18 giorni di montagne arcobaleno e siti archeologici a 5000 metri: in viaggio tra le meraviglie di Pachamama

In Perù al cospetto di Pachamama. Un viaggio, nel mese di agosto, al quale prendono parte Luca, Sabrina, Federico, Leonardo e Valentina. Scopriamo di più di questo bellissimo paese dell’America Latina nel diario di viaggio che segue.
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Diario di viaggio in Perù
Giorno 1 – Partenza e scalo a Madrid
Finalmente ci siamo, è giunta l’ora di questo viaggio tanto desiderato, che dovevamo fare quattro anni fa, quando a fermaci fu il maledetto Covid. Se Dio vuole, infatti, andremo in Perù, paese dell’America Meridionale (dove non siamo mai stati) esteso quattro volte l’Italia, con una varietà di paesaggi che va dalle aride pianure della costa, bagnata dall’Oceano Pacifico, alle vette della catena montuosa delle Ande, fino alle selve e alle foreste tropicali della regione amazzonica, ma anche con una tradizione di storia e civiltà che risalgono ad alcuni millenni avanti Cristo. Noi ne visiteremo la metà più meridionale, identificata come il più classico dei suoi circuiti turistici, e lo faremo in cinque, ovvero con l’attuale famiglia al completo!
Partiamo alle 14:40 di un rovente Ferragosto e un quarto d’ora più tardi entriamo in autostrada A14 a Faenza diretti a nord. In questo modo alle 15:30 siamo già al Park to Air di Calderara di Reno a lasciare l’auto in deposito per l’intera durata della vacanza. Da lì poi una navetta gratuita ci accompagna all’Aeroporto Marconi di Bologna, da dove spiccheremo il volo per questa nostra nuova avventura.
Appena entrati nello scalo felsineo cerchiamo il banco per il check-in e così facendo apprendiamo subito dell’ora di ritardo sulla prima tratta di viaggio, che ci mette un po’ in apprensione circa i tempi ridotti nel previsto scalo a Madrid.
Imbarchiamo i bagagli direttamente per Lima e oltrepassiamo i controlli di sicurezza, mentre il ritardo prima aumenta, quindi diminuisce, per poi stabilizzarsi appena sotto i sessanta minuti e alla fine, poco dopo le 19:00, iniziano le operazioni di imbarco sul volo Iberia IB 8671, ma successivamente ci sono ulteriori intoppi ed il Bombardier CRJ-1000 stacca da terra alle 20:44, con quasi un’ora e tre quarti di ritardo … La cosa si sta facendo pesante, speriamo bene!
La preoccupazione è soprattutto per le valigie ed il ridotto tempo per il loro trasbordo, ma a quanto pare dovremo soffrire … Voliamo così sul Mediterraneo e l’Europa occidentale, mentre il sole tramonta, e alle 22:34 atterriamo a Madrid, recuperando buona parte del ritardo.
Appena scesi dall’aereo intraprendiamo una mezza maratona per spostarci dal Terminal 4 al T4, anche con l’ausilio di un treno, e giungiamo alla porta S47 mentre stanno già imbarcando sul volo IB 6653 per Lima… Noi ce l’abbiamo fatta, speriamo facciano altrettanto le valigie.
Saliamo sull’enorme Airbus A350 di Iberia e poco dopo è già domani.
Giorno 2 – Arrivo a Lima
L’aereo rulla sulla pista iberica e spicca il volo verso Lima alle 00:36. Ci aspetta una lunghissima notte.
Attraversiamo l’Oceano Atlantico, sorvoliamo parte dell’Amazzonia, superiamo le Ande e, in netto anticipo (quasi un’ora) sull’orario previsto, alle 4:10 ora locale (sette in meno rispetto all’Italia) atterriamo all’Aeroporto Internazionale Jorge Chávez di Lima, quando ancora non è sorto il sole.
Oltrepassiamo senza problemi i controlli doganali, ritiriamo con estrema soddisfazione tutte le valigie e all’uscita dell’aeroporto troviamo ad attenderci, puntualissimo, l’autista di Taxidatum, che avevamo prenotato fin da casa, per il trasferimento al nostro hotel.
Sfrecciamo per le vie semideserte di una capitale che, nonostante i suoi circa dieci milioni di abitanti, ancora non si è svegliata e poco dopo le 6:00 arriviamo, nel quartiere di Miraflores, all’Hotel Esperanza, che ci ospiterà per la prossima notte. Non possiamo però fare ancora il check-in e lasciamo i bagagli in deposito, quindi ci mettiamo in attesa alla reception, perché sarebbe decisamente fuori luogo dare il via alle visite della città in questo orario ancora prematuro.
Aspettiamo, un po’ frastornati, fino alle 7:30 e poi usciamo alla ricerca di qualcosa con cui fare colazione. Troviamo un Dunkin’ Donuts e di quello ci accontentiamo, quindi ci avviamo verso la vicina linea del BRT Metropolitano, ovvero il servizio bus che dovrebbe condurci fino al centro storico della capitale.
