Fuga a Ponente

Due giorni alla scoperta dei borghi della riviera ligure di ponente, da Noli a Imperia, passando per Alassio, Albenga e Cervo.
Scritto da: alvinktm
fuga a ponente
Partenza il: 12/01/2019
Ritorno il: 13/01/2019
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
Organizziamo il viaggio all’ultimo minuto, sfruttando un fine settimana di sole, per sfuggire al freddo pungente della Valtellina e respirare la tiepida aria marina della Liguria.

Alle undici del mattino siamo già sul lungomare di NOLI, paese dalle origine bizantine e annoverato tra i borghi più belli d’Italia.

Gode di un passato fruttuoso, reso tale dal commercio e dalla posizione geografica, che da comune lo vide trasformarsi in Repubblica marinara. Il confine orientale del centro abitato è delimitato dal monte Ursino, sulla cui sommità spicca il maschio circondato da mura del castello dei marchesi del Carretto. La cinta muraria scende fino ai piedi del poggio dove, verso il mare, si ergono i possenti edifici sfumati di giallo della Chiesa di Nostra Signora delle Grazie e del vicino Palazzo Vescovile, ora ospitante un hotel.

La passeggiata sul lungomare di Noli è bella, rilassante e baciata da un gradevole sole. La breve fuga dall’inverno valtellinese non poteva iniziare in un modo migliore.

Risaliamo in macchina con l’intenzione di percorrere la strada statale 1 (SS1) fino a Imperia, punto più estremo del viaggio a ponente, per godere appieno della vista sul mare.

La nostra fame di panorami mozzafiato viene saziata una manciata di chilometri più avanti dalla meravigliosa Baia dei Saraceni, in località Varigotti, uno dei rari angoli ancora ‘quasi’ selvaggi della Liguria. Qui l’uomo ha avuto l’intelligenza di non deturpare la bellezza di un mare cristallino e il fascino della roccia a picco sull’acqua.

Dopo un alternarsi di paesi e spiagge giungiamo ad ALBENGA, dove il ristorante pizzeria Ricaroka promette di saziare la pancia affamata.

Il locale è piccolo, e per questo conviene prenotare se non si vuole rischiare di rimanere a bocca asciutta, ma nonostante ciò è adattissimo ai bambini. Le tante televisioni sintonizzate su cartoonito e una cassapanca piena zeppa di giocattoli da poter portare al tavolo, regalano un pranzo tranquillo a noi genitori. Il personale è molto gentile e attento, le porzioni sono abbondanti e il rapporto qualità prezzo è ottimo inoltre, mentre si attende di essere serviti, viene offerta una focaccia rotonda che calma un poco il languorino.

I gestori hanno aperto anche un hotel e ad averlo saputo prima avremmo pernottato lì… sarà per la prossima volta.

A due passi dal ristorante sorge il centro storico di Albenga: un gioiello forse poco pubblicizzato e capace di stupire chi lo attraversa.

Non si può infatti rimanere indifferenti davanti alla selva di torri che spuntano qua e là sopra le vecchie abitazioni e le vie lastricate dell’antico cuore medievale. Non a caso Albenga è chiamata ‘la città delle cento torri’, e seppure non siano così tante risaltano e caratterizzano il profilo cittadino. Erette tra il XIII e il XIV secolo accanto ai palazzi più eleganti, simboleggiavano la potenza della famiglie aristocratica che dimorava nell’edificio nobiliare. Nel corso della storia molte sono state mozzate o inglobate nelle abitazioni; le rimanenti si poggiano sopra la robusta base di sassi sagomati, i conci, per elevarsi verso il cielo con i mattoni a vista dal peculiare colore rossastro.

Abbiamo passeggiato all’ombra delle torri, da una piazzetta all’altra, dal palazzo vecchio del comune al Battistero e alla cattedrale di San Michele, entrando in quest’ultimo capolavoro. Le tre navate suddivise da pilastri e archi in pietra custodiscono gli affreschi, l’organo e il decorato altare, catturando l’attenzione dei fedeli e dei semplici visitatori.

