Un mese tra le isole della Polinesia Francese

INTRODUZIONE Tre anni fa ho effettuato un giro del mondo che aveva toccato Singapore, l’Australia, la NZ, le Fiji e le Cook: avevo intenzione di fermarmi anche in Polinesia Francese al punto che, acquistando il biglietto RTW, avevo previsto uno stop a Papeete. Poi ho eliminato la tappa polinesiana per motivi di tempo e di soldi, promettendomi...
Scritto da: alessio_syd
un mese tra le isole della polinesia francese
Partenza il: 29/05/2004
Ritorno il: 29/06/2004
Viaggiatori: da solo
INTRODUZIONE Tre anni fa ho effettuato un giro del mondo che aveva toccato Singapore, l’Australia, la NZ, le Fiji e le Cook: avevo intenzione di fermarmi anche in Polinesia Francese al punto che, acquistando il biglietto RTW, avevo previsto uno stop a Papeete. Poi ho eliminato la tappa polinesiana per motivi di tempo e di soldi, promettendomi di tornarci per stare alcune settimane e visitare un po’ di isole, non solo le “classiche” Moorea e Bora Bora e soprattutto cercando di limitare i danni, evitando gli alberghi e soggiornando nelle “pension de famille”. Quest’anno avevo da parte un po’ di ferie arretrate e sfruttando il ponte del 2 giugno e quello del 29 giugno (festivo a Roma) mi sono ritagliato 32 giorni di vacanza che ho deciso di passare in Polinesia Francese visitando 8 isole. Ho fatto qualche ricerca su internet prima della partenza per documentarmi sulle pensioni e leggere i contenuti di alcuni forum e naturalmente ho acquistato la Lonely Planet “Tahiti & la Polinesia Francese”. Avrei voluto spostarmi tra le isole in nave ma ciò sarebbe stato possibile solo tra le Isole della Società, e in precisi giorni della settimana, mentre i collegamenti per le Tuamotu non sarebbero stati pratici per le mie esigenze. Così, anche per recuperare il tempo perso a causa di un inconveniente che mi è capitato e di cui parlerò al prossimo capitolo, ho acquistato il Pass “Bora-Tuamotu” della Air Tahiti che consente di utilizzare tutti i voli tra i due arcipelaghi principali (Società e Tuamotu), stabilendo all’inizio l’itinerario, le date e i voli e potendo in seguito modificare date e/o orari dei voli: il Pass costa 47.500 CFP (€ 398,05).

ROMA – PARIGI – LOS ANGELES – TAHITI (29.05.04) Sono partito da Roma alle 07.00 del 29 maggio su un A320-200 di Air France per Parigi-CDG (anticipando la partenza rispetto al volo AZ previsto per le 07.30) proseguendo a bordo di un A340-300 di Air Tahiti Nui (ottima) per Papeete (via Los Angeles), dove sono atterrato alle 21.40 dello stesso giorno, ma con 12 ore in meno di fuso orario: da Parigi abbiamo sorvolato la Gran Bretagna da sud a nord per puntare verso l’Islanda, poi la Groenlandia e infine, scendendo attraverso il Canada centrale, abbiamo sorvolato lo Utah e il Nevada (bellissimi il Bryce Canyon e i Lake Mead visti dall’alto). La mia valigia invece, imbarcata da Roma direttamente per Papeete, qualcuno ha deciso di lasciarla ancora un po’ a Parigi e di farla arrivare all’alba del 31 maggio con il primo volo utile.

TAHITI (29.05.04 – 31.05.04) Sono stato quindi costretto a soggiornare in un albergo, per avere un minimo di “comodità” che potessero compensare in parte l’assenza del bagaglio per due giorni. Ho scelto il Sofitel Maeva Beach, 14.550 CFP, 121,92 € a notte (secondo me non li vale), ma con stanze anonime e da restaurare. Air Tahiti Nui mi ha dato 8.500 CFP, 71,23 €, per le spese di emergenza. Il mio programma di viaggio prevedeva di dormire il sabato notte a Papeete per andare a Moorea già la domenica mattina ma l’inconveniente mi ha costretto a restare a Papeete ben due notti ed aspettare il lunedì mattina la restituzione della valigia, per iniziare il mio giro delle isole. Pensavo che bisognava pagare un “prezzo” per godere della bellezza di certi posti al mondo…E credevo che il ritardo nella consegna del bagaglio fosse sufficiente…Invece…Domenica 30 maggio è la Pentecoste e a Tahiti viene festeggiata a partire dal venerdì precedente per tutto il fine settimana, quindi servizi quasi inesistenti la domenica, Ufficio del Turismo chiuso, negozi chiusi, traghetti per Moorea ridotti a uno la mattina presto e uno la sera, aperto solo il solito McDonald’s. Il piano b) che prevedeva di andare all’Ufficio del Turismo per organizzare l’itinerario tra le isole e gli spostamenti in nave (traghetto o cargo) l’ho dovuto rimandare ai giorni successivi.