Giunti alla stazione di Ricardo Palma non possiamo però salire sui mezzi pubblici perché il relativo biglietto si può acquistare solo in contanti, che ancora non ci siamo procurati. Cerchiamo allora nei dintorni, dove ci sono sì diverse banche, ma sono ancora tutte chiuse. Alla fine ce la caviamo con un banale prelievo bancomat e grazie a quello possiamo prendere finalmente il via per il centro di Lima, mentre il cielo purtroppo è completamente grigio, come quasi sempre accade in questo periodo dell’anno, confermando le informazioni in nostro possesso.
Dopo un discreto tragitto lungo una corsia preferenziale, che ci ha evitato il caotico traffico di una metropoli ora pienamente ravvivata, scendiamo dal bus alla stazione di Colmena e, in breve, giungiamo nell’elegante Plaza San Martin, risalente ai primi anni del Novecento, con al centro la statua equestre di José De San Martin, liberatore del Perù.
Da lì c’incamminiamo quindi lungo Jirón Carabaya e dopo quattro isolati, sulla destra, arriviamo al Museo del Banco Central, ubicato all’interno del monumentale palazzo un tempo sede della Banca Centrale del Perù. Al suo interno si trovano collezioni piuttosto eterogenee, che vanno dalla pittura locale alla numismatica e culminano con l’interessante raccolta di reperti precolombiani, in ottimo stato di conservazione. Il tutto si rivela una piacevole visita, fra l’altro completamente gratuita.
Nelle vicinanze passiamo a fotografare il bel Palacio Torre Tagle, non visitabile in quanto sede del Ministero degli Esteri, che è la più integra delle casonas storiche di Lima, ultimata nel 1735, con un elaborato portale barocco fiancheggiato da splendidi balconi in stile moresco, ma anche l’attigua Iglesia de San Pedro, di epoca coloniale, dalla gradevole facciata neoclassica.
Un passo dopo l’altro ci approssimiamo sempre più al cuore di Lima e così facendo conquistiamo anche il Monasteiro de San Francisco, uno dei complessi religiosi più importanti della capitale, risalente al XVII secolo, la cui pregevole facciata barocca è in parziale restauro, mentre le volte e la navata centrale della chiesa fanno bella mostra di sé, dipinte in un sorprendente stile mudéjar. Il monastero vero e proprio, invece, si può esplorare solo con una visita guidata, alla quale ci aggreghiamo. Vediamo così, in circa 45 minuti, numerosi ambienti, fra i quali lo splendido chiostro, adornato con azulejos sivigliani, la Sala Capitolare, riccamente decorata, e la biblioteca, contenente 25.000 antichi e preziosi volumi, ma pure le inquietanti catacombe, disseminate di ossa risalenti all’epoca coloniale.
Appena terminata la visita corriamo poi nella vicina Plaza de Armas, vero e proprio fulcro di Lima, sulla quale prospetta la grandiosa Cattedrale, realizzata in stile rinascimentale e fiancheggiata dall’elaborato Palazzo Arcivescovile, ma anche il maestoso Palacio de Gobierno, che edificato di recente, nel 1937, presenta una facciata in stile neobarocco di ispirazione francese ed è l’attuale residenza del Presidente del Perù. Qui a mezzogiorno in punto va in scena il colorito cambio della guardia, al quale assistiamo in compagnia di tanti altri turisti.
Finito il cerimoniale andiamo a vedere, ad un isolato di distanza, la Iglesia de Santo Domingo, dal bel campanile in stile rococò, perché il suo importante complesso monastico chiude i battenti alle 13:00. Infatti prendiamo parte all’ultima visita guidata del mattino e possiamo esplorarne gli interni, fra i quali spicca il secentesco chiostro, decorato da azulejos, oltre alla tomba di Santa Rosa de Lima, patrona della capitale e prima delle Americhe ad aver ricevuto il riconoscimento canonico di santità nel 1671. A parte questo però è molto meglio il Monasteiro de San Francisco.
Emersi da quest’ultima rassegna storico-religiosa consumiamo nei paraggi, al Ristorante La Criollasa, un dignitoso pranzo e poi, quasi alle 15:00, riprendiamo il nostro itinerario.
Torniamo il Plaza de Armas per scattare qualche foto e poi passiamo ad ammirare il fastoso prospetto in stile churrigueresco della Iglesia de San Augustin, che però è chiusa ed in parziale restauro, quindi quello, nella medesima linea architettonica, della Iglesia de la Merced, anch’essa chiusa, ma libera da impalcature, dopodiché saliamo sul BRT Metropolitano per intraprendere la via del ritorno a Miraflores.
Lungo il percorso ci fermiamo però nei pressi dello Stadio Nazionale, dove si trova il parco El Circuito Magico del Agua che, aperto nel 2007, contiene una straordinaria serie di fontane e giochi d’acqua … davvero belli, peccato che non risaltino affatto sul lattiginoso cielo odierno.
