebbe costare la cena). Alla fine in soli 40 minuti arriviamo, e scopriamo che in linea d’aria siamo… a 800 m dal ns. B&B. La cena però ci fa perdonare in pieno la logistica palermitana: una serie di antipasti tali da farci già quasi (quasi) dire che siamo sazi, e poi i primi, e poi anche alcuni secondi.. Ma c’è chi ha il coraggio di prendere anche il dolce! Senza parlare del vino che ci siamo scolati.. E del prezzo, davvero minimo. Ci trasciniamo alticci fino alle auto, e in pochi minuti siamo al B&B (al ritorno il senso unico è favorevole) dove crolliamo immediatamente, senza nemmeno fare casino nei corridoi come sarebbe d’obbligo per una gita scolastica vera. Vabbè, tanto non abbiamo più l’età.

SABATO – PALEMMMO

Il risveglio è fiacco, ma poi il pensiero delle brioches con la crema di ricotta ci dà una sferzata. Chi tardi arriva, potrebbe non trovarne più! E difatti scendiamo tutti in anticipo, e ci tocca aspettare le brioches, che invece sono in ritardo. I nostri amici catanesi arriveranno verso l’ora di pranzo, e quindi in loro attesa decidiamo di avviarci in città. L’organizzazione del giro è a dir poco complessa: non esiste per Palermo un sito web turistico degno di questo nome, non si riesce a sapere nulla degli orari di chiese e palazzi, e nessuno sembra aver mai pensato sia utile far stampare una cartina del centro città. I pochi Infopoint che incrociamo (3 in tutto) non sanno un tubo, e ci rispondono “L’orario dipende”. Ma dipende da che??? Non si sa. Poichè pare (dico pare) che il Palazzo dei Normanni di sabato sia aperto solo la mattina, decidiamo di andarci subito, visto che la sua Cappella Palatina dicono sia eccezionale, e non possiamo perderla. Ci avviamo quindi a piedi verso la Cattedrale, visitando sul percorso piazza Pretoria con la fontana della Vergogna (non si sa se il nome sia dovuto ai nudi, oppure al fatto che ci si affaccia il Municipio), i Quattro Canti (purtroppo neri di smog, e appoggiati a palazzi tanto splendidi quanto fatiscenti), la chiesa di San Salvatore (a pianta ellittica) e la Cattedrale medesima. Molto bella esternamente, con i particolari architettonici normanni, è del tutto anonima internamente, perché rifatta in stile neoclassico. Le tombe, unico eventuale interesse all’interno, sono visibili solo a pagamento e lasciamo perdere. Attraversiamo il giardino e saliamo fino al Palazzo dei Normanni. Non c’è alcuna indicazione dell’ingresso, ed essendo quasi mezzogiorno temiamo di arrivare tardi. Alla fine scorgiamo un portoncino su cui un foglio dice che l’ingresso per la visita è dalla piazza sul lato opposto al nostro. Scarpiniamo fino a là, passando sotto l’arco di Porta Nuova e scopriamo che… le visite il sabato sono anche il pomeriggio! Abbiamo corso per nulla. La visita (8 euro) inizia proprio dalla Cappella Palatina: restaurata nel 2008, è talmente bella da lasciare a bocca aperta. Ci sembra ancora più bella di Monreale, forse perché essendo una cappella privata (e bravo Ruggero II, bella cappellina ti sei fatto fare!) è più piccola e raccolta, e si notano meglio i dettagli delle decorazioni a mosaico, che a Monreale si perdono un po’, vista l’ampiezza della costruzione. Si visita poi il secondo piano, con alcuni degli ambienti storici del Palazzo, dove è evidente il riuso nel corso dei secoli, dai normanni sino al Consiglio Regionale dei giorni nostri. Alcune informazioni su orari e giorni di apertura (..il quadro è abbastanza complesso) si trovano su www.fondazionefedericosecondo.it.

