I gatti di Istanbul

Istanbul, ponte fra occidente e oriente, a cavallo fra due continenti, antica e moderna, laica e sacra, piena di vita e di... gatti!
Scritto da: exployt
i gatti di istanbul
Partenza il: 18/02/2012
Ritorno il: 21/02/2012
Viaggiatori: 4
Spesa: 500 €
Il nostro è un gruppo piuttosto eterogeneo, copre 3 generazioni, dai 16 ai 75 anni, con esigenze diverse da conciliare.

Decidiamo di fare questo viaggio con solo qualche settimana d’anticipo, in occasione del Carnevale (4 giorni, 3 notti). Il budget, come al solito, è molto limitato. La programmazione del viaggio la facciamo davanti al Pc.

Scelta del volo

Decidiamo subito di evitare di volare con la low cost Pegasus: atterra in un aeroporto fuori dal mondo e ha orari che ci farebbero perdere praticamente due giornate solo per il viaggio. Alla ricerca di un compromesso fra comodità e costi scoviamo una combinazione interessante – nonostante la seccatura dello scalo – con Swiss Air: Malpensa-Zurigo con partenza verso le 7 del mattino, in coincidenza con Zurigo-Istanbul, arrivo ora locale alle 13.30. Al ritorno partenza alle 17.15 e arrivo Malpensa, ora locale, verso le 21. Costo: circa 160 euro a testa, andata e ritorno.

Certamente il comfort di volo è tutt’altra cosa rispetto alle low cost! Da bere a volontà, un pasto caldo, e perfino delle tavolette di cioccolato, ovviamente svizzero, di dimensioni mini, ma da leccarsi i baffi. Atterraggio ad Ataturk, a solo 40 minuti di auto dal centro città. Particolare da non trascurare, sono già compresi nel prezzo del biglietto 23 kg di bagaglio in stiva, oltre al bagaglio a mano, così non occorre star lì a centellinare le cose da portarsi. Volendo si può fare il chek-in on line con la scelta del posto.

Cosa vuoi di più dalla vita?

SCELTA DELLA SISTEMAZIONE AD ISTANBUL

Sulla base di esperienze precedenti scartiamo subito l’idea dell’hotel, rivolgendo la nostra preferenza verso un appartamento, sistemazione che ci consente maggiore libertà, spazi da vivere tutti insieme e soprattutto che ci dà la possibilità di cucinarci quello che piace a noi consentendoci contemporaneamente di non essere costretti ad uscire sempre per cena, quando magari siamo stanchi.

Curiosando sul web ci saltano all’occhio le immagini di una casa un po’ particolare: pavimento in legno, pareti e soffitti istoriati, tappeti colorati, montagne di cuscini. Complessivamente molto turca, secondo noi. Inoltre abbastanza adatta alle nostre esigenze : 2 camere, salottino, bagno, cucina abitabile, perfino la lavastoviglie e il wi fi.. Al momento non facciamo troppo caso all’avvertenza: “terzo piano senza ascensore”.

Contattiamo via e-mail il proprietario, un italiano che vive da tempo in Turchia e che si occupa proprio di organizzare viaggi, anche un po’ alternativi.

Ci dice che la casa si trova in un quartiere autentico, dove potersi immergere veramente nella vita del luogo, tuttavia centrale e poco distante dalle consuete attrazioni turistiche, sia di tipo culturale che commerciale. L’idea ci piace.

Dopo un intenso scambio di e-mail arriviamo ad accordarci su una specie di “pacchetto”, piuttosto interessante.

Ecco l’offerta: affitto della casa, transfer con pullmino riservato dall’aeroporto all’appartamento e viceversa, una carta magnetica per i mezzi pubblici pre-caricata con 10 lire turche a testa (le tessere sono comode e consentono di viaggiare con tariffe scontate) e una giornata intera con una guida professionale dedicata solamente al nostro piccolo gruppo, il tutto alla modica spesa di 500€.

