Turchia – Tra moschee, rovine e mare

“O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina!” Gabriele d’Annunzio, Pastori d’Abruzzo. L’emozione provata dai pastori d’Abruzzo quando, durante la transumanza, conducevano le mandrie alla pianura ed ai loro occhi appariva il mare, può paragonarsi a quella del nostro gruppo alla vista della costa ed al riflesso...
Scritto da: Bruno Visca
turchia - tra moschee, rovine e mare
Partenza il: 08/08/2003
Ritorno il: 22/08/2003
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
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“O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina!” Gabriele d’Annunzio, Pastori d’Abruzzo.

L’emozione provata dai pastori d’Abruzzo quando, durante la transumanza, conducevano le mandrie alla pianura ed ai loro occhi appariva il mare, può paragonarsi a quella del nostro gruppo alla vista della costa ed al riflesso azzurro ed abbagliante dell’acqua marina, dopo diversi giorni passati sull’altopiano Anatolico, affascinante ma brullo, polveroso ed assolato. Ma forse è meglio incominciare dall’inizio: dal nostro arrivo ad Istanbul avvenuto nel pomeriggio dell’8 di agosto.

Istanbul, 12.000.000 di abitanti, situata a cavallo del Bosforo, costituisce il punto d’incontro tra oriente ed occidente. Europa od Asia? Certamente, con i suoi due arditi ponti che attraversano lo stretto, non è solo l’anello d’unione tra due continenti ma anche tra due culture: quella orientale e quella occidentale.

Numerose sono le testimonianze delle varie culture che si sono succedute nel corso dei secoli. Santa Sofia e le altre numerose chiese minori ci riportano al periodo bizantino, erede della civiltà greca e romana. Le antiche abitazioni del quartiere di Beyoglu, dominate dalla torre di Galata, ci ricordano il Medioevo, mentre i grandi palazzi lungo le rive del Bosforo sono costruiti secondo stili architettonici occidentali. Le decine di moschee che, con i loro minareti, sono visibili da ogni punto della città, hanno il fascino dell’oriente. Ed ha il sapore dell’oriente anche il palazzo del Topkapi ed i numerosi mercati, primo fra tutti il Gran Bazar con la sua animazione ed i suoi profumi.

La nostra visita ad Istanbul inizia dalla basilica di Santa Sofia, uno degli edifici più imponenti della città vecchia. La basilica, massimo monumento della città e simbolo dell’architettura cittadina, fu fatta costruire dall’imperatore Giustiniano e ultimata nel 537. Rimase la più grande del mondo cristiano sino al 1453, quando Mehmet la trasformò in una moschea e tale rimase fino al 1935 quando Ataturk la fece adibire a museo. La cupola, costruita senza sostegni, era quasi una sfida all’impossibile, ed infatti durò solo fino al 559 quando un terremoto la fece crollare. Fu ricostruita nei secoli successivi con l’aggiunta di contrafforti.

La parte più interessante della basilica sono sicuramente i suoi sfavillanti mosaici posti nella galleria al piano superiore. Anche la cupola è ricoperta da mosaici: peccato che da un decennio siano nascosti da un’impalcatura.

A mio avviso la visita non giustifica l’alto costo del biglietto d’ingresso (circa 10 euro); molto più interessante la Moschea Blu, con ingresso gratuito, che rappresenta la nostra seconda tappa.

Il nome ufficiale della più affascinante moschea del Bosforo è Sultan Ahme Camii, ma è universalmente conosciuta come la Moschea Blu. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di Iznik, decorate in toni che vanno dal blu al verde; la luce che filtra da 260 finestrelle conferisce alla grande sala della preghiera un’atmosfera suggestiva quanto surreale. La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l’unica a poter vantare ben sei minareti.

La nostra visita ad Istanbul continua con l’esplorazione della Cisterna Basilica (Yerebatan Sarayi), forse la parte più curiosa della città. Sorta nel periodo bizantino per sopperire alla mancanza d’acqua in caso d’assedio, questo enorme serbatoio ha una lunghezza di 140 metri, una larghezza di 70 ed è coperta da un soffitto sorretto da 336 colonne. La nostra prima giornata ad Istanbul prosegue con la visita al Gran Bazar (Kapali Carsi) della città vecchia. Questo labirinto di strade e passaggi ospita più di 4000 negozi. Unica nota negativa è l’assedio assillante dei venditori a tutti i passanti. Nel tardo pomeriggio si sale sulla Torre Galata (Galata Kulesi) per ammirare il tramonto sulla città dalla sua cima. La torre è una costruzione genovese del 1348 e si eleva a 62 metri dal suolo, sulla riva del Corno d’Oro. Dall’alto si gode di uno straordinario panorama sul Corno d’Oro e sul Bosforo.

