West USA 2008 – le città e i grandi parchi

WEST USA Diario di viaggio Agosto 2008 Partecipanti al viaggio: Massimiliano Barbazza Eleonora Marlina Sabrina Casarin Redatto e scritto da: Massimiliano BarbazzaPartenza 10/08/2008, ritorno 25/08/2008PREMESSA In questo viaggio abbiamo visitato la zona ovest degli Stati Uniti d’America inserendo nel nostro viaggio alcune grandi...
Scritto da: Guzzista
west usa 2008 - le città e i grandi parchi
Partenza il: 10/08/2008
Ritorno il: 25/08/2008
Viaggiatori: fino a 6
WEST USA Diario di viaggio Agosto 2008 Partecipanti al viaggio: Massimiliano Barbazza Eleonora Marlina Sabrina Casarin Redatto e scritto da: Massimiliano Barbazza

Partenza 10/08/2008, ritorno 25/08/2008

PREMESSA In questo viaggio abbiamo visitato la zona ovest degli Stati Uniti d’America inserendo nel nostro viaggio alcune grandi città e soprattutto i grandi parchi naturali, famosi in tutto il mondo per la loro straordinaria grandezza e unicità.

Per organizzare il viaggio ci siamo avvalsi della competenza della locale agenzia Kiari Viaggi di Scorzè (Ve) che ha soddisfatto i nostri desideri relativamente al percorso e ai luoghi da visitare.

Al viaggio abbiamo preso parte in tre: io, Massimiliano, mia moglie Eleonora e la nostra cara amica Sabrina, la nostra compagna e interprete.

Siamo partiti con tutti gli alberghi prenotati e pagati tramite l’agenzia, nonché i biglietti dell’aereo di andata e ritorno e il noleggio dell’auto, indispensabile per gli spostamenti. Per il resto ci siamo arrangiati di giorno in giorno.

Le tappe del viaggio sono state in ordine cronologico: San Francisco, Yosemite National Park, Kings Canyon & Sequoia National Park, Death Valley, Las Vegas, Zion National Park, Bryce Canyon, Monument Valley, Grand Canyon, Route 66, Los Angeles.

Gli alberghi si sono sempre trovati in posizione ottimale e di buona qualità.

Noi abbiamo prenotato una tripla ma ovunque ci hanno dato una camera con due letti matrimoniali e asciugamani per tre persone.

L’unico neo del viaggio la cucina, ma si sa gli americani non sono famosi per la loro arte culinaria! Per la strada ci siamo avvalsi di un ottimo atlante stradale e del navigatore per la ricerca degli alberghi, soprattutto nelle città, dove ovviamente senza questo strumento, sarebbe stata dura.

P.S.: i prezzi indicati sono in dollari ($) tranne quelli espressamente dichiarati in euro.

Ora basta chiacchiere e vai con il diario…

DIARIO DI VIAGGIO

10/08/08 (Domenica) Partenza in orario da Venezia ore 11:30 con volo della compagnia US Airlines e arrivo al primo scalo a Philadelphia alle 16, ora locale, dopo 10 ore e mezza di viaggio (a Philadelphia ci sono – 6 ore di fuso rispetto all’Italia).

Il successivo aereo per San Francisco era programmato per le ore 17:55.

Dopo i vari controlli tra cui il metal detector in cui si deve transitare scalzi, i soliti raggi X del bagaglio a mano (mi raccomando niente liquidi!!) e il timbro sul passaporto, arriviamo all’imbarco per il volo successivo ma scopriamo che per mal tempo (dove??) tutti i voli sono in ritardo (solo quelli della nostra compagnia!!). Nel tabellone degli orari vediamo shiftare il nostro volo di ora in ora, con l’angoscia di partire addirittura martedì, visto che ai passeggeri del volo precedente viene comunicata questa bella notizia. Per fortuna a noi va meglio e alle 22 riusciamo a decollare. Arriveremo all’1:30 (qui ci sono – 9 ore di fuso rispetto all’Italia). Abbiamo perso solo mezza giornata e il per il giorno seguente saremo più stanchi del previsto ma poteva andare peggio.

Dopo aver ritirato i bagagli, che per fortuna arrivano senza intoppi, ci rechiamo al noleggio delle auto utilizzando un trenino avveniristico su monorotaia che viaggia senza conduttore.

La compagnia d’autonoleggio è la Alamo che era la più economica disponibile all’agenzia viaggi. Avevamo noleggiato un’auto di medie dimensioni (che per noi italiani è enorme!) con aria condizionata e radio. Qui viene definita “Full size”. La macchina che ci viene consegnata è una Chevrolet Malibù 3500 di cilindrata, bianca con ovviamente il cambio automatico. La sorpresa al ritiro dell’auto è che dobbiamo pagare il pieno di benzina (77 $), che l’agenzia ci aveva dichiarato come compreso nel prezzo di noleggio.

Partiamo per l’albergo in centro a San Francisco, l’Hotel Handlery, cercando di capire come guidare quest’auto con cambio automatico, che per noi è una novità.

Ovviamente a quest’ora è tutto più semplice visto che non c’è quasi nessuno per strada. Dopo aver impostato l’indirizzo sul navigatore, saliamo in autostrada e arriviamo alle ore 3. I parcheggi in città sono scarsi e molto cari quindi decidiamo di lasciare la macchina nel garage del Hotel (38 $ + tasse al giorno). Ore 4 finalmente posiamo la testa sul cuscino (in Italia sono le 13 quindi è un giorno e mezzo che non dormiamo).

La camera è confortevole ma i letti sono strettini in due, mentre per una persona sono anche troppo comodi. Vista la stanchezza e l’approccio difficile con il letto non riusciamo a riposare molto.

11/08/08 (Lunedì) – San Francisco La sveglia, nonostante l’orario di coricamento sia stato molto recente, è fissata per le 7.

Alle 8 siamo già in strada per la colazione e per iniziare la visita della città.

Ci ambientiamo un poco nei dintorni del hotel e decidiamo di fare colazione nel vicino Star Bucks, una bar della famosa catena americana molto diffusa. La qualità dei dolci è discreta come pure il cappuccino, scarsissimo invece il caffè (molto annacquato), ma si poteva immaginare vista la fama del caffè americano.

Decidiamo di iniziare la nostra visita prendendo l’autobus n° 38 per il Golden Gate Park (i biglietti si fanno direttamente dall’autista e valgono l’intera giornata – 1,25 $ a persona).

