Sunny malta
Prenotiamo su internet volo e 4 notti su 5 in albergo. L’aereo – partenza l’uno e ritorno il sei gennaio – costicchia, l’albergo invece è una vera offerta: poco più di ottanta cento euro per stanza doppia e prima colazione per quattro giorni. Ci aspetterà qualche brutta sorpresa?Vedremo.
Il primo gennaio, salutato il vecchio anno ancora prima della mezzanotte, siamo di primissima mattina all’aeroporto di Linate per il volo che, dopo scalo a Roma, dovrebbe portarci a Luqa. Per ritardi causati da neve, un vettore ci porta a Malpensa dove partiamo con volo diretto per Malta. Meglio così, lo scalo a Fiumicino lo evito più che volentieri. Appena partiti il pilota annuncia che il tempo di Malta sarebbe stato di circa 14 gradi e ‘parzialmente nuvoloso’. Lo dice lui che è maltese ed al sole ci è abituato! A me pare invece ‘particolarmente sereno’. A Como un cielo così azzurro non lo vedevo almeno da tre mesi! Scesi dall’aereo, dobbiamo scoprire che siamo giunti nell’unico momento dell’unico giorno dell’anno (primo gennaio, tra mezzogiorno e le tre di pomeriggio) in cui i bus non circolano: decidiamo quindi di dividere con un’altra coppia il taxi. Il taxista, evidentemente convinto che il momento di non concorrenza con il trasporto pubblico vada sfruttato, decide di fare tutto il viaggio ad una velocità folle, con sorpassi azzardatissimi, da destra a sinistra e viceversa, probabilmente voglioso di tornare al più presto in aeroporto a caricare altri “facoltosi” turisti prima che il servizio bus riprenda. L’esperienza, complice anche la guida a destra, è abbastanza traumatica. Comunque, in meno di dieci minuti siamo all’albergo a Sliema.
La stanza sembra abbastanza pulita, spaziosa ed anche con vista mare. Giusto il tempo di sistemarci un istante che siamo già fuori a dare un’occhiata. Sliema. Sliema non è certo la città più tipica e bella dell’isola, piena com’è di alberghi, negozi e ristoranti, tuttavia è a due passi dalla Valletta – che infatti è perfettamente visibile dal porto – e logisticamente uno dei migliori punti di Malta. Inoltre, se i lungomare di Sliema Creek e Tigne Beach sono abbastanza anonimi, si può comunque assaporare un po’ di Malta passeggiando all’interno del centro storico (tra Triq Kathidral, San Pietru, San Vincenz e Stella Maris) assolutamente tranquillo e silente, a differenza dei trafficatissimi lungomare. Molte case con i tipici balconi maltesi, al cui interno è spesso ricavato un angoletto votivo, spesso ospitante un presepe.
Prima di cena, si torna in albergo, ed ecco la temuta sorpresa. Dalla doccia esce solo acqua gelata. Facciamo notare la cosa alla reception, che ci concede l’uso di altra stanza al momento vuota per la doccia, promettendo la riparazione della nostra doccia nella giornata successiva. Incredibile a dirsi, ma manterranno la parola. Il giorno successivo troveremo infatti il boiler sostituito.
Per cena scegliamo la scelta è difficile: i locali sono centinaia, ma contrariamente a quanto mi aspettassi, i prezzi non sembrano poi molto differenti da quelli italiani. Il perché lo scopro poco dopo, quando, da buon italiano, ordino contemporaneamente un primo ed un secondo: le dosi sono enormi, come secondo mi viene servito circa un agnello intero. Per la prima volta nella mia vita, sconfitto, lascio parte della cena nel piatto. Consiglio a chiunque di ordinare un secondo piatto solo dopo aver finito il primo, e mai in contemporanea. Le dosi maltesi sono davvero parecchio abbondanti, molto di più di quelle dei nostri ristoranti.
Tornando in albergo, mi fermo a prendere una bottiglia d’acqua in centro Sliema, in un caratteristico Pub chiamato “the hole in the wall” (è proprio per il nome che decido di fermarmi qui): l’interno è molto grazioso, stile inglese, e come clienti nessun turista, ma solo due anziani maltesi che giocano a carte, e mi salutano sorridendo quando esco. Bell’atmosfera cordiale, decido che ci tornerò.