Usciti dal Palazzo, puntiamo verso San Giovanni degli Eremiti, poco distante. Della chiesa, molto antica, è rimasto poco, ma i resti del chiostro (ingresso 6 euro), immerso in un giardino tropicale, sono davvero un gioiellino, e le foto si sprecano. Nel frattempo i nostri amici ci hanno raggiunto, e ci dirigiamo insieme verso il mercato di Ballarò, dove giriamo tra banchi stracolmi di verdura, frutta, pesce e carne che sembrano usciti da un quadro. E come dice R, “costa tutto solo 30 centesimi al chilo!!” In fondo al mercato adocchiamo un paninaro, molto molto rustico, ma il profumino è delizioso: pane con la milza per tutti! Anzi no, c’è anche pane e salciccia, e pane e panelle.. Gnammm! Divorata una congrua dose di tutto, ci vorrebbe un dolcino.. Sono quasi le due, e torniamo sul corso Vittorio, dove facciamo un break di chiacchere, caffè e dolci in un bar, in attesa che tutto riapra. Riprendiamo il corso scendendo verso il mare, e ci fermiamo alla Martorana. Sarà aperta? Chiediamo all’Infopoint lì davanti, ma non sa (?! E cos’altro mai gli chiederanno, se non se la Martorana è visitabile? E’ proprio di fronte! Vabbè.). Perlomeno ci dà un paio di depliant turistici sui luoghi da visitare a Palermo. Poi ci accorgiamo che sono del 2008, e infatti gli orari del Palazzo dei Normanni sono diversi da quelli che abbiamo visto questa mattina. No comment. Ci avviciniamo alla chiesa, un cartello dice che apre alle 15.30. Bene, manca poco. Dopo una breve passeggiata lungo via Maqueda, che alterna bei palazzi splendidamente restaurati e ruderi pericolanti che non vedono l’intonaco dal ‘700, torniamo indietro. La chiesa è aperta, ma è in restauro (ingresso ad offerta libera): è possibile vedere solo la zona dell’altare e dell’abside, che sono comunque le più belle. I mosaici sono molto belli e ben conservati, ma purtroppo anche qui l’illuminazione è quasi nulla, che peccato. La chiesa è piccolina e raccolta, e ci piace molto. Usciti dalla Martorana, diamo un’occhiata a San Cataldo, proprio accanto; l’ingresso è a pagamento e rinunciamo, accontentandoci dello scorcio delle sue cupole rosse. Poco più in là, tentiamo l’ingresso a San Giuseppe dei Teatini, ma è chiuso, e non c’è nemmeno il consueto cartello.

Torniamo ai Quattro Canti, e lungo via Maqueda arriviamo fino al Teatro Massimo, dove c’è una manifestazione del Popolo Viola. Qui il gruppo si divide: alcuni proseguono fino al Politeama, mentre noi attraversiamo via Roma e scendiamo verso la Vucciria. I vicoli sono affascinanti, con un mix di decadenza e splendore nel quale sta il vero fascino di Palermo. Il mercato è davvero poca cosa, molto turistico (confezioni per turisti, cartelli bilingue) e decisamente più costoso di Ballarò (…niente di niente a 30 centesimi!). Arriviamo alla Chiesa di Santa Cita (o Zita) dove c’è un Oratorio molto famoso perché tutto decorato di stucchi dal Serpotta, un maestro settecentesco che a Palermo ha lavorato molto. Giriamo intorno alla chiesa per capire dove sia l’ingresso, ovviamente non è indicato. Alla fine troviamo un portone di metallo chiuso da una catena, e un foglio di carta che dice “sabato 8-13”. Mannaggia!! A saperlo saremmo venuti la mattina, rimandando al pomeriggio il Palazzo dei Normanni… e invece così ce lo siamo perso, perché l’Oratorio la domenica è chiuso. Facciamo un tentativo con S. Domenico, che anch’esso ha un Oratorio decorato dal Serpotta, sebbene meno ricco di Santa Cita. Niente da fare, anche questo è aperto solo la mattina, il sabato.

