Ritorno in Malesia tra oranghi e pesciolini

Il richiamo del sud est asiatico colpisce ancora, così dopo due anni torniamo per la seconda volta in Malesia. Sempre tutto fai da te, ma senza zaino in spalla
Scritto da: trolleypacker76
ritorno in malesia tra oranghi e pesciolini
Partenza il: 27/07/2012
Ritorno il: 18/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Il richiamo del sud est asiatico colpisce ancora, così dopo due anni torniamo per la seconda volta in Malesia. Sempre tutto fai da te, ma senza zaino in spalla. Queste le tappe del viaggio più alcune note utili tappa per tappa, con indicazioni dei prezzi e percorsi. Recensioni degli hotel, prenotati da casa (e nel caso delle Perenthian con ampio anticipo), su Tripadvisor. Tappe: Sarawak-Borneo Malese (Kuching, Riserva naturale di Batang Ai), Singapore, Perenthian Besar, Cameron Highlands, Kuala Lumpur.

Costi totali, tutto incluso: 2.300 € a testa di cui Aereo Etihad preso a febbraio: 685 € a testa Aereo Air Asia Kuala Lumpur – Kuching: 42 € a testa + sovrapprezzo di 32 € a testa per aver cambiato data successivamente; Aereo Kuching Singapore: 40 € a testa; Gita 3D2N a Batang Ai: 300 € a testa; Assicurazione sanitaria e-Mondial: 96€ a testa (per la cronaca non abbiamo fatto nessuna vaccinazione o terapia antimalarica).

27 luglio

Partenza da Milano Malpensa, scalo ad Abu Dhabi che è uno dei posti più freddi che ci siano sulla faccia della terra. Portatevi un pile leggero, tipo quelli che vendono da Decathlon, che si muore! Molto saggi i passeggeri che si sono portati giù dal primo volo le coperte.

28 luglio

Arriviamo a Kuala Lumpur KLIA, l’aeroporto internazionale. Per prendere il volo per Kuching con Air Asia dobbiamo spostarci al terminal LCCT (Low Cost Carrier Terminal). Dall’arrivo al prossimo volo avevamo tre ore: sono poche! Tra la coda al controllo passaporti di un’ora, il ritiro bagagli e l’attesa del bus per il terminal abbiamo rischiato di perdere l’aereo. Check-in all’ultimo secondo, ma riusciamo a salire e voliamo via verso il Borneo Malese.

Facendo un paio di giri intorno alla città, in attesa che terminasse un violento temporale, dall’alto possiamo constatare come gli insediamenti umani in questa regione siano veramente terra strappata alla natura. I fiumi che tagliano la foresta come giganteschi serpentoni. Una sensazione che da terra non si coglie, emozionante e che dà la percezione dell’immensità di queste terre. All’aeroporto andiamo subito al banchetto dei taxi con coupon prepagati che ci risparmiano il rito della contrattazione. E con il signor Goh che ci porta in hotel ci mettiamo d’accordo per una gita di mezza giornata al Semengoh Wildlife Rehabilitation Centre, fattoria dei coccodrilli e longhouse di Annah Rais a 200 RM (50 euro).

Arriviamo a Kuching, capitale del Sarawak, sotto la pioggia battente. Hotel Tune Waterfront: le camere sembrano scatole da scarpe ma, con 20 euro a notte, hanno il miglior rapporto qualità-prezzo-posizione di tutta la città. Finita la pioggia, verso le 20, cena al Top Spot, a due passi, che non finirò mai di decantare. L’hanno già descritto in migliaia, e mi aggiungo alle loro fila. Si tratta di una food area sopra il tetto di un parcheggio multipiano con una trentina di bancarelle ai lati e tavoli nel centro. Servizio e sistemazione mooolto spartani, ma si trova pesce fresco a prezzi imbattibili. Ci vengono tutti: dalle famiglie ai giovani, e i turisti si confondono nella maggioranza di avventori malesi. Consiglio la bancarella 25 Bukit Mata dove nell’arco di quattro sere abbiamo provato branzino (seabass), cannolicchi in salsa di zenzero, gamberi grandi e piccoli e granchio gigante al pepe nero.