Il secondo ed ultimo giorno di permanenza nella città comincia con la visita al palazzo di Topkapi. Labirinto di costruzioni e centro del potere dell’impero Ottomano, tra il XV ed il XIX secolo, in questo ricco palazzo i sultani e la loro corte vivevano e governavano. Nel 1924 fu trasformato in museo e aperto al pubblico, ora rappresenta la principale attrattiva turistica di Istanbul. Fu fatto costruire dal sultano Mehmet il Conquistatore nel 1453 in una posizione da cui sono visibili il mare di Marmara, il Bosforo ed il Corno d’Oro. Dopo di lui fu abitato da una lunga serie di sultani fino al XIX secolo, quando Mahmut II lo abitò per l’ultima volta prima che i suoi successori scegliessero di vivere in sontuosi palazzi fatti costruire sulle rive del Bosforo.

Il nostro soggiorno ad Istanbul non può concludersi senza la tradizionale ed indimenticabile escursione sul Bosforo, questo stretto sinuoso che separa l’Europa dall’Asia. Le sue rive offrono una mescolanza di passato e presente, di splendore grandioso e bellezze naturali.

Con un viaggio notturno di 10 ore in treno, trascorso comodamente in carrozza-letto, arriviamo alle 8.10 dell’11 agosto ad Ankara, capitale della Turchia. Una veloce visita al Museo delle civiltà Anatoliche, situato presso la porta della cittadella, che accoglie inestimabili collezioni di opere paleolitiche, neolitiche, ittite, frigie, romane e subito si riparte per il sito archeologico di Hattusa, antica capitale dell’impero ittita e per la vicina Yazilikaya, un santuario ittita con belle incisioni nella roccia. Hattusa costituisce una delle più importanti aree archeologiche della Turchia; sopravvivono i resti di una grande città, solo in parte oggetto di scavi. Una delle opere meglio conservate del sito è certamente la Porta dei Leoni, che risale probabilmente al XIV-XIII secolo a.C. Dalla parte anteriore della porta appaiono due giganteschi leoni che avevano la funzione di tenere lontano dalla città gli spiriti maligni. Un’altra porta, che si apre nel lato orientale, è quella dei Re, costruita con grossi blocchi di pietra ed ornata dal rilievo di una figura dall’aspetto regale, che rappresenta il dio ittita della guerra che protegge la città con la sua ascia. Purtroppo quella sul posto è soltanto una copia, mentre l’originale è custodito nel museo di Ankara.

Il nome del sito di Yazilikaya, che è posto a circa 3 Km da Hattusa, significa “Roccia con iscrizioni” ed è esattamente quello che vi si trova. Questo è il principale luogo di culto Ittita e la sua visita riveste un particolare interesse per i numerosi rilievi scolpiti nella roccia da un popolo vissuto 3000 anni fa.

Lasciato il sito di Hattusa, il viaggio prosegue per la Cappadocia e raggiungiamo la cittadina di Avanos, dove sostiamo per tre notti. Avanos è famosa per le sue ceramiche, modellate con l’argilla rossa del fiume che l’attraversa.

Tra i luoghi della Cappadocia pochi sono affascinanti e misteriosi come le “Città sotterranee”. Le più antiche risalgono all’era ittita, ossia tra i 3000 e i 4000 anni fa. Mentre in tempo di pace gli abitanti della regione vivevano in superficie, quando erano minacciati dagli invasori si rifugiavano nelle loro abitazioni sotterranee, una serie di cunicoli e stanze comunicanti su diversi livelli, dove potevano rimanere in sicurezza anche per sei mesi. Queste città sotterranee scavate nel tufo, su diversi piani, con strette gallerie, abitazioni e pozzi d’aerazione sembrano dei veri labirinti. Ed è proprio alla visita della città sotterranea di “Kaymakli” che, dopo il nostro arrivo, dedichiamo la prima parte della mattinata. Kaymakli è un dedalo di gallerie e ambienti scavati nella roccia su otto diversi livelli, di cui soltanto cinque sono aperti al pubblico.

