Vichinghi e paesaggi estremi: jylland centrale

Una premessa doverosa per questo viaggio di una settimana effettuato nella Danimarca del nord: lo scopo è stato quello di andare a trovare una cara amica che non vedevamo da tanto, troppo tempo, quindi, a parte le prime due notti, abbiamo soggiornato da lei e non possiamo fornire notizie sulle strutture dove pernottare e in parte dove mangiare....
Scritto da: Estelgard
vichinghi e paesaggi estremi: jylland centrale
Partenza il: 13/05/2007
Ritorno il: 20/05/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Una premessa doverosa per questo viaggio di una settimana effettuato nella Danimarca del nord: lo scopo è stato quello di andare a trovare una cara amica che non vedevamo da tanto, troppo tempo, quindi, a parte le prime due notti, abbiamo soggiornato da lei e non possiamo fornire notizie sulle strutture dove pernottare e in parte dove mangiare. Scriviamo comunque questo resoconto per indicare i luoghi che a nostro avviso meritano una visita e per esprimere le emozioni che tale viaggio ci ha regalato.

GIORNO 1 (13/05/07): PISA – BILLUND Il viaggio comincia con un treno, poi un altro e poi un altro! Già, perchè noi siamo residenti in romagna tra Forlì e Cesena ci tocca prendere il treno per Bologna, cambiare per andare a Firenze e cambiare nuovamente per Pisa. Tutto questo perchè l’aeroporto di Pisa è uno di quelli che ha maggiori partenze della Ryanair e c’è anche quella che ci interessa: Billund, pressochè anonima città dello Jylland centrale (se non fosse per Legoland!). In treno è un caldo bestiale (ma siamo solo a maggio!) comunque la fermata alla stazione di Pisa aeroporto è comodissima, praticamente di fronte all’entrata. Il volo parte come al solito (con Ryanair) in orario alle 19.50 e arriviamo puntuali in Danimarca alle 21.45. Ora dobbiamo noleggiare un’auto – lo facciamo da Europcar – per un giorno, visto che la riporteremo la sera sucessiva e raggiungere il bed and breakfast che abbiamo prenotato on line. Trattasi dell’Havrevang bed and breakfast che potete rintracciare sul sito www.Visitbillund.Dk (purtroppo è tutto in danese ma è piuttosto immediato e si riesce a capire abbastanza), gestito da Thora Giol Rasmussen e Gunnar Molby Rasmussen che vi risponderanno alla mail nel loro inglese non prettamente perfetto. Noi ci siamo accordati per 1200 corone danesi a coppia per due notti, corrispondenti a circa 160.00€ in tutto (40.00€ a notte) ma senza colazione, che comunque sarebbe da fare in un hotel a circa 700 metri. Considerando il costo della vita in Danimarca e la scarsità di strutture ricettive in zona Billund non ci è andata male. Il gestore della struttura è stato così gentile da inviarci una mappa per raggiungere il B&B dall’aeroporto così partiemo senza indugi. Imbocchiamo una stradina buia e sterrata e noi cominciamo a sperare che il B&B non sia una bufala! In realtà arriviamo ad una specie di depandance di una ampia casa immersa nel verde e ritroviamo subito le immagini che avevamo in mente della Danimarca. C’è un piccolo patio con tavolino e sedie in metallo, la bandiera danese sventola forte al vento gelido e la stanza comprende un letto matrimoniale, due letti a castello, il bagno piccolo ma ben tenuto, due poltrone e un tavolino, televisione e il necessario per il te o il nescafè (immancabile in molti paesi nordici). Raggiungiamo l’ingresso della casa, suoniamo ed esce un signore che non parla una parola di inglese! Per fortuna riusciamo a capirci a gesti e lui ci fa capire che la camera è pronta e che pagheremo il giorno successivo. La stanchezza del viaggio sopraggiunge presto e ci addormentiamo nel caldo letto consapevoli che il freddo all’esterno ci accompagnerà per l’intera settimana.

GIORNO 2 (14/05/07): JELLING – RIBE Ci svegliamo presto perchè vogliamo sfruttare al massimo la giornata con l’auto a noleggio e partiamo per Jelling un paesino a circa km da Billund, dove vedremo la Jelling Kirke, una chiesa risalente al 1100 circa. Il paese è decisamente calmo, pieno di alberi e aiuole ovunque e la chiesa spicca in una vasta area verde al centro di esso. L’edificio è imbiancato a calce all’esterno e all’interno (merito della Riforma del ‘500 che ha coperto molti affreschi ritenendoli espressione tipica del cattolicesimo), ma per fortuna sono stati riportati alla luce una serie di affreschi nell’abside che sono tra i più antichi dell’intera nazione (XII secolo). Un’altra attrattiva del luogo è la presenza di due enormi pietre runiche ben conservate all’esterno, con diverse raffigurazioni – tra le quali la più antica immagine di Cristo che si conosca in Scandinavia – e un’iscrizione di Aroldo Denteazzurro, figlio di Gorm re della regione nel X secolo. Facciamo più foto e riprese da varie angolazioni e rimaniamo stupiti dalla finezza delle immagini e dall’immane silenzio del posto. La chiesa è circondata da un piccolo cimitero che sembra uscito da una cartolina vittoriana con vialetti e piccoli recinti di basse siepi dove sono poste le lapidi dei defunti. Inoltre ai due lati lunghio della chiesa vi sono due alti tumuli sepolcrali, ritenuti dagli studiosi il luogo di sepoltura di Gorm e delle sue mogli, sebbene non siano stati trovati resti umani al di sotto di essi (probabilmente sono stati spostati successivamente sotto la chiesa); saliamo tramite una stretta scala e possiamo avere una bellissima visuale della chiesa, delle pietre e dell’ordinato cimitero, e via con altre foto! Lasciamo quest’area tranquilla dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO e partiamo per Ribe, la cittadina medievale meglio conservata di tutta la Danimarca. Durante il tragitto per strade dritte e ben tenute ci attraversa anche un cervo bello grosso: il verde e la natura sono il carattere predominante di questo Stato. Appena arrivati ci rendiamo conto che il centro è tutto a misura d’uomo e quindi percorribile a piedi senza problemi: lasciamo