Ungheria Occidentale e Lago Balaton

Pannonia. Le parole dei grandi poeti ungheresi, le rapsodie, le spoglie del flagello di Dio custodite in un angolo misterioso di questa terra disegnano questi contorni con meticolosa precisione. La calma serafica del “mare d’Ungheria” si nota persino nel contrasto tra le tinte delle acque e quelle del cielo magiaro. A pochi passi da...
Scritto da: FraRu111
ungheria occidentale e lago balaton
Partenza il: 29/01/2008
Ritorno il: 31/01/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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Pannonia. Le parole dei grandi poeti ungheresi, le rapsodie, le spoglie del flagello di Dio custodite in un angolo misterioso di questa terra disegnano questi contorni con meticolosa precisione. La calma serafica del “mare d’Ungheria” si nota persino nel contrasto tra le tinte delle acque e quelle del cielo magiaro. A pochi passi da Keszthely, località il cui nome significa propriamente “castello”, il paesaggio lacustre invernale è malinconico e gli stabilimenti balneari attivissimi nella stagione estiva sono ancora nel più profondo letargo. Ma quando hai davanti il Balaton capisci che effettivamente di lacustre c’è poco aldilà della fauna e della dolcezza delle acque e l’immaginazione carpisce perfettamente quanto radicale possa essere la trasformazione di queste coste nella stagione estiva. Il complesso architettonico Festetics rappresenta la grande attrattiva di questa cittadina. Il castello, di stile neorococò e circondato da curatissimi giardini, ospita il Museo Helikon e l’omonima biblioteca, l’unica del paese rimasta perfettamente intatta nonostante le turbolenze opposte dalla storia. Una strada chiusa al traffico e ricca di negozi e trattorie tipiche mette in collegamento il complesso col resto della città. Dirigendoci verso la nostra base, Heviz, pranziamo in una classica trattoria ungherese, la Piroska Csarda in località Gyenendies (in ungherese la Csarda è una sorta di casa di campagna e il termine è di trattorie con questo nome se ne trovano a iosa), dove ci servono una zuppa forte di pesce, un piatto di pesce impanato con contorni vari (d’altronde siamo in zona lacustre) e un dolce, il tutto innaffiato da una serie di vini locali concessici in assaggio.

Heviz è a due passi e il primo aspetto che balza all’occhio è la differenza edilizia con le città vicine percepibile nel cemento dei numerosi hotel che a macchia di leopardo caratterizzano il paesaggio locale. La cittadina rappresenta una delle località termali più rinomate del continente e il suo cuore pulsante è costituito dall’omonimo lago termale, il più grande d’Europa e il secondo al mondo nel suo genere. Le sue acque, che nel periodo caldo dell’anno appaiono ricoperte di ninfee rosse importate dall’India, sgorgano dal cratere di un geyser e costituiscono un efficace rimedio contro i reumatismi e le infiammazioni articolari. A mò di arterie una moltitudine di canali permette ad esse di confluire nelle varie strutture termali della zona. E’ proprio qui, precisamente al Rogner Lotus Hotel, che abbiamo alloggiato concedendoci due giorni in una struttura con piscine di tutti i tipi e saune, il tutto in compagnia di persone provenienti da dieci diversi paesi con cui, condividendo i pasti e le immersioni in piscina, abbiamo interloquito piacevolmente in inglese. La cena a buffet libero ci ha permesso di provare le varie specialità della cucina magiara tra cui il Gulash, gli squisiti salumi ungheresi e la Palpuszta, un formaggio lievemente piccante, ma non mancavano comunque la pasta e pietanze adatte anche per i non amanti della cucina del posto (pochi…La cucina ungherese è davvero ec-ce-zio-na-le) Spostandosi verso ovest si arriva alla reggia di Fertod, denominata nei secoli scorsi la Versailles ungherese per la sua magnificenza. Appartenuta alla famiglia Esterhazy, una delle più nobili d’Ungheria i cui eredi ancora oggi detengono parte dell’edificio, fu fatta erigere nel 700 dal principe Miklos il Magnifico che ne fece un vero gioiello. Tra gli ospiti di corte figurava Joseph Haydn a cui fu affidata la direzione delle iniziative artistiche di corte; ancora oggi annualmente la città ospita un Festival internazionale ad egli intitolato. Alla morte di Miklos, l’edificio cadde in disgrazia e solo negli ultimi anni i restauri lo hanno restituito all’occhio dei visitatori. Oggi solo parte della reggia è aperta al pubblico, ma il turismo magiaro per il futuro punta molto su Fertod e sul definitivo rilancio di questo splendido edificio che secondo alcune cronache d’epoca suscitò persino le invidie della famiglia asburgica.

Dirigendosi verso il confine austriaco, l’Ungheria concede un cenno di saluto nello spiccare della torre del fuoco (Tuztorony) di Sopron, simbolo di una città molto particolare in cui si percepiscono sin da subito la vicinanza all’Austria (segnalazioni e cartelli stradali scritti sovente anche in tedesco e architettura degli edifici più vicina allo stile austriaco) e le tracce di dominazione romana. Sopron è una città ricca di musei alcuni dei quali curiosissimi, come quello della farmacia e quello della panificazione. Dopo un giro per la città pranziamo in un ristorantino del posto (zuppa con canederly di fegato, carne di maiale con contorni e torta) dove abbiamo la conferma che le torte ungheresi sono quasi meglio di quelle austriache.

La prima cosa che balza all’occhio quando si entra in Ungheria sono i cartelli segnaletici. Il celebre musicista brasiliano Chico Buarque dedicò un romanzo alla complessità della lingua magiara, “l’unica per cui il diavolo abbia rispetto”. Il fascino trova più di un riscontro da queste parti. Curiosità e immaginazione costituiscono l’unico bagaglio a cui non si può rinunciare per avventurarsi in questi angoli d’Europa.



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