MOOREA (31.05.04 – 04.06.04) Lunedì mattina, appena un taxi mi ha portato la valigia in albergo, sono salito sullo stesso taxi per andare al porto di Papeete, al molo di imbarco del Moorea Ferry, uno dei catamarani che collegano frequentemente durante il giorno Papeete e Moorea in 30 minuti (900 CFP, 7,5 €, a tratta). Lo sbarco a Moorea avviene al porto di Vaitape, da dove partono, pochi minuti dopo l’arrivo del traghetto, i “truck”, i colorati autobus locali (300 CFP, 2,5 €, a corsa) che percorrono nei due sensi l’unica strada dell’isola, avendo come punti di partenza/arrivo, Vaitape e Punta Hauru, sulla costa ovest dell’isola. Proprio sulla costa di Punta Hauru, avevo deciso di soggiornare ed in particolare al Camping Chez Nelson. Sono arrivato al campeggio senza aver prenotato (a giugno non c’è grande afflusso di turisti) ed ho scelto la sistemazione tipo ostello, una stanza che dividevo con un’altra persona, ma ci sono anche altri tipi di sistemazioni, vedi per questo la LP. Mi sento di confermare in pieno il giudizio che si legge sulla LP a proposito del campeggio, è decisamente pulito, c’è anche una cucina in comune, ma i gestori non si prodigano in sorrisi. Ho pagato 1.300 CFP, 10,89 €, a notte, perché per soggiorni prolungati (4 notti nel mio caso) si ha uno sconto rispetto ai 1.600 CFP di listino. Vicino ci sono due supermercati, si possono noleggiare bici, c’è un centro commerciale con banca, Europcar e negozi vari. Durante la permanenza sull’isola, a parte stare in panciolle a prendere il sole nella spiaggia del mio campeggio e nelle spiagge di alcuni alberghi nelle quali mi “imbucavo” (Sofitel, Les Tipaniers, la spiaggia del Beachcomber è finta), perché dopo quasi due anni di lavoro ininterrotto mi servivano dei giorni di totale relax, ho affittato un’auto all’Europcar per fare il giro dell’isola (Daewoo Matiz, 7.000 CFP, 58,66 €, per 8h.). Sicuramente il punto più bello dell’isola è il Belvedere, che si trova in posizione panoramica per la Baia di Oponohu (bellissima) e la Baia di Cook (che si chiama così anche se Cook è arrivato nell’altra baia). Il panorama è molto bello perché il Belvedere si trova esattamente al centro tra le due baie, di fronte al monte Rotui che le divide. Dietro i picchi, le creste delle montagne che individuano il profilo del cratere una volta esistente e di cui le due baie sono l’ideale continuazione. Il bagno l’ho fatto nella spiaggia del Sofitel: tenete presente che gli accessi alle spiagge degli alberghi sono liberi, quindi si può fare il bagno e prendere il sole entrando in qualsiasi albergo liberamente. Quello stesso giorno ho acquistato, all’aeroporto di Moorea, il pass dell’Air Tahiti di cui accennavo all’inizio definendo l’itinerario che poi non ho più modificato: la sosta forzata a Papeete e la frequenza non giornaliera di alcuni voli non mi consentirà purtroppo di visitare l’isola di Fakarava alle Tuamotu.

Venerdì mattina ho lasciato Moorea per andare a Huahine, il primo volo della mia vita su un ATR72, circa 35 minuti. Procedura al check-in inconsueta, senza alcun controllo del passaporto o del bagaglio e verifica del peso della valigia avvenuta posandola su una bilancia, ma soprattutto completata in pochi secondi (!). Il lato migliore per vedere il panorama si è rivelato quello di destra: dopo il decollo si sorvola la laguna di Moorea a Punta Hauru e poi l’intera isola di Huahine da sud a nord. Ricordate che non c’è assegnazione del posto sui voli Air Tahiti, quindi è bene salire per primi se si vuole vedere il panorama dal finestrino e scegliere la prima o l’ultima fila per limitare la vista delle ali e delle eliche.

HUAHINE (04.06.04 – 07.06.04) A Huahine ho soggiornato per 3 notti al Vaihonu Océan (1.600 CFP, 13,40 €, a notte) che si trova a pochi minuti dall’aeroporto e da Fare, il capoluogo dell’isola. Ho scelto la sistemazione in dormitorio (6 letti ma c’ero solo io) ma ci sono anche bungalow singoli/doppi, con bagni e cucina in comune (tutto molto pulito); c’è anche la possibilità di ordinare dei pasti a base di pesce, carne, pollo per cena a prezzi contenuti. La stessa pensione organizza dei tour guidati in 4×4 per l’isola di mezza giornata: ho partecipato ad uno di questi (3.500 CFP, 29,33 €) che mi ha consentito di fare il giro dell’intera isola. Più precisamente bisogna parlare di due isole, Huahine Nui e Huahine Iti, dove Nui e Iti significano rispettivamente “grande” e “piccola”, separate da due baie e collegate da un piccolo ponte. L’escursione comprendeva, durante il giro delle isole, diverse soste tra cui il sito archeologico di Maeva, molto grande e ricco di “marae”, costruito in riva al mare. L’impressione che si ricava da un giro di Huahine è che si tratta di un’isola più “selvaggia” di Moorea e meno contaminata dal turismo: ci sono pochi alberghi, quelli rimasti dopo che negli ultimi anni i cicloni ne hanno distrutti quattro.

