Two days in London

Come trangugiare Londra in due giorni senza nessun preavviso.
Scritto da: mariaedino
two days in london
Partenza il: 10/07/2010
Ritorno il: 12/07/2010
Viaggiatori: Due
Spesa: 500 €
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Sorpresa… Per i miei 50 anni, ho ricevuto in dono un week end a Londra, oggi per domani. Tralascio i particolari sullo stupore e l’incredulità e passo ai fatti. Mai avrei immaginato che Londra si potesse conquistare in due giorni, ma così è stato. Sabato 10 giugno: volo Easy Jet da Malpensa alle 17.30, qualche ritardo qui e là, atterrati a Gatwick, con orari del treno verso Londra in mano, giunti a Victoria Station, dove i ricordi delle precedenti visite affiorano, due considerazioni sul momento riguardo la Tube, e arriviamo nella City con la District Line: qui ci aspetta un ottimo albergo IBIS, prenotato online da Torino. Alle 20.30 ora locale siamo seduti al ristorante dell’albergo, consigliato per il cibo, ma non tanto per il servizio, se non dotati di una santa pazienza. L’hotel e’ sicuramente molto pulito, nuovo, silenzioso e ben areato, e non eccessivamente costoso. Inoltre la fermata della metropolitana è molto vicina. Trascorriamo la prima sera a ricostruire il viaggio vorticoso e organizzare i due giorni che ci aspettano, volendo vedere tutto e bene. Domenica 11: ci svegliamo presto e dopo un’ottima colazione (compresa nel prezzo e comprensiva di uova, bacon e una scelta notevole di altri cibi più continentali, innaffiata di tea, of course) ci lanciamo nella London conosciuta e non. Con la Waterloo line, decidiamo, come prima tappa, di andare a scoprire il lato del Thames ricostruito, the South Bank : nelle visite precedenti, questa parte di Londra era decisamente dimenticata e lasciata a se’. Addirittura, nel primo viaggio nell’80, mi era stata vivamente sconsigliata. Ora, con abile maestria, si propone in una veste totalmente nuova. La Queen’s Walk presenta diverse sfaccettature, con una serie di locali nuovi e molto frequentati, considerata la mole di lattine, bottiglie e cartacce lasciate. Occorre dire che noi eravamo di fronte alla London’s Eye (ruota panoramica) alle 9 del mattino e che quindi i nottambuli del sabato sera erano da poco andati a casa: uno spazzino che canticchiava note con ritmi giamaicani stava già spazzando, dondolandosi al ritmo reggae. Lasciando la ruota alla spalle, ci dirigiamo verso la Nuova Tate Gallery e il Millenium Bridge, costeggiando il fiume. C’e una calma di prima mattina, che ci fa godere della vista della House of Parliament e tutto il circondario. L’ingresso della Tate è imponente –una sala turbine di una vecchia centrale elettrica, interamente sventrata e resa museo- e tutta la proposta creativa di questa galleria ci stupisce. Personalmente medito sul fatto che i musei italiani, bellissimi e ricchi, sono sempre tremendamente noiosi, mentre i musei inglesi propongono in continuazione attività interattive, soprattutto per giovani e bambini, per incuriosirli ancora di più e portare a casa nozioni utili, che restano, perché non tediose. Giochiamo con i computer, accorgendoci così della nostra ignoranza a riguardo, e dopo aver acquistato un poster e altre cose in uno degli ottimi negozi all’interno, ammiriamo il Millenium Bridge dalle vetrate e usciamo per cercare The Globe e poi attraversare il ponte. Carichi di acquisti, troviamo la scusa di portarli in hotel, per, in realtà, riposarci un po’: anche se non eccessivo, il caldo si fa sentire, e lo notiamo anche dal giallo dell’erba dei prati, che i ricordi ci riportano invece a un colore verde brillante, come un prato all’inglese, appunto. Al pomeriggio, con la underground ci fiondiamo in centro per vedere i Kensington’s Gardens, finora mai visti: celiamo una piccola delusione di fronte al laghetto zeppo di alghe e ai prati, per noi trascurati, mentre St. James’s ha sempre un certo fascino. Sarà solo un pensiero, ma entrambi abbiamo la sensazione che tutto ciò che riguarda Princess Diana, a cui sono dedicati i Kensington’s, sia volutamente non considerato. Cerco la statua di Peter Pan e inizio a fotografare i cancelli reali neri e oro, che sono il via di una sequela di aspetti squisitamente really English. Lasciamo i giardini e ci dirigiamo, sempre a piedi, verso il centro, raggiungendo Trafalgar Square –lei è sempre uguale-, Piccadilly Circus, sempre bella e caotica, dove ci ricordiamo che in serata ci sarebbe stata la finale dei Mondiali di calcio. Tifosi spagnoli stavano già dando il meglio di se’ e i colori giallo e rosso iniziavano a riempire la città. Decidiamo quindi di andare a mangiare in albergo, cercando di guardare la partita Spagna – Olanda, e poi di uscire per festeggiare o l’una o l’altra squadra . Tralasciamo la partita vista in mute, perché il simpatico capo sala non permetteva il volume on e altre simpatiche cosine, tra cui un dolce servito dopo un’ora e mezza, e usciamo