Viaggio nel Myanmar che ha scelto la democrazia

Classico itinerario e incontro con un popolo ospitale, comunicativo, generoso
Scritto da: viaggiatori2000
viaggio nel myanmar che ha scelto la democrazia
Partenza il: 13/02/2016
Ritorno il: 29/02/2016
Viaggiatori: 7
Spesa: 3000 €
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Viaggio in Birmania

Perchè un viaggio in Birmania oggi, nel 2016? Perchè il paese sta faticosamente uscendo da 50 anni di dittatura e, ci auguriamo, sta imboccando la strada per la democrazia. Perché la chiusura rispetto al mondo occidentale ne ha in parte preservato alcuni aspetti che inevitabilmente andranno a scomparire con il tempo.

È un viaggio che comincia molto tempo prima della partenza, perchè la Birmania è un paese lontano, non solo per la distanza, ma per la cultura, la religione, il modo di vivere profondamente diversi da quelli occidentali.

Per l’organizzazione ci affidiamo a un operatore di viaggi solidali per dare al nostro una connotazione sociale e non solo turistico/artistica, per riuscire a entrare in contatto con i birmani. Questa aspettativa resterà alla fine la parte meno riuscita del viaggio, compensata dalla “compagnia” di sette persone (il nostro gruppo) con una forte motivazione e con differenti visioni, che si sono integrate naturalmente, arricchendo l’esperienza individuale.

I libri che ognuno di noi ha scelto, hanno aiutato a entrare nel mood.

Il Paese

La Birmania è una nazione che si sta aprendo oggi al turismo e al confronto con il turista.

È un paese povero dove probabilmente la sussistenza è garantita (ma alcune zone del nord che non abbiamo visitato pare si trovino in situazioni difficili) grazie alla fertilità del suolo e alla pesca disponibile su fiumi, laghi, sul mare. L’embargo economico occidentale contro il governo dei militari, rimosso solo nel 2013, non ha fatto che peggiorare le cose, in alcuni casi contrastando anche l’intervento delle organizzazioni umanitarie. In termini assoluti è un paese molto ricco con importanti risorse minerarie, ma i guadagni di queste attività sembra siano appannaggio di un ristretto numero di persone legate alla classe militare ancora al potere.

Una grande speranza è riposta nella Signora (Aung San Su Kye) il cui partito l’NLD ha recentemente vinto le elezioni dando il via alla transizione verso la democrazia, ma lasciando una grossa parte del potere in mano ai militari cui, in base alla costituzione è riservato in ogni caso il 25% dei seggi in parlamento. Le persone con cui abbiamo parlato concordano nel considerare educazione e salute i due settori prioritari di intervento. I tempi del cambiamento percepito e generalmente esteso alla popolazione non possono che essere lunghi. Qualcuno ha azzardato anche 15 anni, auspicando un interessamento dell’Europa, a cui si guarda con attenzione. E sperando che non vengano messe in atto manovre destabilizzanti per sovvertire in maniera strisciante i risultati elettorali e giustificare il ritorno dei poteri forti.

Culturalmente il ruolo della religione sembra fortissimo. Il paese è al 90% Buddista e ci è sembrato che la pratica religiosa sia veramente diffusa: i templi sono generalmente affollati, è normale porre fiori dinanzi all’immagine casalinga del Buddha, è ugualmente usuale arricchire l’immagine del Buddha nei templi con foglie d’oro, tanto che alcune di queste statue sono ormai diventate irriconoscibili.

Accanto al culto religioso anche l’astrologia è pratica comune: si ricorre all’astrologo per scegliere il nome del nascituro, ma anche per prendere decisioni politico-amministrative……

I paesaggi che abbiamo attraversato sono … forti, belli. In febbraio siamo alla fine della stagione secca e la campagna è riarsa, polverosa e i colori spaziano dal giallo al marrone. Quella che purtroppo è completamente carente è la cura del territorio e la consapevolezza che preservarlo costituisce un’esigenza imprescindibile per il futuro del paese. La plastica è onnipresente. Nei piccoli centri al mattino si brucia, indistintamente, l’immondizia del giorno precedente. Del sistema fognario … meglio non parlare. La fragilità ecologica è palpabile. La sensazione è che un paese bellissimo potrebbe in poco tempo deteriorarsi in modo irreversibile.