29 luglio

Visita di Kuching, che in rapporto ad altre città malesi (Kotha Baru ad esempio) è veramente ordinata e pulita. Dopo sveglia tarda post jet lag, ci avventuriamo alla scoperta della città. Andiamo a piedi all’imperdibile mercato domenicale dall’altro lato della città, peccato che alle 13 stiano già sbaraccando tutto, quindi prendiamo un po’ di fresco in un centro commerciale, beviamo qualcosa e andiamo al museo etnografico, utile visita in preparazione al viaggio che faremo presso una longhouse nel parco naturale di Batang Ai (occhio alla descrizione del palang!!). Verso sera, è bello tornare all’albergo prima dell’acquazzone serale attraverso il lungofiume, al tramonto, una bella passeggiata tra giardini e baretti dove passeremo la maggior parte dei dopo cena qui a Kuching.

30 luglio: DINTORNI DI KUCHING

Sveglia presto per incontrarci con il signor Goh e andare al Semengoh Wildlife Rehabilitation Centre a vedere gli oranghi, bella visita anche se non è possibile girare per il parco. Vediamo tre oranghi femmine e Richie, imponente maschio, più una mamma con il piccolo decisa a venire anche lei ai parcheggi. Alle 10 siamo già tutti fuori, per andare alla fattoria dei coccodrilli, evitabilissima, ma a cui aveva insistito per portarci il tassista visto che era di strada. Posto triste con spettacoli di coccodrilli che dilaniano petti di pollo. Se a qualcuno piace il genere… E poi un’altra ora di macchina per andare alla longhouse di Annah Rais. Anche questa visita mi ha un po’ deluso, visto che la longhouse è semideserta. Tutti gli abitanti sono giustamente a lavorare, non solo in città, ma anche a Singapore e Malesia continentale. Quindi si trovano solo un paio di anziani, bambini e molti gatti e polli… Abbiamo potuto girare in liberà, ma senza nessuna guida preparata che spiegasse la visita non ci ha detto molto. E se a qualcuno interessasse, sì, i teschi ci sono (e la headhouse non è il municipio!)… Al ritorno in città andiamo a prenotare le gita verso Batang Ai presso l’agenzia Borneo Adventure (http://borneoadventure.com/). Avevamo già visto itinerario, offerta e prezzi sul sito e devo dire che l’agenzia è piuttosto cara. Un po’ confrontando l’offerta con il giro fatto due anni fa al Teman Negara, un po’ la sensazione è stata confermata dallo stesso ufficio turistico. Comunque l’agenzia mi ha fatto una ottima impressione, per i motivi che spiegherò. Se qualcuno si domandasse per giorni il da farsi, come ho fatto io consultando prima della partenza ogni forum possibile e immaginabile, sappia che sono soldi ben spesi. Rispetto al tour che avevamo fatto due anni fa al Teman Negara questo nella località di Nanga Sumpa, presso il parco naturale di Batang Ai, è un altro campionato (3D2N 300 euro a testa): non è un tour di massa, e si va in un luogo veramente lontano dalle vie battute. L’agenzia ha una sorta di esclusiva con il villaggio con cui però collabora per progetti di sviluppo. In sintesi posso dire che ne è valsa la pena. Ad avere una maggiore disponibilità economica sarebbe stato ancora più bello stare fuori tre notti o più, ma abbiamo dovuto accontentarci di due.

31 luglio: PARCO NAZIONALE BAKO

Bellissima gita anche se un po’ dura. Il parco si raggiunge comodamente con l’economico autobus pubblico (di colore rosso, orari presso l’ufficio turistico) che ferma ogni ora nelle vicinanze del Tune Hotel dall’altro lato della strada davanti al ristorante rotondo. Una volta arrivati si prende una barchetta da 5 posti, dove è buona cosa dividere il passaggio con altre persone incontrate sul bus. Noi abbiamo percorso il Lintang Trail, il percorso circolare descritto sulla Lonely Planet lungo 5.8 km, che permette di non fare per due volte la stessa strada. Beh, sei km non saranno tantissimi ma, fatti astutamente tra le 10.30 e le 15, nelle ore più calde della giornata, sono sfiancanti. Il litro e mezzo di acqua che avevamo portato abbiamo dovuto centellinarlo e c’erano diversi tratti da fare sotto il sole. Senza cappellino. Animali zero, solo un paio di scimmie, i maiali pelosi che stazionano al bar e molte piante carnivore. Però lo scenario è bellissimo. Arrivati stravolti…

