È uno dei laghi più grandi d’Europa, e sulle sue sponde natura e castelli si alternano tra paesaggi belli (e accessibili)
Questa volta finalmente una vacanza con tutta la famiglia, ci sarà da pedalare, ma almeno con il babbo ed entrambe le sorelle a dare una mano non dovremo evitare tutte le attrazioni non perfettamente accessibili. Si parte quindi per l’Ungheria e si comincia con il lago Balaton, uno dei più grandi d’Europa. Questa volta vi spezzetto il viaggio in tre articoli, altrimenti se dovessi mettere tutti i quindici giorni insieme più che un articolo farei prima a scrivere un libro! Partiamo quindi con cinque giorni intorno al lago Balaton, poi ci dirigeremo a Budapest. Ah, in caso non vi sia venuto in mente, vi ricordo che in Ungheria non hanno l’euro, una volta arrivati pensate magari a procurarvi qualche contante a meno ché non pensiate di pagare sempre con la carta.
Indice dei contenuti
Diario di viaggio sul lago Balaton
Primo giorno: viaggio
Arrivare fino al lago Balaton in macchina non è proprio un viaggetto corto, da Modena ci abbiamo messo otto ore; in pratica abbiamo passato la giornata in autostrada. Alla fine siamo arrivati a Keszthely a metà pomeriggio e dopo aver appoggiato le valige all’appartamento che avevamo preso ci siamo diretti al lungo lago Balaton per trovare un posto dove cenare. La passeggiata si è rivelata perfettamente accessibile e anche molto carina, in più nei dintorni c’erano vari locali dove mangiare per tutti i gusti; devo dire che non avevo mai assaggiato del pesce gatto prima, ed era anche buono.
Secondo giorno: Keszthely e il suo palazzo
Dopo tutto quel tempo in macchina il giorno prima, l’unica cosa a cui abbiamo pensato è stata di visitare qualunque attrazione, purché fosse raggiungibile a piedi. Dunque non ci rimaneva che fare due passi per la cittadina e cominciare a visitare il complesso del castello. Dico complesso perché il percorso completo comprende vari musei ed esposizioni, io consiglierei di cominciare dall’esposizione dei viaggi aristocratici (travelling aristocratics exposition), visto che si trova fuori dal castello ed ha una biglietteria a parte, dove si possono comunque prendere anche i biglietti per il palazzo, ma praticamente non c’è fila, mentre nella biglietteria del castello potreste trovarne un bel po’. Per i disabili basta farsi accompagnare all’entrata carraia e si arriva dentro senza problemi; vedendo come si viaggiava circa un secolo e mezzo fa, forse le otto ore di macchina non sembreranno più così terribili. Le carrozze hanno il loro fascino, ma è meglio non avere fretta se si deve usarle.
Dopo l’esposizione abbiamo finalmente cominciato ad esplorare il castello, a partire dai giardini, che ci hanno dato qualche grattacapo in più tra un paio di punti con troppa ghiaia e serre dai passaggi un po’ strettini per la carrozzina. Comunque la maggior parte siamo riusciti a girarla, compresa l’area del Bird park, dove c’erano diverse specie di papere, ma purtroppo era tardi per gli anatroccoli. Poi siamo passati al museo delle carrozze e qui si poteva salire su un calesse, abbiamo quindi constatato che i sedili non erano proprio il massimo della comodità già da fermi, non voglio immaginare in movimento con tutti gli scossoni e le strade sconnesse dell’epoca. Ma quello che proprio non mi aspettavo di trovare erano delle slitte, un tempo doveva fare un bel freddo da quelle parti! Girando per il castello si ha la sensazione di immergersi nel mondo dell’aristocrazia ungherese dell’800 e visto che una delle attività preferite dei nobili era la caccia, non poteva mancare un’esposizione di trofei di caccia. Io di solito non sono impressionabile, ma vedere tanti animali impagliati o tante pelli può dare fastidio, mia sorella non vedeva l’ora di uscire. O meglio di arrivare all’ultimo piano dove c’era un grande plastico con i trenini che giravano nei luoghi più famosi di Keszthely e dell’Ungheria. Qui alcuni punti erano veramente impraticabili con la sedia a rotelle un po’ per via di qualche scalino un po’ per la larghezza dei passaggi. A questo punto andiamo al castello? Un momento, ormai è ora di pranzo, quindi o si prende una fetta di torta alla caffetteria o se si preferisce del salato bisogna uscire e andare in uno dei ristoranti sulla strada (non ci sono problemi con i biglietti anche se si entra e si esce dai giardini).