Il nostro primo giorno in Cappadocia prosegue con un piccolo trekking nella valle di Ihlara (“Ihlara Vadisi”), una valle remota che in passato costituiva uno dei luoghi di ritiro dei monaci bizantini. Di quell’epoca si possono ammirare nella valle diverse chiese rupestri decorate con dipinti. Il percorso segue il corso del torrente che si snoda nella stretta e profonda valle, fino a raggiungere il villaggio omonimo. Oltre alle chiese bizantine, nella valle si possono ammirare le numerose e caratteristiche abitazioni scavate nella parete della montagna; si stima che ne esistessero circa 5000. La valle, essendo difficilmente raggiungibile, non subì danni eccessivi dagli assalti arabi.

Il secondo giorno della nostra permanenza in Cappadocia inizia con la visita al museo all’aperto di Goreme. Situato quasi al centro della Cappadocia, Goreme è caratterizzato da coni e pareti rocciose crivellati di aperture tra loro comunicanti ed è uno di quei rari luoghi al mondo nei quali l’opera dell’uomo si integra sapientemente al paesaggio circostante. Le prime abitazioni vennero scavate in queste rocce a partire dal 4000 a.C. Ai tempi di Bisanzio vennero scavate nella roccia altre cappelle e monasteri, affrescati con toni ocra che riflettono i colori del paesaggio che li circonda. Ancora oggi si vedono emergere armoniosamente abitazioni scavate nei coni di roccia e villaggi di tufo vulcanico.

Il simbolo della Cappadocia sono sicuramente i “Camini delle Fate”, strane guglie di tufo coperte da strati più consistenti o da rocce. Si sono formate nei millenni sia dalla corrosione prodotta dal vento e dalla pioggia, sia dai corsi d’acqua che, durante il loro cammino, trasportarono delle rocce dure di basalto che, essendo più resistenti della parte inferiore, resistettero alla corrosione e rimasero in cima alle guglie come cappelli in un precario stato di equilibrio. Nella meravigliosa “Valle di Devrent”, che ci accingiamo a visitare, si trovano quelli meglio formati ed i gruppi più fitti di questi strani coni vulcanici, di colore rosso che caratterizzano anche molte altre valli della Cappadocia.

La nostra visita alla Cappadocia prosegue con la “Valle di Zelve”, situata al termine di una strada che si inoltra tra spettacolari formazioni rocciose. A Zelve vi sono tre valli create dall’erosione, circondate da altissime pareti rocciose con grotte e gallerie. Anche qui l’uomo, nel corso dei secoli, scavando il tufo, realizzò abitazioni, chiese e monasteri.

Lasciato Zelve raggiungiamo la cittadina di Uchisar, sovrastata dal suo castello, una torre-fortezza che ha ospitato i primi cristiani della zona nelle sue stanze scavate nella roccia. Il villaggio si trova sull’altopiano più elevato della regione, dal quale si osserva un paesaggio meraviglioso. Nella roccia del castello si aprono moltissime finestrelle ed entrate che, nel passato, potevano essere chiuse con dei massi adattati alle aperture: in questo modo le rocce prendevano un aspetto del tutto naturale e la presenza umana non era visibile. Lo scopo della fortezza era quello di proteggere gli abitanti in caso di pericolo. Oggi, 14 agosto, lasciamo la Cappadocia e ci dirigiamo verso la città di Konia; domani proseguiremo per raggiungere la costa mediterranea. Nel trasferimento a Konia è d’obbligo una sosta nella cittadina di Sultanhani per la visita al suo caravanserraglio. Costruito nel 1229 e restaurato nel 1278 in seguito ad un incendio, è attualmente il più grande caravanserraglio della Turchia. Konia (680.000 abitanti), situata in posizione isolata nella vasta steppa dell’Anatolia, ha l’aspetto di un tradizionale luogo di sosta delle carovane. Gran parte della città è stata costruita negli ultimi venti anni, ma il centro è molto vecchio ed il fascino di Konia sta proprio in questa contrapposizione tra nuovo ed antico. Negli angusti quartieri della zona del mercato si possono ammirare diversi edifici antichi, mentre immediatamente ad est si estende la zona moderna, con studenti vestiti elegantemente; in questa parte della città si vedono raramente donne con il capo coperto.