RAIATEA – TAHAA (07.06.04 – 11.06.04) Il volo per Raiatea previsto per le 7 è partito in anticipo (!!!) di cinque minuti e per me, abituato ai ritardi nostrani, è un piccolo evento. Un brevissimo volo di 10 minuti ed eccomi accolto all’aeroporto da John, il simpatico gestore della Pension Tepua, dove avevo prenotato per quattro notti un letto in camerata (2.000 CFP, 16,76 €, a notte): c’è anche una cucina in comune e un ristorante e, unico caso nel mio viaggio, l’acqua calda. John parla anche un buon italiano avendo madre napoletana ma l’ho pregato di parlare con me in francese perchè questo viaggio è una delle poche possibilità che ho di parlarlo. Durante il breve tragitto in auto dall’aeroporto alla pensione ho detto a John che durante la mia permanenza avevo intenzione di effettuare un’escursione a Tahaa e così mi ha promesso di informarsi sulle disponibilità nei giorni a seguire. E’ da notare, e ciò vale per tutte le isole, che le escursioni vengono effettuate con un minimo di partecipanti (di norma 4) e, poiché giugno non è un periodo di grande affluenza turistica, per questo motivo potrebbero non essere organizzate tutti i giorni. Nel seguito del viaggio ho dovuto a volte subire questa “regola”. Poco dopo John mi dice che c’è la possibilità di effettuare l’escursione il giorno stesso: si tratta di “L’excursion bleu”, che conoscevo per averne visitato il sito prima della partenza, del costo di 11.000 CFP ma io, in quanto cliente della pensione, avrei pagato 9.000 CFP (75,42 €); il tempo di mettermi il costume e prendere il necessario per la giornata (macchina fotografica, macchina sub, crema) e sono al molo di un albergo lì vicino dove lo skipper Bruno, un francese, è in partenza con la sua piroga a motore, accompagnato da due bellissime e simpaticissime hostess. Partenza alle 8,30 ritorno al tramonto, alle 17,30 circa. L’escursione prevede l’intero giro dell’isola di Tahaa, con alcune soste lungo il percorso. Si inizia con la visita ad una piantagione di vaniglia (Tahaa è la maggiore produttrice di vaniglia della P.F. E viene chiamata “L’ile vanille”, l’isola vaniglia) e ad una coltivazione di perle, con relativa spiegazione su come avvengono gli innesti perliferi: si prosegue per il Motu Mahavana dove è possibile nuotare con le razze all’interno di zone ben delimitate, mentre in un’altra “vasca” vengono presentate varie specie di pesci, da quelli più curiosi, tipo il pesce volante, a quelli più pericolosi,come il pesce pietra. Il pranzo era stato preparato nel motu a fianco, il Motu Atara. Il menu era quello classico di ogni escursione, pesce crudo al latte di cocco (“le poisson cru au lait du coco”), fatto con tonno crudo marinato nel lime, con pomodori, carote, cetrioli e latte di cocco, che io trovo ottimo, ma che può piacere o non piacere, pesce alla brace, riso e frutta, cocco, ananas, papaia, frutto della passione. Dopo pranzo, un giro del motu a piedi tra le palme, facendo attenzione a dove si camminava, per la presenza a terra delle tane dei granchi e per la caduta delle noci di cocco in testa e poi di nuovo in barca in direzione nord, attraversando un tratto di laguna molto bella, costeggiato da una schiera di piccoli motu che delimitano la barriera corallina dell’isola. L’ultima tappa prima del ritorno a Raiatea è stato il “giardino di coralli” situato al Motu Tautau (dove si trova il lussuosissimo Tahaa Pearl Beach Resort): abbiamo fatto snorkelling in mezzo a banchi di corallo, circondati da coloratissimi pesci, trascinati solo dalla lieve corrente proveniente dalla barriera e che portava verso l’interno. Qui ho lasciato una parte di me…In senso fisico, perché ho urtato contro un banco di corallo che mi ha provocato un taglio sul ginocchio e così ho iniziato ha lasciare una scia di gocce di sangue che fortunatamente non hanno interessato nessun abitante del “giardino”. Una volta risalito in barca, le hostess mi hanno premurosamente aiutato a disinfettare il taglio con un lime, un ottimo rimedio naturale che cicatrizza anche velocemente. Le giornate successive a Raiatea sono passate all’insegna del relax (molto in questa vacanza), a parte il giro dell’isola che ho effettuato noleggiando un’auto alla Hertz (Toyota Yaris, 6.990 CFP, 58,57 €, per 8h.). Durante la permanenza alla pensione ho conosciuto Arianna & Fabio, una coppia di Genova in viaggio di nozze: erano in giro per la Polinesia provenienti dalla Nuova Zelanda che avevano girato in camper. Oltre alle esperienze di viaggio passate, presenti e future e agli echi del calciomercato, l’ultima sera abbiamo condiviso una cena a base di rigatoni all’arrabbiata rigorosamente italiani, tra l’altro suscitando le “ire” della moglie di John, la vera “padrona” della pensione, perché abbiamo cenato utilizzando i tavolini destinati alla veranda degli ospiti che avevano optato per le stanze con veranda. Mi ha fatto piacere sapere successivamente che anche loro hanno effettuato l’escursione a Tahaa con Bruno e ne sono rimasti contenti…Ma non so se Fabio ha portato i miei saluti alle hostess… MAUPITI (11.06.04 – 15.06.04) Che