Giunti poi a Miraflores vogliamo concederci un ultimo sfizio e dopo una faticosa camminata raggiungiamo anche, in riva all’Oceano Pacifico, il Parque del Amor, disseminato di mosaici e con al centro una grande scultura raffigurante due persone che si baciano. Da qui si sarebbe potuto osservare il tramonto, ma il cielo irrimediabilmente nuvoloso vanifica ogni velleità.
Stanchissimi, dopo l’odissea di questi primi due giorni di vacanza, riguadagniamo l’Hotel Esperanza. Saliamo in camera per una mezzoretta e poi usciamo a cena nei dintorni al Ristorante Siete Sopas, che propone buoni piatti a base di pollo e porzioni fin troppo abbondanti, infine, devastati anche dal jet lag, torniamo ai nostri appartamenti per il meritatissimo riposo.
Giorno 3 – Huaca Pucllana, Paracas
La sveglia è ancora nel grigiore assoluto di Lima e la cosa non è affatto entusiasmante. Ci consola però il fatto che la situazione dovrebbe mutare nei prossimi giorni. Oggi infatti lasceremo la regione per intraprendere il previsto tour itinerante nel sud del Perù, ma solo a partire dal primo pomeriggio.
Questa mattina completeremo invece la vista della città e lo faremo con l’ausilio di un taxi, noleggiato con Taxidatum per tutto il tempo necessario.
Dopo una tutt’altro che ricca colazione (consegnataci addirittura con un delivery) arriva a prenderci il nostro taxi-van e, caricate su di esso anche le valigie, con quello andiamo verso il primo luogo di un certo interesse, neanche troppo distante, ma causa un traffico infernale impieghiamo almeno il doppio del tempo previsto, tanto che… siamo già in ritardo!
Il posto in questione è Huaca Pucllana, un sito preincaico situato fra i palazzi, nel bel mezzo della capitale. Qui si erge una imperfetta ma enorme piramide realizzata con mattoni di adobe disposti in verticale, a strati, con la tecnica chiamata “el librero”, a formare una massiccia struttura con buone caratteristiche antisismiche, che l’hanno conservata nel tempo.
Questa colossale opera, nel IV-V secolo d.C., era un centro amministrativo e religioso gestito dalla civiltà Lima ed oggi è una preziosa testimonianza dell’alto livello sociale raggiunto da quell’antica popolazione. Un sito archeologico, tutt’ora oggetto di scavi, che possiamo esplorare grazie ad una interessante visita guidata, seppur solo in lingua spagnola, al termine della quale ritroviamo, nel parcheggio adiacente, il nostro tassista ad attenderci per riprendere il giro turistico mattutino.
Da lì andiamo subito verso il secondo ed ultimo luogo da visitare, che dista una decina di chilometri, con il traffico sempre più infernale ed il tempo, ovviamente, tiranno. Arriviamo così davanti all’ingresso del Museo Larco, la più ampia e ricca raccolta al mondo di antichità peruviane, alle 11:15, con soli 45 minuti a disposizione per esplorarlo.
Il museo è ospitato all’interno di un pregevole edificio coloniale, circondato da giardini fioriti, e la sua collezione è a dir poco strabiliante, con ceramiche perfettamente conservate, tessuti e preziosi ornamenti in oro e argento delle antiche culture peruviane, come le civiltà Mochica, Chimù, Chincha, Chavín, Huari e Inca. Una curiosa sezione in particolare, denominata Galería de Arte Erótico, raccoglie numerose ceramiche che rappresentano dettagliatamente scene di atti sessuali, ed è l’ultima che visitiamo prima di andare velocemente verso il nostro taxi e, a mezzogiorno in punto, riprendere strada, accompagnati anche da qualche timido raggio di sole, che finalmente ha bucato le nuvole.
Il nostro obiettivo ora è la stazione dei bus di Javier Prado della compagnia Cruz del Sur, con la quale abbiamo già prenotato la corsa in partenza alle 13:30. Causa il solito traffico impieghiamo però quasi un’ora ad arrivarci e alla fine ci resta giusto il tempo per consumare un misero panino, prima di salire a bordo e in perfetto orario prendere il via verso sud, lasciandoci alle spalle la capitale.
Viaggiamo per quasi tutto il pomeriggio lungo la strada Panamericana (250 chilometri in poco meno di quattro ore), fra paesaggi a tratti affascinanti, con sulla destra l’Oceano Pacifico. In questo modo, intorno alle 17:30, arriviamo alla stazione dei bus della località di Paracas e da lì ci incamminiamo verso il centro, dove prendiamo alloggio per le prossime due notti all’Arena Hostal.
Lasciamo i bagagli nella struttura e poi corriamo a vedere un infuocato tramonto, quindi andiamo a cena al Ristorante Nautilus, ubicato nel lungomare della cittadina, infine facciamo quattro passi lungo le vie principali, ma fa freddo e ben presto ci ritroviamo in camera a concludere una buona giornata, ma più che altro transitoria.