In questo enorme parco – giardino botanico gli abitanti San Francisco si recano per svolgere attività fisica all’aria aperta. Ci sono molti tipi di piante che per noi sono sconosciute. Nel parco abitano anche molti animali, scoiattoli e uccelli di varie specie. Finita la passeggiata nel parco saliamo nuovamente sull’autobus, il n° 28, questa volta per il Golden Gate, il famoso ponte simbolo della città. Collega la stessa alla costa settentrionale della baia. Fu costruito tra il 1933 e il 1937, lungo 2700 metri e largo 27,5 metri, passa a 67 m sopra il livello dell’acqua. Il ponte è di colore arancione per il minio utilizzato come vernice per proteggerlo dalla salsedine del mare. Una squadra di 25 operai, ogni settimana lo controlla e lo ridipinge per mantenerlo sempre inalterato alle intemperie. Attraversiamo la baia sul ponte che ai lati è munito di pista ciclabile – pedonale. Peccato che sia una pessima giornata con una fastidiosissima nebbia e un forte vento (condizioni molto frequenti qui a San Francisco vista la presenza della baia). Riusciamo a vedere a tratti gli enormi pilastri che reggono i tiranti del ponte. Una volta raggiunta l’altra costa ritorniamo alla precedente per risalire nuovamente in autobus (il n° 28 e successivamente il n° 30) per il Fishermans Wharf, caratteristico porticciolo di pescatori che ora ha perso un po’ il fascino di un tempo per la miriade di bazar di souvenir (alcuni anche particolari e convenienti) dove iniziamo ad acquistare alcune magliette e oggettistica ricordo.

La cosa più simpatica da vedere è la colonia di leoni marini che si stendono al sole sulle chiatte galleggianti e sulla banchina del porticciolo.

Suggestiva anche la vista sull’isola di Alcatraz ex carcere di massima sicurezza degli anni 60 ora visitabile con gite organizzate in barca (prenotate con molto anticipo!). Impressionanti le navi che circolano nella baia e che passando affianco all’isola di Alcatraz, la fanno sembrare minuscola.

Dal porticciolo proseguiamo a piedi fino al North Beach, attraversiamo il quartiere italiano con i sui ristoranti italo/cinesi e Chinatown, una micro Cina negli USA. Qui ci sono negozi, ristoranti, bazar tutto in stile Cina e sembra di essere in un’altra città.

Scendendo per Grand Ave arriviamo alla Geary Street e all’albergo alle 19.

I prezzi esposti dei ristoranti non sono molto convenienti e i menù lasciano molto a desiderare in fatto di qualità. Qui si mangia molto condito, salsine di dubbia genuinità ma dal sicuro elevato valore calorico. E gli odori che escono dai ristoranti sono alquanto sgradevoli. Per fortuna troviamo nelle vicinanze del hotel, un self service dove riusciamo a sfamarci con piatti abbastanza sobri (oggi roast beef, patate lesse e insalata). Da evitare i condimenti americani per l’insalata!! 12/08/08 (Martedì) – Highway 1 e Santa Cruz La sveglia suona alle 7. La temperatura oscillerà questa mattina tra i 59°F ai 67°F.

Da oggi il nostro viaggio sarà accompagnato dalla nostra affidabile compagna di viaggio: la Malibù.

Dopo la colazione al solito Star Bucks, partiamo verso le 9 direzione Santa Cruz percorrendo la Highway 1. Questa strada è molto panoramica e costeggia l’oceano Pacifico verso sud fino a Monterey. I paesi oltrepassati durante il percorso sono: Pacifica, Half Moon Bay, Pescadero State Beach.

I paesaggi che ammiriamo lungo il percorso sono tipicamente marini caratterizzati dalle scogliere a picco sull’oceano. Il forte vento favorisce i surfisti nelle loro esibizioni anche se il tempo di questa mattina ne scoraggia l’attività. La bassa temperatura dell’acqua e dell’aria sfavorisce sicuramente anche i possibili bagnati. La forza dell’acqua e del vento ha eroso nei milioni di anni le rocce delle scogliere creando una sabbia grossolana di colore marrone chiaro simile a quella del nostro Adriatico ma meno appiccicosa. Ci sono molti gabbiani, pochi detriti e nessuna conchiglia.

Il traffico è scorrevole anche se molto lento per i limiti di velocità molto bassi (dai 35 ai 55 mph – dai 56 agli 88 km/h). Solo in autostrada si può salire fino a 65-70 mph (104-120 km/h).

Per strada troviamo il primo supermercato del nostro soggiorno negli States, dove ci riforniamo di viveri e acqua. I prezzi di frutta e verdura sono cari come pure olio, vino e birra (olio 8-9$ al litro, vino ½ litro 7-10$, birra 33cl 2$). Notiamo inoltre che non ci sono articoli come cracker o biscotti secchi ma c’è molta scelta di salatini, patatine e biscotti farciti. Poco scatolame ma molti surgelati.

Santa Cruz è un grazioso centro moderno con bei negozi molto particolari.

I più belli sono quelli di chitarre e di dischi ma soprattutto il famoso concessionario – museo dell’Harley Davidson, dove belle moto, alcune in anteprima 2009, sono affiancate a poster e illustrazioni d’epoca raffiguranti moto, trofei e relativi piloti. Il concessionario riserva anche un ampio spazio per l’abbigliamento della casa.

Lasciamo Santa Cruz alle 16 e rientriamo in Hotel a San Francisco alle 18:30 incontrando molto traffico nei pressi della città, visto l’orario di conclusione della giornata lavorativa.

Oggi abbiamo percorso 154 miglia (248 km).

13/08/08 (Mercoledì) – Yosemite National Park Oggi si lascia San Francisco per il primo dei grandi parchi nazionali in programma nel nostro viaggio: Yosemite National Park.

Partiamo alle 7:15 dopo aver saldato il conto del parcheggio e aver fatto colazione. La prima parte del viaggio è in autostrada e successivamente in strade normali. Percorriamo la 880, 580, 205, 120 fino allo Yosemite village. Per strada c’è la prima sosta dal benzinaio: è un’impresa.

Prima cosa: non sapevamo se la macchina fosse diesel o benzina. Seconda cosa: la pompa del gasolio (diesel) qui è verde (in Italia è nera) mentre quella della benzina è nera (mentre in Italia è verde) e si chiama Gasoline! Sembra che lo facciano a posta per fare casino! Guardiamo se ci sono delle indicazioni sulla macchina ma non c’è ne il libretto di circolazione ne quello di istruzioni, quindi chiediamo consiglio a un personaggio che sta facendo benzina anche lui al suo pick-up. Apriamo il cofano motore e dopo un’analisi con questo tizio concludiamo che la macchina va a benzina e quindi vai con il gasoline! Qui in America la benzina si fa solo con carta di credito o, se c’è il benzinaio, con i contanti (cash) ma prima la devi pagare e poi ti viene abilitata la pompa dell’importo pagato. Se non ci dovesse stare nel serbatoio tutta la benzina già pagata, devi tornare nell’ufficio del benzinaio per farti dare il resto. Insomma è una bella trafila fare benzina da queste parti. Un’ultima cosa: anche la pistola della pompa è diversa dalle nostre italiane. Si deve infilare nel buco del serbatoio e premerla fino a comprimere un meccanismo che ha una molla durissima, altrimenti la benzina non esce. In alcuni distributori c’è anche una leva da tirare verso l’alto posta nella sede della pistola, sulla pompa. Ci vuole un po’ di pratica ma si impara (dopo 3 o 4 volte…).

Ma mano che ci avviciniamo al parco la temperatura sale (ore 11, 94°F) anche se stiamo andando in montagna (altezza di circa 900-1000 metri). Più nell’entroterra si va, più caldo fa, questa è una costante qui in California. La strada nei pressi del parco è tipicamente montuosa, il paesaggio è ricco di vegetazione ma nessuna abitazione.