1 agosto. BATANG AI – NANGA SUMPA

Ci viene a prendere in minibus Valentine, che sarà la nostra guida per tre giorni, insieme a Mathilde e Luc di Parigi. Valentine è una guida free lance, quindi oltre che a lavorare per la Borneo Adventure ha anche delle attività sue presso il villaggio bidayu dove è nato. Se dovessimo tornare nel Borneo ci rivolgeremmo sicuramente a lui, con cui ci siamo trovati benissimo per la sua gentilezza, organizzazione e preparazione (http://www.perayahomestay.com/). La nostra destinazione è piuttosto lontana, quattro ore e mezza di bus, più altre due ore di longboat per attraversare il lago di Batang Ai e risalire il fiume verso il villaggio di Nanga Sumpa dove c’è il lodge di proprietà dell’agenzia dove dormiremo. Lungo la strada ci fermiamo a Serian dove comperiamo le utilissime scarpe di gomma per camminare nel fiume senza problemi (2,5 euro). Il paesaggio è stupendo, selvaggio, e siamo anche fortunati con il tempo: nonostante fossimo stati avvisati che il meteo nella foresta è imprevedibile (bagagli, indumenti documenti e macchina fotografica accuratamente impacchettati in sacchetti impermeabili), non abbiamo preso una goccia in tre giorni! Percorrendo il fiume abbiamo visto anche due aquile. Il lodge è spartano ma accettabile, con bagni all’occidentale e cibo molto buono, meglio di molti ristoranti. Nel tardo pomeriggio e dopo cena, Val ci ha portato a visitare la longhouse, che ha stretto con l’agenzia un accordo di collaborazione. Molte persone lavorano a contatto con i turisti, come i barcaioli e le donne che cucinano e fanno le pulizie, e l’agenzia rende alla comunità dei servizi come la ristrutturazione della longhouse e paga la scuola ai bambini. Quasi nessuno sa bene l’inglese, quindi sono le guide che fanno da traduttori e mediatori. Nulla è costruito, se le persone della longhouse hanno voglia di condividere momenti con noi ok, se no non vengono obbligati a fare le solite cose per turisti tipo canti e balli, che comunque potrebbero benissimo esserci. Dopo gli assaggi di tuak e arak (vino e distillato di riso) si chiacchiera, si fanno domande su curiosità, qualcuno (ma non è obbligatorio con quest’agenzia) porta doni che vengono spartiti tra le famiglie. La sera prima qualcuno aveva ballato, mentre quando siamo arrivati noi una donna anziana in fondo alla longhouse raccontava ai ragazzini una storia in una lingua che nemmeno le guide erano in grado di comprendere. Noi siamo stati lontani, ma è stato emozionante ascoltare questo canto ipnotico. La seconda sera c’era poca gente nella sala comune quindi un’altra guida, Robert, ci ha mostrato un po’ di stanze, compresa la casa del capo villaggio, e spiegato fatti e usanze della comunità. I tatuaggi, che lì tutti hanno in abbondanza, tengono banco nelle conversazioni. Come anche i teschi (che qui non ci sono in quanto buona parte degli abitanti è cristiano), la vita che si conduce nella foresta, che rapporti hanno con il mondo ‘esterno’… che è molto più disinvolto di quanto si creda: i ragazzi vanno periodicamente a lavorare in città, ma poi la maggior parte finisce per tornare a fare il contadino o il barcaiolo. Non tanto per questioni di adattamento, quanto perché…nella foresta si vive meglio anche con pochi soldi. E’ curioso, il cellulare non prende, la tv così e così (non ricordo se ci fosse il satellite o se avessero solo videocassette) ma i ragazzi non sono molto diversi da quelli che possono abitare a Kuching o a Milano. Sanno tutto di calcio, di musica e si fanno i capelli alla Neymar.