alle 22.30 per immergerci nel caos di Trafalgar, totalmente giallorossa, per fingerci spagnoli e cantare con tutti, anche nella metro fino all’hotel. Lunedì 12: incredibile, è l’ ultimo giorno. Lasciamo i bagagli al deposito di Victoria (attenzione: un capo per otto sterline! Decidiamo così di lasciare solo la valigia e di portare con noi poster, zainetto e borsa). Inoltre, sbagliamo a fare il biglietto della metro (una corsa una per 4 sterline) e cogliamo il lato positivo (camminare), recandoci a St. James’s, giusto in tempo per presenziare il Changing Guards e commentare cavalli, guardie, tradizioni inglesi, la folla di turisti accalcati, e per ultimo, un curioso veicolo, il cui scopo è quello di pulire la strada dopo il passaggio dei cavalli, si può immaginare il perché. Guardandomi intorno, mi accorgo che la London’s Eye ha cambiato simpaticamente il profilo di Londra, perché spunta ovunque, anche tra i seri e austeri palazzi reali! Il British Style ci assorbe, compreso il negozio dei Reali, dove ogni oggetto riguarda la Royal Family, pants e ciabatte comprese, e dove notiamo nuovamente che non c’è un’immagine di Diana e Sarah, neanche in lontananza. Mi pregano di scattare foto da fuori, così obbedisco e mi siedo sugli scalini dell’uscita: con lo zoom riprendo orsacchiotti travestiti da guardie e foto di Charles e Camilla sorridenti. Anche questo è British.. Cammina cammina, costeggiamo St. Martin in the fields dietro Trafalgar, e raggiungiamo Covent Gardens, che rimane il fulcro di Londra, dove mille aspetti della British people si fondono, in una vivacità e diversità uniche. Piccoli locali di ogni specie, dalla paella gigante al negozio minimo di dolci eccezionali, ai banchetti di antichità –orologi, argenterie, vecchi dischi dei Beatles, stoffe e pizzi, viti, bulloni e cavatappi- ai negozi di saponi e profumi, sigari e tabacchi, vecchi libri e carteggi. Covent riesce sempre a farti sentire in un film, con lo sfondo delle grida e dei canti di giocolieri e soprani e tenori pseudoitaliani. Ci abbuffiamo di dolci allo zenzero, cannella, cioccolato, ma principalmente, ahimè, burro, e ovviamente un buon tea, e quasi per espiare questo momento, ci rechiamo alla National Gallery, percorsa velocemente con un tragitto selezionato, avendola già visitata. Non possiamo, all’uscita, non andare da Hailey, in Regent’s Street, sempre magicamente attraente –all’entrata ci hanno accolto mille bolle di sapone- ma davvero troppo affollato per permetterci di entusiasmarci davanti alle novità in campo giochi. Affrontiamo Oxford Street e ci tratteniamo dall’entrare in Harrods, perché l’ora della partenza si avvicina. Abbastanza stanchi, facciamo una piccola pausa in Mayfair, dove l’eleganza e il lusso, appoggiati da una decisa ricchezza, continuano a regnare. Un maggiordomo immobile davanti all’ingresso di una casa vittoriana osserva i nostri abiti reduci da una giornata di caldo e movimento e le nostre borse, e ci sentiamo dei piccoli homeless: la nostra sensazione svanisce subito quando, su una delle panchine dell’esclusiva Barkeley Square, un homeless autentico dorme, nei vapori delle diverse birre svuotate e lanciate sotto il letto provvisorio. Come ogni grande città, questo è sempre un risvolto presente e doloroso. Torniamo a Victoria attraversando Marble Arch e St.James’s Park e salutando così tutto ciò che di British si può portare con se’. Una serie di sfortunati eventi rovinano un po’ l’atmosfera –incidente sulla ferrovia che porta a Gatwick, arrivo trafelato all’aeroporto e ritardo dell’Easy Jet di 90 minuti. Riguardando le foto, in aereo, capisco che questa non sarà l’ultima volta per Londra: non mi basta ancora, e l’arrivo dei Giochi Olimpici del 2012 sarà un’ottima scusa per riandarci. Londra non mi basta mai.

Alcune note pratiche: 1. Se vi recate in auto a Malpensa, vi potete servire degli Autodepositi che circordano l’aeroporto. Una navetta vi porterà e vi verrà a prendere, telefonando all’arrivo. Il costo è sostenibile, sicuramente di più delle spese del parcheggio aeroportuale. 2. Arrivati a Gatwick, potete servirvi di due tipi di treno per raggiungere Victoria. Noi abbiamo preso il Southern England, un po’ più economico. Altrimenti l’Express parte ogni 15 minuti circa. 3. Riguardo la metropolitana londinese, l’Oyster è sicuramente l’abbonamento più valido, a seconda delle variabili: attenzione alle istruzioni, evitate la corsa singola, carissima. 4. I bagagli a Victoria, come già citato, hanno un deposito caro. 5. E per finire… beh, due giorni sono pochi, anche se intensi e bellissimi. Se avete solo un po’ più di 48 ore, come noi, godetevi l’atmosfera londinese, gli angoli nascosti, qualche locale tipico, un mercatino: noi ci siamo fatti prendere dalla frenesia di averla tutta per noi, e questo è possibile solo in almeno una settimana. Per questo, ci torneremo quanto prima…



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