Arrivati all’ingresso del parco ci facciamo il pass per tutti i parchi nazionali, che vale un anno e costa 80$ (il costo del solo Yosemite costa 20$ e vale 7 giorni), conveniente se si vogliono visitare più parchi come noi. All’ingresso ci sono dei rangers che ricevono i pedaggi e forniscono cartine e materiale informativo, con molta cortesia. Il parco è enorme (più di 3100 km2), è il più amato d’America e molto frequentato soprattutto in estate.

D’inverno è molto ricco d’acqua, con cascate che precipitano per più di 700 metri ma purtroppo d’estate acqua non ce ne molta. Le cascate (Yosemite Lower Falls) sono secche e il Mirror Lake è poco più che una pozza d’acqua. Ma non mancano gli animali e la vegetazione. Gli scoiattoli non si contano, corrono dappertutto e non si intimoriscono della presenza dell’uomo, Molti sono uccelli tra cui corvi, aquile, falchi. Ci sono anche cervi ma soprattutto gli orsi dei quali bisogna stare molto attenti soprattutto a non lasciare in vista viveri, anche se dentro la macchina, perché sono abilissimi a aprire i finestrini per intrufolarcisi dentro e fare razzia di tutto quello che riescono a ingoiare.

Per girare lo Yosemite lasciamo la macchina in uno dei parcheggi e saliamo nel bus navetta che fa il giro della parte più centrale parco e con varie soste e relative passeggiate giriamo i punti più caratteristici segnalati dalla cartina. Verso sera ritorniamo alla macchina e alle 18 arriviamo all’albergo: il Lodge. Si trova all’interno del parco ed è costituito da una serie di casette in legno, una hall, e una sala ristorante. L’accoglienza è molto cordiale con ragazze sorridenti vestite da rangers. Qui la colazione è compresa nel prezzo del pernotto. Per cena ci prendiamo una bella pizza che non è neanche tanto male anche se un po’ piccolina! Il ristorante dell’albergo è un self service, e i prezzi sono economici. Dopo cena, rientrando in camera, alziamo la testa al cielo: è impressionante quante stelle si riescono a vedere in questo luogo immerso nella natura!.

Oggi abbiamo percorso 195 miglia (314 km).

14/08/08 (Giovedì) – Kings Canyon e Sequoia National Park Dopo la colazione a base del famoso Pancake americano, che ci delude moltissimo, partiamo per il Kings Canyon e Sequoia National Park. Percorriamo la strada 41 fino a Fresno e successivamente la 180, entrando nel parco alle 11:45. Siamo in montagna ma la temperatura è elevata (101 °F – 38,5 °C). Al bivio che troviamo all’ingresso, seguiamo le indicazione per il Kings Canyon.

Il percorso tortuoso prima sale e successivamente scende nel canyon, affiancando un maestoso torrente.

La fitta vegetazione, il torrente e le rocce delle montagne, rendono il paesaggio bellissimo, simile ai nostri monti ma in scala 2:1, tutto amplificato. Non c’è traccia di vita umana, nessuna casa ne un palo della luce, solo natura. L’unica cosa estranea è la strada e le rare macchine che la percorrono.

La gola del canyon è lunga circa una trentina di miglia e dato che siamo a corto di benzina ci riforniamo nell’unica pompa di benzina del parco, al Kings Canyon Lodge. Il distributore è molto vecchio (1928) dove la benzina scende per caduta da un contenitore graduato di vetro. Il prezzo ovviamente non è paragonabile a quelli di mercato ma quando si è a secco e non c’è altro… Ritorniamo al bivio di partenza e giriamo per il Sequoia arrivando fino al parcheggio Sherman Tree Trail, dove lasciamo la macchina e cominciamo il giro a bordo del bus navetta fino al Giant Forrest. Una passeggiata ci consente di ammirare gli alberi più antichi e longevi del mondo. Il General Sherman Tree è vecchio più di 2200 anni, alto 83 metri, la circonferenza di 31 metri e il diametro pari a 11 metri. Anche gli altri alberi non sono da sottovalutare: altissimi (circa 100 metri) e larghissimi (3-4 metri di diametro). La sequoia ha una particolarità che ne aiuta la longevità: la corteccia è di materiale spugnoso e ignifugo e quindi resistente agli incendi.

Un’altra particolarità è che quest’albero ha radici poco profonde (2-3 metri) ma estese in superficie. La scarsità di profondità le rende vulnerabili ai venti fortissimi e ai fulmini.

A completamento della meravigliosa visita c’è l’avvistamento di un bel orso a una distanza di 15 metri e successivamente, dal bus navetta, di altri due cuccioli molto piccoli.

Alle 18:30 lasciamo il parco per l’albergo, dove arriviamo alle 20.

Per strada incontriamo due caprioli sul ciglio della strada, molto indifferenti della nostra presenza.

L’albergo, il Comfort Inn a Three Rivers, è grazioso, in perfetto stile motel americano, confortevole con colazione inclusa nel prezzo e internet WI-FI libero.

Per la cena ci rechiamo alla pizzeria adiacente al hotel. L’ambiente è tipico USA: cartelli raffiguranti moto Harley Davidson, targhe della Route 66, televisione con partita di football americano. La pizza è abbondante, molto spessa, ricca di ingredienti e non è male! Oggi abbiamo percorso 266 miglia (428 km).

15/08/08 (Venerdì) – Death Valley Ore 8 partiamo per la Death Valley. Percorriamo le strade 198, 65, 155, 178, e 190 per arrivare a Stovepipe Wells (dove abbiamo prenotato l’albergo).

La prima parte del tragitto è immersa nei monti, entrando marginalmente nel Sequoia N.P. Successivamente attraversiamo le tipiche campagne californiane con coltivazioni di alberi da frutto, allevamenti di bovini e molti cavalli.

Per strada vediamo anche un bel daino che non sembra molto intimorito della nostra presenza. I paesi che attraversiamo e che sono indicati nella cartina stradale, sono gruppi di 4-5 case, qualche volta c’è un Market e la pompa di benzina. Ogni 50 miglia si incontra un centro un po’ più grosso con un supermercato e qualche negozio, lungo la strada principale. Avvicinandoci alla Death Valley ci riforniamo nuovamente di acqua e ghiaccio per il nostro frighetto usa e getta in polistirolo. La temperatura sale, come la prima parte della strada che però poi scende, scende sempre più in basso e sembra di non arrivare mai in fondo. Stiamo andando nel posto più basso del mondo (86 metri sotto il livello del mare). La temperatura all’inizio è sopportabile poi e davvero rovente. Dall’alto, prima della discesa infinita, la vista è eccezionale: vi vede una distesa infinita di … niente. Si va dalle dune di sabbia, alla distesa compatta di terra battuta e sale, alcuni arbusti che seccandosi rotolano per il deserto spinti dal vento.

La prima parte della discesa è tortuosa poi si trasforma in un rettilineo fino al primo deserto: il deserto salato, il cui fondo è compatto e ricco di crepe e sale.