l’auto in un parcheggino e mentre comincia una leggera pioggia ci avventuriamo nelle graziose vie cittadine lastricate. Per prima cosa visitiamo i punti più lontani dal centro: la Sankt Catharinae Kirke del XV secolo in tipici mattoni rossi, con un bel pulpito in legno intagliato (in Danimarca queste opere sono comuni nelle chiese e sono davvero stupefacenti!) e un chiostro interno; poi il Ribes Vikinger, un museo di storia medievale con esposizioni nuove e accurate. Vi sono molti reperti che illustrano la vita dei vichinghi e due sale dove viene ricostruito un villaggio vichingo e uno scorcio di villaggio del ‘500. Bisogna aprire una parentesi sul discorso ricostruzioni in Danimarca: non essendovi numerose testimonianze archeologiche, lo stato, al quale a differenza dell’Italia non mancano i fondi da investire nel settore culturale, incentiva la nascita di vari parchi tematici, dove edifici e “attori” in carne e ossa ricostruiscono, sulla base di studi archeologici, la vita nei periodi passati. Di certo è un modo pratico e immediato, anche se un pò artificioso, per illustrare la funzione di strutture o manufatti che che sarebbero di difficile comprensione ai non addetti e comunque sottolinea una continua voglia di incentivare la proposta culturale della Danimarca. Chiusa parentesi, usciamo dal museo e ci dirigiamo verso la piazza principale, dove entriamo nella slanciata Ribes Domkirke, la cattedrale risalente addirittura al 948 e poi più volte restaurata. La chiesa fa più impressione da fuori che da dentro, ma se la giornata è soleggiata e siete abbastanza atletici non mancate di salire sul campanile del 1333 (248 scalini per 52 metri) per avere un panorama della cittadina e della campagna circostante (noi ci siamo andati nonstante la pioggia). Pranziamo in un luogo favoloso, il Weis Stue: dentro le stanze sono piccole e scure, legno e mobilio d’epoca dappertutto, porte inclinate e atmosfera da villaggio del ‘600; se non fosse per i turisti in abiti moderni sembrerebbe di essere tornati indietro nel tempo! Io prendo una zuppa di verdure con formaggio filante e Irene una bistecca di carne macinata condita con salsa barbecue…Mmm ottimo, poi qualche contorno, birra e circa 30.00€ a testa! Abbiamo un pò esagerato ma il posto merita davvero, sebbene ci sia un pò di aria pesante, perchè in Danimarca (all’epoca del viaggio) si può ancora fumare nei locali pubblici. Facciamo due passi per le vie cittadine, seguendo l’itinerario proposto dalla Lonely Planet e osserviamo parecchie case a graticcio ben conservate, con finestre e porte inclinate e dei piccoli specchietti presso alcune finestre che servivano agli abitanti per osservare chi passava in strada senza doversi sporgere o aprire il vetro, davvero ingegnoso e antesignano del reality! Infine arriviamo al Radhus, il municipio, stupenda costruzione in mattoni con il famoso nido di cicogne sul tetto…Purtroppo gli uccelli non ci sono, ci dicono che solitamente si presentano verso aprile, comunque scattiamo foto di rito lo stesso. Nel tardo pomeriggio torniamo verso Billund, lasciamo l’auto all’aeroporto, raggiungiamo col taxi il B&B, paghiamo la camera e consumiamo sulle poltroncine i tramezzini e la frutta presi in un supermarket, perchè troppo stanchi per uscire. Il giorno seguente ci aspetta il tragitto per raggiungere la nostra amica Lucia ad Aalborg! GIORNO 3 (15/05/07): BILLUND – AALBORG Ci alziamo alle 7.00 e dopo una colazione con biscotti del supermarket e te preparato in camera raggiungiamo tramite taxi il punto dove passa il pullman per Vejle. Arriva il mezzo e un simpatico ragazzone danese, che dalle nostr valigie capisce che siamo turisti, ci chiede dove dobbiamo andare e ci dice che quello è il nostro pullman; il tragitto dura circa 50 minuti con sottofondo di musica country (!) e paesaggi piatti e verdi che mi ricordano l’Irlanda. Vediamo anche molte turbine eoliche, enormi pali con eliche a tre raggi che caratterizzano tutta la bassa e ventosa Danimarca e le consentono di produrre una quantità di energia tale, che ne hanno in eccesso e devono esportarla. Mitica energia rinnovabile! La stazione di Vejle è piccola, moderna e pulita (proprio come in Italia!), e ci mettiamo un attimo a fare il biglietto su una specie di intercity comodissimo e silenzioso. Arriviamo a Aalborg verso mezzogiorno, dopo circa due ore di piacevole viaggio, e la Lucia è come al solito un pò in ritardo, così ci mettiamo ad aspettarla fuori dalla stazione: mamma mia che freddo e che vento gelido, si insinua nelle ossa e ci congela orecchie e naso! Del resto abbiamo percorso più di 130 km in linea d’aria verso nord e i leggerissimi rilievi dello Jylland centrale sono ormai scomparsi, lasciando il vento libero di sfuriare. Dopo poco arriva comunque la nostra amica con la sua piccola Jeep (che sarà il nostro prossimo mezzo di trasporto) e con nostra sopresa è in maglietta a maniche corte con sopra una giacca della tuta aperta e coi capelli ancora umidi dalla doccia! “Ma sei pazza?” le diciamo, ma poi capiremo che abituarsi al clima danese comporta anche una strana resistenza fisica alle temperature basse di questa zona. Ci sistemiamo nella camera per gli ospiti del suo grazioso appartamento (grazie ancora sorellina), mettiamo qualcosa sotto i denti, e, dopo esserci dati una rinfrescata, usciamo per le vie della fredda Aalborg, città giovane e universitaria. Imbocchiamo Algade e notiamo ancora il patriottismo danese nello sventolare di parecchie bandierine con la croce bianca su sfondo rosso; ci sono molti negozietti di artigianato che non paiono essere i soliti luoghi per turisti e siamo attratti dal gusto nordico per arredamento e giardinaggio. Ad un certo punto notiamo una specie di cabina-ascensore che va sotto terra e capiamo che si tratta di un’altra stranezza danese: è il Grabrodrekloster Museet, museo sotterraneo comprensivo di un paio di stanze che fa luce sul ritrovamento