2 agosto. TREKKING NELLA FORESTA

Dopo colazione partiamo per un facile trekking nella foresta. Siamo sempre noi cinque ma incontreremo altri gruppetti strada facendo. Comunque non si è mai in tanti, nel lodge al massimo siamo stati al massimo una dozzina di persone, guide escluse. Lungo il percorso Val ci spiega le funzioni di piante e frutti, fino a che arriviamo al fiume dove ci aspetta una longboat per risalirlo. Qui il capo barcaiolo pesca parte del nostro pranzo, pescetti pieni di lische ma saporiti, e una volta arrivati al termine del fiume loro preparano il barbecue. Intanto noi facciamo il bagno sotto la cascata dove ci sono i famosi pesciolini che oggi si trovano anche nei nostri centri estetici, quelli che ti mangiano le pellicine morte dei piedi e delle gambe. Non vi dico che ridere!! Ottimo barbecue, con aperitivo di arak, robusto superalcolico bevuto dai bicchierini intagliati nel bambù: il cibo è stato buonissimo con pollo e riso cotti nel bambù, pollo, manzo e pesciolini alla brace, un contorno a base di zucca e zenzero, riso e frittelle di banana per finire. Un banchetto vero e proprio, mangiando tutti insieme su sassi, tronchi e i seggiolini tolti dalle longboat. Torniamo alla base e qui, sorpresa, avvistiamo sulle cime degli alberi un orango!! Cosa non scontata perché la foresta qui è molto vasta. Al ritorno non mancheremo di documentare l’avvistamento nella bacheca attaccata alla parete della sala comune. Dopo la gita si passa il tempo a chiacchierare: di italiani ci siamo noi due e una ragazza di Roma. E poi francesi, una famiglia e una coppia, più un paio di olandesi. Durante il trekking abbiamo incontrato una famiglia di svizzeri del Canton Ticino, con due bambini sui 10 anni, che pernottavano nei capanni della foresta. Niente di estremo, hanno assicurato. Prossima volta…

3 agosto. TORNIAMO VERSO KUCHING

Partire è un po’ morire, e io sarei stata qui nella foresta per un’altra settimana… Arriviamo alle 16 a Kuching, e ci diamo da fare per trovare una lavanderia aperta nel tardo pomeriggio. Finiamo in quella del Riverside Majestic, cara quasi come quelle di casa nostra. Normalmente chiudono alle 17, ma se è venerdì di Ramadan anche molto prima.

4 agosto. KUCHING

Ultimo giorno nel Borneo, quindi ci rilassiamo un po’. Beata colazione con caffè e biscotti nella graziosa caffetteria Black Bean Coffee in Ewe Hai Street, che vende anche il raro caffè di qualità Liberica coltivato in Sarawak dalle tribù bidayu. Ne abbiamo portato a casa un po’ che qui da noi non si trova. Poi gironzoliamo per il mercato, e decidiamo di prendere il bus pubblico per andare a vedere il museo dei gatti. Assurdità tutta malese, da vedere solo per fanatici o se non vi è rimasto da fare altro. Lodevole comunque la volontà di spaziare in storia, etnologia, arte, lifestyle, spettacolo ecc ecc. Torniamo in città, visitiamo il Museo dei tessuti, un ultimo giro per i negozietti e poi ultima cena a base di granchio gigante al Top Spot. La sera siamo talmente stanchi che crolliamo in stanza, mentre sotto di noi suona il clone malese di Piero Pelù.

5 agosto. SINGAPORE

Puntuale, ecco che il nostro volo Air Asia ci porta a Singapore per mezzogiorno. Torniamo all’Hangout @ Mt. Emily, dove eravamo stati due anni fa, mezzo ostello e mezzo albergo che dopo attenta analisi si rivela ancora essere quello con il miglior rapporto qualità-prezzo-posizione (70 euro a notte, doppia con bagno in camera, una follia, ma Singapore è cara assai). Ripartiamo subito in direzione waterfront dove due anni fa stavano ultimando il mega-complesso di Marina Bay. Veramente stupefacente nella sua enormità e nelle sue architetture: i tre grattacieli con il ‘bananone’ (Sky Park), l’Art Science Museum che poi non è un museo ma una sede per mostre temporanee, il negozio di Louis Vuitton che sembra un iceberg di vetro in mezzo alla baia. E sullo sfondo i grattacieli del centro finanziario. Non so a voi, ma a me piace… Vediamo la mostra di Andy Warhol all’Art Science Museum, gironzoliamo per i negozi da shopping miliardario, visitiamo l’hotel che è pieno di opere d’arte contemporanea e sbuchiamo giusto in tempo per il tramonto ai Gardens by the bay, nuovo giardino botanico inaugurato da appena un mese che ha vinto il premio mondiale dell’architettura. Anche questo è stupefacente, con piloni a imbuto destinati a raccogliere acqua ed energia solare che si illuminano di notte. Alle otto parte anche lo spettacolo di luci e musica. Per cena decidiamo di tornare nelle vicinanze dell’albergo e ceniamo a Little India. E’ domenica sera, e il quartiere pullula di indiani (tutti maschi, una donna nemmeno l’ombra al contrario di altre volte in cui sono stata), probabilmente sono i lavoratori che nel giorno libero dalla periferia vanno in centro a fare le loro commissioni e la sera tornano nei quartieri dormitorio su bus stracarichi. Musica Bollywood a palla, non si riesce quasi a camminare, ma riusciamo a trovare un ristorante carino in una via che ricordavo dalla scorsa volta. Si chiama Mustard, 32 Race Course Road, si mangia bene.