Il centro di Albenga ospita pure alcuni musei che non abbiamo visitato per via dell’orario di chiusura. La bella giornata ci spinge a non attenderne l’apertura, il sole e la brezza marina chiamano e noi non vogliamo farli aspettare.

Dimenticavo. Mentre camminavamo ci siamo imbattuti in Romeo, un bel gattone sull’arancione molto socievole e in cerca di coccole che abbiamo soprannominato il Garfield d’Albenga, per via dell’incredibile somiglianza col protagonista dei due film dedicati al simpaticissimo personaggio immaginario creato da Jim Davies nel 1978. Magari lo incontrerete anche voi!

La vicina ALASSIO offre una bella spiaggia dove lasciar scorrazzare nostro figlio di due anni e mezzo, e una lunghissima passeggiata fronte mare che culmina a Capo Santa Croce, in prossimità del porticciolo. Sull’asperità rocciosa sorgono i resti di una chiesetta la cui esistenza è documentata fin dal 1169 come proprietà del monastero benedettino della prospiciente isola di Gallinara. Le aperture ad arco della cappella che ne rimane inquadrano delle indimenticabili vedute verso il mare, il porto e l’ampia baia di Alassio.

Nel tardo pomeriggio e dopo gli ultimi trenta chilometri sulla via Aurelia di questa giornata, IMPERIA si svela pian piano, dall’alto di un promontorio percorso dalla SS1.

Il primo contatto con la cittadina è il Museo dell’Olivo creato dalla Fratelli Carli, la nota azienda italiana specializzata nella produzione dell’olio d’oliva e dei suoi derivati.

Il bel giardino accoglie e affascina i turisti grazie agli alberi di olivo millenari, mentre antichi frantoi anticipano cosa si vedrà durante il percorso espositivo. Accanto a tali reperti è ben visibile, attraverso le grandi vetrate, il moderno frantoio della famiglia Carli che produce l’odierno olio Carli DOP.

Al termine di una rampa di scala si aprono le sale museali, cominciando con la leggenda dell’olivo che racconta sia stato creato dagli Dei greci, in particolare dalla lancia di Atena. Si passa poi alla sua storia vera e propria, con un’attenzione agli attrezzi utilizzati oggi e in passato per curare la pianta e raccogliere le olive. Il viaggio intorno al mondo dell’olio occupa un’ampia sezione e percorre le rotte dal Mediterraneo alla Grecia, dalla Spagna all’Oriente, sottolineando l’importanza della produzione ligure esportata in tutto il mondo.

La storia dell’olio usato per la cura della bellezza e i profumi mi ha davvero appassionato, consentendomi di scoprire quanto rilievo dessero gli egizi, i greci e i romani alla pulizia del corpo. Probabilmente erano più puliti di noi!

Una curiosa esposizione di lattine sottolinea le proprietà dell’olio d’oliva capace di abbassare il livello di colesterolo cattivo e i benefici della dieta mediterranea ricca di questo prodotto nostrano.

Tra la ricostruzione di frantoi e lo scafo di una piccola nave che mostra lo stoccaggio delle anfore durante i primi secoli dell’Impero Romano, capiamo quanti doni ci offre l’olivo: dal settore cosmetico a quello dei medicamenti, da fonte d’illuminazione a quella di calore, da condimento a lubrificante a legna da ardere. Sono davvero moltissime!

Il museo inoltre custodisce diversi reperti storici di pregio fra cui un vaso di terracotta di grandi dimensioni per contenere olio profumato databile al 500 a.C., un piccolo vaso prodotto nella città di Corinto nella seconda metà del VI secolo a.C., e un’esotica ampolla per unguenti di 2500 anni fa prodotta nella città etrusca di Cerveteri.

Per finire, la collezione privata della famiglia Carli di lumi e oliere del mondo antico, d’oriente ed europei dal XVII al XX secolo, chiude in modo piacevole un percorso espositivo che ci ha colpito in positivo e dal quale usciamo più istruiti e consapevoli.

Dopo la scorpacciata di cultura è d’obbligo fermarsi al vicino Emporio dov’è possibile effettuare degustazioni e acquistare un’infinità di prodotti di qualità, culinari e di bellezza, firmati Fratelli Carli e non solo.