Le persone e gli incontri

Le persone che puoi incontrare in un viaggio come questo costituiscono il punto di forza dell’intero viaggio.

In Birmania la gente è disponibile, sorridente, ospitale, pronta a condividere e a comunicare pur nella difficoltà linguistica: una deviazione per una stradina polverosa in un villaggio ci ha portati a incontrare prima una scuola, con la classe aperta sulla strada e le ragazze che ci hanno fatto entrare, mostrandoci i loro lavori, poi una signora anziana che ci ha accolti nel cortile della sua casa, facendoci accomodare su sgabelli in legno accuratamente spolverati: pur nell’impossibilità di ogni comunicazione verbale, il senso di accoglienza che traspariva dal suo gesto è stato molto toccante.

In generale le persone non hanno problemi a farsi fotografare, anzi quando lo si chiede ne sono contente. Questo atteggiamento consente al turista-fotografo (quello rispettoso) di essere meno invasivo e di instaurare un canale di comunicazione che rende più viva la foto.

Luoghi d’elezione per comprendere un paese, come sempre, sono i mercati. Per i loro colori, per gli odori, per gli incontri che si possono fare, perchè rappresentano uno spaccato genuino della vita locale, tolta l’inevitabile zona dedicata ai souvenir turistici. Danno la dimensione della disponibilità dei prodotti – quali prodotti e in che quantità – degli usi quotidiani, l’abitudine al cibo di strada, per esempio, l’uso di seccare il pesce, che assume strane forme caratteristiche, per conservarlo; la presenza di grandi quantità di fiori recisi per ornare le immagini casalinghe del Buddha.

Gli incontri

Padre J. un sacerdote cattolico che gestisce un dispensario medico in una zona a nord di Mandalay e ci racconta il suo rapporto continuo con gli abitanti della sua diocesi, cattolici, in piccolissima parte, e non.

Daw Aye, una dolce signora buddista, praticante, che gestisce un piccolo commercio ad Amarapura e ci accompagna lungo un’intera giornata in una passeggiata sul ponte U-Bein fino alla Pagoda di Kyauk Taw che visita con noi, cercando di trasmetterci con semplicità i principi fondanti del buddismo. E alla fine del giorno, al momento di congedarci, ci regala dei dolci con grande generosità.

Un giovane monaco del monastero di Mahagandayon (sempre ad Amarapura) che ci racconta dei suoi studi e del suo desiderio di visitare l’Occidente, per entrare in contatto con lo spirito del buddismo filtrato dalla cultura occidentale.

I ragazzi che partecipano al progetto di restauro di mobili in teak Helping Hands, a Yangon, orgogliosi del proprio lavoro.

Una festa per il noviziato di un ragazzo, che incontriamo lungo la strada per Monte Poma. Sentiamo la musica, ci avviciniamo curiosi e siamo subito invitati a entrare, a sedere sulle stuoie, ci viene offerto del cibo. E per fortuna che possiamo contraccambiare con caramelle di zucchero di palma appena acquistate lungo la strada!

E infine tutte le persone che ci hanno sorriso, che si sono volute fotografare con noi, i bambini che fiduciosi si sono fatti prendere in braccio senza timore.

L’itinerario

L’itinerario è quello classico di un viaggio in Birmania: Mandalay, Bagan, il lago Inle, Yangon, per complessivi 15 giorni, più due di viaggio.

Ognuno di questi posti ci ha riservato emozioni importanti, nate dall’aver cercato di entrare in contatto con la gente del luogo, aldilà della barriera linguistica, prendendosi, ove possibile, tempi lenti, per curiosare in giro, perchè ogni deviazione può riservare una sorpresa.

