Tunnel sotto la Manica: da Monet a Harry Potter e Jane Austen

In treno e autobus attraverso Francia e Inghilterra con tappe a Giverny, Bath, Oxford, Chawton, passando per le capitali di questo magnifico pezzo d’Europa
Scritto da: AlixA
tunnel sotto la manica: da monet a harry potter e jane austen
Partenza il: 21/08/2013
Ritorno il: 28/10/2013
Viaggiatori: 1
Spesa: 2000 €
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Eccomi pronta a narrare l’ultima delle mie “avventure per caso”… avendo vacanze estive molto lunghe, invece di partire per un unico grande viaggio, ho diviso il mio tempo libero in tre indimenticabili esperienze.

L’ultima si è svolta alla fine di agosto e ha concluso l’estate in maniera esaltante, come un fragoroso scoppio di fuochi d’artificio: da Parigi a Londra, passando per Giverny, Bath, Oxford, Chawton… tutta sola e con i mezzi pubblici!

MERCOLEDI’ 21 AGOSTO – BOLOGNA /PARIGI

Parto con Ryanair da Bologna alle 17,20 e atterro a Parigi Beauvais prima delle 19.00. Poi l’ormai “classico” bus fino a Porte Maillot e taxi fino all’Hotel. Ho scelto l’Hotel Prince Albert Louvre, prenotato come tutti gli hotel di questo viaggio con www.venere.com: prezzo stracciato, a 5 minuti dal museo. Dopo il check in mi godo una piacevole passeggiata fino alla Senna, attraversando il fiume per cenare sulla rive Gauche a Saint -Germain-de-Prés, vivace e frizzante come sempre.

GIOVEDI’ 22 AGOSTO – PARIGI:LOUVRE, MUSEE MARMOTTAN MONET

Sarà la decima o l’undicesima volta che visito il Louvre (www.louvre.fr), ma ho il cuore in gola e la pancia in subbuglio come quando da piccola partivo con i miei per Fiabilandia!

Alle 8.30 sono già in pole position davanti all’ingresso del Carrousel du Louvre (sotto l’arco a sinistra): davanti alla piramide a quest’ora c’è già una lunga fila.L’acquisto del biglietto d’ingresso sul sito del museo lo sconsiglio: non lo si può stampare direttamente, ma lo si deve ritirare in uno dei negozi convenzionati. Decisamente scomodo.

Al Louvre mi godo una bella “Visite guidée Chef d’Oeuvres” (9,00 euro) della durata di un’ora e un quarto: l’avevo prenotata telefonicamente dall’Italia qualche giorno prima. Le visite si svolgono solo in lingua inglese o francese. Controllate anche il calendario delle visites conference: approfondiscono determinate tematiche e sono molto interessanti. La visita guidata è un ottimo modo per non disperdere inutilmente le energie nelle vaste e numerose sale del Louvre. L’audio guida della Nintendo, che si può noleggiare per 5,00 euro con un documento d’identità da lasciare in deposito, la trovo scomoda ed ingombrante, ma propone anche degli interessanti percorsi tematici, oltre al classico commento per ogni opera che presenta il codice numerico da digitare.

Sicuramente di maggiore qualità è la guida in carne ed ossa, che ci conduce (siamo un gruppetto di 8-10 persone) in un entusiasmante viaggio nel tempo e nello spazio, dall’antica Mesopotamia alla Francia del medioevo e del rinascimento, fino al barocco spagnolo e italiano. Dulcis in fundo, approdiamo alle mitiche icone pop del Louvre: la Gioconda e la Vittoria di Samotracia. Alla Gioconda ci siamo arenati, per via della folla, ma la Vittoria o Nike di Samotracia (dal greco), ce la siamo goduta dal lato opposto delle grandi scale che portano dall’ala Denon alla Sully, esattamente di fronte alla statua; qui la si può ammirare in tutto il suo splendore. Tra poco sarà trasportata al laboratorio di restauro, come ci spiega la guida, e ci starà per parecchio tempo; motivo in più per ammirarla ora finché si trova al suo posto.

Terminata la visita mi dirigo alla Cour Napoleon nell’ala Richelieu: il Cafè Marly, una brasserie très chic, è in assoluto il miglior posto dove mangiare all’interno del museo, soprattutto per godere dell’affascinante vista sulla piramide del Louvre dalla terrazza panoramica.