Depressi, ritorniamo verso il nostro B&B, fermandoci a vedere S. Francesco, una chiesa splendida in una piazzetta molto graziosa proprio davanti alla famosa Focacceria S. Francesco, che ci fornisce le deliziose brioches della colazione. In chiesa sta per iniziare una cerimonia, ma riusciamo a fare un giro veloce. Da lì, scendiamo fino al porto dove visitiamo S. Maria della Catena (ingresso 2.5 euro), molto bella anch’essa, e anche ben illustrata dalla ragazza all’ingresso che ci accompagna nella visita. Particolare la colonna di marmo verde, tipica dell’architettura catalana, che è simbolo di speranza. Dopo due passi lungo il porto, il cui lungomare è tutto sottosopra per il rifacimento dei marciapiedi, ritorniamo al B&B dove ci raggiunge il resto del gruppo. Li portiamo a vedere San Francesco, perché è davvero bella, e a questo punto siamo costretti… ad entrare in Focacceria per uno spuntino! Dopo un’oretta di riposo & restauri, siamo pronti per andare a cena. Stasera andiamo in una trattoria molto consigliata a Bagheria, pochi km fuori Palermo. Ne approfittiamo così per vedere la città, dove venerdì non siamo riusciti a passare. Bagheria era la località di villeggiatura dei nobili palermitani, ed è ricchissima di ville. La più famosa è Villa Palagonia, o Villa dei Mostri (www.villapalagonia.it), così detta perché il giardino nasconde decine di statue grottesche con cui il principe di Palagonia, gobbo e cornuto, si era vendicato degli amanti della moglie. La cena in compenso è ottima: come antipasto ci portano l’uovo sodo con il passito, usanza tipica dei carrettieri locali, ci dicono. Poi primi, secondi, contorni e dolci uno meglio dell’altro… il cannolo, ad esempio, è uno dei migliori mai mangiati! E il conto poi riconcilia con la vita. La trattoria è poco distante da Villa Palagonia, e dopo cena facciamo un salto a dare uno sguardo almeno dal cancello.. La visita sarà per un’altra volta. Lungo la via pedonale arriviamo in piazza; il paese è deserto, e aspettiamo mezzanotte per festeggiare in tempo reale il compleanno di LC, un po’ come fosse Capodanno.

DOMENICA – LA ZISA E MONDELLO

Oggi lasciamo Palermo, ma l’aereo parte alle 5 e mezza e abbiamo ancora modo di fare un po’ di cose. Innanzitutto lasciare il B&B, cosa che presenta notevoli difficoltà, perché la signora alla reception fa un pasticcio incredibile con i soldi dovuti, le caparre e i resti. Ci insegue persino in strada per avere un’ultima conferma, e ci telefonerà dopo mezz’ora per dire che le mancano 5 euro. A parte che i soldi li ha ricontati 1000 volte, se anche fosse, avendo noi pagato 3 notti per 10 persone poteva scontarceli, ‘sti 5 euro.. In compenso, della ricevuta neanche l’ombra. E brava. Saliti finalmente in macchina, andiamo a vedere la Zisa, un palazzo di origine araba che si trova alla periferia sud della città. Si trova in mezzo ad un parco che per fortuna tiene a ragionevole distanza i palazzoni, ma certo più che un parco è una landa desolata.. E non siamo ancora in estate, quando si trasformerà in un deserto… Hanno ricreato la fontana araba che scendeva dal Palazzo verso il mare, ma l’effetto risulta un pochino troppo moderno; eppoi manca l’acqua. Manco gelasse, qua, d’inverno. Infine, un’orrida costruzione moderna, un po’ ad onde, blocca parte della vista del palazzo. Ci diranno che era stata costruita per accogliere biglietteria e bookshop, mai realizzati; mamma mia quanto è brutto. Entriamo (ingresso 6 euro). Al piano terra, visibile anche dall’esterno, la sala più interessante, ancora decorata con motivi arabeggianti che ci ricordano l’Alhambra di Granata, e parti di affreschi settecenteschi; da qui parte la famosa fontana araba. I piani superiori sono molto più spogli, addirittura l’ala destra del palazzo è ricostruita in cemento armato per un crollo nei primi anni ’70. Si,esatto: fino al 1973 il palazzo era completamente abbandonato, utilizzato come stalla per le pecore. Solo dopo il crollo l’Amministrazione si è resa conto che forse era il caso di cercare di preservare il palazzo. Una serie di pannelli illustra la storia gloriosa e le traversie recenti del palazzo, fino al restauro degli anni ’80. In conclusione, la Zisa è in un bel contesto, che potenzialmente potrebbe tornare ad assomigliare al palazzo di delizie che era nel 1200.. Basterebbe un po’ più di cura nel parco (e un po’ di tritolo per il quasi-bookshop). Certo il palazzo internamente ha più poco delle splendide decorazioni arabe originali.