Da qui si prosegue risalendo un monte per poi ridiscendere fino alla seconda vallata, questa volta sabbiosa, giungendo al Stovepipe Wells il punto più caldo (ore 17, 123 °F – 50°C) dove c’è il nostro albergo, il ristorante, il saloon, il market e la pompa della benzina. Ci sarebbe anche la piscina ma la stanno riempiendo con due mini canne di gomma e penso che impiegheranno più di due giorni per raggiungerne l’orlo! Continuiamo la nostra gita fino alle dune di sabbia: sembra il deserto del Sahara. Con molta fatica riusciamo a percorrere a piedi i 200 metri che separano questo angolo di finta Africa dalla strada. La temperatura è insopportabile ma per fortuna il caldo è secco. La sensazione che da il paesaggio unito alla temperatura è indescrivibile. Risaliamo in macchina (che per fortuna è climatizzata) e torniamo in albergo per un po’ di fresco riposo. La struttura è stile motel, composta da vari caseggiati in legno. La colazione non è compresa nel prezzo della camera e l’internet è libero ma si può usufruire di rete WI-FI solo all’interno di una sala ricreativa ma non in camera. Inoltre i prezzi del ristorante sono molto elevati.

Oggi abbiamo percorso 287 miglia (462 km) 16/08/08 (Sabato) – Death Valley e Las Vegas Oggi ci alziamo prestissimo per recarci al Zabrisky Point, qui nella Death Valley, che all’alba assume delle colorazioni suggestive. Partiamo alle 6 (95°F – 35°C) e per strada ci fermiamo di fronte al Furnace Creek Ranch dove è posizionata una bella locomotiva a vapore del 1894 che serviva ai tempi dei minatori per trasportare il minerale borace estratto dalla miniera. Proprio nelle vicinanze della locomotiva avvistiamo un piccolo coyote che, impaurito della nostra presenza, se ne scappa via senza darci il tempo di immortalarlo con una foto.

Ripartiamo per Zabrisky Point e dopo alcuni minuti arriviamo nel punto più suggestivo della valle per i colori delle sue rocce.

E’ una metamorfosi: le rocce si colorano prima di beige, poi di marrone cambiando in pochi minuti diverse tonalità. Come noi molti altri turisti sono giunti qui per vedere questo particolare fenomeno naturale.

Lasciamo la Death Valley per Las Vegas, la California per il Nevada. Percorrendo le strade 190 e successivamente 160, arriviamo alle 11:45 mentre la temperatura è salita a 102°F. Per prima cosa decidiamo di andare in uno dei famosissimi outlet americani dove soprattutto i turisti italiani, affamati di capi firmati, si recano a caccia di affari quando vengono qui negli States, grazie anche al cambio favorevole euro-dollaro. Il Chelsea Premium Outlet Shopping è composto da 120 negozi grandi firme, alcune italiane: Nike, Adidas, Reebok, Dolce e Gabbana, Lacoste, ecc… I prezzi sono effettivamente convenienti rispetto a quelli che ci sono da noi. Si trovano anche delle belle occasioni su fine serie e capi delle collezioni precedenti. Ne approfittiamo anche noi per qualche acquisto conveniente. L’unico neo di questo outlet è che i negozi non sono collegati tra di loro ma bisogna entrare e uscire percorrendo un vialetto esterno, problema secondario se non fosse per l’enorme sbalzo di temperatura tra l’interno e l’esterno. In tutti gli Stati Uniti l’aria condizionata è regolata a temperature polari (circa 20°C) e quando fuori la temperatura è di 40°C, lo sbalzo termico è talmente brusco che toglie le forze.

Riprendiamo la macchina lasciata nel parcheggio multipiano dell’outlet alle 16, per entrare in città alla ricerca del hotel Planet Hollywood. Lo troviamo facilmente dopo l’uscita South Boulevard ma il problema e capire come entrarci. L’indirizzo ci conduce dal lato del Casinò. Qui tutti gli hotel hanno un casinò al piano terreno mentre ai piani superiori ci sono le camere. Io rimango in macchina parcheggiato sopra il marciapiedi frontestante con le quattro frecce accese mentre Sabrina e Eleonora entrano dal casinò cercando la reception del hotel. Dopo mezz’ora tornano alla macchina e mi spiegano che l’entrata per le automobili è nel lato posteriore, dall’interno del parcheggio multipiano del casinò (parcheggio libero). Quindi facciamo il giro dell’isolato, entriamo nel parcheggio e cerchiamo un posto. Tentando di entrare nel nostro hotel, sbagliamo ascensore e entriamo in quello adiacente. Camminiamo per corridoi con la volta celeste simile al cielo che si colora e si illumina in base all’ora del giorno, simulando il trascorrere delle ore. Attorno negozi, locali, massaggiatori, fontane, piscine. Tutto molto spettacolare. Questa è Las Vegas. Finalmente riusciamo ad arrivare alla reception del nostro hotel e facciamo il check-in (la registrazione detta all’americana!). Dopo vari viaggi, non molto piacevoli, con i bagagli da portare in camera si conclude l’odissea dell’approdo alla camera del hotel. Sono le 19. La camera è molto vasta, il bagno è spettacolare con vasca e doccia separati. Abbiamo anche un cimelio cinematografico: protetta da una bacheca trasparente c’è la camicia indossata da Sylvester Stallone nel film Daylight. L’hotel è sontuoso, curatissimo, appariscente, lussuoso come tutto qui a Las Vegas. Bella gente, vestita da sera, circola per i corridoi del hotel e per il casinò. La vita mondana comincia adesso e dura tutta la notte. Sulle 20:30 scendiamo per la cena che consumiamo allo Spice Market Buffet, un self service inserito nella struttura del hotel, usufruendo di tre buoni sconto da 5$ fornitici alla reception con il check-in. Il self service è spettacolare: ci sono vari tipi di cucina tra cui l’italiana, la cinese, l’americana, la messicana e ci si può servire a volontà visto che si paga a forfet. Il prezzo, con il buono sconto è conveniente, visto la qualità e la quantità del cibo. Mangiamo pesce a volontà e finalmente bene. Finita la cena usciamo, dopo un giretto per il casinò, passeggiando lungo lo “Strip” il viale dove sono edificati i maggiori hotel di Las Vegas e lungo il quale si trova anche il nostro.

Di fronte a noi il Bellagio con i suoi spettacoli creati con le fontane che spruzzano a ritmo di musica. A fianco il Paris, con la sua torre Eifel e l’arco di trionfo. Più avanti il New York e la sua statua della libertà. E poi il Cesar e tanti altri… Ci sono moltissimi locali ma quello che mi è piaciuto maggiormente è l’Harley Davidson Caffè, la sua insegna esterna con una mezza moto enorme che sembra uscire dalla parete, all’interno moto recenti e storiche appese a dei carrelli sospesi al soffitto che girano in tondo per il locale. Fuori le lucidissime moto dei clienti, personalizzate e particolarissime.

Per strada c’è un casino bestiale, traffico di limousine, ma anche macchine normali, gente a piedi tiratissima in abito da sera. Ci sono moltissimi promoters di locali che distribuiscono volantini di locali dove vengono eseguiti strip-tease. Entriamo anche nel piano terreno del hotel New York e ci imbattiamo nella serata delle Coyote Ugly, un gruppo di bariste scollatissime che ballano sul bancone del locale e che hanno creato un fenomeno da queste parti, da cui è nato anche un film che ha avuto successo anche in Italia. Verso mezzanotte ritorniamo in camera. Per oggi ne abbiamo visto già troppo di casino! Oggi abbiamo percorso 157 miglia (253 km).