Nel tardo pomeriggio, dopo un riposino, mi reco al Musée Marmottan Monet (www.marmottan.fr/) che il giovedì rimane aperto fino alle 20.00; in questo viaggio infatti mi propongo di approfondire la conoscenza di Claude Monet, il grande impressionista innamorato degli effetti fuggevoli di luce, aria e acqua.

Il museo rappresenta una vera goduria per gli appassionati dell’arte francese del XIX secolo: contiene infatti le più vaste collezioni di dipinti realizzate da Claude Monet e da Berthe Morisot, oltre che a diverse opere di altri impressionisti e di pittori del primo impero.

Al suo interno si possono ammirare delle pietre miliari che hanno fatto la storia della pittura, come “Impression, soleil levant” di Monet: l’opera disgustò a tal punto il critico Louis Leroy da fargli coniare un nuovo termine per ridicolizzare l’autore ed suoi amici: li definì sprezzantemente degli “impressionistes”…

Con i ricordi di questa magnifica giornata, dopo una baguette e uno frozen yogurt, rientro in hotel per ricaricare le batterie con 8 ore di meritato riposo.

VENERDI’ 23 AGOSTO -GIVERNY: CASA E GIARDINO DI MONET; PARIGI TOUR EIFFEL

Oggi mi tufferò nella pittoresca campagna di Giverny e non utilizzo a caso il termine pittoresco: qui il paesaggio si fa pittura, in senso letterale, dato che questo ameno villaggio ad un’ora da Parigi ospita la casa ed il giardino di Claude Monet, vissuto qui dal 1883 fino alla sua morte nel 1926.

Come capire in senso pieno e chiaro le sue ninfee, soprattutto quelle enormi, avvolgenti tele dell’Orangerie e del Marmottan senza avere visitato lo splendido stagno di Monet?

Devo vederlo!

Dalla Gare Saint Lazare, prendo il treno delle 8.20 per Vernon, dopo aver fatto il biglietto alle macchinette automatiche. Solo una fermata alla deliziosa- almeno dal nome-Mantes la Jolie, e dopo circa 45 minuti di viaggio si approda a Vernon. Fuori dalla stazione ben tre autobus attendono i turisti in cerca di Monet. Salita sul mezzo, non mi resta che godermi il panorama campestre al di là del finestrino: una volta arrivata, salterò la fila perché ho saggiamente acquistato il biglietto via internet sul sito www.fondation-monet.com . E’ possibile anche fare il biglietto gemellato con il museo Marmottan.

Scendendo dal bus, mi sento, più che una turista, una pellegrina che si sta avvicinando al suo santuario, piena d’emozione e raccolta nei suoi pensieri.

In questa casa di Giverny è vissuta felicemente la famiglia allargata dell’artista, la sua seconda moglie Alice Hoschedé e la schiera dei loro bambini, 8 in tutto. L’ultimo dei figli, Michel Monet, morto in un incidente d’auto nel 1966 senza eredi, lascia la casa all’Accademia di Belle Arti di Parigi; nel 1980 nasce la fondazione Monet che ne fa un museo aperto al pubblico, mentre le opere d’arte del pittore andranno al Marmottan.

Il giardino è un’oasi bucolica che stordisce coi suoi mille colori e profumi; intorno a me migliaia di meravigliosi fiori, tutti diversi, tutti da fotografare. In fondo a questo spazio tinto d’arcobaleno si staglia la bella casetta rosa dalle persiane verdi, coperta d’edera e di fiori, una vera casa di favola. L’effetto è quello di un luogo semplice rustico, ma con una tenerezza speciale, sprigionata dai suoi bei colori pastello.

All’interno esplode l’estro del padrone di casa, dell’Artista. Il gusto per il colore anima di vita e felicità gli ambienti, soprattutto la sala da pranzo, tinta con le tonalità del sole, calda ed accogliente: sembra quasi di vedere i convitati qui seduti per un allegro e rumoroso banchetto, coi bambini che fanno chiasso e gli adulti che brindano con i calici pieni di vino rosso, e magari un cane che scorrazza sotto la tavola.