Scegliamo di cenare poco distante dal Museo, al ristorante pizzeria Acqua e Farina, non tanto per la discreta qualità del cibo ma per via della grande area giochi interna dotata di saltarelli, scivoli, casetta, calcetto e altri passatempi. Chi come noi ha bambini piccoli particolarmente attivi, comprende l’importanza di mangiare anche solo un panino però in completa tranquillità, mentre i figli si scatenano senza pericoli.

Sempre a due passi è locato l’hotel Rossini al Teatro, a ridosso del centro storico, dove abbiamo riservato una camera per la notte. Prenotando all’ultimo momento sul sito dell’albergo è possibile usufruire delle tariffe last minute, comprendenti una ricca colazione a buffet e il posto auto coperto.

Prima di coricarci è d’obbligo una breve passeggiata sino a Porto Oneglia per ammirare gli yacht super lussuosi ormeggiati l’uno di fianco all’altro, e volare con la fantasia sognando chi e quali lussi nascondono al proprio interno.

La seconda giornata della nostra fuga a Ponente è dedicata in parte alla scoperta d’Imperia, e in particolare della zona di Porto Maurizio.

Se non vi spaventa camminare, allora vi suggerisco di lasciare la macchina nei parcheggi gratuiti del Palazzetto dello Sport e di partire a piedi, e senza fretta, per scoprire la parte più bella della cittadina. Alle banchine del porto sono ancorati pure qui yacht non proprio economici, ma anche tante altre barche di ogni genere e dimensione. Il piccolo luna park attira bambini e ragazzi regalando un po’ di vivacità fuori stagione e il lungo e stretto molo, detto Moletto, divide l’area portuale dalla bella spiaggia.

Merita girare attorno alla collina di Parasio sopra cui si addossano gli antichi edifici del centro storico per poi superare la scalinata che conduce al Monastero di Santa Chiara. Da qui iniziano le famose Logge ideate nel 1712 da Gregorio de Ferrari, una sorta di corridoio in pendenza chiuso da un lato dalle mura del convento e dall’altro aperto verso il mare grazie alle arcate sorrette da robuste colonne a base quadrata. La vista è magnifica e si è investiti in pieno dalla brezza marina. Inspiriamo profondamente per riempirci i polmoni prima di bighellonare tra i carrugi, ovvero gli stretti vicoli, di Parasio che ci riportano al punto di partenza compiendo un altro piacevole itinerario, rendendoci soddisfatti della breve permanenza a Imperia.

Nemmeno dieci chilometri in direzione di Genova e veniamo catapultati in un altro meraviglioso borgo, tra i più belli d’Italia, sto parlando di CERVO.

Si tratta di un paese abbarbicato su un promontorio conico a picco sul mare e sulla cima del quale si nasconde il castello di Clavesana, ora sede museale, letteralmente sommerso dalle casupole antiche appiccicate le une alle altre. Bisogna abbandonare l’auto in riva al mare e pian piano arrampicarsi sulle sue scalinate e l’infinito dedalo di viottoli per scoprirne l’anima medievale. Poi di colpo si sbuca nella piazzetta dove troneggia la slanciata sagoma della Chiesa di San Giovanni Battista e il panorama si schiude generoso sulla costa selvaggia, scandita da spiaggette e ammassi di pietre piatte levigate dalle onde. Ora gli abitanti vivono perlopiù di turismo: bar, ristoranti, hotel, negozietti di artigianato e aziende agricole, che si integrano bene nel contesto urbano. La loro presenza è discreta e valorizzano il borgo. Un tempo invece la principale occupazione lavorativa della popolazione era la pesca del corallo. Non a caso la chiesa dall’alto campanile e la facciata barocca viene anche chiamata dei Corallini, in quanto è stata edificata anche grazie ai guadagni derivati da questa fiorente attività.

La visita di Cervo ci ha entusiasmati ed è con quest’ultimo scorcio che salutiamo il tiepido sole invernale della Liguria per rientrare in Valtellina, concludendo così la nostra breve ma intensa ‘fuga a ponente’.



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