Ma non finisce qui. Con un piccolo pagamento extra, ma sai che comodità, un bel po’ di litri d’acqua minerale già disponibili nell’appartamento e anche delle lire turche per le prime spese. Volendo si può anche avere la colazione pronta in frigo, oppure trovar già la spesa fatta (basta dare la lista). Noi decliniamo perché preferiamo portarci un po’ di cibo dall’Italia, tanto non ci son problemi di bagagli! Dulcis in fundo, per rassicurarci, ci vengono forniti anche un paio di numeri da chiamare in caso di emergenza 24 ore su 24. Insomma, un servizio completo!

Il pagamento è richiesto completamente in anticipo

Questo ci lascia un attimino perplessi, si sa che sul web ci sono tante brave persone, ma è anche facile cadere nella rete di qualche truffatore. Ci meditiamo un po’ su, ma alla fine decidiamo di fidarci: alla peggio cercheremo un albergo quando arriviamo! Paghiamo e incrociamo le dita. Finalmente arriva il fatidico giorno della partenza…

SABATO

Ci tocca un’alzataccia, ma il viaggio fila liscio e arriviamo con nemmeno un quarto d’ora di ritardo ad Ataturk Airport. Stiamo col fiato sospeso finchè non individuiamo un autista che ci sta aspettando con in mano un cartello col nostro nome. Chiamiamo il numero della ragazza (italiana) che ci aspetta a casa per darci le chiavi, è molto gentile. Wow! Ci è andata bene, sembra proprio tutto perfetto. Il tragitto dall’aeroporto alla città e scorrevole, arriviamo in poco tempo nel distretto di Beyoglu, che sorge su una collina nella parte europea, più moderna, della città; è la zona commerciale e dei consolati, delle ambasciate. L’autista però sembra proprio non essere in grado di trovare la via dell’appartamento. Si ferma a chiedere più volte. Passa e ripassa per le stesse vie. Noi siamo un po’ disorientati. Ad un certo punto si ferma: finalmente siamo arrivati! Scarica tutte le nostre valigie, suona ad un portone, poi riparte a razzo. Peccato che non sia né la casa, né la strada giusta. Dopo un attimo di smarrimento cerchiamo di identificare l’impronunciabile nome della via in cui ci troviamo. Chiamiamo in soccorso la ragazza italiana. Arriva in pochi minuti, si scusa per il disguido, ci aiuta a portare le valigie. Fortunatamente siamo solo a un centinaio di metri dalla via tanto cercata. Ma le sorprese non sono finite. Si ferma davanti ad un portone pesantissimo e un po’ sgangherato. Il palazzo non è male, ma ha un’aria piuttosto dimessa. Sapevamo che si trattava di un palazzo vecchio di 200 anni, ma pensavamo avesse avuto più recenti restauri… All’interno ci attende una scala a chiocciola ultraripida. “Terzo piano senza ascensore”, adesso focalizziamo meglio il significato di quell’avvertenza. La luce del giroscale è rotta, bisogna arrangiarsi ad inerpicarsi su quegli erti scalini nella semi oscurità. Cominciamo a pensare :“Turisti fai da te? Ahi ahi ahi…” Come sarà l’appartamento? Tutto sommato è carino, pulito e caldo. Bisogna dire però che le foto sul sito lo facevano sembrare meglio, quindi le nostre aspettative erano più alte. La ragazza italiana ci dà le piantine della città, ci spiega come funzionano e tessere per i mezzi pubblici, ci dà indicazioni su posti dove andare a mangiare e così via. Ci dà anche le lire turche e mette a nostra disposizione anche un telefono cellulare con un numero turco con un credito di 16 LT. Ci dice di chiamarla se abbiamo qualche problema. Noi pensiamo che la prima cosa da fare sia assolutamente quella di andare a comprare una torcia elettrica, altrimenti finisce che su quella scala al buio ci ammazziamo. Nessuno parla inglese, in quei minuscoli empori d’altri tempi, già cominciamo a disperare, quando, sotto una poderosa coltre di polvere individuiamo l’articolo agognato. Torcia alla mano, ci sentiamo più tranquilli e possiamo partire per il primo giro di orientamento. Il quartiere dove si trova la casa, decisamente caratteristico, si chiama Çukurcuma. E’ tutto un saliscendi, un dedalo di viuzze costellate di negozietti di antiquariato e vintage, è come un gran mercato delle pulci. Ma quanti gatti ci sono in giro per le vie? Randagi, ma tutti ben pasciuti. Ciotole con cibo se ne trovano un po’ ovunque, negli anfratti fra le case. Ci guardano con i loro occhi gialli, senza scappare al nostro passaggio. Camminiamo senza fretta, curiosando nelle botteghe, godendoci l’atmosfera unica e pittoresca, i palazzi retrò, i piccoli bar e bistrò e la gente. Look all’europea insieme a lunghi pastrani e capelli coperti da foulard colorati. Qualche donna è avvolta in un ampio abito nero e ha il volto semivelato. Raggiungiamo facilmente piazza Taksim, il cuore della città moderna, con al centro il monumento alla guerra d’indipendenza. Si sta facendo buio, le fontane della piazza sono illuminate con luci colorate e sulla via commerciale che da lì parte, la famosa Istiklal Caddesi, sono accese luminarie come fosse Natale. E’ sabato sera, ed è l’ora dello “struscio”, la via brulica di gente. Un piccolo tram d’epoca, con i sedili di legno, percorre quell’arteria sferragliando fra la folla cosmopolita. Fa un freddo cane, però. Pensavamo che ad Istanbul le temperature fossero più miti. Dopo aver indugiato un po’ nei negozi di abbigliamento e scarpe, alla ricerca di prezzi convenienti e di articoli che soddisfacessero il nostro gusto, ce ne torniamo verso casa a mani vuote, ma con gli occhi e la mente pieni di immagini e colori. Passiamo davanti all’Ambasciata Italiana. Danno una festa di carnevale, si sentono rullare dei tamburi, il giardino è affollato di persone in abiti da sera oppure abbigliate alla foggia del settecento. Ci fa uno strano effetto un Carnevale ad Istanbul.