6 agosto

Perdiamo la mattina al Golden Mile Complex per cercare un biglietto del bus notturno per andare direttamente da Singapore a Kuala Besut per raggiungere le isole Perenthian, l’8 agosto. Purtroppo non abbiamo tenuto conto che il 9 agosto il è National Day di Singapore e che tutti partono per le vacanze. Posti sui bus finiti, ci tocca prendere un biglietto fino a Kuala Lumpur e poi li cercare un altro bus per Kuala Besut. Purtroppo non abbiamo pensato al treno che ci avrebbe fatto probabilmente risparmiare tempo e soldi. Torniamo in centro e visitiamo il National Museum, che racconta con installazioni e ambientazioni ricostruite la storia di questo minuscolo stato, dalla storia piuttosto recente, confrontata con quella dei paesi europei, ma dall’orgoglio e nazionalismo spropositato (anche se proposto con grazia). Operazione di storytelling veramente notevole: con le audioguide si ripercorrono questi 200 anni dal punto di vista degli eventi ufficiali (guerre, accordi, trattati) e da quello soggettivo delle persone che li hanno vissuti: politici, commercianti, giornaliste, guidatori di rickshaw, prostitute, signore per bene, fumatori d’oppio ecc ecc. Un approccio molto interessante al racconto della storia, che valorizza un passato che ora per le strade non si percepisce più. Fuori dall’esposizione principale ci son anche aree dedicate al cibo di strada, alla fotografia (anche qui con il racconto delle situazioni e stili di vita dei soggetti fotografati) e alla moda. Dopo un po’ la testa comincia a fumare, e torniamo per strada. Breve giro per i centri commerciali di Orchard Road, che avevamo già visto la volta scorsa, e dove pressapoco si vende quello che c’è anche qui da noi. Spazi grandissimi, architetture pazzesche (ION), ma quello che va tanto, le cose più desiderate sono…le nostre: Prada, Gucci, Armani… Sosta in albergo, e torniamo allo Sky Park di Marina Bay per un aperitivo al KuDeTa, il bar-ristorante sopra i tre grattacieli (15 euro a cocktail) dalla vista grandiosa sulla baia. Spettacolo!! Per mangiare, ormai trascinando i piedi per la stanchezza andiamo alle bancarelle del Makansutra Glutton Bay, vicino al cupolone del teatro sulla baia. Ci accontentiamo di un economico ma enorme piatto di fish and chips, un bel centrifugato di mela e cetriolo e via verso il meritato riposo. Siamo stanchi morti, bisogno di mare.

7 agosto

La mattina andiamo al giardino botanico visto che l’albergo ci ha regalato due biglietti per il giardino delle orchidee, veramente bellissimo, con orchidee di ogni specie in un’ambientazione molto curata!! Come tutto il giardino del resto, un posto veramente piacevole a parte il caldo impressionante e l’umidità al 100%. Nel pomeriggio torniamo a Little India dove mangiamo alle bancarelle del Tekka Market, sotto cibo sopra tessuti e abiti mega Bollywood bling bling. La sera decidiamo di andare a Clarke Quay, il lungofiume dove ci sono moltissimi locali e ristoranti. Che non ricordavo così cari…. due anni fa il cambio era molto migliore, povero piccolo euro. Ceniamo a un tapas bar con splendida vista sul fiume, centellinando le mini tapas. E poi contemplazione della baia davanti all’Asian Civilization Museum.