Il Giorno dopo il tempo è piuttosto bello. Giornata di visita alla Valletta. Prima di vedere la Co.Cattedrale di San Giovanni un giretto per i vicoletti, e per caso mi imbatto nella chiesa di St. Paul Shipwreck, piccolina ma molto bella, per metà interrata sotto il livello della strada. La Co.Cattedrale è splendida. Al contrario dell’aspetto esteriore abbastanza austero, l’interno è invece ricchissimo. Le fanno da pavimento le pietre tombali dei vari cavalieri, ai lati vi sono le cappelle, divise nelle varie lingue che componevano l’ordine, con i monumenti funebri dei Gran Maestri (alcuni invero un po’ eccessivi). Al museo, sopra ogni cosa meritano i due dipinti del Caravaggio, tra l’altro ottimamente spiegati nell’audioguida, che viene data senza alcun sovrapprezzo quando si acquista il biglietto. Piccolo moto di orgoglio patrio:il Caravaggio è riuscito a farla in barba ai Cavalieri fuggendo dalle prigioni della loro inespugnabile cittadella… Pranziamo in un baretto all’interno del mercato coperto, e ci dirigiamo verso il Forte St. Elmo, il bastione sulla punta della penisola su cui è costruita la Valletta. Prima però non resisto alla tentazione e visito il museo dei giocattoli. Piccolino, ma con interessanti ricordi di epoche passate.
Arrivati al forte, scopriamo che – per motivi ignoti – è chiuso. Aprirà domenica. Ci torneremo domenica, mi dico, e proseguo a gironzolare per i vicoli della città. In questa zona sono ancora belli, ma sembrano un pochino più malfamati. Dei turisti riversati a vagonate alla City Gate, infatti, nemmeno l’ombra. Mi fermo ancora a dare un occhiata alla chiesa anglicana e alla vicina chiesa di Our Lady of Mount Carmel, il cui cupolone vedevo benissimo da Sliema. L’interno non è nulla di che. Allora perché dotarla di un cupolone enorme? (pare) per rivaleggiare con il campanile della chiesa anglicana lì a fianco.
Ceniamo in qualche ristorante un po’ anonimo, e poi passiamo la serata al “the hole in the wall” conversando amabilmente con il proprietario e l’unica altra cliente, una ragazza ungherese trapiantata a Malta. Il posto è davvero consigliato, per chi voglia un diversivo agli anonimi bar-discoteche del lungomare. Purtroppo però non so dirvi il nome della via, ma solo che è in un angoletto pedonale vicino alla cattedrale. In più mi corrobora con un po’ di rock in sottofondo: al ristorante avevano invece fatto girare due o tre volte lo stesso disco di cover di successi italiani anni ’60, suonati in stile karaoke, con batteria elettronica e voce lamentosa (cosa che capiterà spesso:mi sono quasi convinto che i Pooh siano una specie di ossessione nazionale per i maltesi).
Il giorno successivo, sempre in bus, andiamo a Mdina, l’antica capitale, la città del silenzio. Decisamente bella, e bello è passeggiare per i suoi vicoletti stretti e tranquilli. Tuttavia un po’ mi arrabbio quando scopro che ogni angolo visitabile della città, chiesa compresa, è a pagamento. Comincia a sembrarmi un po’ troppo anemica e statica, poco realmente vissuta. Una veloce fermata al museo delle torture, abbastanza interessante, pieno di spiegazioni storiche sull’isola (scopro ad esempio che alcuni Gran Maestri erano in realtà nobili “teste calde”, che qualche visita alle galere l’avevano fatta, prima di entrare nell’Ordine), e ci spostiamo allora nella città gemella di Rabat. Questa sì che mi piace, ha proprio l’aria tranquilla, nobile e serena della gente di Malta. E’ meno antica forse di Mdina, ma qui la gente ci vive davvero, ed è bello passeggiare nelle sue viuzze, e particolare la sua piazza, di strana foggia. Invece di vedere le catacombe, decido di muovermi verso Mosta, la città della famosa Rotunda. Per chi non lo sapesse, è il duomo della città dal caratteristico cupolone, uno dei più grossi del mondo. La fama è legata ad un episodio di guerra: nel ’43, mentre molti erano riparati all’interno della chiesa, una bomba sganciata da un aereo colpì la cupola ma senza esplodere. I religiosi maltesi subito parlarono di miracolo.