La cucina, ambiente caro alla buone forchette della famiglia Monet, è abbagliante, con le sue piastrelle in ceramica di Rouen color blu cobalto e gli splendidi utensili in rame. Poi ci sono da ammirare l’atelier pittore, ricostituito con le copie dei suoi quadri, ed al primo piano le camere da letto, dai pomposi materassi rigonfi (ma come facevano a dormirci?!).

Appesa alle pareti delle varie stanze, fa sfoggio di sé la prestigiosa collezione di stampe giapponesi. I colori piatti e le linee svelte sono di grande modernità ed immediatezza. Gli autori hanno nomi importanti come Hokusai, Hiroshige,Utamaro; segno indiscusso del raffinato gusto da collezionista di Monet.

Uscita dalla casa rosa, mi dirigo verso il climax della mia escursione, lo stagno delle ninfee. Innanzitutto mi stupiscono le sue dimensioni, veramente notevoli: somiglia piuttosto ad un piccolo lago. Poi vengo colpita dalla pioggia di riflessi sulla tavola d’acqua: il cielo, le nuvole, i rami dei salici piangenti che crescono rigogliosi sui bordi dello stagno. Infine scorgo i due famosi ponti giapponesi, dipinti di verde.

E’stato lo stesso Monet, un Monet giardiniere e uomo di casa, a deviare il corso del fiume, un affluente dell’Epte, per creare questo luogo verde e magico. Non lo fece per dipingere; almeno non subito, ma applicò le sue conoscenze in ambito pittorico al giardino, donando a questi luoghi la poesia ed il fascino dei suoi dipinti.

E’ solo a partire dal 1901 che le ninfee e l’acqua diventano il soggetto prediletto delle sue tele, costituendo per lui quasi un’inebriante ossessione.

Suggestiva anche la grande boutique-librairie del museo: allestito nell’atelier esterno che l’artista si era costruito, necessitando di più spazio per le sue grandi ninfee. Certo sarebbe più interessante vedere qui appese le sue opere, invece che semplici riproduzioni…

Rientro in città con il treno delle 14.53, preso al volo, dopo aver pranzato velocemente nel caffè di fronte alla stazione con una baguette stracolma di camembert, preparata in diretta dal rustico proprietario.Che Dio benedica la Francia, questo si che è pane e formaggio!

Approdata finalmente in hotel, mi rilasso con doccia e breve pennichella, dopo di ché mi catapulto sulla Ligne n°6 della metro, scendendo a Bir-Hakeim. Dai finestrini del treno si annuncia già, grandiosa ed unica, la Tour Eiffel.

Non ho acquistato il biglietto sul sito, http://www.tour-eiffel.fr/, dato che già dieci giorni prima rimanevano scoperti solo orari di visita per me scomodi. La fila agli ascensori è enorme e così opto per le scale: fila di 5 minuti e sono pronta per salire!

E’ una gran fatica, ma ne vale la pena e si può ammirare la città in tutto il suo fulgore; scendo e, vista l’ora e la stanchezza, mi spalmo su di un taxi non prima di aver ammirato le coppie eleganti che si danno appuntamento per cena al 58, l’elegante brasserie del 1°piano della Tour Eiffel, più gettonata del costosissimo Jules Verne.

SABATO 24 AGOSTO -TUNNEL SOTTO LA MANICA,LONDRA-BATH,TERME ROMANE, ABBAZIA, PUMP ROOM, CASA DI J.AUSTEN, ROYAL CRESCENT

Il grande giorno in cui sperimenterò il tunnel sotto la Manica è arrivato: prima dell’alba sono già alla Gare du Nord, pronta a partire. Sul sito http://www.voyages-sncf.com/ ho acquistato il biglietto a 90,00 euro (solo andata) con un paio di mesi d’anticipo ( si trovano anche a 50,00 euro se avete orari flessibili).

I controlli sono simili a quelli aeroportuali. Il treno me lo aspettavo diverso, i sedili sono piuttosto malandati e tutto qui ha un’aria un tantino vecchiotta.

Partiamo alle 7.13 in punto; dopo 45 min di viaggio, una voce suadente ci annuncia che stiamo per attraversare il tunnel sotto la Manica; scende uno strano silenzio, ma dopo una ventina di minuti siamo già nel Regno Unito. Ai due lati della Manica, lo stesso tempo: veli di nebbia scendono dal cielo, insieme ad una fredda, fine pioggia autunnale.