17/08/08 (Domenica) – Zion National Park e Bryce Canyon Oggi sveglia presto e partenza alle 7:15 per i due parchi in programma: Zion National Park e Bryce Canyon. Lasciamo il Nevada per lo Utah. Sarà una giornata molto intensa, la più intensa della vacanza. L’ambizione di visitare due parchi al giorno è un’utopia sconveniente ma quando c’è poco tempo si tenta l’impossibile! Usciti dal centro di Las Vegas viaggiamo sul highway n° 15, direzione nord. All’uscita N° 27 percorriamo le strade 17 e 9 arrivando allo Zion N.P. Alle 11:45 (temperatura 90 °F). Lo Zion è un canyon non molto grande ma suggestivo, perché da alcuni punti panoramici si riesce a vedere per intero con un solo sguardo.

Lasciamo la macchina all’ingresso del parco e saliamo sul bus navetta gratuito per la visita del parco. Non ci sono altri modi per visitalo, essendo vietato il transito alle automobili per limitare l’inquinamento che in questi ultimi anni cominciava e deteriorare l’equilibrio naturale del parco.

Scendiamo al Weeping Rock e percorrendo il sentiero che porta al monte adiacente al canyon, godiamo della bellissima vista sulla vallata del canyon. Ritorniamo allo Shuttel (così viene chiamato il bus navetta) e ultimiamo la visita del parco proseguendo lungo la strada che attraversa il canyon e ritorniamo alla macchina. Percorrendo la strada numero 9, attraversando uno strettissimo tunnel nel pressi dell’uscita dello Zion e dopo altri 110km arriviamo al Bryce Canyon.

Lungo la strada troviamo anche il Red Canyon, che è molto piccolo ma dal colore intensissimo, con delle rocce dalle forme stranissime, frutto dell’erosione dell’acqua e del vento nell’arco di milioni di anni.

Al Bryce arriviamo alle 18:45 (qui siamo nello Utah e c’è un’ora di fuso orario rispetto alla California, quindi sono – 8 ore rispetto all’Italia) e ci fiondiamo al Sunset Point che vista l’ora è sicuramente il posto più giusto per vedere questa meraviglia della natura.

Il Canyon è particolarissimo: sembra che una mezza montagna sia stata scavata dall’acqua, di cui non si vede traccia, ma siano rimasti dei pezzi, delle punte dall’equilibrio precario che svettano in alto frastagliate, dalle forme più strane. Il bello di questo fenomeno è che dall’altra parte della montagna l’aspetto è consueto: vegetazione, erba, terra, tutto come un monte tradizionale con una fauna ricca, composta dai soliti scoiattoli, daini e caprioli che avvistiamo con frequenza. I colori delle rocce del canyon vanno dal rosso al marrone e a quest’ora cambiano di tonalità in continuazione.

Passeggiando arriviamo all’Inspiration Point, punto dal quale si gode della vista più bella e completa sulla vallata. Successivamente percorriamo la strada in macchina, imboccando la strada 63 e arriviamo fino al Natural Bridge, un arco naturale di pietra dalla forma perfettamente circolare. Proseguiamo fino all’Agua Canyon, un altro crepaccio con rocce simili al Bryce. A fine visita risaliamo la strada 63 fino all’intersezione con la 12 dove si trova il Best Western Ruby’s Inn, una bella struttura con le camere su casette a schiera, piscina, bar, ristorante, distributore di benzina e market. In camera internet WI-FI libero ma la colazione non è compresa nel prezzo della camera. Purtroppo è troppo tardi (qui i ristoranti e i locali chiudono alle 22) e siamo troppo stanchi per una passeggiata, quindi decidiamo di mangiare un chicken burger al bar e di fiondarci a letto per riposare.

La cosa strana è che ieri sera si schiattava dal caldo mentre questa sera fa decisamente freddo! Oggi abbiamo percorso 397 miglia (640 km).

18/08/08 (Lunedì) – Monument Valley Partiamo alle ore 7 (temperatura 46°F) per la Monument Valley (Utah e Arizona). Percorriamo la strada 89 direzione sud fino a Page, successivamente la 98 per Kayenta e la 163 per la M.V. Lungo la strada per la nostra destinazione, troviamo un ipermercato della più famosa catena statunitense: la Wall Mart. In diversi films si vedono scene girate in questi supermercati fornitissimi di qualunque cosa, dai generi alimentari all’abbigliamento, dai casalinghi agli elettrodomestici, elettronica, accessori per la macchina, scarpe, medicinali… E i prezzi sono decisamente convenienti. Ne approfittiamo per fare rifornimento di acqua e viveri e per renderci conto dei prodotti e dei prezzi americani. Man mano che ci si avvicina alla Monument Valley si cominciano a vedere i tipici monoliti mozzati sulla sommità e con il cono di detriti alla base. Il paesaggio è tipicamente desertico, scarsissimi gli alberi, arbusti il più delle volte secchi a coprire il terreno rossiccio.

Verso le 13:30 entriamo nella Monument Valley. Questo parco è gestito dagli indiani Navajo (è una riserva indiana), quindi il nostro pass per i parchi nazionali non è valido. Ci muniamo di biglietto d’ingresso (5 $ a testa) e entriamo all’interno della zona più suggestiva che abbia mai visto in vita mia: un’enorme distesa di terra e sabbia rossa, rari arbusti, qualche alberello qua e la e i monoliti che emergono dal fondo ondulato della valle. Rare le nuvole in cielo e il clima caldo secco ma non eccessivo. I colori delle rocce cambiano tonalità visti da varie angolazioni. E’ meraviglioso. Dal Visitors Center una strada sterrata consente di fare il giro della vallata con un percorso di circa 25 miglia, percorribile con auto normali anche se il fondo, in alcuni punti, è veramente disastrato. Si può anche percorrere a bordo dei scassatissimi pick-up degli indiani, che organizzano gite accompagnate con tariffe che variano tra i 40 e i 50 $ a testa. Noi optiamo per l’uso della nostra Malibù (chi se ne frega tanto è un’auto a noleggio!).

Per percorrere tutto il giro si impiegano dalle 3 alle 4 ore compresi i tempi di sosta nei vari punti panoramici. Sia nella valle che lungo la strada per la Monument Valley è un continuo susseguirsi di bancarelle con artigianato Navajo: acchiappasogni (il tipico cerchiello con la rete al centro, lacci di cuoio e piume di uccello che le mamme indiane appendo sulle culle dei bambini per scacciare gli incubi), collane e braccialetti d’argento e pietre, vasellame decorato in terracotta, quadri decorati con la sabbia colorata. I prezzi variano di bancarella in bancarella e si possono fare dei bei acquisti a prezzi onesti. Gli indiani ci colpiscono per la loro dignità: sono persone a cui è stato tolto molto, soprattutto negl’anni passati, però vivono nel loro stile, fieri di essere indiani, umili e rispettosi dell’ambiente che li circonda e della gente che li viene a visitare.