delle fondamenta di un’abbazia francescana. La cosa interessante è che non vi è personale, si inseriscono le monete (20 corone, 2.70€ circa) e si scende nei sotterranei illuminati e corredati di panelli interattivi (ovviamente c’è anche un numero di emergenza per eventuali problemi, comunque è da sconsigliare ai claustrofobici). Dopo questa breve visita proseguiamo verso la Budolfi Domkirke, cattedrale del XII secolo sempre imbiancata a calce, a parte la volta dell’atrio con interessanti affreschi raffiguranti i simboli degli evangelisti. Da notare all’interno le decorazioni in legno del pulpito e dei seggi per i nobili e l’altare barocco. A circa 50 metri dalla chiesa, sempre su Algade, si trova il Museo Storico di Aalborg, che ha un prezzo d’ingresso di 20 corone, ma essendo martedì l’entrata è gratuita (e vai!): l’edificio contiene degli oggetti del passato tra i più vari, a partire dagli anni 50-60 del secolo scorso indietro fino alla stratigrafia di uno scavo preistorico. Le didascalie non sempre sono chiare e forse ci sono un pò troppe cose disposte in ordine caotico, ma l’attrattiva maggiore è rappresentata da una magnifica camera risalente al ‘600, dalle pareti interamente in legno, smontata da una casa di Arhus, e ricomposta in originale qui; le piccole finestrelle con vetri opachi e il legno scuro danno un’idea di che tipo di luminosità si doveva percepire a quei tempi e fanno capire quale rischio si correva ad utilizzare candele o lanterne per illuminare gli ambienti. Arriviamo fino al porto che da sul”immenso fiordo che in pratica divide la parte all’estremo nord dal resto dello Jylland e facciamo due passi nel cortile interno dell’Aalborghus Slot, che dovrebbe essere un castello, ma sembra più un palazzo medievale. Tornando verso casa della Lucia, Irene nota Sostrene Grene, negozio che fa parte dell’omonima catena nordica, e ci si infila senza remore: compriamo qualche piccolo oggetto da casa (tipo tovaglie, porta saponette, ecc.) e altre cosucce tipo caramelle, infusi, varie ede eventuali…Di sera ceinamo con Lucia e Alex, il ragazzo greco di lei, che ci prepara dell’ottimo tzatziki e delle gustose polpette di carne e cipolle con pita: vai di globalizzazione e multietnia! Tra una chiacchera e l’altra è ora di andare a letto, perchè domani noi andremo ad Arhus con l’auto di Lucia e i nostri amici andranno in università.

GIORNO 4 (16/05/07): ARHUS La città di Arhus è un vero e proprio polo culturale, pieno di vita e gioventù. Dista circa 120 km da Aalborg e in autostrada in meno dui due ore ci si arriva. E’ certamente la città con la maggiore “movida” di tutto lo Jylland e lo si nota subito dalle grandi vie pedonali, affollate da ragazzi intenti a fare shopping o a bere un drink o una birra ai caffè. Parcheggiando presso il molo, in Nordhavnsgade ad esempio, si raggiunge a piedi senza problemi la piazza della grande Arhus Domkirke, la più lunga della Danimarca, costruita all’inizio del XIII secolo. L’esterno è un perfetto emblema del gotico danese, con guglie e finestre allungate, l’interno presenta affreschi riscoperti sotto la solita imbiancatura di calce. Nei tipici colori un pò diafani degli affreschi danesi, incontrati nelle chiese precedenti, sono rappresentati personaggi fantastici con lunghi colli e strane espressioni, fila di beati che salgono al cielo e dannati che ricevono supplizi indicibili e nel transetto di destra vi è il più ampio affresco danese finora ritrovato, dove spicca una figura barbuta di dimensioni spropositate. Girando dietro l’altare vediamo lo splendido affresco di San Giorgio che uccide il drago, restaurato in modo impeccabile, poi giungiamo di fronte all’altare e ammiriamo il tesoro più importante della cattedrale: il pentattico raffigurante la Madonna col Bambino, San Clemente e diversi altri santi, eseguito nel XV secolo. Altre opere degne di nota sono il fonte battesimale in bronzo del 1481, con i quattro piedi in forma dei quattro evangelisti, l’organo a canne barocco e la nave votiva (presente anche nelle precedenti chiese visitate) del XVII secolo, simbolo del rispetto sacro che i danesi, popolo marinaio da sempre, portano nei rispetti del pericoloso mare. Dato che il Vikinge Museet nella stessa piazza è chiuso, decidiamo di andare alla Vor Frue Kirke, che esternamente è molto simile alla precedente ed internamente è quasi interamente intonacata a calce; la parte più interessante è l’antichissima cripta a volta sotto l’altare e l’arioso chiostro. E’ mattina inoltrata quando ci dirigiamo verso l’ARoS Kunstmuseum, un edificio dall’architettura che mi ricorda il Guggenheim Museum negli U.S.A. Questo museo ospita una sezione di arte contemporanea, moderna e di arte pittorica classica danese (secoli XVIII e XIX). Paghiamo 90 corone (circa 12.00€) e dopo aver ammirato il vorticoso interno con scale elicoidali che salgono e scendono, decidiamo di partire dal basso e vedere le incredibili installazioni di “The 9 spaces”. Prima di entrare in una specie di dungeon buio però ci aspetta l’opera strana di tutto l’ARoS: la scultura di un ragazzino accovacciato alta 5 metri, eseguita da Ron Mueck, che è di un realismo impressionante, pare che da un momento all’altro debba alzarsi e andarsene via e il suo sguardo penetrante sembra sondare i pensieri di tutti i turisti che lo incontrano. The 9 spaces sono una serie di stanze collegate da un corridoio buio e inquietante, con rumori a volte agghiaccianti e incomprensibili; in ogni stanza (in realtà io ne ho contate meno di 9, credo 6 o 7) ci sono video o opere di artisti contemporanei che provocano contrastanti emozioni e in certi casi lasciano spaesato il visitatore. Usciamo da questa esperienza allucinante e saliamo fino alla sezione di arte contemporanea e moderna: anche qui ci aspetta qualcosa di agghiacciante, i 112 vasetti che contengono le parti di un cavallo ucciso mediante un antico sacrificio da Bjorn Norgaard (e in