Giorno 4 – Islas Ballestas, Huacachina
Al risveglio a Paracas ritroviamo, purtroppo, le antipatiche nuvole oceaniche, ma non è una sorpresa, la zona infatti è ancora fra quelle ad elevato rischio in questo periodo dell’anno ed il cielo, ovviamente, è tutto grigio.
Andiamo a far colazione nel locale attiguo all’hotel, convenzionato e probabilmente di medesima proprietà, dove però si dilungano un po’ nel servizio, così poi arriviamo in leggero ritardo alla vicina agenzia Emotion Tour Perù, con la quale abbiamo prenotato fin da casa una escursione per l’intera giornata.
L’agenzia è sì aperta, ma al banco non c’è anima viva. Aspettiamo un po’, ma senza risultati, così decidiamo di andare verso la zona di partenza per le Islas Ballestas, nostra prima meta dell’escursione, ma anche lì non troviamo nessuno.
Presi da sconforto, nel caos di centinaia di gitanti coinvolti nelle operazioni di imbarco, cominciamo a chiedere ad altri operatori turistici i quali ci dicono che Charly, il titolare della nostra agenzia, dovrebbe essere nei paraggi. Lo cerchiamo, ma senza successo, allora provo a tornare all’ufficio e finalmente lo trovo! Anche lui ci stava cercando, ma aveva un numero di telefono sbagliato. Mi abbraccia come se ci fossimo sempre conosciuti e ci accompagna all’imbarco. Tutto è bene ciò che finisce bene!
Saliamo su di una lancia assieme ad altre decine di persone e prendiamo il largo, mentre fa anche piuttosto freddo.
Appena fuori la baia passiamo a vedere, scolpito su di una collina prospicente la riva oceanica, il geoglifo chiamato El Candelabro, una incisione del terreno alta 180 metri, risalente al 200 a.C. e alla cultura Paracas, che rappresenta, appunto, un candelabro, oppure un tridente o un cactus, ma il cui reale significato resta un mistero, cosi come le più note e similari Linee di Nazca, che vedremo nei prossimi giorni.
Da lì puntiamo poi la prua sulle Islas Ballestas, un pugno di grossi scogli distanti una ventina di chilometri dalla costa, che sono un’area protetta ed un piccolo santuario della fauna marina, ma non solo, sono anche altamente scenografiche, con numerosi anfratti e spettacolari archi di roccia.
Durante la visita osserviamo una miriade di uccelli, fra i quali cormorani e pellicani, ma anche alcuni esemplari di pinguino di Humboldt e di leone di mare … davvero una bella esperienza, nonostante la mancanza del sole.
Rientrati un po’ infreddoliti ma soddisfatti a Paracas facciamo anche ritorno all’agenzia e lì attendiamo, in compagnia di Charly, il via per la seconda parte dell’escursione, che ci porterà ad esplorare una parte della Reserva Nacional de Paracas, un vasto parco naturale (istituito nel 1975) che si estende a sud dell’omonima cittadina.
A bordo di un pulmino turistico percorriamo polverose strade, che si dipanano fra splendidi paesaggi desertici in riva all’Oceano Pacifico, fino a raggiungere il punto panoramico sulle severe scogliere che ospitavano, fino al 2007, la formazione rocciosa detta La Catedral, distrutta da un violento terremoto, quindi saliamo al Mirador Istmo, con la sottostante e singolare Playa Roja, che poi osserviamo anche dal basso. Infine andiamo a Lagunillas: un gruppetto di case, o meglio, di ristoranti in riva ad un mare punteggiato di barche di pescatori, nei quali consumiamo (al Restaurante Sol de Oro) il nostro odierno pranzo.
Rifocillati a dovere riprendiamo strada nel primo pomeriggio e intorno alle 15:00 riguadagniamo anche Paracas, tutto sommato soddisfatti, ma un po’ indispettiti dall’ormai cronica mancanza di un cielo azzurro e della nostra beneamata stella.
Dall’agenzia Emotion Tour Perù poco più tardi però partiamo ancora, per la terza ed ultima parte dell’escursione. Un pullman ci porta infatti, in circa un’ora, nei pressi della città di Ica, ubicata nell’interno della regione, così, più lontani dall’oceano, torniamo finalmente a vedere un cielo libero da nuvole.
Da Ica una manciata di chilometri ci portano quindi all’Oasi di Huacachina: una piccola laguna ed un pugno di case nel bel mezzo di grandi dune di sabbia.
Appena scesi dal pullman alcuni addetti, amici di Charly, ci accompagnano sulle prime dune dove, in un apposito punto di ritrovo, saliamo su di una Dune Buggy e con quella partiamo per un adrenalinico percorso fra le montagne di sabbia.
Dopo alcuni esilaranti saliscendi andiamo a fermarci alla sommità di una enorme collina che domina il paesaggio circostante. Lì scattiamo una infinità di foto, ci divertiamo a scivolare con una tavola lungo i suoi pendii e attendiamo le calde luci del tramonto, prima di rientrare, davvero appagati, al punto di partenza.