Ora che ci siamo finalmente rifocillati, andiamo a visitare il palazzo vero e proprio, anche qui ci è toccato litigare con alcune porte troppo strette, ma alla fine abbiamo saltato solo una delle due biblioteche. Ad un certo punto tra salottini cinesi e normali abbiamo trovato il ritratto di un bambino vestito alla moda scozzese e scoperto che un membro della famiglia aveva sposato appunto una nobildonna scozzese, non solo i reali a quanto pare trovavano moglie all’estero.
Abbiamo finito per oggi? Non proprio, dato che era ancora presto abbiamo pensato di fare due passi nel centro di Keszthely, che in realtà è poco più che la strada principale, e poi dirigerci al Museo della Civiltà Contadina (Georgicon Major Museum); d’altronde avevamo visto come vivevano i nobili, era il momento di scoprire la vita dei contadini. La visita è stata faticosa perché abbiamo trovato gradini praticamente ovunque, l’unica parte veramente accessibile era la fattoria, dove c’erano gli animali. Comunque una cosa l’abbiamo capita: in passato la maggior parte della gente aveva una vita veramente dura.
Terzo giorno: Sümeg
Ci siamo poi decisi a riprendere la macchina per andare al castello di Sumeg. Raggiungere il castello, che si trova su una collina, non è facile; la strada si può percorrere soltanto a piedi ed è una salita lunga e piuttosto ripida. L’unico modo per far salire una persona disabile con la macchina è avvisare con un certo anticipo il castello e farsi accompagnare con la loro auto, ma il servizio è a pagamento. Di certo il castello merita una visita soprattutto se ci sono dei bambini, perché il cortile è costellato di giochi e durante la giornata sono previste numerose attività dalla dimostrazione dal volo con i rapaci, al tiro con l’arco, fino alla possibilità di salire in groppa ad un pony. Purtroppo l’accessibilità è veramente scarsa, perché senza incappare in qualche scalino si riesce a mala pena a girare per il cortile e a raggiungere il bagno disabili, per accedere a tutte le stanze ci sono almeno due o tre gradini, per non parlare delle stanze del signore al primo piano o del giro sulle mura, quelli hanno delle intere rampe. Accanto al parcheggio del castello invece c’è il campo dove una volta al giorno si esibiscono i cavalieri, a quanto ho capito io fanno proprio la giostra come nel Medioevo; purtroppo ce la siamo persa a causa dell’orario. Dopo aver passato la mattina al castello ed aver pranzato in un parco accanto ai parcheggi, dove c’erano un gruppo di casette che sembrava quasi un mercatino che facevano dei piatti veloci, abbiamo ripreso la macchina e ci siamo diretti nel centro di Sümeg.
Qui abbiamo visitato il Palazzo del Vescovo (Püspöki Palota) e ho dovuto fare un bel po’ di scale, d’altronde se fossi rimasta al piano terra avrei visto a mala pena la cappella e le cucine. Il problema è che oltre a non esserci l’ascensore per il primo piano, in giro per i corridoi, praticamente ogni due o tre stanze, ci si imbatte in gruppi di quattro o cinque scalini. Adesso però vi faccio ridere; provate ad indovinare qual è la particolarità di questo palazzo? L’abbondanza di latrine! Addirittura in una qualcuno si è divertito a disegnare dei teschi sul muro, per quanto riguarda il motivo… forse non è il caso di indagare.
Le ultime due visite della giornata sono state invece un errore e un fiasco, quest’anno la mamma ha dovuto organizzare le vacanze troppo in fretta. La prima è stata la Chiesa Francescana (Sarlós Boldogasszony-Kegytemplon) che si trovava nella piazza di fronte al palazzo e che noi abbiamo scambiato per la chiesa principale di Sümeg; dunque, mi sono dovuta fare i sei scalini davanti all’ingresso per niente. In realtà non che l’interno fosse proprio anonimo, ma comunque niente di speciale. Il fiasco completo è stata invece la casa natale del poeta Sandur Kisfaludy, che è segnalata da diverse guide turistiche; tralasciando il fatto che la bigliettaia non è riuscita ad aprire metà della porta, quindi oltre a salire due scalini abbiamo dovuto chiudere la sedia a rotelle per riuscire ad entrare, l’interno si è rivelato quello di una normalissima casa benestante di un paio di secoli fa, praticamente senza nessuna particolarità o spiegazione.
Quarto giorno: i dintorni e le terme di Hévíz
La mattina abbiamo cominciato con il Museo Balaton, l’ultima attrazione di Keszthely che era rimasta da vedere. Il museo racconta la vita sulle rive del lago Balaton dalla preistoria ai nostri giorni, quindi andiamo da fornaci dell’Età del Bronzo alle lussuose vacanze della nobiltà di fine Ottocento.