In poco tempo arriviamo a Londra St. Pancras , 8.33 ora locale. Scendo dal treno e ho mezz’ora per trascinare le mie stanche membra e la mia valigia alla vicina Victoria Bus Coach station.

Qui salgo sul mio bus, il biglietto acquistato su http://www.nationalrail.co.uk// per circa 20,00 sterline, e dopo un paio d’ore giungo finalmente a Bath. In questa deliziosa cittadina termale, ritrovo il buon umore nonostante la stanchezza: i miei occhi si beano della visione di case color miele distese con grazia sulle dolci colline del Wessex.

Il mio hotel è lo splendido Henrietta House, una residenza georgiana, del 1780 circa, con vecchie mura di pietra delicatamente ambrate, interni confortevoli ed eleganti; trovo ad attendermi in camera frutta, the, cioccolata e una bottiglia di acqua termale. Che meraviglia! Dopo una bella doccia una receptionist gentilissima che parla bene italiano mi illustra, mappa alla mano, i luoghi di maggior interesse della città. Subito dietro l’hotel, in Sidney Place n.4 trovo la casa di J. Austen, mia beniamina. Ha vissuto a Bath dal 1801 al 1808 cambiando spesso indirizzo. Anche se la scrittrice non amò particolarmente Bath, la città la celebra tutti gli anni con un festival nel mese di settembre: c’è anche il J. A. Center che poco ha a che fare con la scrittrice: è piuttosto un’ accozzaglia di abitini stile impero e poster dei film e delle serie tv inglesi ispirate a J.A. Le volenterose e sgradevoli guide del centro, parlano solo in inglese ed interagiscono con difficoltà.

La maggior attrattiva di Bath sono le fantastiche terme romane www.romanbath.co.uk, un patrimonio archeologico ben custodito dagli inglesi: lo sottolineo perché penso ai fori romani e a tutti i siti monumentali del Belpaese conservati ed esposti alla bella e meglio.

Questo sito fu fondato più di duemila anni fa dagli antichi romani,sulle 3 sorgenti d’acqua termale che, secondo il mito, pare abbia guarito i maiali di Re “Bladud”( padre del Re Lear in fuga da Troia) ammalati di lebbra. L’acqua sgorga tutt’oggi alla temperatura di 46°ed evidentemente non guarisce solo le bestie: infatti è stato edificato un centro termale lussuosissimo, nuovo di zecca, nel bel mezzo della città.

Tornando alle terme romane si tratta di uno dei complessi termali meglio conservati al mondo e si possono formare lunghe file all’ingresso. Fate come me: scegliete il tardo pomeriggio, in modo da godervi il luogo meno affollato e con l’atmosfera romantica creata dalle fiaccole accese tutt’intorno alla splendida piscina termale del Great Bath.

Qui trovo guide preparatissime travestite da antichi romani e da matrone, che spiegano a grandi e piccini gli usi dei tempi antichi. Humor inglese e amore per la storia si fondono ottenendo un risultato intrigante. Anch’io mi lascio andare e sperimento così oli, profumi e belletti vari che usavano le donne romane.

Questo complesso nell’antichità non era solo un ritrovo sociale, ma anche un centro di grande spiritualità, con un tempio dove si venerava la dea di queste acque, la Sulis Minerva. Alcuni schermi alle pareti illustrano al visitatore com’erano un tempo le terme ed il tempio e come si svolgeva la vita qui, mentre l’audioguida multilingue, compresa nel ticket d’ingresso, fornisce spiegazioni veramente interessanti.Terminata la magnifica visita, mi rilasso recandomi nell’adiacente Pump Room del XVIII secolo, concedendomi un classico e costoso the all’inglese con pane burro, pasticcini, tost al formaggio e cetrioli. Alla fine, un bel bicchierone di acqua termale, almeno questo è gratis!