Ci colpisce che la loro pelle è dello stesso colore della terra e delle rocce della valle. E’ vero anche che, la sabbia sollevata dal vento, penetra dappertutto cambiandone anche il colore, ce ne accorgiamo anche sui nostri indumenti. Lasciamo la riserva e torniamo sulla strada verso Kayenta dove pernottiamo al Holiday Inn, graziosa struttura con camere spaziose e internet WI-FI gratis, personale gentile, colazione non inclusa nel prezzo. Cena al ristorante del hotel gestito da personale indiano. Mangiamo bene.

Oggi abbiamo percorso 319 miglia (514 km).

19/08/08 (Martedì) – Grand Canyon Partiamo alle ore 6:45 (temperatura 75°F) per il Grand Canyon South Rim – Arizona. Da Kayenta percorriamo la strada 160 fino a Cameron e poi la 64 fino al South Rim, il lato sud del Canyon. Questo è il più grande d’America, è stato creato in 25 milioni di anni dall’erosione del fiume Colorado che ancora lo attraversa nel fondo della valle.

La parte superiore del canyon è a un’altezza di circa 2500 metri mentre il fiume scorre all’altezza di circa 700 metri sul livello del mare! Questo fa capire la grandezza dell’opera compiuta dall’acqua che è riuscita a portare via in alcuni punti 1800 metri di roccia e detriti. Il clima della sommità del canyon è estremamente diverso di quello del fondo, con un’escursione di 20-30 gradi. Molte persone ogni anno sono date per scomparse perché si avventurano in escursioni per il canyon senza scorte d’acqua o con le dovute conoscenze dei percorsi, quindi è vivamente sconsigliato uscire dai sentieri e azzardare più dei propri limiti fisici e di allenamento. Lasciamo la macchina al Visitors Center e con una cartina recuperata dai rangers, saliamo nel bus navetta della linea blu e arriviamo fino al Bright Angel Lodge da cui partono diversi sentieri per la discesa nel canyon. Il nostro percorso durerebbe 6 ore per arrivare a circa metà profondità del canyon stesso (ce ne vorrebbero almeno 8 per risalire). E’ molto impegnativo, sconnesso e poco ombreggiato. Anche qui molti scoiattoli ci accompagnano lungo la discesa, cercando qualche pezzetto di cibo lasciato dai turisti o semplicemente alla ricerca di qualche bacca da sgranocchiare. Un solo punto di abbeveraggio dopo circa un’ora di discesa e alcuni rangers, che pattugliano il percorso, ci dicono che è anche l’unico! Come noi molti turisti, alcuni molto equipaggiati, percorrono il sentiero. Noi decidiamo di non scendere ulteriormente e risaliamo impiegando un’ora e mezza. Il brutto dell’escursione nel canyon è che scendendo non ci si accorge di quanta strada si è fatta ma quando si deve salire, sembra di non arrivare più. E’ molto dura soprattutto con scarpe da ginnastica e poca acqua come noi. Il panorama è stupendo, il canyon è enorme e non se ne vede mai la fine e neanche il fondo. I colori delle rocce vanno dal rosso al marrone al verde. L’unico rammarico è che le linee degli autobus navetta più panoramiche siano fuori servizio per lavori sul manto stradale. Quindi ci dobbiamo accontentare di quello che si vede da questi punti accessibili.

Alle 15 (siamo tornati all’orario californiano, -9 dall’Italia) che per noi sarebbero le 16, visto che arriviamo dalla Monunment Valley, decidiamo di andare all’albergo, il Yavapai Lodge qui nel South Rim. Struttura graziosa immersa nel verde costituita da casette a due piani con più camere. Dall’alta parte della strada c’è la hall, il ristorante self service e il market. Internet gratis solo nella hall. La colazione non inclusa nel prezzo della camera.

Verso le 19 andiamo a vedere il canyon al tramonto dal Yavapai Point. I colori sono bellissimi, il sole crea diverse tonalità che esaltano gli strati delle rocce. Come noi molti turisti si sono appostati per lo spettacolo naturale. Noi, forse siamo arrivati con mezzora di ritardo ma con tutti questi cambiamenti di fuso orario non ci capiamo più! Rientriamo per cena al self service a base di pollo fritto e patatine, piatto tipico americano. Sinceramente preferisco il pollo allo spiedo! Oggi abbiamo percorso 160 miglia (258 km) 20/08/08 (Mercoledì) – Route 66 Partiamo alle ore 7:45 (temperatura 59°F) e percorriamo la strada 64 e poi l’highway 40 fino all’uscita 139. Da qui si entra nella mitica Route 66, la mother road (la strada madre), la prima strada creata per attraversare gli States da est all’ovest, dall’oceano Atlantico al Pacifico.

La strada, un tempo l’unica via per l’attraversamento da est a ovest, ora ricopre un ruolo più turistico-romantico che prettamente viario. E’ percorsa da orde di motociclisti romantici che vogliono percorrere questa sorte di monumento nazionale. Qualche anno fa stava per cadere in disuso ma si sono formati dei comitati per la salvaguardia di questa strada che sono riusciti nell’intento di conservarla nella sua totale lunghezza e di valorizzarla con insegne turistiche e con il tipico distintivo dipinto sul manto stradale a cadenza di qualche miglio.

I paesi che incontriamo lungo questo pezzetto di 66 sembrano abbandonati, qualche casa decadente, quasi mai c’è un market e un distributore di benzina. La cosa buffa è che sono indicati persino nell’atlante stradale! In alcuni però si trovano pittoreschi negozietti di souvenir dedicati alla Route 66 con all’esterno targhe appese ovunque, macchine d’epoca, pompe di benzina antiche e pupazzi raffiguranti Marilyn Monroe e personaggi stile Happy Days.

Il paesaggio circostante vuoto, praterie desertiche e qualche arida collina, la strada diritta senza particolari curve. Sembra un film. Lungo la strada si incrocia raramente qualche macchina e qualche motocicletta, ovviamente Harley Davidson. Arriviamo fino a Kingman alle 12 (temperatura 96 °F) dove abbiamo prenotato la camera al Quality Inn, graziosa struttura con piscina, colazione compresa nel prezzo della camera, internet WI-FI libero. Dopo il check-in e aver lasciato i bagagli in camera decidiamo di partire alla volta della vicina Oatman, una città fantasma che dista 26 miglia da Kingman dove sono stati girati alcuni film western.

In questa zona ce ne sono diverse di città fantasma. Nella fine del 1800 erano centri di estrazione mineraria (in alcuni casi d’oro) molto fiorenti. Con l’esaurirsi del minerale sono scomparsi anche i cittadini ma sono rimasti gli edifici che ora incontrano un periodo di richiesta turistica.

La strada impervia per arrivarci, i paesaggi da far-west, il paesino con case trasandate in legno (purtroppo commercializzate da negozietti di souvenir), i numerosi muli liberi per strada, rendono il tutto simile a un film western.

Però l’insieme è decisamente troppo trascurato e meriterebbe una cura maggiore ma forse va bene così, per creare quell’aria da città fantasma! Nel paese c’è anche un pittoresco hotel-saloon dove ha soggiornato Charl Gable durante la prima notte di nozze di uno dei suoi matrimoni (strano posto per la prima notte di nozze, forse è per questo che si sono separati!).