Ora però dobbiamo tornare anche a Paracas, così, col buio ormai completo, saliamo su di un altro pulmino che ci riporta, intorno alle 20:00, di fronte al nostro hotel.
Lasciamo gli zaini in camera e andiamo subito a cena sul lungomare. Questa volta al Karamba Restobar, dove mangiamo una risicata pizza peruviana, servita anche dopo troppo tempo, ma non fa nulla: seppure con qualche nuvola di troppo abbiamo comunque trascorso una bella e intensissima giornata e questo è ciò che conta per ritiraci serenamente nei nostri appartamenti a consumare il giusto riposo.
Giorno 5 – Nazca, Palpa
La sveglia, di nuovo a Paracas e sotto le solite nuvole, è con relativa calma, visto il programma odierno che prevede la partenza con il bus di Cruz del Sur non prima delle 10:45.
Dopo colazione però il cielo si apre ed esce fuori il sole… che rabbia! Poteva essere così anche ieri! Dobbiamo tuttavia farcene una ragione e pensare più che altro al proseguo del viaggio.
Per ingannare il tempo facciamo una passeggiata in spiaggia, dove troviamo alcuni fotogenici pellicani, e poi cerchiamo il pranzo al sacco da consumare durante il trasferimento da Paracas a Nazca, che durerà fino al primo pomeriggio, infine torniamo a recuperare le valigie e con quelle ci presentiamo mezzora prima dell’orario previsto alla stazione dei bus.
Il pullman di Cruz del Sur arriva poco dopo e, caricati tutti i bagagli, partiamo in perfetto orario. Percorriamo la stessa strada di ieri pomeriggio fino ad Ica e poi proseguiamo verso sud-est, sempre e costantemente fra aspri paesaggi, a tratti davvero belli. In questo modo arriviamo alle 15:00, in leggero ritardo, a Nazca, dove troviamo ad attenderci Marco, addetto del Sol del Sur Hotel, che ci ospiterà per la notte, con il quale abbiamo già concordato un paio di escursioni, la prima in partenza appena depositati i bagagli in camera.
In men che non si dica ci troviamo così a bordo di un mini-van, piuttosto vissuto, guidato da José, un simpatico peruviano che ci accompagna esattamente dove gli abbiamo chiesto, ovvero lungo il tratto di strada già percorso con il bus di Cruz del Sur, laddove questo attraversa la zona delle famose Linee di Nazca, che sono geoglifi tracciati sull’arido terreno del deserto dall’omonima civiltà, fra il 300 a.C. ed il 500 d.C.
Le linee sono state realizzate rimuovendo le pietre dal terreno così da mettere in evidenza uno strato più chiaro sottostante, che la stabilità climatica del luogo ha poi conservato nei secoli. Domani mattina le vedremo dal cielo, con l’ausilio di un velivolo, ma oggi vogliamo goderci il contesto anche dal basso, allora giungiamo prima di tutto al Mirador Metalico, una torre, realizzata tutta in ferro, dalla cui sommità si possono individuare almeno tre figure delle Linee di Nazca: l’Albero, le Mani e la Lucertola, la cui coda è letteralmente tagliata in due dalla strada Panamericana … il tutto molto bello ed emozionante!
Scesi dal mirador proseguiamo quindi il nostro percorso a ritroso fino a giungere alla periferia della località di Palpa, nota per le sue personalissime linee, un po’ diverse perché realizzate sul fianco di alcune colline e non sul piano come a Nazca, infatti risalirebbero alla cultura Paracas (come El Candelabro) e sarebbero più antiche di alcuni secoli.
Vediamo così la straordinaria figura chiamata Familia Real de Paracas e, nei dintorni, anche altre, molto belle e suggestive.
Da Palpa torniamo poi verso Nazca e lungo il tragitto ci fermiamo al Museo Maria Reiche, nel luogo in cui risiedeva, sul finire del secolo scorso, la ricercatrice tedesca che dedicò gran parte della sua vita allo studio delle Linee di Nazca, riconducendole ad un significato prettamente astronomico.
Subito dopo facciamo sosta presso un mirador naturale sui geoglifi, laddove su di una collinetta è riprodotta la figura del Gatto e dalla sua vetta si può godere di uno splendido panorama sulla zona desertica circostante, esaltato anche dai caldi colori dell’ormai imminente tramonto.
Decisamente soddisfatti di questa breve esperienza pomeridiana facciamo poi rientro a Nazca, con di fronte a noi, in lontananza, la sagoma del Cerro Blanco: la seconda duna più alta al mondo, che raggiunge i 2.078 m s.l.m. e ben 1.176 dalla base alla vetta!
Giunti all’hotel salutiamo José, dandogli appuntamento per domani e per la seconda escursione nei paraggi, ma solo dopo il sorvolo delle Linee di Nazca, poi saliamo in camera a rassettarci.
Subito dopo usciamo a cena e, camminando verso il centro di Nazca, ci fermiamo al Ristorante El Porton… ottima scelta: la miglior cena fino ad oggi ed anche a buon prezzo. Il giusto coronamento di una bella giornata.