DOMENCA

Dalle molte finestre dell’appartamento filtra un sole meraviglioso, ma fuori il freddo è polare. Scendiamo a comprare due filoni di pane al forno dietro casa, è talmente buono che a colazione lo facciamo fuori tutto. L’incontro con la guida è alla fermata di Tophane, vicino al mare, di fronte alla Moschea di Kilic Ali Pasa, molto bella anche se poco conosciuta e visitata dai turisti. Mentre aspettiamo la guida diamo un’occhiata al cortile e una sbirciatina all’interno. Non ci fidiamo ad entrare perché ci sono parecchi fedeli. La nostra guida dai capelli rossi è simpatica e molto energica. Concordiamo di fare il “tour classico”, quindi partiamo subito per la penisola storica, con meta Sultanhamet. Da Tophane si prende il tram veloce, che è praticamente una metropolitana di superficie. Passiamo sopra il ponte di Galata e davanti alla Moschea Nuova, che si trova proprio di fronte all’imbarcadero dei dei battelli che fanno le crociere sul Bosforo. Ancora un paio di fermate e siamo a destinazione. La visita guidata comincia dall’Ippodromo, una piazza lunga a forma di U dove nell’antichità si facevano le corse con le quadrighe. Ci fermiamo davanti alla fontana detta “tedesca”, un dono inviato dal Kaiser Guglielmo II al sultano ottomano e lì la guida comincia ad introdurci alla storia millenaria di questa città. Noi siamo molto attenti, facciamo anche parecchie domande. Lei è molto preparata, è contenta che l’ascoltiamo con interesse e scherza dicendo che poi ci farà un esame ( lo dice sempre ai gruppi che porta in giro). Ci incamminiamo lungo la piazza, dove ci sono le tre famose colonne: un obelisco egiziano (l’obelisco di Teodosio), la colonna serpentina di Delfi e la colona di Costantino. Pensiamo che stiamo percorrendo vie battute da gli antichi romani, dai crociati, da sultani e gran visir, da califfi e giannizzeri. Entriamo nella spettacolare Moschea Blu dall’ingresso riservato ai visitatori. Nelle moschee l’ingresso non è a pagamento, la guida dice che sono luoghi d’accoglienza, aperti a tutti. Però bisogna togliersi le scarpe e portarsele appresso in un sacchettino di plastica apposito. Un consiglio per chi si reca alle moschee in questa stagione: portatevi un paio di calzini in più! Se li avessimo avuti non ci saremmo congelati i piedi. Non si sa come facessero i fedeli a fare le abluzioni alle fontane, visto che il termometro segnava 1°. Eppure qualche temerario c’era. Questa moschea lascia a bocca aperta. Fuori ha tante cupole e ben sei minareti, solo uno in meno che alla Mecca. Dentro ci sono tantissime maioliche che creano disegni da mille e una notte, alcuni riportano il tulipano, fiore del quale i turchi rivendicano l’origine. Dal soffitto pendono giganteschi lampadari bassi bassi, perché una volta avevano lumi ad olio. Il pavimento è interamente ricoperto da un folto tappeto rosso blu. Beh, è inutile descrivere, bisogna vedere.