dire di Maupiti…È un vero gioiello. Simile a Bora Bora per conformazione ma ancora fortunatamente lontana dal turismo di massa (e dal traffico in laguna), che caratterizza la sua “gemella”, per l’assenza di alberghi (ci sono solo una decina di pensioni tra il villaggio e alcuni motu) e per i limitati collegamenti con le altre isole che la rendono assente nei cataloghi delle agenzie e quindi sconosciuta ad un certo tipo di turismo: approfittatene per visitarla, finchè dura questo “isolamento” e prima che il probabile arrivo di un Beachcomber porti frotte di turisti come a Bora. Io ho “scoperto” l’esistenza di Maupiti alcuni anni fa in modo casuale, perché una mia amica per un periodo ha lavorato in una nave chiamata “Maupiti”: mi sono documentato per sapere cosa fosse quel nome (un nome proprio, un’isola) e l’ho scoperto vedendo delle foto su internet…Così ho deciso che doveva essere necessariamente una tappa del mio futuro viaggio in Polinesia. L’avvicinamento con l’aereo regala un bellissimo spettacolo dell’isola e della laguna, sia dai posti sul lato destro che sul lato sinistro perché di norma è necessaria una virata per l’allineamento con la pista che consente il sorvolo di tutto il lato est dell’isola; chi è seduto a destra ha il valore aggiunto della vista di Tahaa e Bora (lato sud), almeno per le partenze da Raiatea, come nel mio caso. Anche questo volo, come già il precedente, è partito in anticipo rispetto al previsto ed è durato 20 minuti. La pista è corta e inizia e finisce nell’acqua e l’aerostazione, come in molte altri aeroporti, è un semplice “fare” dove in pochi metri quadrati e spesso sullo stesso bancone sono raccolti tutti i servizi necessari. Avevo prenotato nei giorni precedenti alla Pension “Rose des Iles” di Juliette e Areti (8.500 CFP, 71,23 €, mezza pensione al giorno), si trova sul Motu Tiapaa, a sud, convinto dopo aver letto su TPC il racconto di viaggio di Irene & Rossano che vi avevano soggiornato. Mai scelta fu più azzeccata perché ho passato cinque giorni molto belli e anche “attivi”, nonostante li immaginassi come i più rilassati del viaggio. Juliette è bretone ed ha sposato in seconde nozze Areti dopo un matrimonio con un italiano, per cui qualche parola in italiano ancora la ricorda e comunque le brillano gli occhi quando le chiedi di parlare dei suoi ricordi in Italia. Negli stessi giorni della mia permanenza era presente anche una coppia di ragazzi francesi e con loro il sabato ho scalato il Monte Teurafaatiu che domina l’isola ma essendo alto meno di quattrocento metri è poco più di una collina, ma per raggiungerlo bisogna seguire un sentiero poco segnato ripido e scivoloso (la LP consiglia di farsi accompagnare da una guida), con alcuni tratti di arrampicata su rocce laviche ma quasi tutto all’ombra. La vista dalla cima è spettacolare, ripaga della fatica e del sudore per la salita, una visione a 180° della laguna verso sud nel silenzio assoluto e all’orizzonte Bora Bora e Raiatea & Tahaa. Durante la sosta in cima ci siamo rinfrescati con il pomplemousse che Juliette ci aveva dato. La discesa si è rivelata più difficile della salita richiedendo maggiore attenzione a dove si mettevano i piedi. Al ritorno al villaggio, dopo aver comprato qualcosa da mangiare all’unico supermercato aperto (e unico del villaggio) abbiamo noleggiato le bici per fare il giro dell’isola, 12 km. Di strada pianeggiante (tranne un breve tratto di salita) anche se non completamente asfaltata, sostando per il pranzo e il bagno a Punta Tereia, la spiaggia di Maupiti, con un tratto di laguna dalle acque molto basse che consentono di raggiungere a piedi il Motu Auira che si trova di fronte. Juliette e Areti, accompagnandoci la mattina al villaggio, ci avevano dato appuntamento per il primo pomeriggio. Dopo la scalata e il giro dell’isola in bici ho completato il “triathlon” con una nuotata appena tornato alla pensione…Il kayak mi sembrava troppo…Ero pur sempre in vacanza!!! Ma l’appuntamento con il kayak è stato rimandato al giorno dopo, la domenica pomeriggio, quando sempre insieme ai francesi, sono andato al motu di fronte, abitato solo da due persone, a raccogliere conchiglie sulla spiaggia che hanno riempito e appesantito il kayak, come se la corrente da superare non fosse già sufficiente. La corrente tra i due motu è più forte che in altre parti della laguna perché si trovano ai lati del Pass Onoiau, l’unico pass per accedere a Maupiti e anche tra i più pericolosi della Polinesia, a causa delle acque basse, del mare spesso mosso e della conformazione dei due tratti di barriera che lo formano che costringono le barche (non tutti i tipi di barche possono entrare) a compiere una traiettoria particolare. Poiché sapevo già tutto questo, avevo previsto che la partenza da Maupiti verso Bora Bora sarebbe avvenuta in barca invece che in aereo, per gustarmi l’esperienza dell’attraversamento del Pass. La domenica mattina invece abbiamo voluto assistere alla messa con rito protestante alla chiesa del villaggio: per l’occasione, Juliette ha consigliato a me e al ragazzo francese di “vestirci”, mentre ha prestato alla ragazza un vestito a fiori che le donne di solito mettono per le feste ed un cappello con i fiori. Ci siamo seduti in prima fila sul lato destro, nei posti riservati ad eventuali ospiti, mentre gli abitanti del villaggio, tutti vestiti elegantemente, le donne con lunghi abiti bianchi e cappelli pieni di fiori o corone di fiori in testa, gli uomini in abito scuro, occupavano le file dietro, i giovani erano seduti avanti a sinistra. La messa è stata un’alternanza di letture e sermoni da parte degli officianti e canti allegri e coinvolgenti di volta in volta iniziati dagli uomini o dalle donne. Il pastore della chiesa ha iniziato il suo sermone salutandoci (non passavamo certo inosservati) e ringraziandoci per la nostra presenza e il nostro abbigliamento, per l’occasione non troppo “vacanziero”. Il rito è stato quasi tutto in tahitiano, tranne una parte del sermone del pastore in francese. Per consentire anche a noi di seguire il rito, all’inizio della messa, un francese che vive a Maupiti, certo Frank, si è avvicinato a noi chiedendoci se parlavamo francese: alla nostra risposta affermativa si è offerto di sedersi con noi per tradurre in simultanea la messa fino all’ultima parola!!! Al termine, la moglie del pastore si è avvicinata, ci ha ringraziato, ci ha baciato ed ha regalato alla ragazza una grande corona di fiori di tiare. Il soggiorno a Maupiti non potrò dimenticarlo, sicuramente l’isola più bella tra le otto che ho visitato, forse perché ancora la più “umana”: ricorderò le chiacchierate a tavola con Juliette e Areti, il pesce impanato col cocco, l’uru, le enormi razze che nuotavano di fronte alla pensione, il silenzio che accompagnava la vista dalla cima dell’isola, il rumore delle onde che si infrangono sulla barriera corallina, la Via Lattea dopo averla vista per l’ultima volta nel deserto australiano, le conchiglie enormi che si potevano raccogliere sulla spiaggia, la corona di conchiglie che Juliette mi ha regalato al momento di partire, l’uscita dal Pass con il Maupiti Express, barca corta e alta alle prese con le onde che sarebbero piaciute ai surfisti, il profilo di Maupiti che diventa sempre più piccolo ma si colora di arancione al tramonto… BORA BORA (15.06.04 – 20.06.04) …E mentre guardavo indietro Maupiti e il sole al tramonto, mi stavo avvicinando a Bora e già dall’ingresso nella laguna si notava la differenza rispetto all’isola precedente: le palafitte degli alberghi sui motu lungo la rotta per il porto di Vaitape, la nave da crociera Gauguin ormeggiata, il traffico di barche in laguna. Allo sbarco c’è disponibile il solito truck (500 CFP, 4,19 €, a tratta) che collega Vaitape con tutti gli alberghi e le pensioni di Punta Matira, l’estremità sud di Bora: naturalmente il truck effettua il servizio in direzione opposta in coincidenza delle partenze dei traghetti e degli aerei. Avevo prenotato una stanza alla pensione Chez Robert & Tina (5.562 CFP, 46,60 €, a notte): si trova propria alla fine di Punta Matira, dove finisce la strada e comincia la laguna, oltre c’è solo la barriera. Si trova vicino alla spiaggia più nota e frequentata di Bora, utilizzata anche dal Beachcomber e vicino a servizi tipo supermercato, negozi, noleggio bici, snack, ecc. In particolare vi segnalo il noleggio bici che si trova sulla strada principale, al bivio per Punta Matira, è il più economico dell’isola (1.200 CFP, 10,05 €, per 8h., a Vaitape costano anche 1.500-1.700 CFP) e le bici sono discrete. I bagni sono in comune e hanno l’acqua fredda e c’è anche una cucina a disposizione. Consiglio il giro dell’isola in bici o in scooter, l’unica strada è lunga 32 km. Ed è completamente pianeggiante a parte due brevi ma ripide salite; si nota la differenza tra la costa occidentale dell’isola, quella più frequentata e la costa orientale, meno abitata e più selvaggia, con scorci di costa e viste dell’isola molto belle: gli unici tratti di strada in cui non si trova nessuno…A parte i famigerati cani randagi che, nella maggior parte dei casi ti guardano distrattamente al passaggio, ma a volte hanno ancora le forze per accennare ad un assalto e a correrti dietro per qualche decina di metri. Su questo tratto di costa, non ci sono alberghi, a parte uno in costruzione, gli unici due sono infatti sui motu e sono notevoli, il Meridien ed un altro quasi completato (Sheraton?); vicino a Punta Matira invece ce ne sono diversi in sequenza. Partendo presto e compiendo il giro in senso orario, si possono fare un po’ di chilometri all’ombra. Un’altra escursione che mi sento di consigliare, a prescindere dall’operatore con cui si svolge, più o meno propongono tutti lo stesso programma, è il giro della laguna con pranzo e soste per lo snorkelling e lo shark feeding: a parte ogni considerazione personale sulla pratica di dare il cibo agli squali e alle razze tutti i giorni, questo tipo di gite prevedono una prima sosta in laguna in un punto e ad un orario ben preciso per dare il pasto agli squali e alle razze e per nuotare con loro che ormai sono abituati alla presenza dell’uomo e