8 agosto. KUALA LUMPUR

Si parte la mattina alle 8 con bus super comodo, sedili completamente reclinabili, preso all’agenzia Five Star Tours, la più grande del Golden Complex Mile, da cui partiamo in perfetto orario. Arrivando a KL alla stazione dei bus di Puduraya, rinnovata di recente, scopriamo che gli autobus diretti a est partono dalla stazione PWTC. Non riusciamo a trovare subito la fermata dei taxi con coupon quindi andiamo in strada e qui si ripropone il rito della contrattazione selvaggia con i tassisti. Considerando che il prezzo giusto è di circa 15 RM (esperienza insegna), dopo tre round chiudiamo le trattative a 20 RM. Siamo fortunati: alla stazione dei bus troviamo immediatamente un bus notturno che parte alle 22 della sera stessa con la compagnia Konsortium. Lasciamo le valigie al deposito bagagli, e via verso la metropolitana mentre si scatena il temporale. Provvidenziale sosta da McDonald’s, con wifi gratis, e poi andiamo a KLCC dove ci sono le Petronas Tower. Belle come sempre, e intanto è uscito pure il sole. Inganniamo in tempo fino a sera, passeggiando tra giardini, negozi e ristoranti, e poi torniamo con la metropolitana alla stazione. Che di giorno era semiderserta, mentre di notte è un macello: decine di pullman in partenza, gas di scarico, centinaia di persone… Ci attacchiamo alle costole di un impiegato della Konsortium e riusciamo a trovare il nostro bus, bello, grande e pulito, che alle 22 parte puntuale. Crolliamo nel sonno in 5 minuti, appena usciamo dalla città.

9-14 agosto. PERENTHIAN

E alle sei del mattino l’autista ci sveglia. Di già? Siamo a Kuala Besut, anonimo paesotto la cui unica attrattiva è l’imbarco per le isole Perenthian. E’ ancora buio, ci sono un centinaio di persone che come noi scendono dai vari bus con le facce stravolte. Caffè al pulcioso baretto, fa freddo e la notte ha fatto un bel temporale. Non mi tolgo il pile fino almeno alle 8 e mezza quando finalmente apre l’agenzia dei Mama’s Chalet, dove abbiamo prenotato a metà marzo. Qui rientriamo in contatto con la proverbiale flemma malese (nel Borneo, nella zona di Kuching, la maggior parte degli abitanti sono cinesi e quindi iperattivi per natura) ma, con calma, finalmente alle 9,30 riusciamo ad imbarcarci. Mezz’ora di scossoni e poi siamo in paradiso.

Piccola parentesi di consigli per la logistica a Perenthian Besar. C’eravamo già stati due anni fa rimanendo folgorati dalla bellezza del posto e dell’acqua, ma avevamo preso il bungalow sulla spiaggia di Teluk Dalam su cui però è impossibile fare il bagno per la bassa marea. Tutti i giorni attraversavamo a piedi l’isola per andare dall’altra parte, dove c’è la spiaggia del resort PIR che è la migliore e si può fare il bagno a qualunque ora. Quindi questa volta abbiamo deciso di stare da quell’altra parte, anche se i prezzi sono mediamente più alti (per la cronaca il famoso Abdul a febbraio non aveva più camere libere), ma ne è valsa la pena.

Sull’isola ci sono un sacco di italiani e alla fine abbiamo finito per formare una bella compagnia di 10 persone con cui abbiamo condiviso imperiali grigliate di pesce al Mama’s. Il mare è favoloso, anche se rispetto a due anni fa mi è parso di vedere meno coralli e meno colori, un effetto del surriscaldamento dell’acqua e sicuramente del turismo di massa, tuttavia facendo snorkeling si vedono lo stesso cose meravigliose. 1) Rawa Island. Escursione di 4 ore, con quattro-cinque fermate per vedere coralli e pesci vicino al faro in mare aperto e nei pressi di un paio di isolette. Bellissima. 2) Le tartarughe davanti al PIR, che si possono raggiungere anche dalla spiaggia. Portate un po’ di pazienza, aspettate che la gente delle escursioni in barca si allontani e poi le avrete tutte per voi. Tartarughe grandi un metro, che ogni 5-7 minuti riemergono per respirare. Ma per favore, non fare come gli idioti che le molestano toccandole quando risalgono. Contemplatele, sono l’immagine della pace e della bellezza. E la tartaruga apprezzerà. In quella zona ho visto anche un grosso barracuda a caccia. 3) Shark point, dove si vedono squaletti black tip. 4) E poi ai lati della spiaggia del PIR ci sono bei coralli, per divertirsi senza spendere e allontanarsi troppo. 5) La sera poi arrivano a riva le razze, la maggior parte piccole ma anche di grandicelle, tutte con il loro bel pungiglione. Vediamo di non dar loro fastidio