Tra palazzi e colonnati sotterranei

Uscirti dalla moschea, dopo un tè caldo, bevuto nel tentativo di contrastare gelo, ci dirigiamo verso il Topkapi, il palazzo imperiale. L’ingresso costa 20 LT. Non c’è molta fila al momento, ma la guida ci dice che nei periodi di alta stagione si fanno delle code lunghissime. Comunque va lei a fare i biglietti e saltiamo anche quel po’ di fila che c’è (in ogni posto che visiteremo ci farà saltare la fila con un bel risparmio di tempo e di noia!). Il complesso è molto grande, con varie porte e cortili interni. Noi ci dirigiamo direttamente all’Harem. Ci vogliono altre 15 LT, ma ne vale assolutamente la pena. La guida non solo ci fornisce notizie sulla storia e sull’arte, ma ci racconta tanti aneddoti, che ci aiutano a immaginare donne ed eunuchi aggirarsi per quei locali, mentre il sultano, sontuosamente abbigliato, percorre a cavallo il sentiero lastricato di ciottoli. La guida ci tiene a sfatare certi miti. Sottolinea che è sbagliato avere l’idea di Harem come luogo di baccanali e che le donne dell’harem non erano così prigioniere come certi scrittori ci hanno voluto far intendere. E’ molto orgogliosa della storia turca, mentre è poco indulgente verso l’integralismo religioso. Nei confronti di noi italiani sembra molto seccata del detto “Mamma li Turchi!”, ce lo rimarca più volte. Andiamo a vedere le sale con gli abiti dei sultani (niente di che), i troni (idem) e il tesoro, passando disciplinatamente in fila davanti a tutte le vetrinette. Nonostante la bassa stagione ci sono molti visitatori. L’unica sala che vale la pena di vedere, secondo noi, è la quarta, dove c’è il diamante detto “dei cucchiai” che con i suoi 86 carati è il quinto diamante più grande al mondo, e dove c’è anche il famoso pugnale d’oro con smeraldi giganti del film “Topkapi”. Passiamo a visitare il padiglione di Bagdad, sempre decorato di maioliche e con una stravagante cupola che internamente è rossa, e la sala delle circoncisioni. Ci toccherebbero anche le reliquie nell’appartamento del sultano, ma decidiamo di lasciar perdere. L’architettura è bella, anche le decorazioni, solo che tutte quelle maioliche ci stanno facendo girare la testa e il freddo inteso ci onnubila un po’ la mente. Uno solo di noi va all’armeria, gli altri se ne stanno un po’ davanti alla “Porta della felicità”, seduti al sole, a riposare e riscaldarsi un po’ ai tiepidi raggi del primo pomeriggio. Un giro alla sala del consiglio dei ministri (il “divano”) e poi la visita è conclusa. Dopo mezzo panino -portato da casa- mangiato al volo, ci rechiamo a Santa Sofia (20 LT). La struttura non è più utilizzata per la preghiera, perciò si possono tenere le scarpe, per fortuna. Ex basilica, ex moschea ora è solo un museo. Ci sono bei marmi e alcuni bei mosaici bizantini. Complessivamente lo stile è a noi più familiare rispetto a quello della Moschea Blu. Gli enormi pannelli di forma circolare con scritte in arabo (“Maometto”,”Allah”..), tipici delle moschee, però stridono terribilmente con le linee degli interni. La guida porta con sé del cibo da dare ai due gatti che stazionano nella basilica. Li troviamo proprio vicino all’abside, a riscaldarsi davanti ad un faro acceso. Sembra si stiano facendo la lampada Uva. Uno dei due si chiama Obama, il nome, dice la guida, gli deriva dal fatto che è stato accarezzato dal Presidente Usa in persona. Di fronte a Santa Sofia ci fermiamo a comprare delle caldarroste da uno dei tanti ambulanti: fanno gola perché sono belle grosse, ma per risparmiare tempo e legna la cottura è talmente rapida che sono praticamente crude, altamente sconsigliabili! Abbiamo fame, perciò le mangiamo ugualmente. Attraversiamo la strada e siamo alla Cisterna-Basilica (15 LT), con un imponente colonnato sotterraneo suggestivamente illuminato. Camminiamo sulla passerella in legno fino alla colonna delle lacrime, sempre misteriosamente bagnata solo da un lato, e facciamo girare la mano mettendo il pollice nel buco, esprimendo un desiderio, come vuole la tradizione. Giunti alle teste della medusa, che si trovano scolpite alla base di due colonne, ritorniamo. Ci sono lavori in corso, quindi non è bello come di solito, dice la guida, ma a noi piace. Però ora siamo stanchi, sempre più infreddoliti, e anche affamati. Questo tour è durato complessivamente dalle 9 alle 16. Non sarebbe stata una cattiva idea andare a scaldarsi e rilassarsi al bagno turco. La guida ce lo consiglia, dice di andare dove va lei, al Çemberlitas, perché l’ambiente è molto piacevole e le donne vengono lavate da donne e non da maschi come in altri bagni più turistici. Fra di noi però c’è una sedicenne che non se la sente e che non vede l’ora di tornare a casa a farsi una bella pastasciutta. Vorrà dire che invece del bagno ci faremo una doccia! Purtroppo l’acqua della doccia non è molto calda, però la pastasciutta che ci cuciniamo, con tutti ingredienti portati dall’Italia, è squisita.