al cibo. Nuotare con le razze è una bella esperienza, sono animali socievoli e divertenti, si avvicinano e ti girano intorno per giocare, in un attimo si è circondati da una decina di razze, sia sul fondo del mare (attenti a come si muovono i piedi…) che sul pelo dell’acqua, si lasciano accarezzare ma non cercate di prenderle per sollevarle e farvi una foto con loro perché non credo che sia rispettoso nei loro confronti, molti lo fanno, secondo me sbagliano. Quanto agli squali, si tratta della specie “a pinna nera”, quindi non sono aggressivi e tendono a stare qualche metro più lontano delle razze, girando in circolo attorno al gruppo di persone in acqua con movimenti regolari (vuol dire che sono tranquilli) e tendono a non farsi avvicinare. La seconda tappa è la classica nuotata vicino alla barriera, in un tratto di laguna basso e con molti banche corallini…Peccato per il tempo che quel giorno non è stato buono, spesso era nuvoloso, a volte è anche piovuto, infatti le mie foto subacquee ne hanno risentito a causa della luce. Il giro in laguna prosegue costeggiando alcuni motu molto belli fino ad un tratto di laguna, all’incirca a metà strada tra il Pearl Beach e l’aeroporto, dove il fondale sabbioso è molto basso, e l’acqua arriva alle caviglie. Ulteriori immersioni si fanno di fronte al Meridien, in un tratto dove la profondità passa da 7 a 22 metri e si possono vedere le mante…Io però ho visto solo un barracuda, e vicino a Sofitel. Il pranzo, dal tipico menù polinesiano, viene preparato nel motu a fianco a quello del Sofitel Motu. Nulla da dire sulla bellezza di Bora, sia a vederla dall’aereo sia a vederla dall’acqua, andare in Polinesia senza passare per Bora è come per uno straniero venire in Italia senza vedere Roma, però ritengo non sia il caso di perderci troppi giorni, se non si ha un mese a disposizione come nel mio casi, mi permetto di suggerire una permanenza limitata al tempo necessario a fare qualche escursione e un po’ di spiaggia in un motu e poi cambiare isola. Il giorno della partenza ho di nuovo preso il truck per il molo di Vaitape e da lì il catamarano di Air Tahiti che gratuitamente collega il molo con il motu dove si trova l’aeroporto. Il volo mi avrebbe portato all’isola successiva, Tikehau, dopo uno scalo a Rangiroa: durante la traversata per l’aeroporto ho conosciuto una coppia di Roma in viaggio di nozze, loro diretti a Rangiroa, che mi scuseranno se stanno leggendo ma di cui non ricordo i nomi. Con loro abbiamo scambiato le impressioni sui nostri viaggi e organizzato la presa dei migliori posti sull’aereo, confrontando le nostre opinioni in merito: la conclusione è stata l’occupazione dei tre posti lato finestrino destro delle ultime tre file, così abbiamo anche evitato la visuale dell’ala. La scelta del lato è stata quella giusta perché di norma il decollo avviene in direzione sud e dopo il sorvolo di mezza laguna, avviene la virata, nel nostro caso a sinistra perché eravamo diretti a est. Oltre al panorama di Bora (anche il cielo limpido ha contribuito) ci siamo anche goduti il panorama di Tahaa e naturalmente di Rangiroa all’arrivo, sorvolando la famosa Laguna Blu. TIKEHAU (20.06.04 – 23.06.04) Durante la sosta sulla pista di Rangiroa, in attesa della salita di altri passeggeri, ho dovuto “subire” una conversazione sul tema “con Totti squalificato l’Italia rischia di andare fuori dagli europei” iniziata da uno steward francese palesemente contento della situazione della nostra nazionale, non sapendo cosa sarebbe successo alla Francia qualche giorno dopo…Anche il decollo da Rangi ha consentito di vedere il bel panorama che regala questo anello di isolette ma pochi minuti dopo (il volo dura 15 minuti) si nota un altro anello sospeso nell’oceano…Si inizia l’atterraggio a Tikehau, atollo più piccolo rispetto a Rangi ma a forma di anello quasi perfetto. All’arrivo c’era ad attendermi Nora, la padrona di casa della Pension Tematie (8.000 CFP, 67,04 €, a notte in mezza pensione), dove avevo prenotato per tre notti in mezza pensione: la pensione è composta di tre bungalow a pochi metri dalla laguna, ciascuno con bagno: il posto è tranquillissimo ed è vicinissimo all’aeroporto (circa 100 metri, ci si sposta a piedi), è pulito, c’è la spiaggia di corallo con venature rosa, si mangia bene e c’è la compagnia di quattro simpatici squaletti che nuotano fino a riva. Durante la mia permanenza volevo fare un’escursione all’Ile aux Oiseaux, un motu in mezzo alla laguna dove nidificano delle specie di uccelli: purtroppo (e ne accennavo all’inizio) non c’erano sufficienti prenotazioni per nessuno dei tre giorni di mia permanenza, effettivamente c’erano pochissime persone in tutta l’isola, a parte coloro che stavano al Pearl Beach, così l’escursione non si è potuta effettuare e io sono stato in relax completo, a parte qualche giro in bici nei dintorni: peraltro nemmeno il tempo è stato clemente in quei giorni, il vento è stato una costante e a volte è anche piovuto. Ho fatto in tempo a vedere l’ultima partita dell’Italia agli Europei insieme a due francesi (poco) neutrali.