Riprendiamo le auto sotto uno splendido sole.. Ci saranno 18 gradi, è proprio il clima perfetto per andare al mare! Ci fermeremmo volentieri alla Favorita a vedere il Padiglione cinese, ma T e L ci ricordano in tempo che il Palermo gioca in casa, che lo stadio è alla Favorita e che la partita sta per iniziare: scampiamo per un soffio ad un’immensa coda di auto e tiriamo dritto fino a Mondello. Lasciata l’auto, ci incamminiamo lungo il mare: la spiaggia è amplissima, di sabbia bianca, l’acqua è di un azzurro Caraibi.. Bellissimo!! Ci sediamo al sole a mangiare uno sfincione e un arancino.. Più qualche altra cosetta rigorosamente frittissima e untissima. Poi una puntata in pasticceria, per l’ultimo cannolo, una cassatina e un assaggio di granita (anche se non è stagione… e poi quella di Catania era molto più buona). Un fiume di gente assedia il centro della località, che di per sé non ha nulla di particolare, a parte qualche bella villa liberty. Le signore sfoggiano le pellicce, spettacolo un po’ incongruo visto che noi siamo in maglietta.. Ma probabilmente questo è il minimo termico della stagione invernale palermitana. C’è una torre antica e un piccolo porticciolo, molto fotogenico, con le barche colorate nell’acqua trasparente. Così trasparente che si vedono benissimo i piatti e bicchieri di plastica che affollano il fondale.. D’altronde, in soli 2 o 300 anni si degraderanno. Lungo la spiaggia, in direzione opposta al centro, c’è un Lido di inizio secolo, sopraelevato sull’acqua, sede di un club che sembra molto esclusivo. Ci lasciano entrare pochi minuti per fare qualche foto.

Un’ultima mezz’oretta di sole, e poi è ora di salutare i nostri amici, che ritornano a Catania, e di andare in aeroporto. Prima del decollo, l’ultima avventura: dobbiamo restituire l’auto con il pieno, e lungo la strada tra Mondello e Punta Raisi cerchiamo un distributore, ma non ne vediamo. Tanto ci sarà quello dell’aeroporto. Ebbene no, Palermo è l’unico aeroporto internazionale in cui siamo stati, senza distributore di benzina! Per fortuna abbiamo il navigatore, e in soli 5 km + 5 km di strada ne troviamo uno, benziniamo e ritorniamo. Grazie a Rosalia di nuovo: senza navigatore non l’avremmo mai e poi mai trovato, in una stradina ben oltre l’aeroporto, in direzione Trapani. Fate benzina in città, comunque, perchè l’autonoleggio non vi avvertirà di questo piccolo dettaglio.

CONCLUSIONI

La gita sociale è stata divertentissima, anche se gestirsi in un gruppo numeroso ha i suoi lati negativi.. Ma se il gruppo è affiatato, il divertimento è assicurato (..fa anche rima!). Palermo ha un grande fascino, dettato dal mix tra l’opulenza del tempo che fu, e la decadenza del tempo che è.. Potenzialmente potrebbe vivere di turismo, perché ha una quantità di chiese, monumenti e palazzi senza fine, ma pochi in realtà sono ben conservati e fruibili. Il problema più rilevante è infatti l’accessibilità ai turisti: prima di partire non c’è modo di orientarsi sul web per capire cosa e quando vedere; i siti web, pochi e incompleti, spesso riportano informazioni contrastanti tra loro; neanche sul postosi riescono a sapere giorni e orari di apertura, che sono assurdamente variegati e spezzettati; ovviamente, non esiste un biglietto turistico cumulativo; infine, gli info point non dispongono nemmeno di una mappa della città. In definitiva, non aspettatevi nulla di ciò che altre città danno al turista, partite col navigatore e sarete felici; se vi incarognite, vi rovinerete solo la vacanza. Ciò detto, la Sicilia è bellissima, accogliente, ha un clima eccezionale, prezzi accessibili e una cucina goduriosa: torneremo presto! Anche per vedere tutto ciò che abbiamo trovato chiuso.

M & i fab 9



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