Giorno 6 – Linee di Nazca, Los Paredones
Il nuovo capitolo del viaggio prende il via, dopo colazione, dall’Hotel Sol del Sur di Nazca. Lasciamo in deposito le valigie per l’intera giornata e poi usciamo all’aria aperta, dove troviamo ad attenderci la navetta di Aeronasca che ci accompagnerà all’aeroporto per l’atteso sorvolo delle Linee di Nazca.
Poco prima delle 9:00 siamo già all’interno dello scalo, dove espletiamo tutte le operazioni preliminari a partire dalla bilancia per l’accertamento del nostro peso, il pagamento delle tasse ed il controllo passaporti, poi appena passate le 9:30, con un pizzico di emozione, siamo pronti al decollo.
Il piccolo velivolo Cessna, interamente riservato a noi e ai due piloti, rulla sulla pista di Nazca e prende quota per un volo di circa 35 minuti, durane i quali passiamo sopra alle più importanti figure tracciate sul terreno, come la Balena, l’Astronauta, la Scimmia, il Colibrì, il Condor e l’incredibile Ragno, ma anche tante altre, impresse magicamente sull’altopiano di Nazca, delimitato ad ovest da imponenti montagne, fra le quali spicca la grande duna del Cerro Blanco.
Rientrati compiaciuti all’aeroporto ci concediamo una piccola sosta, così da recuperare i postumi delle numerose virate, che hanno messo in subbuglio qualche pancia, poi con la navetta, intorno alle 11:00, riguadagniamo anche l’hotel e lì ci fermiamo un po’ sui divanetti della reception in attesa dell’ora di pranzo.
Poco dopo mezzogiorno consumiamo un hamburger in un vicino locale e poi, alle 13:00, facciamo ritorno alla base, dove troviamo ad attenderci José per la seconda prevista escursione nei dintorni.
Prima di tutto andiamo a vedere, nella periferia orientale della città, l’Acueductos de Cantalloc, che è una incredibile opera idraulica realizzata dalla civiltà Nazca nel VI secolo. Sono una serie di pozzi (chiamati puquios) costituiti da scivoli a spirale che si affondano nel terreno fino a raggiungere l’acqua, molti dei quali ancora operativi. Questo ingegnoso sistema ha permesso di ovviare alla siccità della regione, garantendo riserve idriche per le coltivazioni fin dai tempi più antichi.
Da lì ci spostiamo poi, nelle vicinanze, ai piedi di aspre montagne, dove, in una suadente ambientazione, si trova il Mirador El Telar, un punto panoramico, posto alla sommità di una collinetta, dal quale si osserva il geoglifo El Telar: una serie di linee ortogonali che rappresentano un telaio per la tessitura.
A poca distanza, in seguito, ci rechiamo anche al sito incaico di Los Paredones, antico centro amministrativo risalente al XV secolo, realizzato in adobe e purtroppo non in buono stato di conservazione, ma inserito in un bel contesto.
A questo punto l’escursione prevede che ci allontaniamo da Nazca verso sud, seguendo la Panamericana per una ventina di chilometri, quindi altri otto, su di una strada sterrata, ci portano ad un’arida e suggestiva spianata, bordata di colorate colline, dove si trova la Necropolis de Chauchilla, un’area di sepoltura risalente all’epoca Ica-Chinca, ovvero a circa mille anni fa.
Il luogo è piuttosto inquietante: un sentiero delimitato da pietre conduce ad una dozzina di tombe protette da pergolati in legno e costituite da fosse per lo più rettangolari, i cui muri in mattoni di argilla un tempo sorreggevano la copertura in tronchi, canne e terra mista a sabbia. Ma la cosa più incredibile è che al loro interno si possono ancora osservare, nella loro caratteristica sepoltura in posizione fetale, le mummie originali, in ottimo stato di conservazione, grazie al clima estremamente secco del Deserto di Nazca.
Seguiamo allibiti tutto il percorso sotto ad un sole cocente e poi riprendiamo strada, mentre all’improvviso si alza un forte vento, che solleva anche tanta sabbia. In queste condizioni andiamo verso l’ultimo sito previsto, situato più vicino a Nazca, ma al termine di un lungo sterrato di circa venti chilometri.
Il sito in questione è quello di Cahuachi, che fu il più importante centro cerimoniale della civiltà Nazca fra il I ed il VI secolo d.C., ma non solo con funzioni religiose e rituali, anche direzionali ed amministrative. Il tutto si sviluppa intorno ad una grande piramide in adobe alta più di venti metri.
Seguiamo un percorso di visite che si rivela sicuramente interessante, anche se infastidito dal vento ed i granelli di sabbia che pungono la pelle, poi José ci riporta a Nazca per strade sterrate secondarie, chiudendo alla perfezione il cerchio dell’escursione davanti all’ingresso dell’Hotel Sol del Sur.