La Bath Abbey www.bathabbey.org, costruita tra il 400’ e il 500’, è un suggestivo edificio in pietra color miele, di stampo ancora medievale; la parte più originale è sicuramente la facciata ovest, con il curioso andirivieni di angeli su lunghe scale, trasposizione in pietra di un sogno del suo fondatore, il vescovo Oliver King. Su consiglio del personale dell’hotel acquisto il ticket per l’ingresso alla torre dell’abbazia; di qui lo sguardo può abbracciare tutta Bath e il panorama sulle colline e sulle case è eccezionale. In realtà il biglietto comprende una movimentata visita guidata in inglese attraverso i vari pertugi della torre, fino alle campane, ma io non capisco un acca, perché la guida parla troppo in fretta: sorrido ugualmente e mi fingo interessata!

Poi un salto al Royal Crescent, le eleganti residenze georgiane disposte a semicerchio sulla vallata e infine , via, a nanna con la testa piena di sogni ed i piedi a pezzi.. Bath è stata un colpo di fulmine per me!

DOMENICA 25 AGOSTO – OXFORD: CENTRO STORICO, CRISTH CHURCH COLLEGE, ASMHOLEAN MUSEUM

La mattina con riluttanza lascio la “mia” Henrietta House e questa incantevole città per prendere il treno diretto a Oxford. Fa freddo ed il cielo è grigio, ma quando approdo alla “città dalle guglie sognanti” il cuore ricomincia a battere più forte. Anche se Oxford è piccola e si gira benissimo a piedi, io mi regalo un tour nel comodo bus Hopp on Hopp off, tanto per farmi un’idea generale della città. Ammiro così lo spettacolare Sheldonian Theatre, la Bodleian Library, che ha sotterranei pieni di libri e, fuori dal centro, la zona residenziale dove i professori edificarono le loro splendide case in epoca vittoriana.

Continuo a trattarmi bene pranzando al Jamie’s Italian, il ristorante italiano del famoso chef inglese: i prezzi sono abbordabilissimi e con14 sterline mi godo un antipasto di schiacciatina e olive, dei tagliolini al pomodoro e melanzane ed un sorbetto al frutto della passione.Tutto molto buono, ma non eccezionale. Gli inglesi impazziscono per la pasta fatta in casa; è domenica il locale si riempie di famiglie e coppie del luogo.

Sono in vendita anche i ricettari dello chef, i prodotti culinari, le padelle… che bisness ha messo su Jamie!

Nel pomeriggio cerco il Cristh Curch College (www.chch.ox.ac.uk): la Lonely Planet lo definisce un cult. E’ vero, si tratta del college più grande e sontuoso di Oxford, fondato nel 1525 da Thomas Wolsey. Qui hanno studiato una dozzina di primi ministri inglesi, nonché Einstein, e scusate se è poco.Una volta entrata riconosco nella spettacolare Great Hall il refettorio utilizzato come location per Harry Potter. Rimango letteralmente a bocca aperta E’ un ambiente pazzesco, impressionante: gli altissimi soffitti con travi scure a sbalzo, le pareti ricoperte da antichi ritratti degli ex alunni, i grandi, interminabili tavoli di legno massiccio…tutto qui contribuisce a creare un’atmosfera favolosa o, se vogliamo, cinematografica.

In una colorata ed elegante vetrata a sinistra dell’ingresso riconosco poi a sagoma di Charles Dodgson, alias Lewis Carroll e di Alice Liddell. Le suggestioni cinematografiche si mescolano ora a quelle letterarie: la favola di Alice nel paese delle meraviglie è nata proprio qui, dalle fantasie di Carroll, professore emerito che un giorno d’estate inventò una bizzarra fiaba per divertire la piccola Alice, figlia del rettore dell’università.

Questi ambienti, ricchi di quel particolare fascino tipicamente british fatto di austerità e tradizione, ma anche di mistero e fantasia, sono stati l’humus perfetto nel quale far germogliare novelle, film e romanzi.

Visito il grande cortile quadrato e la chiesa, entrambi spettacolari. Fuori dalle maestose mura del college si stendono a perdita d’occhio verdi pascoli popolati di mucche, nel perfetto stile inglese. Mi allontano chiedendomi con una certa invidia che cosa si provi a studiare in un luogo del genere..

Un’altra tappa che non posso perdere ad Oxford è l’Ashmolean Museum, uno dei musei più antichi del mondo (1683); è gratuito, vasto e comprende numerose collezioni con diversi dipartimenti, un po’ come un Louvre in miniatura.