LUNEDì

Alle 9 del mattino siamo già al Bazar delle Spezie (detto anche Bazar egiziano), specializzato in articoli alimentari. Le bancarelle sono quasi tutte uguali, con i soliti imbonitori che, parlando pure italiano, cercano di fare il loro lavoro facendoti spendere più soldi possibile. Tuttavia è abbastanza caratteristico, più “vero” e meno scontato del Gran Bazar, e poi qualche spezia è d’obbligo portarla a casa. Compriamo delle pietre per profumare gli armadi, zafferano, tè nero, marmellata di rose e altro. Attraversiamo il piazzale per recarci all’imbarcadero di Eminonu, per partire per la crociera sul Bosforo, passando davanti ad una sorprendente fila di postazioni di lustrascarpe. Partenza del battello alle 10.30. Noi arriviamo parecchio prima, ma c’è già un bel po’ di gente. La crociera è molto piacevole, si ammirano vari palazzi, in particolare, sulla sponda europea, il palazzo di Dolmabahce col suo fronte sul mare di 600 metri che dopo la metà dell’800 divenne la nuova residenza imperiale spodestando il Topkapi, e sulla sponda asiatica il Palazzo Beylerbeyi, subito dopo il ponte sul Bosforo, che però si vede solo da lontano. Inoltre ville e moschee, caratteristici porticcioli, fortezze e le tipiche case di legno che ora pare valgano una fortuna. Il tragitto dura 90 minuti e si arriva alle porte del Mar Nero. Il battello fa alcune fermate, l’ultima sulla sponda asiatica ad Anadolu Kavagi, un villaggetto dove non ci sono altro che venditori di pesce fritto, arrosto e in tutte le salse. Non ci ispirano neanche un po’. Avevamo deciso di prendere il biglietto di sola andata (12 LT), per non dover restare tre ore ad Anadolu Kavagi, dato che il battello arriva a mezzogiorno e riparte alle tre. Andiamo quasi subito al bus, per il quale va bene la stessa tessera dei trasporti pubblici di Istanbul città. Il giro col bus nella parte asiatica è particolare, non suggestivo come la barca, però si vedono altre cose, si vede la vita della gente del posto, tutti gli studenti in divisa che escono dalle scuole, le donne velate con i bambini nel passeggino e le borse della spesa. Noi scendiamo a Kanlica, dove c’è un porticciolo caratteristico, e ci fermiamo a pranzare in un ristorantino con vista magnifica sul Bosforo, dove mangiare pesce con verdure e un dolce tipico al cucchiaio a base di semolino, ci costa meno di 20 euro a testa. Assolutamente da assaggiare lo Yogurt di Kanlica che, con un po’ di zucchero a velo sopra, è davvero delizioso. Volendo recarci a Ortakoy, il viaggio è un po’ periglioso. Optiamo per un autobus che transita su un ponte attraverso il Bosforo, molto suggestivo, ma poi il cambio di autobus è complicato, quasi nessuno parla inglese. Scrivendo le destinazioni su dei bigliettini e utilizzando il linguaggio internazionale dei gesti riusciamo a farci capire e interpretare le indicazioni che ci danno. Ricaricare le tessere magnetiche del trasporto pubblico presso le macchinette contrassegnate “Akabil” (acronimo turco AKıllı BİLet, biglietto intelligente, sarà…) è un’impresa: devi avere l’importo esatto che vuoi caricare sulla tessera perché non danno il resto, e averlo in banconote, perché non accettano monete. Nonostante le difficoltà riusciamo ad arrivare Ortakoy, un sobborgo che si trova proprio sotto il ponte sul Bosforo, al tempo stesso romantico e alla moda. La particolarità è la moschea direttamente sul mare, purtroppo per noi era in restauro, si vedevano solamente i minareti. Da assaggiare la Baked potato, in zona non fanno che quella: è come quelle inglesi, però loro dicono che è di origine turca. La domenica fanno un bel mercato di artigianato locale, la guida ce lo aveva detto, essendo lunedì ci sono solo un po’ di bancarelle. Ancora autobus e tram per tornare ad Istanbul centro, giusto in tempo per fare un salto al Gran Bazar (che era chiuso la domenica). E’ un po’ tardi, si sente già il richiamo dei muezzin per la preghiera della sera. Il Bazar è un vero labirinto, meglio avere sotto mano una mappa per non perdesi. Colpisce per la vastità e per le volte giallo oro, ma in sostanza è come tutti gli altri suk, con le solite cianfrusaglie per turisti, molto abbigliamento firmato “taroccato” e qualche botteguccia interessante di artigianato e arte orafa.