Il saloon è tappezzato da banconote da un dollaro autografate da personaggi più o meno famosi che sono passati di qua.

Ritorniamo a Kingman e decidiamo che fosse tempo di una bella bisteccona alla griglia mangiata in una delle famosissime Steack House. Nelle vicinanze del hotel c’è né una menzionata persino nelle guide turistiche: Dambar sulla Andy Devine Ave (la Route 66 in centro a Kingman porta il nome di questo attoretto di terza categoria nativo del luogo!).

Ci mangiamo tre bisteccone giganti con patatine e fagioli. Come dolce cheese cake e gelato. Il tutto molto buono e ben cotto.

Oggi abbiamo percorso 253 miglia (407 km) 21/08/08 (Giovedì) – Route 66 – Barstow Partiamo alle ore 7:40 (temperatura 77°F). La giornata di oggi serve come avvicinamento a Los Angeles e quindi ce la prendiamo con molta calma. Saliamo sul highway 40 fino a Amboy dove risaliamo sulla Route 66. Lungo il percorso abbiamo anche un incontro con il road runner, l’uccello bip-bip dei cartoni animati che riesce a raggiungere notevoli velocità correndo a piedi.

Ai lati della strada, per alcuni tratti, ci sono dei terrapieni dove moltissimi viaggiatori hanno composto il loro nome con le pietre raccolte li attorno. Non resistiamo anche noi alla tentazione di lasciare il nostro segno qui, in questo luogo mitico. Quindi accostiamo la macchina e con pazienza raccogliamo decine di pietre e ciottoli per comporre i nostri tre nomi (abbreviati per fortuna) in un pezzo di terrapieno libero: Max Ele e Sabry.

Arriviamo alle 12 a Barstow e ci rechiamo al hotel per lasciare i bagagli. Il Best Western è munito di piscina, colazione compresa nel prezzo della camera, internet libero, frigo in camera.

Alle 14 partiamo per la vicina ghost town Calico che si trova lungo l’autostrada numero 15 in direzione Las Vegas. Calico conobbe la sua fortuna nel 1881 quando vennero scoperti giacimenti di alcuni minerali tra cui argento, oro e borace.

Quando l’argento cominciò a perdere di valore e gli altri minerali cominciarono a scarseggiare, attorno al 1888, la città si spopolò fino a diventare la città fantasma che oggi, con finti saloon, hotel e molti negozi di souvenir, attrae diversi turisti. L’ingresso costa 6 $ a testa e 1 $ per l’ingresso alla miniera. Contrariamente a Oatman, che era a ingresso libero, qui è tutto curato e pulito e ci sono anche dei graziosi siparietti con finti cow-boy che si esibiscono in finte scazzottate con pistole a salve. Inoltre la visita di alcuni tunnel della miniera rende ancora più particolare la giornata. C’è il trenino per i turisti, vagoni da miniera sparsi qua e la, molto cinematografica la scuola dei bambini.

Rientriamo alle 17 a Barstow. Per cena ci rechiamo in un vicino self service abbastanza anonimo ma decoroso.

Oggi abbiamo percorso 267 miglia (430 km) 22/08/08 (Venerdì) – Los Angeles Partiamo alle ore 6:30 (temperatura 75°F) e saliamo sulla Highway 15 destinazione Los Angeles, dove arriviamo alle 9:30. La prima tappa è la spiaggia di Venice, Muscle Beach. La spiaggia è molto larga e l’oceano (vista la temperatura e la forza dell’acqua) non consente il classico bagno in costume. Questo è luogo da surfisti ma ben equipaggiati con muta protettiva.

Ci sono anche le famose vedette di Bay Watch, ma mancano le bagnine stile Pamela Anderson. In compenso si sono due simpatiche vecchiette che fanno una ginnastica molto particolare sulla spiaggia e ci fanno molto sorridere. Un po’ più in la una vera zona fitness con attrezzi per il sollevamento pesi, trapezi, anelli e sbarre, dove alcuni “fusti” allenano il loro fisico scultoreo (…Più o meno). Nei viali lungo la spiaggia sono anche molti ciclisti e podisti. Strani gli americani: ci sono i fanatici del fisico e poi ci sono gli obesi, non hanno le mezze misure! Lungo la spiaggia c’è anche il luna park perenne che vista l’ora è chiuso e deserto.

Lasciamo Venice per Hollywood dove abbiamo alloggio al Best Western nella Franklyn Ave. In posizione centrale ma caotica, munito di parcheggio privato per i clienti (gratuito), internet libero WI-FI in camera, colazione non compresa nel prezzo della camera.

Decidiamo di scaricare i bagagli in camera per poter girare per la città più liberamente.

Los Angeles non è una gran bella città e anche la gente non infonde molta sicurezza, contrariamente a San Francisco. Inoltre è priva totalmente di mezzi di trasporto pubblico. Tutti si spostano in auto e quindi il traffico è molto intenso, comportando tempi di percorrenza piuttosto lunghi. Per fortuna la rete viaria è molto vasta e di grandi dimensioni, contrariamente alle nostre città italiane.

Hollywood è solo l’ombra di quello che era alcuni anni fa. C’è molto degrado attorno a noi e il lustro del cinema è abbastanza opaco. Il viale principale è l’Hollywood Boulevard famoso perché lungo la pavimentazione dei marciapiedi ci sono incisi i nomi di moltissimi artisti, attori, musicisti e personaggi della televisione. E’ il viale delle stelle. Il punto più interessante è il piazzale di fronte al Chinese Theatre, dove molti attori famosi hanno impresso le loro impronte di mani e piedi sul cemento fresco, lasciando anche una dedica personale. Noi notiamo subito quelle di Marcello Mastroianni, Sofia Loren, Tom Hanks, Robin Wiliams, Marilyn Monroe ma ce ne sarebbero moltissime altre da ricordare.

Lasciamo Hollywood per la famosa Bewerly Hill di dista 11 km. Il traffico è sempre più intenso ed è molto stressante guidare in questa città soprattutto perché non la conosciamo. Per fortuna che siamo muniti di navigatore satellitare altrimenti sarebbero guai seri! Lasciamo la macchina nel parcheggio della biblioteca (libero durante le prime due ore di sosta) nelle vicinanze di Rodeo Drive. Qui è tutto un susseguirsi di negozi esclusivi di grandi stilisti. Ci ricordiamo del film Pretty Woman dove Julia Roberts, accompagnata da Richard Gere, fece gli acquisti per il cambiamento di look.

Contrariamente a Hollywood è tutto molto curato e pulito, bella gente e belle macchine. Riprendiamo la nostra e cominciamo a girovagare per i viali della collina dove vips e ricconi vari hanno costruito le loro dimore. Tra giardini curatissimi da giardinieri messicani, Ferrari e Maserati varie parcheggiate nel vialetto di casa, vediamo come se la passano i ricconi americani.

Ripartiamo per il nostro hotel a Hollywood dove arriviamo alle 18:45 dopo un’ora di traffico.

La cena si svolge al pub sottostante l’hotel a base di club sandwich e piatti messicani.

Oggi abbiamo percorso 268 miglia. (431 km) 23/08/08 (Sabato) – Disneyland Partiamo alle ore 6:50 (temperatura 70°F) destinazione Disneyland (che dista 50 km da Hollywood nei pressi di Anaheim) dove arriviamo alle 7:40.