sottofondo si sente la spaventosa cantilena recitata durante il rito in una lingua antica che non ricordo bene). Proseguiamo velocemente e vediamo altre opere interessanti, soprattutto tra quelle contemporanee e moderne e passiamo in rassegna anche i pittori del ‘700 e ‘800 danese, particolarmente impegnati nella raffigurazione di paesaggi e campagne. Usciamo dal museo, non prima di qualche acquisto al bookshop, soddisfatti della visita, mangiamo qualcosa al volo e diamo un’occhiata alla vita mondana in Sondergade e Sankt Clements Torv…Tanto che ci ritroviamo dentro ai soliti centri commerciali simil Ikea (Tiger e Sailing) dove compriamo tanti oggettini di arredamento e qualche cibaria. Ma non possiamo induguare troppo perchè dobbiamo visitare la più famosa attrazione di Arhus, Den Gamle By, la ricostruzione della città vecchia con 75 edifici ricostruiti e restaurati e attori vestiti nelle foggie tipiche della gente dei villaggi di XVII-XVIII secolo. Anche qui 90 corone e una sensazione da “ritorno al futuro” quando esploriamo le stradine infangate (purtroppo incomincia a piovere) del villaggio e ci infiliamo dentro le case a graticcio arredate con suppellettili rigorosamente originali. Le varie botteghe si affacciano sulle vie del borgo con le loro insegne e in determinati orari è possibile osservare gli artigiani al lavoro e chiedere informazioni sull’attività direttamente a loro. Purtroppo non ci sono molti figuranti (il momento migliore per visitare il parco è in occasione di festività o in estate, quando però pullula di turisti) e il tutto è un pò triste, ma l’atmosfera e la pace sono ineguagliabili. Sotto una pioggia più forte lasciamo Arhus e arriviamo verso le 19.00 dalla Lucia, che sta preparando una cena marocchina a base di Tajine, insieme ad Angele, una ragazza francese e Alvaro, studente boliviano. Mi viene da pensare: cosa ci fanno 3 italiani, un greco, una francese e un boliviano in appartamento in Danimarca? Facile: si conoscono, stringono amicizia e si scambiano le opinioni più varie arricchendo loro stessi. Stasera si esce per le vie di Aalborg e alle 21.45 siamo in strada con un chiarore ancora pronunciato: la luce del sole sparirà del tutto poco prima delle 22.30 e pensare che siamo solo a maggio e in estate il giorno dura ancora di più (ma d’inverno la luce è pochissima!). Ci troviamo con altri ragazzi – Nobita altro boliviano e James ingegnere gallese – in un pub fornitissimo di birre e poi percorriamo la cosidetta “strada dei pub” Jomfru Ane Gade. Proprio di fianco alla Budolfi Kirke c’è poi la Student House, un ampio ambiente pieno di universitari, sia all’interno che all’esterno, nonostante il freddo. La serata passa molto piacevolmente everso l’una andiamo a letto contenti degli incontri fatti.

GIORNO 5 (17/05/07): SAEBY – SKAGEN – RABJERG Oggi la Lucia è a casa dal lavoro che svolge in università, perchè in Danimarca è festa, quindi ci accompagnerà all’estremo nord. Partiamo con un tempo decisamente variabile, poichè in una zona priva di rilievi come questa il vento porta e allontana nuvole e pioggia con rapidità. Si guida fino all’infreddolito paese di Saeby, luogo scelto da molti letterati danesi per passare le estati intenti a scrivere nuove opere. Il porticciolo è davvero pittoresco e sul molo spicca l’alta scultura di una donna bianca in stile vagamente Inuit (o simile ai Thun!) che rappresenta la “donna del mare” dell’omonimo dramma di Henrik Ibsen. Purtroppo il museo e la Herregardsmusset Saebygard, una casa padronale danese di epoca rinascimentale, sono chiusi (aprono da giugno ad agosto) e la Saeby Klosterkirke ospita al momento una funzione religiosa quindi non disturbiamo; ci soffermiamo ancora sul molo a osservare i movimenti dei gabbiani reali che sfruttano le potenti correnti aeree e lambiscono i flutti delle onde impetuose, ma buttando un occhiata al cielo nuvoloso saliamo in auto e ci affrettiamo verso Skagen, il punto più a nord della Danimarca, dove le acque del Mar del Nord e del Mar Baltico si incontrano. Per fortuna le nubi si aprono e lasciano il posto ad un sole che ci scalda coi suoi raggi, anche se quando usciamo dalla vettura siamo investiti da raffiche di vento impetuoso decisamente fastidiose. Lucia comunque dice che oggi è una buona giornata perchè non piove (sarebbe impraticahbile col vento che ti getta addosso le gocce d’acqua) e non fa troppo freddo (!). Attraversato a piedi un breve tratto di dune di sabbia e arbusti, arriviamo alla lunga lingua di sabbia che è chiamata anche Grenen: circa mezz’ora di difficoltosa camminata contro vento (a meno che non si prenda una specie di pulmino trainato da un trattore, ma si perde il gusto dell’impresa) per raggiungere la punta dove, con alternanza quasi ipnotica, le correnti dei due mari, avendo andamento in direzione opposta, si incontrano, formando una specie di cresta sulla superficie dell’acqua. Il paesaggio è stupefacente, quasi da altro mondo, il rumore del vento copre le nostre parole, ma non riusciamo a dire molte cose di fronte a questo spettacolo naturale, per cui ci limitiamo ad osservare e a scattare foto. Lucia ci dice che qualche pazzo (compreso il suo ragazzo!) d’estate fa il bagno e prova l’insolita sensazione di tenere i piedi in due mari differenti, sentendo le correnti muoversi in diverse direzioni e scontrarsi sotto di loro. Sarò matto anch’io, ma un pò li invidio. Torniamo al porto di Skagen e ci fermiamo a mangiare in uno dei tanti ristorantini che si affacciano sul molo, dove possiamo degustare le specialità dei mari nordici, come aringhe cucinate in vari modi, gamberetti di una specie diversa da quella che normalmente consumiamo noi e polpette o sformati di pesce con aggiunta di salse piuttosto pungenti. Se non ricordo male spendiamo circa 150.00 corone a testa (più o meno 20.00€), ma i piatti sono davvero abbondanti, quindi consigliamo di dare un’occhiata alle porzioni prima di prenderne