Almeno qui non abbiamo avuto problemi di accessibilità, ad eccezione di un elevatore che sulle prime non ne voleva proprio sapere di funzionare. Dopo il museo abbiamo sfidato il brutto tempo e siamo andati alla Riserva del Bufalo d’Acqua (Water Buffalo Reserve) a Kápolnapuszta. Si tratta di una riserva naturale appunto per la protezione dei bufali d’acqua, il centro visitatori era accessibile e anche i sentieri erano facilmente percorribili con la sedia a rotelle. La visita prevede di costeggiare i recinti dove vivono i bufali, che però sono molto grandi; dunque a seconda di dove si mettono gli animali non è scontato vederli, c’è poi un area con alcuni animali da fattoria che si possono anche coccolare. Il percorso breve non ha distanze improponibili, per quello lungo (che noi non abbiamo fatto a causa del brutto tempo) il discorso è un po’ diverso, eventualmente c’è la possibilità di fare il giro con i veicoli del parco, ma è a pagamento. La tappa successiva è stata il Museo del Kiss Balaton (Little Lake House) a Zalavár, un’altra riserva naturale che comprende il Piccolo Balaton (Kiss Balaton), un piccolo specchio d’acqua poco distante dal lago Balaton. Anche qui il piccolo museo racconta la storia del luogo, ma questo purtroppo aveva il primo piano non accessibile; c’era anche una passeggiata, ma il tempo era decisamente peggiorato e non ci siamo fidati. A quel punto il problema è stato mangiare, perché in generale nei paesini più piccoli non c’è neanche il bar. A quanto pare l’unico punto dove fermarsi a prendere un panino sono le stazioni di servizio, ovviamente nelle cittadine più grandi i locali ci sono.
Ultima tappa della giornata le terme di Hévíz. Lì infatti c’è un lago caldo naturale sul quale è stato costruito un centro termale. Ci siamo andati tardi perché nelle ultime due ore l’ingresso è molto scontato. Però devo dire che malgrado la presenza nello stabilimento dello spogliatoio e dei bagni per i disabili, l’accessibilità del lago termale è veramente discutibile. Il problema è che il lago è profondo dai 2,50 ai 30 m, non si tocca. Se non si è in grado di nuotare l’unico modo è farsi calare in acqua con una sorta di sedia a sdraio, ma comunque poi la sedia rimane ferma lì, sempre che il personale non brontoli perché è tardi. Hévíz è molto turistica, quindi una volta usciti non è difficile trovare un ristorante dove cenare.
Quinto giorno: in viaggio verso Budapest
Dato che il tragitto dal lago di Balaton verso Budapest era decisamente più breve di quello da Modena, abbiamo potuto fermarci lungo la strada a visitare due castelli. Il primo è stato il Palazzo Nádasny, un castello costruito nell’Ottocento prendendo a modello palazzi inglesi, si vede infatti che non è medioevale, ha un aspetto un po’ troppo da fiaba e i saloni sono decisamente ottocenteschi. Il piano terra è accessibile grazie ad una rampa sul retro, mentre per arrivare al primo piano c’è una scala a chiocciola con i gradini un po’ stretti; comunque tutte le sale più belle sono al piano terra quindi non ci si perde molto se si salta il primo piano. La sala più bella è senza dubbio la veranda, ha una magnifica vista sul giardino all’inglese. Anche il giardino è facile da girare, ad eccezione di una collinetta un po’ ripida, il giro intorno al laghetto merita.
Arrivati quasi alle porte di Budapest ci siamo fermati a Martonvásár, per un altro castello; e qui abbiamo trovato un forno che aveva anche dei panini, quindi almeno abbiamo pranzato, ma poi abbiamo avuto una brutta sorpresa scoprendo che il Castello Brunszvik è sede dell’università quindi non visitabile. Le uniche cose che siamo riusciti a vedere sono stati un piccolo museo sull’agricoltura, che avrebbe anche avuto dei giochi divertenti se non fosse stato tutto scritto in ungherese. Poi in alcune sale al piano terra un museo su Beethoven, che soggiornò qui, che ci ha dato qualche grattacapo per via di vari gruppi di scalini sparsi tra le varie sale, infine il parco. Effettivamente l’isola in mezzo al laghetto era abbastanza pittoresca e il castello è molto bello anche visto da fuori, inoltre i viottoli non erano difficili da percorrere con la sedia a rotelle, ma non abbiamo ben capito come mai tutte le guide turistiche lo segnalassero come una tappa quasi obbligata nella zona. A quel punto abbiamo ripreso la macchina e, lasciando definitivamente la zona del lago Balaton siamo andati all’appartamento a Budapest.