Lo ringraziamo e poi torniamo a passare un po’ di tempo sulle poltrone della reception, in attesa dell’ora di cena. Una cena che, vista la buona esperienza di ieri, torniamo a consumare al Ristorante El Porton, confermando in pieno le nostre recensioni.
Dopo il convivio andiamo poi a prendere le valigie lasciate in deposito e con quelle ci rechiamo alla stazione dei bus di Cruz del Sur. Sì, perché questa notte non dormiremo in hotel ma sulle poltrone del pullman, che arriverà all’alba del nuovo giorno nella città di Arequipa.
Il bus, previsto in partenza alle 22:30, arriva e riparte con quasi mezzora di ritardo … poco male, perché, sistemate le nostre cose, non ci resta che reclinare le comode ed ampie poltrone per immergerci nel mondo dei sogni, rimembrando anche le meraviglie di Nazca.
Giorno 7 – Arequipa
Si è dormito tutto sommato abbastanza bene nel pullman di Cruz del Sur.
Ci svegliamo quando oltre i finestrini passano gli aridi paesaggi di questa regione meridionale del Perù e, portandoci dietro il ritardo della sera prima, arriviamo alla stazione dei bus di Arequipa quando sono abbondantemente passate le 9:00. Lì ingaggiamo un taxi abbastanza grande da caricarci tutti (in quattro sul sedile posteriore) e con quello raggiungiamo il centro città ed il Los Andes B & B, che ci ospiterà per la notte.
Ci consegnano una delle due camere previste, dove lasciamo tutti i bagagli, e poi partiamo alla scoperta di Arequipa, il secondo agglomerato urbano del paese, con oltre un milione di abitanti, conosciuta come “la Ciudad Blanca” (la città bianca), per il colore della pietra locale utilizzata per edificarne i principali edifici, e considerata la capitale culturale del Perù, tanto che nel 2000 è stata anche dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Appena usciti dal B & B attraversiamo la strada e andiamo a visitare il dirimpettaio Museo Santuarios Andino, collocato all’interno di una casa coloniale ed istituito per conservare il corpo mummificato di Juanita: una ragazzina inca sacrificata agli dei quasi seicento anni fa e ritrovata nel 1995 sulle pendici del vulcano Ampato, ad oltre seimila metri di quota. La mummia di Juanita però non c’è, perché in laboratorio, ed è esposta solo una copia, ma ci sono altre mummie e tanti oggetti funerari che rendono l’esperienza comunque interessante, nonostante il divieto di fotografare.
Usciti dal museo arriviamo in Plaza de Armas, una delle più grandi piazze di tutto il Sudamerica, oltre che indiscusso cuore di Arequipa, e al suo angolo sud-est andiamo a vedere la bella Iglesia de la Compañia, piccola chiesa gesuita del XVII secolo che presenta una splendida ed elaborata facciata in stile barocco churrigueresco.
Al suo interno è sicuramente degna di nota la pregevole Capilla de San Ignacio de Loyola, interamente ricoperta di decorazioni policrome raffiguranti scene di vita nella giungla, mentre, usciti da una porta laterale, risultano davvero superlativi i Claustros de la Compañia, un paio di chiostri bordati di portici dalle elaborate decorazioni, con al centro un’incantevole fontana.
Al termine della visita torniamo in Plaza de Armas e la attraversiamo, girandoci in torno per ammirarne l’architettura, con tre lati sui quali corre un elegante porticato a due piani e il quarto dominato dall’imponente prospetto seicentesco della Catedral, la più grande chiesa del Perù, alla quale accederemo sono nel tardo pomeriggio, quando sarà liberamente accessibile al pubblico.
Proseguiamo allora, sul lato destro della cattedrale, per Calle San Francisco, fino a giungere di fronte a Casa Ricketts, magnifica dimora coloniale risalente al 1738, che fu seminario, palazzo arcivescovile, scuola e residenza di ricche famiglie, fra le quali, appunto, la famiglia Ricketts. Ammiriamo la sua bella facciata e poi anche i pregevoli cortili interni, quindi riprendiamo il nostro itinerario.
A qualche isolato di distanza guadagniamo così anche Casa del Moral, dello stesso periodo storico di quella Ricketts, con un raffinato portale in stile barocco, ma è chiusa, forse per restauri, ragion per cui, poco dopo, ci troviamo al cospetto della Iglesia de San Augustin, dall’affascinante ed elaborata facciata seicentesca, in netto contrasto con gli austeri interni, ricostruiti nel XIX secolo dopo un violento terremoto.
Nei paraggi diamo un’occhiata anche al Callejon del Solar, un caratteristico isolato racchiuso oltre un cancello, e poi ci fermiamo a pranzare in un locale del centro.
Alla ripartenza saremmo voluti andare al Mirador de Yanahuara, un punto rialzato della città, di fronte all’omonima chiesa, dal quale si può osservare un vasto panorama, che spazia fin sui tre vulcani circostanti (El Misti, Chachani e Picchu Picchu), che raggiungono i seimila metri di altezza, ma c’è una densa foschia e poi occorrerebbe un taxi per raggiungerlo, così rinunciamo e andiamo subito al Monasteiro Santa Catalina, forse il complesso monumentale più importante di Arequipa.