troppi. Per digerire decidiamo di raggiungere in auto la famosa duna detta del “miglio di Rabjerg” e farci una camminata sopra, ma ci ricordiamo che prima di arrivare lì c’è da vedere l’affascinante Tilsandede Kirke (la chiesa sepolta), costruita nel XIV secolo e sepolta dalla sabbia nei secoli successivi. Oggi resta solamente il campanile col classico tetto dal profilo a gradini, risparmiato dalla demolizione perchè punto di riferimento per i naviganti. Pago una decina di corone per salire in cima mediante una strettissima scala a chiocciola, ma il panorama non è particolarmente attraente, perchè la chiesa è circondata da una vasta pineta e in lontananza si nota solo l’area industriale di Skagen; così ritorno giù e scatto diverse foto dal basso, cercando di immaginare la potenza del vento e della sabbia, che sono in grado di cancellare l’opera dell’uomo senza sforzo. Avremo altri esempi della forza eolica nel pomeriggio. Infatti seguendo le indicazioni stradali giungiamo al miglio di Rabjerg, dove vento e sabbia hanno formato un’accoppiata che non lascia scampo a chi voglia contrastarli: le dune alte fino a 40 metri infatti si spostano verso est di circa 15 metri all’anno e non ci sono barriere che tengano. Quando arriviamo notiamo un piccolo cespuglio di fianco a noi, ma Irene osservando meglio si rende conto che è la parte superiore di un pino, ormai totalmete sepolto dalla sabbia! Camminando sui rilievi dolcemente ondulati ci sembra di trovarci in un altro posto, magari nel Sahara, ma non certo in Danimarca! Scattiamo diverse foto tipo national geographic, del resto la luce del sole che in queste regioni nella stagione estiva resta comunque molto basso, permette di avere un illuminazione particolare, in certi casi quasi sfumata. Cominciamo ad essere stanchi e parecchio insabbiati, ma Lucia ha in serbo una sorpresa per noi: vuole portarci alla chiesa a picco sul mare e al faro sepolto dalla sabbia, dua attrazioni che non sono segnalate sulla guida Lonely Planet. Purtroppo non riesco a fornire indicazioni precise per trovare il posto o anche il nome della località perchè sono guidato da Lucia che mi da indicazioni un pò precarie (un paio di volte sbagliamo strada perchè anche lei non si ricorda bene), ma sono sicuro che chiedendo informazioni a qualche danese, per esempio mentre siete al miglio di Rabjerg, potrete trovare questo favoloso sito. Imbocchiamo una stradina ghiaiata e arriviamo fianlmente alla piccola chiesa imbiacanta a calce, proprio a pochi metri da una falesia a picco sul mare. Il vento in questa zona soffia così forte che piano piano sta mangiando la friabile roccia su cui siamo anche noi ed in effetti parte del piccolo cimitero che contorna la chiesa ha già cominciato a franare, facendo terminare lapidi e tombe negli scogli diversi metri più sotto. Mi sporgo un pò per ammirare questo fenomeno naturale, ma bisogna fare molta attenzione, soprattutto se si hanno vertigini o bambini piccoli! Poco lontano verso nord si vede un piccolo paese di case in legno pericolosamente vicino alla scogliera a picco e Lucia ci dice che quasi tutte le case sono state abbandonate perchè col tempo faranno la fine delle tombe e delle lapidi: non c’è modo di contrastare la violenza di Eolo, ma d’altronde è questa stessa forza che garantisce una fonte di energia pressochè illimitata ai danesi. La chiesa è piccola e carina all0interno, sebbene sia come al solito molto spoglia, e usciti da essa intravediamo verso sud la nostra ultima tappa della giornata: il faro insabbiato! Par arrivarci imbocchiamo un’altra stradina ghiaiata affincata da alcune pecore coi loro agnelli e parcheggiamo in un piccolo spiazzo dove ci sono altre auto, è il posto giusto! Saliamo l’ennesima duna che sembra fuori posto e a poco a poco ci appare il faro, avvolto da vampate di sabbia che si alzano quando il vento soffia con maggiore intensità. La costruzione si trova tra due alte dune e alla sua base si nota, ormai sommersa fino alle finestre superiori, una piccola abitazione in legno e mattoni che ospitava il custode. A questo punto Lucia (ingengere dell’ambiente e del territorio) ci spiega come si crea la specie di avvallamento che circonda il faro, mentre ai suoi lati si alzano le dune: piantando un piccolo bastoncino nella sabbia ci mostra come il vento incontrando un ostacolo cerca di evitarlo passandogli ai lati e facendo così scava una specie di solco attorno ad esso; quindi la base del bastoncino-faro resta più o meno scoperta e ai suoi fianchi si alzano delle montagnole-dune. Comunque col tempo anche la base e il faro stesso verranno sepolti, seppur più lentamente. Lo spirito avventuroso (e scavezzacollo) di Lucia ci spinge ad entrare nel faro (attenzione la struttura è in stato di abbandono!) da una finestra semi sommersa della cesetta che è collegata al faro: dobbiamo infilarci strisciando tipo passo del giaguaro sulla sabbia e passato un breve tratto di un paio di metri emergiamo nella tromba del faro, assolutamente per i non claustrofobici! All’interno c’è sabbia ovunque, in particolare non c’è pavimento (credo che sia almeno tre metri sotto di noi) e camminiamo sulla sabbia, dalla quale sbuca la scala attaccata alla parete che ci porta fino alla cima. Lucia mi assicura che il passaggio è ancora abbastanza ampio e non si chidurà mentre noi siamo dentro, ma la sensazione di topi in trappola e pressante e appena scattata qualche foto al mirabile paesaggio, torniamo presto indietro (circa un mese fa ho sentito Lucia e mi ha detto che ora l’entrata non è più possibile!). Ultimo brivido una volta usciti: la discesa di corsa da una duna con conseguente capriola rischio osso del collo…Mannaggia Lucia! Distrutti, insabbiati (in ogni dove) e screpolati dal sole rientriamo in casa e ringraziamo la nostra amica (e il tempo clemente) per la splendida giornata e ci corichiamo dopo una pizza presa davanti alla stazione che non è poi così male.

