Spedizione a Choquequirao

CHOQUEQUIRAO (La Culla d’Oro degli Inca) Nel 1909, l’esploratore nordamericano Hiram Bingham intraprese il primo importante viaggio in Perù., alla ricerca della mitica Vilcabamba, la città perduta degli inca. Finanziato dalla National Geographic Society, si addentrò nell’intrico della vegetazione tropicale sino a scoprire una vasta area...
Scritto da: gabrielepoli
spedizione a choquequirao
Partenza il: 10/06/2003
Ritorno il: 22/06/2003
Viaggiatori: fino a 6
CHOQUEQUIRAO (La Culla d’Oro degli Inca) Nel 1909, l’esploratore nordamericano Hiram Bingham intraprese il primo importante viaggio in Perù., alla ricerca della mitica Vilcabamba, la città perduta degli inca. Finanziato dalla National Geographic Society, si addentrò nell’intrico della vegetazione tropicale sino a scoprire una vasta area coperta da rovine. “E’ questa Vilcabamba la Grande?”, si chiese Bingham. “Non ci sono dubbi!”, si rispose soddisfatto. L’eco della scoperta fece il giro del mondo, ma l’entusiasmo fu di breve durata. Due anni più tardi, nel 1911, lo statunitense, grazie alle segnalazioni di alcuni contadini, s’imbatté nelle rovine della meravigliosa cittadella oggi conosciuta con il nome di Machu Picchu. Bingham era sicuro; questa era la vera Vilcabamba. Ma si sbagliava. Machu Picchu, edificata dal grande sovrano Inca Yupanqui (Pachacutec, il Sovvertitore del Mondo), fu abbandonata e dimenticata decine di anni prima dell’invasione spagnola e gli iberici non vennero mai a conoscenza della sua esistenza. Vilcabamba, al contrario, fu invasa e saccheggiata dai conquistadores che, in nome della Fede, la distrussero e depredarono. Nel 1536, Manco Inca si ribellò agli spagnoli che lo avevano ingiustamente oltraggiato, organizzò un forte esercito e assediò Cusco, l’antica capitale dell’impero. In seguito, si rifugiò in una regione impervia, ai limiti della foresta amazzonica. Qui esisteva sin dai tempi del padre di Manco –Huayna Capac- o addirittura del nonno –Tupac Yupanqui- un centro cerimoniale di notevole importanza. Manco vi si stabilì e ordinò di costruire, a breve distanza, un altro centro urbano, atto ad ospitare la corte e l’esercito: Vilcabamba la Grande. In questa località, gli inca resistettero per oltre trent’anni, dal 1536 al 1572, tendendo imboscate alle milizie spagnole e giungendo a cingere d’assedio Ciudad de Los Reyes, l’odierna Lima. Lasciamo Cusco di buon’ora, imboccando la strada asfaltata che conduce ad Abancay. Alcuni chilometri prima della città, giungiamo al paese di Curawasi e deviamo verso il villaggio di Cachora, dove ha termine la carrozzabile. Eccitati per l’impresa che ci attende, fatichiamo a chiudere occhio. All’alba, nascosti dentro alle giacche a vento, gli occhi gonfi e i capelli scompigliati dal vento, carichiamo i muli noleggiati la sera precedente e ci avviamo lungo un facile sentiero, fra lande misteriose dove gli uccelli si rincorrono nella rigogliosa vegetazione. Sotto di noi scorre brontolando il rio Apurímac, mentre la cima innevata del Salcantay ci sorride, rischiarata dal primo sole. Superato il passo di Huaywacalli, a 3.800 metri di altitudine, iniziamo la discesa verso l’Apurímac e l’accogliente spiaggetta di Santa Teresa, nei pressi della quale si alzano enormi cactus, alti anche sette metri, chiamati San Pedro. Sono le piante dalle quali i curanderos, gli sciamani andini, ricavano l’allucinogeno per i propri riti. Ci attendono un paio d’ore di ripida salita, sino ai 2.100 metri di Santa Rosa e poi ancora altre due ore, fino ad una radura. Ci accampiamo e, pur stanchi per il viaggio e la notte insonne, siamo felici al pensiero di ciò che ci aspetta l’indomani. Saliamo a Maranpata e, finalmente, eccola là! Choquequirao, la Culla d’Oro degli Inca. Non c’è anima viva; solo noi, un paio di guardiani e tanta bellezza. Choquequirao si staglia magnifica contro il cielo azzurro, sopra ad un colle dalla cima piana, a circa 3.000 metri di altezza. Le pendici dell’altura sono occupate da terrazzamenti e, sulla cima, riceviamo il regalo più bello: un paesaggio che riempie di emozione. Da un lato, centinaia di metri più in basso, il corso irregolare dell’Apurímac, il grande fiume parlante, e, dall’altro, templi, palazzi, canali d’irrigazione, acquedotti per alimentare le fontane, case e vegetazione. Con Chuquitiray, Vilcabamba la Grande e un altro piccolo centro, Choquequirao completa il quadrilatero dove per lunghi anni prosperò la resistenza inca. La maggior parte degli edifici -costruiti con pietre di origine vulcanica e fango- aveva funzione pubblica e cerimoniale e gli abitanti erano in prevalenza saggi e sacerdoti. Camminiamo fra i templi, attraversiamo piazze di dimensioni diverse, ammiriamo fontane, palazzi a due piani, porticati, nicchie, pareti che ancora portano i segni di antichi intonaci dipinti. L’ambiente tutto ci conduce in una dimensione remota e, mentre imbocchiamo la via del ritorno, l’eco di eroiche imprese ci accompagna; sappiamo che presto torneremo per addentrarci ancora di più nella foresta e nella storia: Vilcabamba la Grande ci aspetta.


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