Nella collezione rinascimentale italiana mi innamoro della magnifica Caccia di Paolo Uccello, un’opera quattrocentesca ricca di mistero, quasi surreale, ma ci sono anche tante altre opere di inestimabile valore. Poi scovo una saletta con opere impressioniste e preraffelite. Un’occhiata anche agli strumenti musicali, tra cui un magnifico violino Stradivari e poi all’arte asiatica, presente con magnifici paraventi di seta, porcellane e arrazzi etc. Che magnificenza! Ma la stanchezza si fa sentire anche per me..

LUNEDI’26 AGOSTO – LONDRA: TORRE, TOWER BRIDGE, SOUTH BANK, BLOOMSBURY

Il mattino di buon ora sono sul treno per Londra, diretta all’Hotel Regency House London a Bloomsbury, stanza minuscola, ma ottima posizione. Dopo il check in ed una doccia lampo, mi precipito alla Torre di Londra che non avevo mai visitato.

Ho prenotato sul sito http://www.hrp.org.uk/ biglietto d’ingesso e audio guida, con una spesa di 25,00 sterline circa. E’ piena stagione e ci sono fiumi di turisti, per cui fatico a godermi la giornata. Di questo grande e articolato complesso medievale mi colpisce soprattutto la White Tower, l’edificio normanno che sorge al centro del cortile, con le torrette ai quattro angoli e al suo interno la collezione di armature. Poi visito le Waterloo Barracks con i gioielli della corona, rimanendo abbagliata da tanto luccichio..mai viste tante pietre preziose tutte insieme! Scettri, globi, cucchiai, ampolle, diademi..per fortuna c’è anche la proiezione del filmato dell’incoronazione della regina Elisabetta, avvenuta nel giugno del1953: in tal modo si riesce a comprendere la funzione simbolica di questi magnifici e preziosissimi oggetti. L’audio guida sostiene che si tratta di gioielli originali, ma io nutro qualche dubbio, perché la sorveglianza lascia molto a desiderare. Comunque per osservarli si è obbligati a farsi trasportare da una sorta di tapis roulant che vi fa scorre in avanti, evitando gli assiepamenti di fronte alle vetrine. Direi che si perde molta poesia in tal modo e l’effetto-frustrazione è inevitabile.

Dopo le foto di rito ai grandi corvi dal manto lucente ed alle simpatiche guardie, gli Yeomen Warder che lavorano e vivono qui, dopo anni di servizio onorato nelle milizie inglesi esco dalla torre.

Subito mi avvicino al Tower Bridge, proprio dietro la torre: meraviglioso ed imponente simbolo della città, così come la Tour Eiffel lo è per Parigi. Dopo un caffè allo Starbucks sotto il ponte, mi rilasso con una bella passeggiata lungo il Tamigi. Gironzolare per il lungofiume è estremamente piacevole: a South Bank, nei pressi del London Eye, trovo un atmosfera frizzante e godereccia, con mille bancherelle che offrono un succulento viaggio attraverso i sapori del mondo: dal Giappone al Messico, dalla Spagna alla Cina..cibi di ogni forma e colore! Non resisto a questi profumi invitanti e mi concedo una sostanziosa “merenda” con gustosi ravioli giapponesi.

A Waterloo prendo la metro e torno verso l’hotel. Dopo cena faccio due passi nel quartiere, a Bloomsbury, giungendo fino a Gordon Square. La porta rossa al n.50 è stata la a casa di Virginia Woolfe ed ha ospitato le epiche serate del Bloomsbory Group. Purtroppo appartiene ad un’istituto universitario e non è visitabile all’interno; ma è comunque emozionante starsene davanti a questa porta, mentre il sole tramonta su Londra. Con questa bella emozione ancora negli occhi e nella mente, me ne vado a dormire.

MARTEDI’ 27 AGOSTO -HAMPSHIRE, CHAWTON, CASA DI J.AUSTEN

Stamattina di buon ora mi rimetto in marcia, questa volta diretta verso lo Hampshire, esattamente a Chawton, dove si trova l’ultima dimora di Jane Austen http://www.jane-austens-house-museum.org.uk.