GIORNO 6 (18/05/07): HOBRO – RANDERS Nonostante la stanchezza e l’indolenzimento ci alziamo presto e copriamo i circa 50 km che ci separano da Hobro, piccola città che decidiamo di esplorare a piedi passeggiando lungo la strada pedonale che la attraversa. Ci sono tanti negozietti deliziosi che si aprono su di essa e come al solito non resistiamo e compriamo le solite cianfrusaglie da casa (io opto per un pratico kit da pic nic completo di pleid con impugnatura che si porta a valigetta). Qualche informazione all’ufficio turistico nella piazza principale e arriviamo ad una piccola casa gialla che ospita un minuscolo museo (25 corone, circa 3.35€) nel quale sono conservati alcuni reperti archeologici rinvenuti negli scavi della vicina fortezza vichinga; l’esposizione non è al livello del muso di Ribe, ma comunque è piacevole e non stanca. A questo punto siamo ansiosi di visitare la fortezza, la cosidetta Fyrkat, situata poco fuori città e ben segnalata. All’arrivo notiamo una casa di campagna a graticcio con corte interna (e bel mulino ad acqua) trasformata in un…Ristorante italiano!(il gestore ci individua subito alla prima occhiata e ci apostrofa con un “buongiorno” impeccabile). Facciamo il biglietto (55 corone, poco più di 7 €) e davanti a noi si erge una costruzione tutta in legno che assomiglia ad una chiglia di nave rovesciata. E’ la ricostruzione di una casa vichinga eseguita con tronchi di quercia e sono stati riprodotti anche gli intagli che dovevano ornare le abitazioni; la struttura è lunga parecchi metri e probabilmente ospitava più nuclei familiari o un nucleo “allargato” con parenti vari, peccato che però l’interno sia spoglio e in realtà riservato a spettacoli che vengono eseguiti nei giorni festivi o in estate. Comunque la ricostruzione dall’esterno è impeccabile e rende bene l’idea. Poco distante c’è il vero e proprio sito: la fortezza vichinga è composta di un alto terrapieno di forma circolare nel quale si aprono quattro varchi (in antichità porte) e dai quali si dipartono gli assi principali che dividono simmetricamente lo spazio interno in quattro quadranti. In ogni quadrante vi erano diverse abitazioni (comprese quelle più ampie come quella ricostruita) e un cortile per gli animali e i lavori di manifattura vari. Sui bastioni i camminamenti permettono di cogliere in modo immediato la perfetta divisione degli spazi (che probabilmente ha anche un significato rituale), ma non aspettatevi di trovare resti in alzato, infatti le strutture antiche sono segnalate solo da un tratteggio per terra ottenuto mediante piccoli cilindretti di cemento. La tranquillità del luogo comunque (a parte qualche bel micio e le talpe, ne ho vista una davvero rapida!) rende facile viaggiare con la fantasia fino al X secolo circa, quando questo posto doveva essere un importante punto di controllo militare (ma anche abitato da civili) dei commerci che si svolgevano lungo la valle sul quale si affaccia il forte. Tornando indietro per la strada che abbiamo percorso in auto si giunge, poche centinaia di metri dopo, al Vikingegaorden Fyrkat, un parco tematico dove è stata ricostruita una fattoria vichinga (ingresso compreso nel biglietto del Fyrkat). La carettiristica interessante di questa dozzina di abitazioni disposte attorno ad un ampio cortile, è il fatto che sono stati realizzati con materiali e strumenti dell’epoca e questo ha richiesto circa un decennio di lavorazione. Anche qui, come a Den Gamle By, vi sono attori in costume impegnati nei lavori di tutti i giorni, molto utili per una migliore comprensione della cultura vichinga. Una paffuta signora in abito medeivale porta legna per il fuoco acceso all’interno della casa più lunga (oltre 30 metri) e noi entriamo e capiamo subito una cosa che senza tale ricostruzione sarebbe stata difficile da immaginare: gli ambienti sono tutti piuttosto bui e il riscaldamento dato dal fuoco ha come conseguenza l’affumicamento totale della camera, perchè il vento difficilmente permette al fumo di uscire agevolmente dal camino in torba. Nella casa accanto un nerboruto fabbro sta battendo un ferro caldo per costruire una specie di spiedo, mentre la donna si prepara a lvare i panni con un grosso pezzo di sapone naturale. Visitiamo le altre case dove troviamo letti ricoperti di pelli, tessuti dai diversi colori, perfino giochi da tavolo in legno tipo dama o dadi intagliati; i figuranti sono sempre cordiali e disponibili a fornire spiegazioni quindi l’esperienza e senz’altro positiva. Verso le 13.00 siamo a Randers e scegliamo per mangiare il bel Cafe Borgen con tavolini all’aperto e ottimi panini enormi. Nelle viuzze del centro è piacevole camminare per ammirare i palazzi del XV secolo, mentre in Ostervold si possono ammirare due strutture più recenti, come la statua bronzea dello stallone dell Jylland o la Torre Rossa, che comprende anche una fontana. Nel primo pomeriggio andiamo alla più importante attrazione della città, il Randers Regnskov, tre imponenti cupole che ospitano in libertà (più o meno) la fauna e la flora di tre climi tropicali come quello africano, asiatico e sudamericano. Solitamente sono contrario agli zoo, ma in questa struttura, che è anche un evoluto centro di ricerca, gli animali dovrebbero essere liberi di scorrazzare per lo spazio interno della cupola e quelli più ingombranti dovrebbero avere comunque uno spazio adeguato. In realtà abbiamo notato che qualche bestia ha uno spazio non troppo ampio, per fortuna comunque non sono quelle orrende gabbie di cemento. Entriamo e la cosa che colpisce immediatamente è la fauna rigogliosa e l’umidità micidiale (raccomandiamo di entrare in maniche corte e magari portarvi un cambio perchè poi all’uscita