Oltre ai monumenti e ai siti più conosciuti e noti, che ovviamente valgono tutti la pena di essere visitati, mi piace ricordare alcuni luoghi, momenti, situazioni che ho particolarmente apprezzato.

A Mandalay, il mercato della giada. È il luogo dove grossi blocchi di giada vengono portati, tagliati, lavorati e commercializzati. È poco frequentato dai turisti, ma molto interessante, anche sotto il profilo sociologico, con una divisione dei ruoli nell’ambito della lavorazione e del commercio precisa e riconoscibile. Accanto a questa attività, come ritroveremo in tutti i mercati, c’è una zona dove si prepara il cibo e si mangia.

L’antica città Ava (Innwa) dove si stanno riportando alla luce alcuni reperti archeologici, in una zona che continua a essere abitata dalla popolazione locale con una affascinante commistione, da girare in bicicletta possibilmente con l’aiuto di una guida disponibile a scoprire posti fuori dagli itinerari turistici.

Ad Amarapura, il ponte U-Bein da percorrere tutto, fino in fondo e poi arrivare fino alla pagoda, frequentata solo da birmani, e mangiare un piatto di noodles in una delle “bettole” sulla strada, insieme alla gente del posto. Il laboratorio tessile dove viene lavorata la seta su telai ancora azionati a mano, con grande destrezza dalle operaie, seppur in condizioni igienico-ambientali pessime.

La piana di Bagan con i suoi oltre tre mila edifici religiosi (templi, pagode, stupa) risalenti a un arco temporale di diversi secoli (dall’11.mo al 18.mo) è uno spettacolo a cui dedicarsi con calma, tenendo conto che è un posto molto caldo. La notizia arrivata fino a noi durante il viaggio di impedire la salita sulle terrazze dei templi (dalle quali il panorama è di grande impatto emotivo) ha il fine di preservare i monumenti, senza dubbio, ma appare un po’ drastica: forse sarebbe opportuna una “gestione più attiva” dell’intero comprensorio… A Bagan alcuni di noi hanno fatto l’esperienza di una cooking class di cucina locale, presso una signora birmana che utilizza quest’attività per finanziare una piccola biblioteca, apprezzando molto l’iniziativa che ha permesso loro di entrare direttamente una casa birmana.

Tutta la zona del Lago Inle è fortemente attrattiva per il turista in quanto mette insieme diverse componenti: edifici religiosi, mercati, natura, attività artigianali. Il rischio è che per far fronte alla crescente domanda turistica, in mancanza di un piano di sviluppo complessivo, il territorio sia oggetto di una cementificazione incontrollata, di cui si vedono già i primi segni. Il lago lo abbiamo visitato su piatti barchini di legno che ospitano fino a cinque persone, più il barcaiolo e si addentrano tra i villaggi costruiti su palafitte, in mezzo ai floating gardens, per arrivare ai grandi mercati che si svolgono sulle rive, ogni giorno in una diversa località. Una menzione particolare al complesso di Inn Dein, dove è raccolto oltre un migliaio di stupa decorati, alcuni molto antichi, sui quali sono cresciute piante che fanno ricordare, in piccolo, Angkor Wat.

La grotta di Pindaia raggiungibile in un paio d’ore di auto da Nyaung Shwe, nella quale sono raccolti un numero incredibile di Buddha ricoperti d’oro, di diverse dimensioni, accolti in ogni nicchia naturale disponibile nella grotta: è un posto che emana un forte senso di spiritualità anche per la devozione che esprimono i birmani in visita. Molto godibile dal punto di vista paesaggistico è la strada che da Nyaung Shwe porta a Pindaia. Attraversa zone coltivate di una terra ocra vivo, punteggiata da piccoli specchi d’acqua dove i bambini sguazzano in mezzo ai bufali, le donne fanno il bucato, le più giovani le loro abluzioni.