Creato dalla fantasia di Walt Disney, fu inaugurato nel 1955. Tutt’oggi lavorano 9000 persone per gestire questo grandioso parco di divertimenti. In estate accoglie circa 60000 persone al giorno, quindi è fondamentale arrivare presto e non perdere tempo in chiacchiere se si vuole salire in almeno una decina di attrattive in una sola giornata anche ce ne sarebbero molte di più.

L’ingresso del parco costa 69 $ a persona in più 12 $ di parcheggio per l’auto.

Dal parcheggio un tram su gomma porta i visitatori alla biglietteria. Subito dopo l’ingresso ci si trova in un villaggio composto da edifici in stile inizi del 1900, con la stazione del treno, la stazione dei vigili del fuoco, l’autobus e macchine d’epoca.

Proseguendo lungo la Main Street USA, si arriva al castello di Cenerentola posto al centro del parco. Da qui e disposti a raggiera ci sono i vari settori del parco: dalla giungla allo spazio, dai pirati agli spiriti dei palazzi abbandonati, da Topolino e Cip e Ciop a Nemo.

Iniziamo con Adventureland salendo nei battelli che fanno il giro nella giungla, proseguendo con Adventure Indiana Jones ambientato nel film “Il tempio maledetto”, con tunnel sotterranei e vagoni a forma di Jeep che seguono un percorso impervio ed emozionante.

Entriamo nella casa Haunted Mansion con un viaggio dei sotterranei a bordo di un trenino, in mezzo a fantasmi e spiriti creati da proiezioni tridimensionali, tanto realistici da sembrare reali.

Saliamo anche sul sottomarino che ci porta nel mondo di Nemo dove, sempre grazie a spettacolari effetti ottici, vediamo dall’oblò del sottomarino i pesci, personaggi del film omonimo.

Simpatica anche la gita con le automobiline, rivisitazione del film Cars e il trenino che fa il giro del parco.

Ce la caviamo bene fino alle 11. Poi è una vera bolgia con attese di un’ora e mezza per ogni attrazione. Assistiamo anche alla parata pomeridiana con i carri mascherati circondati da numerosi ballerini che indossano i costumi dei personaggi Disney e che ballano al ritmo delle musiche dei films. Tra i vari personaggi nella parata ci sono la Bella e la Bestia, Pinocchio, Alice nel paese delle meraviglie, Pippo, Paperino, Topolino e Cip e Ciop. L’atmosfera ovattata che si respira è tipicamente americana all’insegna dell’ottimismo e del buon umore, dove tutti sono sorridenti e belli mentre, attorno a noi, si vedono soprattutto grassoni ed obesi. Il parco fondamentalmente è simile al nostro Gardaland solo che è molto più curato nei dettagli e nei villaggi tematici a contorno delle varie attrazioni.

Una miriade di negozi di souvenirs con prezzi esorbitanti, dove i bambini a suon di capricci, riescono a farsi comperare dai genitori qualche maglietta o cianfrusaglia che poi finirà in un cassetto.

In ogni caso il parco è molto divertente sia per i bambini che per gli adulti.

Lasciamo il parco alle 18:15 a ritorniamo in hotel dopo un’ora.

Oggi abbiamo percorso 68 miglia (109 km) 24/08/08 (Domenica) – Viaggio di ritorno a casa Partiamo alle ore 2:30 per andare all’aeroporto che dista una ventina di miglia da Hollywood. Una volta giunti nei pressi dell’aeroporto, cerchiamo il deposito di macchine della compagnia di noleggio Alamo. Dopo aver consegnato la macchina saliamo nell’autobus che ci porta nel padiglione delle partenze.

Ora è la solita routin: check-in, attesa, imbarco, decollo, scalo (Philadelphia), di nuovo imbarco, e atterraggio a Venezia. Il viaggio non finisce mai, oltre alle ore di volo si vanno a sommare anche le 9 ore di fuso orario. Arriviamo alle ore 9 del lunedì 25 agosto, stanchissimi ma carichi di ricordi emozionanti da raccontare. L’america che abbiamo visto non è paragonabile a nessun’altra cosa vista da noi fino ad oggi, abbiamo avuto modo di conoscere alcune cose della più potente nazione del mondo e penso che meriti di essere considerata più di tante altre mete esotiche per un vacanza indimenticabile.

Oltre al viaggio in aereo abbiamo percorso in macchina circa 2800 miglia (4508 km).

CONSIDERAZIONI E CONSIGLI Le autostrade negli USA sono libere da pedaggio. Si paga solamente l’ingresso ai parchi (di solito si paga una cifra forfetaria alla macchina senza considerare il numero di passeggeri). Si paga anche il pedaggio per transitare su alcune opere pubbliche (per esempio sul Golden Gate di San Francisco).

Il parcheggio in città è caro: circa 2,50$ all’ora, circa 25-35$ per l’intera giornata. San Francisco è più cara, Los Angeles meno mentre Las Vegas ha parcheggi liberi su multipiano per accedere ai casinò e agli alberghi.

I prezzi sono espressi sempre con tasse escluse (tranne se esplicitamente specificato). La percentuale delle tasse è di circa l’8%.

Nei ristoranti non esistono le tovaglie mentre i tovaglioli solitamente sono di carta come pure i bicchieri. Non c’è il supplemento per il coperto o il servizio e i prezzi sono tasse escluse. E’ buona norma lasciare la mancia al cameriere (il 10-15% del conto) anche se noi italiani normalmente non siamo abituati a questa usanza.

Una curiosità nei ristoranti: solitamente in ristorante si paga la prima bibita. Una volta finito il bicchiere si ha diritto al Refill (riempimento) gratuito. Il refill può essere eseguito più volte senza nessun problema da parte dei gestori e si esegue da soli sui distributori automatici di bibite. Il refill vale sono per le bibite analcoliche e può essere eseguito solo se è esposto il cartello “REFILL FREE”.

Per le gite nei parchi munirsi di frigo e di molta acqua. Per rinfrescare il frigo si trovano, sia nei supermercati, sia negli alberghi, distributori di ghiaccio. Negli alberghi sono, solitamente, a uso gratuito, mentre nei supermercati un sacco di 5 kg può costare dai 1,5 $ ai 2,5 $.

La benzina costa poco rispetto al prezzo italiano: dai 3,8$ ai 4,20$ al gallone (3,78 litri) che corrisponde ai 0,67 euro – 0,74 euro al litro con un cambio di 1 euro = 1,5 $ La temperatura è ovunque espressa in gradi Fahrenheit che si convertono in centigradi eseguendo il seguente calcolo: (gradi Fahrenheit – 32) * 5 / 9 Esempio: 100°F = 38°C La velocità è espressa in miglia orarie (mph) e le distanze in miglia. Un miglio è pari a 1,61 km.

Una curiosità stradale: i semafori sono posti nella parte opposta dell’incrocio diversamente che da noi in Italia – Europa dove il semaforo è posto al di qua dell’incrocio stesso! Quindi attenzione a non fare confusione. Per fortuna si guida a destra come in Europa, anche se le unità di misura sono Anglosassoni.



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