Oggi proseguiamo verso la costa mediterranea; il primo paese che si raggiunge è Alanya, situata su di un promontorio roccioso circondato da coste frastagliate e sormontato da una fortezza da dove si può ammirare il bel panorama sul mare. Alanya è diventata una delle stazioni balneari più importanti della Turchia. La fortezza originaria che dominava il picco roccioso fu per lungo tempo un covo di pirati, finché non cadde nelle mani dei Romani che, nel 67 a.C., la distrussero. Conosciuta in epoca bizantina fu poi conquistata dal sultano Keykubat che ne fece la sua residenza invernale, costruendovi una nuova fortezza. Una veloce visita alla zona del castello e si prosegue per Side, cittadina caratterizzata dalle sue imponenti rovine dell’epoca romana. Prima della visita al sito archeologico ci concediamo un rinfrescante bagno nel mare adiacente alla spiaggia privata dell’albergo, spiaggia che lascia molto a desiderare: nelle vicinanze sono presenti spiagge pubbliche molto più belle che, purtroppo, scopriamo in ritardo. Anche il sito archeologico da un’impressione di abbandono, con la vegetazione che cresce tra i reperti storici; il teatro, con i suoi 15.000 posti, è uno dei più grandi della Turchia ma risulta deturpato dai lavori di restauro che, avviati alcuni anni fa, proseguono sporadicamente, con la presenza permanente di una gru che ne degrada la vista.

Dopo una tappa di trasferimento ad Antalya, con una prima sosta per la visita al grande teatro di Aspendos ed una seconda per concederci un altro bagno in mare, questa volta su di una bellissima spiaggia, si raggiunge la cittadina di Ucagiz. Una deviazione nell’interno per visitare i siti di Termessos e della Chimera. Termessos, una delle località più straordinarie della Turchia, raggiungibile con una mezz’ora di cammino, lascia impressionati dallo spettacolo di un’antica città sperduta tra le montagne. I suoi bellicosi abitanti, un popolo della Pisidia, vissero nella loro inespugnabile città difendendo la propria indipendenza. Nel 333 a.C. Respinsero Alessandro Magno e nel 70 a.C. Si allearono con i romani. Termessos è sicuramente il sito della Turchia situato nella posizione più spettacolare: il panorama dei monti, che fa da sfondo all’anfiteatro, è indimenticabile. Purtroppo la vegetazione lussureggiante del posto invade anche i monumenti.

La Chimera, letteralmente “Roccia ardente”, è un’eruzione di fiamme spontanee perenni che sorgono dalle crepe delle pendici del monte Olympos. Nell’antichità si credeva fossero il respiro di un mostro; nella realtà sono prodotte da un gas che filtra dalla terra e si infiamma a contatto con l’aria. In passato erano molto più numerose; oggi ne sono rimaste una trentina, perfettamente visibili al calar del sole mentre con la luce del giorno si notano solamente da vicino.

A Ucagiz ci concediamo un’intera giornata di relax al mare. Il fatto che Ucagiz, che letteralmente significa “Tre Bocche”, non sta sulla strada principale, ma si raggiunga mediante una deviazione di 19 Km, oltre alla disposizione che ne vieta lo sviluppo edilizio, hanno consentito che sia rimasto un tipico villaggio turco di pescatori e contadini, relativamente intatto, situato in una baia tra isole e penisole, con diverse rovine di antiche tombe licie. Non si può andare a Ucagiz senza concedersi l’emozione di navigare tra le molte isole della sua baia, in particolare l’isola di Kekova, che raggiungiamo a bordo di un battello, con diverse soste per assaporare la gioia di un tuffo nelle limpide acque della baia. Lungo la costa dell’isola vi sono rovine bizantine, in parte sommerse dall’acqua.

Lasciamo il mare, forse con un po’ di rammarico, per trasferirci a Pamukkale con le sue bianche e splendenti formazioni calcaree e il vicino sito archeologico di Hierapolis. Le formazioni calcaree di Pamukkale si estendono per circa un chilometro quadrato e sono costituite solamente da calcio bicarbonato; il corso d’acqua che alimenta i bacini di Pamukkale percorre circa tre chilometri e, lungo questa sua discesa, trasporta i minerali di calcio a consolidarsi sulle rocce sottostanti. In questo modo si creano dei bacini di colore bianco vivo e dai contorni circolari, entro ai quali si raccoglie un’acqua calda e benefica, che ha una temperatura di circa 33 gradi utilizzata a scopo terapeutico. Nelle numerose pozzanghere di quest’acqua è possibile immergersi e ricoprirsi col fango, altrettanto salubre, che si deposita in grande quantità sul fondo. Pamukkale in turco significa “Castello di cotone” e, osservata da lontano, dà questa impressione.