si gela!). Sono troppi gli animali e le piante visti per desriverli tutti, ma possiamo segnalarne alcuni. Nel padiglione africano diversi insetti enormi, uccelli trampolieri sugli alberi e una simpatica antilope della grandezza di un gatto che vaga liberamente per i sentieri e se un turista si avvicina comincia a leccargli i pantaloni! Poi c’è la sezione rettili con diversi pitoni e tartarughe carnivore nascoste tra la vegetazione (si può evitare questa parte per chi non ama questi animali) e la parte dell’asia con molti variopinti uccelli che si fanno fotografare mettendosi in posa, la gabbia (grande) dei gibboni, iguane sparse ovunque, coccodrilli in vasche apposite e numerosi pipistrelli giganti (si nutrono di frutta) appesi agli alberi più alti, oltre a favolosi ibiscus e altri fiori coloratissimi. La cupola del sudamerica è la più grande e pullula di scimmiette che saltano da ogni parte (se siete fortunati potete vedere il minuscolo uistiti, noi ce l’abbiamo fatta!), poi ci sono cavie, uccelli meravigliosi, tapiri, dugonghi nelle vasche, pecari e in un punto l’umidità e tale da raggiungere quella riprodotta dentro una sauna finlandese (praticamente ci sciogliamo). Prima di uscire osserviamo il sonnolento bradipo che su un albero se ne sta immobile a masticare foglie nella beata tranquillità che contraddistingue la sua specie. Usciamo proprio quando la struttura sta chiudendo, abbiamo perso la cognizione del tempo e siamo anche un pò intontiti, ma il vento danese ci riporta alla realtà e ci copriamo in fretta prima di prenderci un malanno. La sera vorremo uscire ma ci addentriamo in una discussione sulla politica mondiale e gli ecosistemi e si fa troppo tardi, quindi ci corichiamo come al solito abbastanza spossati.

GIORNO 7 (19/05/07): RANDERS – VIBORG – HJERL HEDE – SPOTTRUP SLOT Mi sono accorto che il rullino della mia macchina fotografica professional (è di mio padre, io non sono capace ma ho voluto provare) si è danneggiato proprio nelle foto agli animali di Randers e, nonostante Irene abbia scattato parecchie foto digitali, voglio tornare e rifare quelle foto! Per fortuna il biglietto d’entrata consente un altro ingresso gratuito nell’arco di un anno, quindi si va gratis. Non stiamo a ripetere la descrizione della visita, comunque l’essersi svegliati un pò più tardi e il fatto che all’interno delle cupole ci soffermiamo su tanti particolari, ci fa spendere tutta la mattina a Randers e decidiamo di pranzare nel ristorante della struttura (circa 110 corone a testa, più o meno 15.00€). Nel primo pomeriggio ci dirigiamo a Viborg, un piccolo centro presso un lago, arroccato su una delle poche colline della zona: passeggiamo per le vie ed arriviamo ad una piazza con un giardino pieno di aiuole e fiori coloratissimi e profumati (Irene scatta tantre foto, le piacciono troppo i fiori) e vorremmo vedere l’interno della Viborg Domkirke, ma c’è un matrimonio quindi auguri agli sposi e noi ammiriamo la chiesa da fuori. L’edificio in stile normanno è comunque slanciato con le sue due torri-campanili ai lati e la sua struttura in granito diversa dalle chiese intonacate a calce o in mattoni rossi viste finora. Ad una quarantina di km da Viborg si trova Hjerl Hede (ingresso 40 corone, 5.35€), altra ricostruzione di un borgo di campagna danese (molto più vasto di Den Gamle By, che era un borgo cittadino), dove gli edifici più antichi risalgono al XVI secolo e quelli più recenti al XIX (ma c’è anche una piccola ricostruzione di villaggio palafitticolo preistorico sulle rive del lago, attivo solo in estate). Si possono compiere piacevoli camminate lungo i vasti sentieri dell’area ed entrare nelle case, che, a differenza di quelle nel parco di Arhus, sono perlopiù intonacate a calce e con il tetto di canne (come le capanne delle fattorie vichinghe); a dire il vero gli interni sono un pò più trascurati rispetto a Den Gamle By e si vede abbastanza polvere da sospettare che anche questo parco sia attivo soprattutto in estate piena. Comunque scattiamo foto al gigantesco mulino a vento in legno, al recinto col gregge di pecore e sullo sfondo la chiesetta, unica struttura in pietra a vista, e entriamo in tante casette, osservando la lenta evoluzione delle abitazioni di area rurale. Per teminare la giornata siamo decisi a visitare lo Spottrup Slot, uno dei pochissimi castelli dello Jylland, che si trova circa 20 km più a nord di dove siamo. Arriviamo poco prima della chiusura e pagando le solite 40 corone entriamo dal ponte levatoio in questo imponente edificio costruito vicino ad un fiordo, attorno al 1500. Nella corte interna si aprono diverse porte che danno su parecchie stanze tutte esplorabili: cucine con immensi camini, dispense, posti di guardia, saloni ai livelli superiori per i ricevimenti o gli intrattenimenti dei nobili. Il tutto sempre contraddistinto da uno stile sobrio, quasi scarno, dove però risaltano al meglio le poche decorazioni presenti. L’intrico di corridoi e passaggi ci impegna per una mezz’ora abbondante e quando usciamo il sole che si riflette nell’acqua del fiordo illumina il castello in modo meraviglioso. Il ritorno è un pò lungo ma agevole sulle larghe strade danesi e tra campi di fiori gialli e turbine eoliche sempre in movimento rientriamo giusto per l’ora di cena (stasera pasta!). Visto che è la nostra ultima notte ad Aalborg, usciamo e andiamo in diversi locali dove danno musica reggae, pop e rock; normalmente i danesi sono abbastanza calmi, a meno che non bevano troppa birra, e ogni tanto qualcuno esagera! Nessun problema comunque e verso le 2.00 di notte siamo a letto per riposarci in vista del viaggio che ci riporterà a Billund per riprendere il volo di rientro.