14 agosto. Verso le CAMERON HIGHLANDS

Straziante viaggio in minibus senza aria condizionata di ben 6 ore per arrivare a Tanah Rata, capoluogo delle Cameron Highlands. Si tratta di una località turistica e agricola tra i 1200 e 1500 metri, quindi fa piuttosto fresco. Da mettere pile, sciarpine, scarpe da trekking e pantaloni lunghi. E la notte si dorme con le coperte di lana. Arriviamo a metà pomeriggio alla nostra guesthouse, Cameronian Inn, piuttosto spartana, bagno microscopico e acqua appena appena tiepida, tuttavia accogliente e pulita.

A Tanah Rata non c’è molto da fare, a parte il giro al mercato gastronomico verso le 17 (poi chiude, è fatto soprattutto per la gente che prende cibo ad asporto ma ci sono anche un paio di tavoli per mangiare), giro per la strada principale e farsi fare qualche massaggio. Per il resto si prenotano gite nei dintorni, che pressapoco si assomigliano in tutte le agenzie. Cambia il servizio: infatti piuttosto che prenotare presso la GH (che ci ha venduto un giro con l’agenzia Kang) mi sento di consigliare un’altra agenzia a due passi dalla guest house che si chiama Eco Cameron (http://www.ecocameron.com/). I prezzi sono gli stessi e il servizio molto molto migliore. Il villaggetto è un mix curioso tra classico centro malese e vecchia Inghilterra, con le case bianche con le travi di legno scuro. Ma ormai di quelle originali ne rimangono poche, diventate alberghi di lusso dai prezzi improponibili.

15 agosto. Il primo giorno, con un pacchetto full day della Kang Travel, siamo usciti dalla zona delle Cameron Highlands per fare un trekking in cerca della Rafflesia, il grande fiore-fungo che in questa zona cresce tutto l’anno. Bel giro, un po’ faticoso anche per il caldo, con un gran gruppo di 20 persone circa e una guida un po’ distratta. Poi solo in tre abbiamo proseguito per la visita alle piantagioni di tè Boh (nome molto ridicolo per un italiano, ma vuol dire Best of Highlands), molto belle ma il tempo non era dei migliori, il terrario con farfalle, insetti e rettili, e una coltura di fragole, visita da 5 minuti o poco più. Contrariamente a quel che immaginavo, le Cameron Highlands non sono solo ameni paesaggi di colline ricoperte di tè, ma un territorio sottoposto a sfruttamento quasi eccessivo con mega alberghi a torre e serre a perdita d’occhio, sicuramente utili ma non certo belle da vedere. Per vedere bei panorami bisogna inoltrarsi nelle colline e nelle foreste.

La sera cena al ristorante indiano a un grande tavolone comune lungo la via principale: il pollo ha un buon sapore ma è pieno di ossa e… ouch… frattaglie tipo reni e cuore. Nostalgia di un bel petto di pollo… Poi in branda.

16 agosto

Il giorno dopo, giro con la Eco Cameron alla Mossy Forest, piacevolissima gita in una foresta che ha un ecosistema unico, possibile solo a queste latitudini e quest’altezza. La guida è decisamente molto più brava e preparata di quella di ieri, un altro pianeta, nonostante anche qui il gruppo sia numeroso. Oggi è una bellissima giornata di sole, ma fa sempre frescolino. Si sta benissimo. Torniamo alle piantagioni Boh dove sotto la luce giusta vediamo il famoso panorama da cartolina con i diversi toni di verde dei cespugli di tè. Il pomeriggio lo passiamo prendendo il sole e leggendo nel bel giardino della gh e verso sera andiamo a farci fare un massaggio. Ci sono due centri massaggio sulla via principale, noi abbiamo scelto Foot Reflexology, quello con l’insegna verde, e ci siamo trovati molto bene. Da tornare se non fosse ora di partire. Per finire siamo andati in cerca del T Cafè, o Lord Cafè, come diavolo si chiama adesso, posto strambo – da andarci e fare due chiacchiere con le due proprietarie – dove fanno delle torte veramente fantastiche.

