Adriatica sulla rotta dei Popoli del Mare: le Pietre dell’Incavallicata
Con l’aiuto di Domenico Canino, architetto-archeologo scopritore dei monoliti, e di alcuni passi tratti dal suo libro “Le Pietre della Incavallicata” (Falco editore, 84 pag.), approfondiamo insieme quello che finora è conosciuto dei monoliti calabresi.
Le “Pietre dell’Incavallicata” nel comune di Campana, sono due sculture che rappresentano un elefante e una figura umana (di cui oggi rimangono solo le gambe), denominata “Il Gigante” o “Il Ciclope” dalla tradizione popolare, realizzate in scala colossale da una civiltà antica che sapeva lavorare la pietra con grande abilità. Sulla collina di fronte al sito dell’Incavallicata, si erge la “Pietra della Balena”, mentre a circa mezzo chilometro di distanza in località Manca di Mattia, è presente una scultura di roccia rappresentante un serpente. È di fondamentale importanza sottolineare che non esiste nessuna scultura litica di tale foggia e grandezza in tutta Europa, ci troviamo, infatti, di fronte a un’opera unica nel suo genere, senza termini di paragone. I megaliti presenti nelle altre regioni europee, dalla Scozia alla Sicilia, sono del tipo Menhir (Pietra a Punta), Dolmen (Pietra Piatta) e Cromlech (Circoli di Pietre). Per trovare statue litiche così grandi e antiche bisogna andare in Egitto o in Asia Minore. L’interrogativo che queste meravigliose opere d’arte (preistorica?) ci pongono, è: quale civiltà le ha scolpite? (…) Apprendiamo sempre dalle riflessioni del dott. Canino che, come altre espressioni della civiltà megalitica, anche il sito calabrese manifesta una stretta relazione tra architettura, scienza e religione: la scelta del luogo è strettamente connessa a valutazioni geologiche (composizione delle rocce, altimetria, visibilità da lontano), ma la disposizione denota un allineamento astronomico che tiene conto della luce solare. Conoscenze certamente stupefacenti per il periodo a cui risale: (…) L’ipotesi che sembra avere maggior fondamento, è che nell’area orientale della Calabria che si affaccia sullo Jonio, esisteva, tra il neolitico e l’età del ferro (3500 – 1100 a.C.), una civiltà di uomini che viveva nelle caverne, definita Chones dalle antiche fonti greche, ovvero “uomini delle caverne” (dal tema greco conos, fenditura, che in latino diventerà cumnus, dando origine a varie parole italiane come cunicolo, cuneo) che aveva la capacità di lavorare e spostare grandi blocchi di pietra. La civiltà megalitica si estrinseca nell’erezione di monumenti di pietra grandiosi e imponenti, situati in posizione strategica e ben visibili da lontano. L’intento è la celebrazione degli antenati defunti, che i megaliti proteggono e evocano. Con il passaggio dal nomadismo alla stanzialità, i siti megalitici diventano luoghi di celebrazione e di culto. Ma vediamo nello specifico il caso dell’Elefante di Campana: L’Elefante è un altorilievo, cioè una scultura lavorata a 360 gradi, a tutto tondo, che ben rappresenta l’animale da tutti i punti di vista, nonostante le erosioni causate dalle intemperie nel corso dei millenni abbiano cancellato alcuni tratti. (…) Mi sono chiesto: “Che ci fa un elefante nel bel mezzo di una radura della Calabria nord-orientale?”. Subito il pensiero è andato a Pirro e ad Annibale, giunti nella penisola italica con un buon numero di elefanti, ma l’analisi dei caratteri delle pietre mi ha spinto a ipotizzare che le rocce dell’Incavallicata siano state scolpite in un periodo antecedente. (…) L’elefante dell’Incavallicata è rappresentato con una zanna dritta rivolta verso il basso perché quella era l’anatomia della specie raffigurata, cioè quella dell’Elephas Antiquus estintosi intorno al 1600 a.C. Non sono da attribuire quindi a qualche passaggio occasionale di esercito straniero… Syusy è ansiosa di recarsi di persona ai piedi di questi misteriosi megaliti, se le parole di Domenico Canino hanno incuriosito anche voi non perdete questa occasione e candidatevi a salire a bordo nella tappa che va dal 26 luglio al 1 agosto!