Quando vi arriviamo, la chiesa è chiusa. Propongo allora una gitarella a zonzo per la città, in attesa dell’apertura. Mi addentro un po’ nei vicoletti e, per la prima ed unica volta qui a Malta, avverto un senso povertà, di precarietà, come si può avvertire in molte città africane. Però come in tutta l’isola, qui le case hanno dei nomi, e sono nomi che parlano di speranza, carità, augurio. Alla fine la Rotunda apre: è bella, il suo colore azzurrino le dà un’aria molto ariosa.
Il giorno successivo decidiamo di andare a Vittoriosa, una delle tre città, la più importante, prima sede dei Cavalieri, fino all’assedio del 1565, quando decideranno di costruire una nuova città, più fortificata e meglio posizionata (Valletta). Prendiamo quindi prima il solito bus da Sliema a Valletta, poi il bus da Valletta a Vittoriosa. Sorprendentemente, su quest’ultimo siamo gli unici turisti. Il bus ferma alle porte della città, subito a destra si può camminare sui bastioni della città, con ottima vista sulle altre due città (Cospicua e Senglea) e sulla Valletta. Proseguiamo un po’ a zonzo tra le viette della città, bellissime, tranquille e pulite, e spuntiamo infine su Vittoriosa Square, bella ed ariosa piazza centrale della città, costruita in pendenza. Una breve pausa caffè e ci dirigiamo al Fort St. Angelo, punta estrema della penisola su cui la città è costruita, e ultimo baluardo di resistenza durante l’assedio turco del 1565. La giornata è splendida, il forte molto imponente, ma non è purtroppo visitabile: una guardia ci spiega che lo stanno ristrutturando per ospitarci bar e negozi. Spero non ne facciano uno scempio. Ottima vista della Valletta comunque, perché da questo lato (quello opposto rispetto a Sliema) sono molto visibili le fortificazioni.
Torniamo quindi a Valletta per cercare di visitare il Fort St. Elmo: ci avevano infatti detto che oggi sarebbe stato aperto. Una rapida pausa pranzo e siamo lì, ma è nuovamente chiuso. Chiedo il perché, e scopro che era sì aperto, ma solo la mattina. Inutile cercare di conoscere maggiori dettagli sugli orari, rinunciamo. Risalendo dal forte verso la City Square, sempre camminando un po’ a casaccio per sconosciuti vicoletti, arriviamo ai Lower Barraca Gardens e ci sediamo un momento sulle loro panchine a godere uno splendido panorama del Grand Harbour. Conquistati, zigzaghiamo ancora un poco in altri vicoletti per arrivare agli Upper Barraca Gardens, omonimi dei precedenti ma posti più vicino all’ingresso della città: ancora ottima vista dell’Harbour, questa volta in primissimo piano c’è proprio la Vittoriosa visitata la mattina.
Durante la notte temporale spaventoso con tuoni e lampi. L’idea era di andare sull’isola di Gozo cercando un albergo lì per l’ultima notte, ma i tuoni mi fanno pensare che non ne valga la pena, il giorno successivo si riparte e non vorrei rischiare di rimanere bloccato a Gozo dal maltempo. Decidiamo quindi di fermarci nel nostro grazioso hotel un’altra notte, e vedere se è fattibile la gita a Gozo in giornata.
La mattina, il cielo è ancora grigio, ma, pur non sapendo se il traghetto per Gozo riuscirà a partire, decidiamo di provarci lo stesso. Se non dovesse partire, potremmo ripiegare su una visita alla zona nord dell’isola di Malta. Nuovo viaggetto in bus per arrivare all’imbarco: mi godo il panorama dal finestrino, bellissimi gli scorci di mare che intravedo, meno belle le città litoranee che incrociamo: Qawra, Bugibba e Mellieha mi sembrano un po’ anonime, con i loro recentissimi albergoni imponenti.