17 agosto. E si parte alla volta di KUALA LUMPUR

Con un bus che ferma (piuttosto in ritardo) proprio davanti al Cameronian Inn torniamo nella capitale, percorrendo strade di montagna immerse nella foresta. Splendidi paesaggi, molto più belli da questo lato (direzione Tapah) piuttosto che quello che abbiamo visitato noi. Questa volta alla stazione dei bus andiamo a cercare i taxi con i coupon e dopo aver chiesto e richiesto informazioni li troviamo imboscati all’interno del parcheggio a silos. Per celebrare in bellezza l’ultimo giorno ci siamo concessi un bel 5 stelle, il Grand Millenium di Bukit Bintang, la zona più chic. Centralissimo, è vicino a due dei migliori centri commerciali Pavilion e Starhill per non parlare degli altri di livello un po’ più comune mortale. E dà sempre grande soddisfazione presentarsi in questi posti a bordo del taxi più rottame che si può, noi che il taxi in Italia è un lusso inarrivabile: le facce dei portieri sono impagabili. Un po’ di shopping da Uniqlo, gironzoliamo un po’ per altri department store. Cercando di andare al Berjaia, mostruoso complesso con due torri, ci troviamo invece in un posto di ispirazione cinese. Sette piani di abiti fashion dei ragazzi di qua, taglia XXXXS. Ci cambiamo per andare a fare aperitivo al Traders Hotel che ha un bar al 34esimo piano che guarda le Petronas Tower. Mi ha un po’ deluso il fatto che non fosse all’aperto, ma è stata un’oretta piacevole. Tavolini, divanetti che bisogna prenotare e grande piscina nel mezzo: in più fino alle 9 di sera c’è l’happy hour con due cocktail al prezzo di uno, a rotazione durante la settimana. Quindi mojito per due, al costo circa di 6 euro l’uno, e la vita sorride. A cena siamo tornati a Bukit Bingtan attraverso un fantastico tunnel sopraelevato che collega KLCC al centro commerciale Pavilion, così non ci si perde tra i grattacieli, senza più orientarsi, come mi era successo due anni fa. Cena finale al libanese dello Starhill Gallery, centro commerciale superlusso, che nel seminterrato offre cucina indiana (che avevamo già provato la scorsa volta), cinese, fusion, coreana, tex mex ecc ecc. Ottima scelta e mangiato a più che sazietà ordinando due antipasti e una grigliata di carne da dividere in due, grande porzione per robusti stomaci mediorientali, patatine e caffè. Speso 30 euro in due.

18 agosto. ULTIMO GIORNO

Dopo colazione (che non avevamo compresa nella tariffa dell’hotell) al locale Godiva del Pavilion, a base di torta al triplo cioccolato, gironzoliamo per Chinatown, la parte più storica. Vediamo Masjid Jamek, bardati dalla testa ai piedi – uomini e donne – da una sorta di burqua offerto all’entrata, poi Central Market a cercare qualche souvenir. Pranziamo all’Old China, ristorante turisticissimo (dentro tutti occidentali) ma molto buono e grazioso arredato con pezzi d’epoca, e poi cerchiamo di fare il giro delle bancarelle. Ma ormai il sole picchia, la stanchezza è tanta e alle 16 dobbiamo cominciare a muoverci verso l’aeroporto. Finiamo per bighellonare senza meta nei centri commerciali di Bukit Bintang che ormai hanno anche un po’ stufato. Ultimo consiglio: anche a in questa zona c’è l’angolo dei taxi con coupon. Si trova tra l’hotel Grand Millenium e il Pavilion, non lontano dai locali in una piazzetta di cemento. Lì si va in aeroporto con 85 Rm, senza tante storie. Basta non prendere i famigerati taxi Executive che costano il doppio di quelli normali.

Basta, chiudo. Per ogni domanda sono disponibile… e buon viaggio a chi legge!



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