Nei pressi di Nyaung Shwe il monastero di legno Shwe Yan Pyay, per la formazione dei giovani monaci, molti ancora bambini, e a lato un piccolo edificio labirintico, dove in minuscole nicchie sono raccolte innumerevoli statuette di Buddha, donate per devozione da persone provenienti da tutto il mondo, in una cornice di decorazioni orientali molto suggestiva.

Yangon è una città caotica, sporca, inquinata, in poche parole… difficile. Spostarsi da un posto all’altro richiede tempo, con la certezza di rimanere imbottigliati nel traffico. Arrivarci alla fine del viaggio, un po’ stanchi, dopo aver visto molti bellissimi luoghi, aver fatto incontri importanti, forse non ci ha permesso di goderne appieno. Da non perdere, malgrado la fatiscenza degli stabili, il quartiere coloniale, una volta il più bel quartiere coloniale inglese del sudest asiatico. Una segnalazione per Pomelo, una bottega di commercio equo, con prodotti artigianali che incontrano il gusto occidentale e in alcuni casi utilizzano materiali riciclati.

In conclusione: il viaggio in Myanmar è un viaggio antropologico dove l’incontro con i birmani rappresenta l’aspetto più interessante.

Il paese è incredibilmente “fotogenico” e molto gratificante per il fotografo.

La cucina birmana è, tutto sommato, buona. Forse un po’ monotona dopo quindici giorni, ma non eccessivamente speziata e con un grande uso di verdure.

Per gli alberghi la nostra esperienza è stata non sempre felice e il punto veramente critico è quello dell’igiene.

I libri

– Myanmar, in Birmania alla scoperta dei tesori d’Oriente (Ed. Polaris) di Claudio Bussolino e Simone Sturla: è una guida con una ricchissima parte generale sulla cultura, la religione, la storia del paese;

– Myanmar, Guida Lonely Planet;

– Passeggiate in terra buddista – Birmania di Christine Jordis scrittrice francese che ha lungamente viaggiato nel paese;

– Myanmar, dove la Cina incontra l’India di Thant Myint U, storico birmano che insegna all’università di Cambridge.

Il viaggio aereo: Quatar Airlines con scalo a Doha. Puntuale, buon servizio, aerei moderni.

Spostamenti interni: abbiamo utilizzato autobus di linea da Mandalay a Bagan e da Nyanung Shwe a Yangon (viaggio notturno), volo aereo da Bagan a Heho. Per gli spostamenti locali auto o van a nolo, ma anche pick up (con o senza panche!).

Hotel

Mandalay: Nadi Myanmar Hotel, di medio livello, pulito. Ha accanto un centro di Thai Reflexology (Amaravati) dove fanno un massaggio ai piedi indimenticabile (una volta fatto, ti sembra di … volare!)

Bagan: Thurizza Hotel, di buon livello, con una bella terrazza per la colazione, dalla quale si ammira il panorma della Old Bagan

Nyaung Shwe: Nan Da Wunn Hotel, appena accettabile, al netto dell’invasione di formiche. Bungalow in legno, con un certo fascino, ma che avrebbero bisogno di importanti interventi di restauro.

Yangon: Golden City Hotel, da dimenticare

Ristoranti

Mandalay: Green Elephant

Bagan: Seven Sister (ci siamo andati tre volte!) e Moon, vegetariano all’interno della zona archeologica

Yangon: House of Memories, nella casa dove stata firmata l’indipendenza della Birmania dall’impero britannico: affascinante. Monsoon (proprio accanto a Pomelo): di buon livello con cucina orientale varia. Suzuki Coffee, nel quartiere coloniale, ha un buon caffè e ottimi succhi di frutta freschi.

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Lago Inle - mercato

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Bagan- Schwezigon Pagoda

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Yangon - Schwedagon Pagoda

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Pescatore sul Lago Inle

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Old Bagan - Panorama

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Aung San Su Kye



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