Il traghetto, comunque, parte. Breve viaggetto molto movimentato, ed eccoci di nuovo in bus diretti a Victoria, la capitale di Gozo. Qui si scatena un vero nubifragio. Piove moltissimo, ed anche le strade sono coperte da fiumi d’acqua. Raggiungiamo prima un baretto molto poco turistico dove aspettiamo che smetta (ci siamo convinti che no, non può piovere per molto, solo a Como le piogge ininterrotte possono durare per più e più giorni…). Appena vediamo i piovaschi in diminuzione, acquistiamo due ombrellini in una cartoleria e ci dirigiamo verso la cittadella, avamposto fortificato medioevale al di sopra della città. E’ molto bella, e forse complice il tempo, pochissimo frequentata. La pioggia tuttavia riprende, così ci rifugiamo in un palazzo al cui interno è allestita una mostra (stranamente gratuita). Do un’occhiata ai quadri, mi piacciono tanto che decido di acquistare una riproduzione di uno di essi in vendita. Il ragazzo a cui chiedo di pagare mi dice di essere l’artista, e siccome è l’ultimo giorno di mostra mi regala la riproduzione che avrei voluto acquistare. Scambiamo ancora due parole, indirizzo mail e ci salutiamo. Usciamo di nuovo a passeggiare. Si può camminare per un bel tratto sui bastioni della cittadella che, vista la posizione strategica, praticamente nel centro dell’isola, offrono un ottima visuale non solo sulla sottostante Victoria, ma su Gozo tutta. Mi annoio un pochetto quando Silvana trova l’agognato negozietto di pizzi, ma si sbriga velocemente, passeggiamo un po’ per Victoria (bella anche questa) e ritorniamo verso l’albergo, anche perché siamo zuppi dell’acqua caduta fino a poco prima.
La mattina dell’ultimo giorno, tempo nuovamente bello, cielo azzurrissimo, vorrei andare a Marsaxlokk, ma ci alziamo troppo tardi. Ci fermiamo anche a chiacchierare un poco con un signore italiano, ospite dell’albergo, che pare una persona interessante. Avanza quindi poco tempo, che decidiamo di dedicare al Fort Manoel, una fortificazione costruita su una piccola isola tra Sliema e Valletta. Il forte però è fase di restauro, grazie ai fondi della CE: è già la terza o quarta volta che ci capita di vedere opere di restauri con fondi CE, anche se Malta vi è entrata da appena un anno. Graziosa comunque, all’ingresso dell’isola, una ‘città delle anatre’, un piccolo spazio con casette dove si riposano (quando vogliono:non vi stanno rinchiusi) varii generi di pennuti, testimone di un certo attaccamento dei maltesi agli animali, così come già avevamo notato le numerose volte che abbiamo visto dei maltesi lasciare fuori casa una ciotola con mangime per i gatti randagi, che infatti sono moltissimi.
Un ultima puntata alla Valletta, per vedere l’unica zona che ancora non avevamo battuto, quella di nord ovest, tra gli Hastings Gardens e i St. Salvatore Bastions, un veloce pranzo ed il bus per l’aeroporto.
Qui vengo intervistato da un giornalista maltese di una testata web, che mi domanda le mie impressioni sul suo paese. Gliene parlo bene, e lui si mostra sorpreso quando gli dico tutto il bene possibile dei trasporti pubblici, aggiungendo “molti turisti li trovano scomodi”. Ma insomma! E che turisti sarebbero, mi chiedo. A parte il fatto che i bus maltesi, vecchi Bedford colorati di giallo-rosso e senza porte, sono uno spettacolo anche solo dal punto di vista estetico, e poi funzionano benissimo: sono moltissimi, economici, vanno dappertutto e le attese non sono mai troppo lunghe. Che importanza ha la comodità? Magari andassero così in Italia…Ed infatti: da Fiumicino a Milano Linate accumuliamo due ore abbondanti di ritardo.
Il bilancio del viaggio è quindi decisamente positivo: Malta è un paese tranquillo e pulito. Vi si vedono la vicinanza all’Europa e quella all’Africa, senza che tuttavia ciò intacchi un’identità nazionale particolare ed abbastanza forte.