In teoria avrei dovuto prendere il treno diretto da Waterloo ad Alton e poi il bus o, in alternativa una bella camminata di mezz’ora, fino a Chawton, ma è andato tutto storto. L’odissea di treni cancellati, bus e taxi introvabili che ha inghiottito buona parte di quest’ultima giornata di viaggio, non la voglio ricordare.

Invece riporto volentieri la mente al momento in cui ho varcato la soglia del rustico cottage in mattoni rossi. Appena entrata, rimango folgorata: la morbida luce del mattino accarezza i mobili del piccolo salotto, le note di un antico pianoforte che una ragazza sta suonando (con le copie degli spartiti di J.A.!) mi trasportano nei romanzi della grande scrittrice, in un mondo limpido, ordinato, scintillante. Mi sono commossa, lo confesso, d’altronde parliamo della mia scrittrice preferita..

La casa era un tempo una locanda che produceva e vendeva birra, poi è passata di proprietario in proprietario fino ad arrivare al fratello della scrittrice, Edward, che la offrì alla madre e alle sorelle. La piccola famiglia di donne venne a vivere qui: Jane, sua sorella Cassandra, la S.ra Austen e piu’ tardi l’amica Martha Lloyd, trasferite dall’odiata (da loro..) Bath. La scrittrice visse in questo riparato microcosmo femminile dal 1809 alla sua morte nel 1817; tra la quiete domestica di queste mura fiorì il suo genio.

All’interno dalla casa museo si possono ammirare le prime edizioni di Orgoglio e Pregiudizio che proprio quest’anno ha festeggiato l’anniversario di pubblicazione, duecento anni esatti; poi c’è la bella croce di topazi regalata a Jane da suo fratello (la stessa che riceve dal fratello la protagonista di Mansfield Park, Fanny Price..).

Come a Giverny ho immaginato la serenità di Monet, immerso nella pace dei suoi giardini, in un’atmosfera fertile e feconda, così posso capire la scelta di una vita quieta e riservata, che lasciava spazio alla creatività della Austen.

La si immagina qui, seduta al piccolo e traballante tavolino di noce, intenta a creare le magiche armonie dei suoi romanzi. Il tavolo, giurano le guide, è quello originale: donato ad una domestica da mamma Austen dopo la morte della scrittrice, fece rientro in famiglia quando la governante realizzo’ il grande valore emotivo che rivestiva quell’oggetto, restituendolo agli Austen.

Capolavori della letteratura inglese come Persuasione o Emma, sono nati qui..le bozze di Orgoglio e pregiudizio e Ragione e Sentimento sono state rielaborate e terminate tra queste mura, proprio su questo tavolino; che lezione di modestia per tutti gli scrittori!

Molti dei mobili sono riproduzioni, così come gli abiti stile impero, bellissimi, esposti in ogni stanza; eppure non c’è aria di museo delle cere, al contrario si percepisce una “fragranza” particolare in questo cottage, si è come trasportati nella dimensione unica creata da J.A, lontana nel tempo eppure così incredibilmente attuale. All’esterno si può passeggiare nel bel giardino con i fiori e le erbe aromatiche, curato per tanti anni dalla madre della scrittrice. C’è anche il carrettino in legno sul quale le donne viaggiavano attaccandolo ad un asinello…evidentemente la comodità non apparteneva proprio a quell’epoca!

Visitare Chawton House è stata la realizzazione di un sogno, un momento indimenticabile: l’avevo rimandata per troppi anni! Questa è un’escursione per i veri appassionati, dato che raggiungere con i mezzi pubblici questo luogo da Londra non è semplice, anche se devo dire che lo Hampshire è una regione verde e bellissima, vero assaggio di campagna inglese godibile per tutti.

MERCOLEDI’ 28 AGOSTO – LONDRA/BOLOGNA

La British Airways mi riporta a casa, da London Heatrow. Sono stanchissima e a guardare indietro quasi non credo alle cose che sono riuscita a fare in questi 8 giorni: è stato anche dispendioso, soprattutto per gli spostamenti.

Nel mio cuore rimangono Bath, che mi ha molto colpita con la sua grazia delicata, le sue belle case e le terme.. tanto che ho già voglia di ritornarci; e la casa della Austen, un’emozione che non scorderò facilmente. I ricordi di questo viaggio scalderanno il mio autunno..fino alla prossima avventura!

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Giverny

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londra

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BATH terme romane

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Bath



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