RANGIROA (23.06.04 – 27.06.04) Il mercoledì all’ora di pranzo ho preso il volo per tornare a Rangiroa ma questa volta ci sarei anche rimasto fino a domenica. La perturbazione ed il forte vento ci hanno fatto ballare non poco dentro all’ATR-42 ed anche il panorama non era godibile come qualche giorno prima. Sono stato per quattro notti alla pensione Chèz Cécile (8.500 CFP, 71,23 €, a notte in mezza pensione) che si trova circa a metà strada tra Avatoru e Riputa, i villaggi alle due estremità della catena di isolette principali di Rangi, le uniche collegate da una strada. Le escursioni che avevo previsto erano all’Ile aux Récifs e alla Laguna Blu. La prima non ho potuto effettuarla per il solito problema della carenza di prenotazioni, alla Laguna Blu invece sono andato al secondo tentativo (7.500 CFP, 62,85 €), il venerdì, dopo che il giorno precedente l’escursione era stata annullata per il mare mosso (che non sembrava tale) e il tempo incerto. Venerdì invece siamo partiti in otto, con una coppia di austriaci e i restanti francesi. Il cielo era plumbeo con pioggia a tratti ed il mare mosso: in queste condizioni ci siamo fatti un’ora di traversata per giungere alla Laguna. All’arrivo, dopo una manovra per ormeggiare la barca in un fondale di una ventina di cm. Siamo scesi per raggiungere l’isola a piedi, camminando nelle acque bassissime, scortati fino a riva da un gruppo di simpatici squaletti che ci hanno dato il benvenuto. Mentre uno degli skipper iniziare a preparare il pranzo, ed in particolare il pane al cocco, l’altro, appena è uscito il sole, ci ha portato con un’altra barchetta in giro nella laguna, navigando a zig-zag tra banchi di corallo cha affiorano fino al motu, opposto a quello di sbarco, praticamente confinante con la barriera e l’oceano. Abbiamo seguito la nostra guida lungo un sentiero (che non esisteva) all’intero del motu, ricco di vegetazione e di zanzare, perché lui doveva andare a cercare i ganchi delle palme da cocco, fino ad uscire dal alto opposto prima che le zanzare avessero avuto la meglio. Mentre seguivamo il sentiero la guida ha trovato un granchio enorme, di colore blu e sfumature rosso-arancione; un francese ha voluto fare lo splendido e prenderlo in mano e lui si è vendicato…All’uscita dal lato opposto ci siamo trovati all’interno di un giardino di coralli in cui poter camminare tra di essi, fino alla barriera che ci separava dall’oceano e poi la camminata è proseguita tra migliaia di conchiglie e bellissimi pezzi di corallo finiti sulla spiaggia fino a completare il giro del motu. Abbiamo atteso un po’ la guida di ritorno dalla “caccia grossa” che si è presentata con i granchio blu di prima ed un altro rosso ancora più grande: così mentre tornavamo al motu per il pranzo avevamo due ospiti in più sulla barca, e non essendo contenti di essere là, dovevano essere tenuti a bada e a distanza, per quanto le dimensioni e l’affollamento della barchetta consentivano. Il pranzo era costituito da pesce crudo, mahi mahi, alcuni pesci rouget, riso, pollo e pane al cocco tutto cucinato alla brace e per finire una torta al limone. Il tempo, sempre estremamente variabile, alternava momenti di sole a pioggia ed il vento cominciava ad alzare le onde. Dopo pranzo è venuto il momento dello shark feeding, prima di ripartire: siamo così risaliti in barca, ancora scortati dagli squaletti che ci hanno accolto al mattino, ma questa volta il gruppo decisamente più numeroso perché sanno che li aspetta il pranzo (e non eravamo noi). C’era la possibilità per chi voleva di immergersi tra gli squali mentre dalla barca gettavano pesce e loro si azzuffavano per conquistarsi un boccone. Tra tanti squali a pinna nera, abbiamo anche avvistato due squali grigi dall’aspetto meno simpatico. La traversata all’andata, movimentata a causa del moto ondoso, non è stata niente rispetto al ritorno ci ha visto affrontare un mare molto più mosso, vento forte e pioggia a tratti lungo il percorso. Dicono che a luglio e agosto le condizioni del mare e del tempo sono migliori, perciò è meno probabile di dover affrontare la traversata in condizioni “agitate”, comunque sia chiaro, niente di pericoloso, e soprattutto si è ripagati dalla bellezza della Laguna.