GIORNO 8 (20/05/07): AALBORG – LEGOLAND – PISA Come potevamo farci sfuggire l’occasione di visitare Legoland, il parco di divertimenti tematico sui piccoli mattoncini che hanno fatto furore nell’infanzia dei più grandicelli di noi?(ormai non si vendono più tanto). Visto che l’aereo parte da Billund alle 21.30 e Legoland è proprio in quella città, arruoliamo Lucia e Angele e ci apprestiamo a percorrere in circa due ore i 160 km per arrivarci. Prima di lasciare Aalborg però dobbiamo assolutamente visitare la sua attrazione maggiore: il cimitero vichingo di Lindholm Hoje! Su un boscoso colle (pieno di corvi, come a voler sottolineare l’atmosfera funebre) al di là del fiordo si trova questo sito archeologico con ingresso libero, dove si possono ammirare oltre 600 tombe dalla caratteristica forma ovale a nave, con due pietroni all’estremità a simboleggiare la poppa e la prua, e altre tombe di forma circolare. L’ampio prato che accoglie questa necropoli di epoca vichinga è pieno di questi tumuli, che, scavati, hanno restituito parecchi manufatti agli archeologi e sono esposti al museo vicino al sito (che purtroppo non possiamo vedere perchè apre più tardi). Alcuni pannelli espositivi descrivono il luogo e alcuni dei tumuli più grandi ed io e Irene rimaniamo meravigliati da come ogni civiltà dia un grande valore alla sepoltura, caratterizzando le tombe in base all’ambiente in cui si trova. Senza indugiare troppo partiamo per Billund e verso le 11.00 siamo a Legoland (180 corone, circa 25€), ci prendiamo un hot dog e una ottima crepe e iniziamo la scoperta del parco: diversi sono i giochi che comprendono montagne russe, scivoli d’acqua, trenini o barche (tutto rigorosamente in lego) che si addentrano in castelli e grotte dei pirati e il temibile braccio meccanico che ti fa fare piroette ed evoluzioni programmabili da te stesso. Ma la vera unicità del parco sta nelle ambietazioni varie (medievale, pirata, west, odierna, spaziale, ecc.) eseguite quasi in toto con l’ausilio dei lego: in particolare da non perdere Mount Rashmore e la statua di Toro Seduto alta 14 matri e composta da più di un milione di mattoncini. Inoltre vi sono vari monumenti famosi di tutto il mondo riprodotti e una sezione dedicata agli stati nordici con grande attenzione per la Danimarca, dove noi rivediamo in miniatura molti dei luoghi visitati (Skagen, la Tilsandede Kirke, Arhus e altro); consigliamo di vedere Legoland alla fine di ogni ititnerario in Danimarca in modo da poter ricercare ricostruito in lego i posti in cui si è stati. Prima di uscire e dirigerci verso l’aeroporto, facciamo un salto al negozio lego, dove io compro dei mitici portachieavi e delle calamite in forma degli omini lego, ma che riproducono i personaggi dei film famosi, tipo Star Wars o Batman! I saluti di rito mettono sempre tristezza, quindi dirò ancora una volta solo: grazie Lucia e Alex per la cordiale ospitalità! Il volo di ritorno non da nessun problema (in andata avevamo preso qualche turbolenza) e arriviamo a Pisa verso mezzanotte per pernottare in un B&B che avevamo prenotato in precedenza. A questo proposito capita la cosa peggiore del viaggio: l’affittacamere Caterina, che non ha una reception o qualcuno ad attenderci, dovrebbe aver lasciato le chiavi della stanza in un losco bar nei pressi, quindi andiamo nel locale, ritiriamo la chiave, ma una volta saliti non è quella giusta per la nostra camera e ci tocca chiamare la titolare che però è a Milano e deve far venire la signora delle pulizie che non si trova…Ecc, ecc. Risultato attendiamo più di un’ora fuori dalla camera prima che qualcuno arrivi e ci apra: evitate assolutamente questa struttura (che ha anche un sito internet!). La mattina successiva ci svegliamo ancora stanchi, prendiamo il treno e per me c’è anche un pomeriggio lavorativo! In fin dei conti l’esperienza è stata decisamente positiva: il paesaggio è davvero incredibile, la gente danese un pò freddina, ma in complesso educata e disponibile, l’organizzazione statale (trasporti, monumenti, ecc.) è impeccabile come in molti paesi nordici. Speriamo di invogliare coloro che vogliono visitare la Danimarca più estrema, al di fuori di Copenaghen e dei circuiti turistici maggiormente battuti.

SALUTI DA ENRICO & IRENE



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