MARTEDì

Ultimo giorno, decidiamo di concludere in bellezza, con la vista panoramica dalla Torre di Galata. Il cielo è terso e sembra anche un po’ meno freddo degli altri giorni. Usciamo a far colazione. Indecisi se affrontare o meno la colazione turca, a base di formaggio, olive, pomodori, the e varie altre cose, finiamo, da italiani tipici, per preferire una pasticceria proprio di fronte alla piccola moschea verde (Firuzağa Camii) nel quartiere di Cihangir, dai palazzi con le facciate colorate. Colazione comunque ipercalorica, con cappuccino, brioches e baklava (dessert ricchissimo di zucchero, frutta secca e miele) che decidiamo di smaltire affrontando una bella passeggiata per raggiungere la piazzetta dominata dalla famosa torre dei genovesi. Con 12 Lt si prende l’ascensore fino alla loggetta e il panorama a 360° è assolutamente mozzafiato. Restiamo un bel po’ lassù ad ammirare Istanbul che si estende a perdita d’occhio, con i suoi minareti che si stagliano verso il cielo di un azzurro intenso e ad osservare il traffico navale alla confluenza tra il Bosforo, il Corno d’Oro e il Mar di Marmara. Non volendo perderci la Moschea del Solimano e avendo poco tempo, fermiamo un taxi. L’esperienza del taxi, anche in questo caso è deludente. Una volta mostrata al tassista la destinazione sulla mappa e avuto conferma che avesse capito, partiamo fiduciosi. Il tassista però ci porta alla Moschea Nuova, poi si ferma almeno due volte a chiedere informazioni, impiega un bel po’ a imboccare la giusta direzione, e non contento, all’ultimo bivio, dove l’indicazione è evidentissima, gira nel senso opposto. A questo punto gli intimiamo di fermarsi, paghiamo, e ce ne andiamo furiosi. Un tassista di Istanbul non può non conoscere la moschea del Solimano! Ci siamo sentiti proprio presi per i fondelli. La moschea però ci tira su il morale. Lavoro del geniale architetto Sinan, è la più grande della città ed occupa l’intera collina della città vecchia. L’interno è più sobrio di quello spettacolare della Moschea blu. Da vedere c’è la sontuosa tomba di Solimano il Magnifico, nel piccolo cimitero adiacente. La discesa verso Eminonu la facciamo a piedi, soffermandoci ad osservare vari negozietti – non per turisti stavolta- caratteristici perché vendono gli articoli più disparati. Percorriamo a piedi il Ponte di Galata, affollatissimo di pescatori, con sotto tutti ristorantini (chissà se servono il pesce pescato sopra?!). Per risalire da Karacoy verso la zona moderna proviamo la funicolare, detta “Tünel”, costruita nel lontano 1875, che percorre il tragitto in pochi minuti, interamente in un tunnel ( 3 LT a testa). Percorriamo nuovamente la Iskital Caddesi, stavolta in direzione Taksim, e con la luce del giorno, addentrandoci nei “passaggi”. Vorremmo raggiungere il mercato del pesce e la via Navizade dove ci hanno detto esserci un ottimo ristorante, ma non la troviamo e si sta facendo tardi. Ci fermiamo a pranzare sulla Iskital Caddesi, con alcune specialità tipiche: kebab e lahmacun (pizza turca), caffe turco e per finire in dolcezza con un’altra bomba calorica, il Künefe, una tipica pasta sfogliata di frumento tagliuzzata come i capelli d’angelo, in sciroppo, con pistacchi e riempita con del formaggio. Siamo pieni e il tutto per un prezzo praticamente irrisorio, meno di 10 € a testa. L’ora della partenza è arrivata. Un ultimo saluto alla casa e ad un immancabile gatto accoccolato sulla sella di una moto. Il tassista che viene a prenderci è molto efficiente. In breve siamo all’aeroporto, passiamo diecimila controlli di bagagli e passaporti. Finalmente troviamo un ufficio postale e riusciamo a spedire le nostre cartoline.

L’aereo è come un orologio svizzero e nonostante lo scalo arriviamo a Malpensa in perfetto orario.

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