TAHITI (27.06.04 – 28.06.04) La partenza da Rangiroa segnava la fine del viaggio. La tappa a Tahiti l’avevo prevista solo per dormire, Pension Te Miti (2.500 CFP, 20,95 €, a notte, compresa colazione + 2.500 CFP transfer aeroporto a tratta 24h.), poiché il giorno dopo alle 8.20 avrei avuto l’aereo per l’Italia. Ma il volo Rangiroa-Tahiti ha riservato a me e agli altri passeggeri una bella sorpresa: la maggior parte dei passeggeri era composto da donne vestite a festa con cappellini colorati e fiori che stavano andando anche loro a Tahiti, una di loro aveva un ukulele e per tutto il viaggio hanno cantato canzoni polinesiane, alcune allegre, altre che parlavano di partenze e di addii ed ascoltarle durante l’ultimo volo del mio viaggio, mentre dall’oblò dell’aereo si vedevano le lagune di Rangiroa e Tikehau che si allontanavano, rendeva a volte l’atmosfera struggente.

TAHITI – LOS ANGELES – PARIGI – ROMA (28.06.04 – 29.06.04) L’ultima notte a Tahiti è stata breve: sveglia alle 5 così prima delle 6 ero già in aeroporto, a fare la fila al primo controllo del bagaglio dove mi hanno rovistato per bene lo zaino. Ho potuto fare il check-in anche per il volo da Parigi ed ho fatto imbarcare la valigia per Roma (arriverà? Mi sono chiesto…). Dopo il passaggio della frontiera (ricordatevi di farvi timbrare il passaporto) altro controllo di sicurezza e altro svuotamento dello zaino. Il volo era previsto alle 8.20 ma è decollato in ritardo alle 8.55: al momento dell’imbarco al gate, dopo aver ritirato una copia in italiano del modello per l’immigrazione negli Stati Uniti come souvenir, un terzo controllo dello zaino e ora anche della macchina fotografica. E inutile sottolineare che dopo tutti questi controlli, a bordo si mangia con le posate di metallo…L’aereo era un vecchio e scomodo 747-400 dell’Air France con i televisori lungo il corridoio, il mio posto era un finestrino sinistro sopra l’ala, nonostante avessi richiesto un finestrino destro per vedermi Tetiaroa al decollo. Ho perso anche la vista di Rangiroa perché sulle Tuamotu era ancora nuvoloso come il giorno prima. Il volo per Los Angeles è durato 7h40, l’atterraggio è avvenuto alle 19,35, ora della costa ovest, sotto una coltre di nuvole piene di sabbia del deserto che avvolgeva la città e oscurava il sole prima del tramonto. La sosta nella sala transiti di LAX è durata tre ore, perché siamo ripartiti alle 22,30, seguendo una rotta ad una latitudine più bassa rispetto all’andata e sorvolando gli Stati Uniti fino a Terranova, per poi scavalcare l’Atlantico e rientrare in Europa dalla Normandia. Spettacolare la vista di Las Vegas di notte, un insieme di punti luminosi disposti ordinatamente, dove spiccava una striscia rettilinea molto più luminosa del resto della città (la via dove si concentrano i casinò) e circondati dal buio assoluto del deserto. Siamo atterrati a Parigi alle 17,18 di martedì 29, ora italiana finalmente, dopo 9h48 di volo tranquillo. Il volo per Roma era pieno di italiani di ritorno da Disneyland, a parte io e altri quattro reduci da Tahiti: al decollo mi sono goduto la vista del centro di Parigi e poi delle Alpi, che sono sempre uno spettacolo, ed dopo 1h30 sono atterrato a Roma alle 21.00. Anche la valigia è atterrata con me e, strano a dirsi, il ritiro bagagli è stato veloce. Il viaggio in Polinesia ora è veramente finito, il giorno dopo sono tornato in ufficio, ma è giunto il momento di pensare al prossimo viaggio…

NOTE PRATICHE Il tasso di cambio del Franco del Pacifico con l’Euro è: 1 € = 119, 331 CFP.

Per telefonare in Italia è più economico acquistare le schede telefoniche da 40 unité (1.550 CFP, 12,98 €): telefonare è comunque caro ma almeno si evita il salasso di chiamare/ricevere con il cellulare (2,58 €/min. Per chiamata ricevuta e 6 €/min. Per chiamata effettuata con il mio operatore telefonico), come invece molti nostri connazionali facevano.

Fate attenzione al negozio di souvenir nell’aeroporto di Papeete che vende le schede telefoniche a 1.600 CFP anziché a 1.550!!! Il costo delle schede è imposto dall’OPT (le Poste locali) e in genere è impresso sulla scheda.

I nostri bancomat non funzionano nelle isole, nemmeno quelli aderenti al circuito Cirrus, alcuni impiegati di banca locali mi dicevano che forse erano utilizzabili solo a Papeete: si può prelevare con la carta di credito (Visa) a fronte di una commissione del 4%.

Infine consentitemi di salutare i TPC Irene & Rossano, Simona Portaluppi, Manuela Campanale, Michela Ronchi, Max & Dany che ringrazio per le dritte ricevute prima della partenza.

Alessio



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