Non solo Gragnano. La tradizione della pasta in Campania dal Medioevo a oggi

Dall’incontro delle diverse culture, il prodotto italiano per eccellenza
Manuela Titta, 24 Lug 2023
non solo gragnano. la tradizione della pasta in campania dal medioevo a oggi

La pasta e i suoi formati sono il risultato di secoli di storia della gastronomia, con un patrimonio non solo culinario, ma culturale perché arrivano a noi dopo secoli di contaminazioni, innovazione e creatività. Ogni formato è speciale perché esso porta con sé non semplicemente la forma, ma anche la sostanza: il sapore passa attraverso le varie tipologie perché ognuna di esse è in grado di esprimersi al meglio con condimenti diversi. Ogni tipologia nasce per incarnare una ricetta e portare a tavola tutta la tradizione che c’è dietro, e per rappresentare al meglio uno dei capisaldi della dieta mediterranea che, proprio nei carboidrati trova la sua base fondante. Infatti, l’eccellenza di questo regime alimentare – patrimonio immateriale dell’Umanità UNESCO su cui la Regione Campania ha da tempo attivato un importante progetto di valorizzazione istituzionale e non solo – è costituita proprio dal sapiente mix di carboidrati, proteine e vitamine vegetali, che insieme restituiscono un regime alimentare di eccellenza.

Quando nasce la pasta

Fino al Medioevo tipologia di pasta in uso era la lasagna, realizzata con impasto di farina e acqua, stesa a sfoglia larga, era un prodotto fresco: la pasta secca è invece di tradizione araba, di forma stretta, che aveva il vantaggio della conservabilità e risultava quindi trasportabile.

I ricettari medievali citano questa seconda tipologia di pasta, a testimonianza di una forte contaminazione tra la cucina araba e quella nostrana: fondamentali per la diffusione di questa pasta secca sono state le città marinare. Intorno al ‘300 la produzione di pasta secca è un fenomeno non solo genovese, ma si diffonde nelle zone regionali del sud Italia, mentre la produzione di pasta fresca riguarda di più il nord del nostro paese.

Il miglioramento a livello tecnologico permette alla lavorazione della pasta di guadagnare in termini di maggior produzione a costi più bassi, tutto ciò a beneficio dell’accumulo di risorse alimentari, una questione non banale nei secoli scorsi quando le carestie erano sinonimo di fame. Gramola e torchio meccanico sono le innovazioni che permettono di abbassare i costi di produzione: siamo nel XVII e la tecnologia consente di gestire al meglio le risorse della farina. Se la pasta era considerata un prodotto sfizioso nel secolo precedente, ora comincia a guadagnare la sua identità!

Non dobbiamo dimenticare che il condimento con il pomodoro cominciò ad essere sperimentato solo nel XVIII secolo e la sua diffusione è del secolo successivo: fino ad allora la pasta era condita con formaggio, a Napoli con carne e cavoli.

La pasta diventa un cibo principale, si potrebbe anche parlare di cibo di strada, anche mangiato con le mani, proprio a sottolineare la sua larga diffusione. C’è anche da dire che rispetto alla popolazione del nord, che si nutriva prevalentemente di polenta, al sud c’è un miglior apporto proteico dato dal glutine che migliora la qualità della dieta.

Mangiamaccheroni

‘Mangiamaccheroni’ era un termine che identificava la zona di Napoli tra il ‘600 e il ‘700, perchè la dieta era completamente cambiata: se prima i napoletani venivano definiti mangiafoglie a causa dell’elevato consumo di cavoli e broccoletti, l’impatto a livello culturale e sociale della pasta caratterizzò questo nuovo appellativo. Intorno alla pasta e alla modalità di consumo in questa terra si è generato un vero e proprio folklore arrivato prepotentemente fino a noi, immortalato dalle scene leggendarie dei film, in particolare quella di Totò in Miseria e nobiltà.

La maestria dei pastai gragnanesi

Indubbiamente il nome di Gragnano ci catapulta immediatamente verso un prodotto di qualità: IGP dal 2010, in molti la definiscono la pasta migliore d’Italia. Quel che è certo è la qualità delle materie prime, tra la semola di grano duro e l’acqua che proviene dalla falda acquifera locale: la lavorazione artigianale, con la trafilatura al bronzo e la lenta essiccazione completano il quadro. Ma di cosa si intende esattamente con trafilatura al bronzo? Ci si riferisce alla natura dello stampo che andrà a caratterizzare la porosità e quindi la superficie del prodotto: con la trafilatura al bronzo la pasta trattiene meglio i condimenti risultando molto più gustosa. Tutta questa lavorazione permette anche di preservare le proprietà nutritive dell’impasto, tra cui proteine, fibre, vitamine e sali minerali.

Una ricca tradizione per l’eccellenza della cucina campana

I formati di pasta campana incarnano la fantasia e la ricchezza gastronomica che questa terra esporta in tutto il mondo.

I Paccheri erano un formato che riempiva il piatto con poche unità; quindi, molto apprezzato da chi non aveva molte possibilità economiche. Il nome deriva da schiaffo, pacchero in napoletano, probabilmente dal suono che questa pasta fa una volta tuffata nel sugo: proprio per questo i paccheri vengono anche chiamati schiaffoni. È una pasta che non teme confronti, per la sua grande versatilità, i paccheri trattengono a meraviglia il condimento e risultano particolarmente ghiotti sia con la carne che con il pesce: si presentano meravigliosamente come finger food, riempiti e serviti anche con verdure.

La Calamarata è un Pacchero corto, che risulta essere un anello: proprio per questo sembrano somigliano al mollusco tagliato e pronto per la cottura. Anche questo formato risulta particolarmente versatile e sta conoscendo un vero e proprio successo su scala nazionale.

Gli Ziti, probabilmente il formato più rappresentativo della Campania: gli Ziti sono i fidanzati e questo era il formato di pasta che celebrava al meglio le nozze per la ricchezza del condimento con cui veniva servito. Tubolari, lisci e dalla lunghezza di circa 25 cm, venivano anche spezzati a mano prima di essere cotti: il condimento per eccellenza è uno dei simboli della tradizione napoletana, il ragù! È una ricetta elaborata perché questo sugo richiede una lunga preparazione, con grande assortimento di carni e ingredienti.



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