Il sito di Hierapolis, che visitiamo assieme a Pamukkale, è un enorme complesso di resti risalenti al II secolo a.C. Questa meravigliosa zona, essendo posta nelle adiacenze delle acque di Pamukkale, nacque come centro termale; già noto nell’antichità era meta di molti turisti dell’epoca, che potevano usufruire di strutture “moderne” per immergersi nelle acque calde e balsamiche. Inizialmente la città termale di Hierapolis era proprietà di colui che l’aveva costruita: Eumene II di Pergamo. Nel 133 a.C. Hierapolis passò sotto il controllo romano, quando Attalo II lasciò il regno di Pergamo in eredità a Roma. Nel periodo romano la città raggiunse il suo massimo splendore, ma nel I secolo d.C. Tre devastanti terremoti la colpirono e dopo quello del XIV secolo fu abbandonata.

È il 20 di agosto e torniamo verso la costa, precisamente a Selcuk, con una deviazione per visitare il sito di Mileto. La prima cosa che si nota arrivando a Mileto è il suo grande anfiteatro, il più importante monumento a testimonianza della passata grandezza di questa città, notevole centro commerciale e amministrativo dal 700 a.C. Al 700 d.C. Dopo, in seguito all’insabbiamento del porto, le sue attività subirono gravi perdite. Il teatro, da 15.000 posti, fu costruito in epoca ellenistica e poi ristrutturato dai romani durante il I secolo d.C.

Oggi è l’ultimo giorno del nostro viaggio, domani si rientra in Italia. Prima di raggiungere Izmir, l’ex Smirne, nostra ultima meta prima della partenza, dedichiamo la giornata alla visita di un altro sito archeologico, quello di Efeso, sicuramente il più bello ed interessante di tutti quelli da noi visti. Efeso è un’antica città della Lidia, sorta sulla costa del mediterraneo, alla foce del fiume Caistro in un luogo già frequentato in età micenea. È da annoverare tra le più ricche e popolose città del mondo antico; fu patria di grandissimi filosofi. Si sviluppò soprattutto in età ellenistica e romana, quando divenne capoluogo della provincia d’Asia; fu pure sede dell’attivissima comunità cristiana legata alla predicazione di S. Paolo e S. Giovanni Evangelista, che la tradizione vuole qui sepolto.

Le leggende narrano che la città sia stata fondata intorno al I millennio a.C. Da popolazioni ioniche, che abbandonavano la loro terra a causa dell’avanzare dei Dori.

Efeso divenne la più importante fra le città della Provincia d’Asia e qui avvennero le più violente rivolte contro il potere di Roma. Città ricca, non si privò dei simboli della propria opulenza, abbellendosi con monumenti e opere di cui si favoleggiò durante tutto l’evo antico. Fu un centro importante per i cristiani d’Asia: vi soggiornò l’apostolo Paolo. Efeso fu anche la sede del Concilio Ecumenico del 431 d.C. Nonostante il tentativo di Tiberio e Adriano di arrestare l’insabbiamento del porto naturale, la città fu condannata ad un lento declino.

Purtroppo il nostro viaggio è finito; anche il nostro gruppo si divide in due: alcuni partono per Milano ed altri per Roma, non prima però dell’unanime promessa di ritrovarci tutti, appena sarà possibile, per lo scambio delle fotografie e le considerazioni su di un viaggio che si è subito rilevato molto interessante: soprattutto per l’emozione di conoscere i luoghi dove nei millenni passati si sono succeduti popoli e civiltà.

Il ritorno a casa non è però triste: mi aspetta l’emozione di vedere le foto fatte, di scrivere questi appunti e, soprattutto, di pensare ad una nuova meta.

Compagni di viaggio (in ordine alfabetico) · Bruno – Germagnano (TO) · Claudio – Firenze · Franco – San Mauro Pascoli (FC) · Gianni – Firenze · Giovanni – Roma · Maria – Padova · Maria Luisa – Varese · Maria Teresa – Nembro (BG) · Mauro – Lucca · Riccardo – San Giorgio (NA) · Rosario – Caravate (VA) · Santina – Rozzano (MI) · Simona – Firenze · Sergio – San Mauro Pascoli (FC) · Stefania – Varese · Stefano – San Mauro Pascoli (FC)



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