Il monastero, esteso per un intero isolato (circa ventimila metri quadrati) e cinto da alte mura, è quasi una cittadella all’interno della città. Fu fondato nel 1580 e ha ospitato nel corso di quasi quattro secoli circa duecento monache di clausura, per lo più appartenenti a nobili famiglie.
Una guida, in lingua italiana, ci accompagna nell’interessante visita, fra gli ambienti più significativi e caratteristici del complesso, come il Patio de los Narañjos, la rossa Calle Toledo e Plaza Zocodover, con la sua pittoresca fontana.
Usciti dal monastero andiamo a vedere, nelle vicinanze, anche la Iglesia de San Francisco, con un bel portale, meritevole di attenzione, ma nulla più e poi torniamo in direzione di Plaza de Armas e del Los Andes B & B per farci consegnare la seconda camera, infine, poco dopo le 17:00, siamo di nuovo alla Catedral per visitarne gli interni: piacenti, ma non quanto la monumentale facciata.
Più tardi, dopo un ulteriore passaggio alla base per riassettarci a dovere, usciamo a cena nel centro di Arequipa, osservando fra l’altro la cattedrale tutta illuminata, e al termine di un lungo vagare scegliamo il Ristorante Santa Rosa, ubicato all’interno di una vecchia casa coloniale ben restaurata. Oltre alla location è ottimo anche il cibo e per la prima volta cogliamo l’occasione di assaggiare la carne di alpaca, endemico e tipico camelide del Sudamerica. Un’ultima passeggiata in Plaza de Armas ci porta poi di fronte al B & B, così da salire in camera a riposare, in previsione della partenza di buon’ora di domani mattina.
Giorno 8 – Lago Titicaca
La sveglia suona presto, così da essere a far colazione già prima delle 7:00. Secondo programmi, infatti, verranno a prelevarci dall’hotel verso le 7:30.
All’orario stabilito scendo in strada e incontro Cristian, l’addetto di Emotion Tour Perù ad Arequipa, e dieci minuti più tardi arriva il pulmino con il quale faremo un’escursione di due giorni, con arrivo a Puno, sul mitico Lago Titicaca.
Saldo in contanti Cristian e poi partiamo, in compagnia di tre spagnoli, tre uruguaiani e la guida Juan Pablo, che ci introduce al viaggio, mentre impieghiamo tantissimo tempo per lasciarci alle spalle la periferia di Arequipa, poi cominciamo a salire di quota.
Superiamo ben presto i tremila metri e poi anche i quattromila, quando entriamo nella Reserva de Salinas y Aguada Blanca, una vasta area protetta, che si sviluppa su di un altopiano, istituita nel 1979 allo scopo di preservare il suo eccezionale ecosistema, formato da vulcani, lande desolate e lagune, nel quale vivono numerose specie di uccelli e mammiferi.
Attraversiamo stupendi paesaggi, molto brulli, con tanti coni vulcanici all’orizzonte, fra i quali quello del Sabancaya, che sta vistosamente fumando, come tutti i giorni, a detta della guida.
Ad un certo punto, presso la laguna in secca di Pampa Blanca, avvistiamo le vigogne, che qui abbondano: vivono solo allo stato brado, non come i suoi cugini alpaca e lama, che sono addomesticati e quindi più facili da vedere. Infatti questi ultimi sono numerosi presso un locale turistico poco più avanti, dove ci fermiamo anche per assaggiare il famoso mate de coca, la bevanda tipica dei paesi andini, ottenuta dall’infusione delle foglie di coca, utile, si dice, a combattere il mal d’altura.
Ancora pochi chilometri e ci fermiamo nuovamente, presso un’area ai bordi della carreggiata, dove ci sono tanti dolcissimi alpaca e lama da poter accarezzare e fotografare, poi da lì riprendiamo a salire di quota per raggiungere il Paso de Patapampa, a 4.910 metri di altezza sul livello del mare … sì, la strada asfaltata passa cento metri più in alto del Monte Bianco, la più alta vetta d’Europa!
Da questo incredibile valico andino si possono vedere ben otto vulcani: l’Ubinas (5.675 metri), El Misti (5.822), il Chachani (6.075), l’Ampato (6.288), il Sabancaya (5.976), lo Huaca Huaca (6.025), il Misni (5.597) e il Chucura (5.360), ma vediamo anche volteggiare alcuni condor. L’altezza però si fa sentire e siamo tutti un po’ frastornati. In particolare Federico accusa un forte giramento di testa che poi passa, grazie anche all’intervento di Juan Pablo che gli fa inalare la tonificante esalazione di una bottiglietta di Agua Florida.
Va un po’ meglio per tutti quando poi cominciamo a scendere di quota e andiamo giù di circa 1.300 metri, fino ai “soli” 3.635 metri della località di Chivay, nella Valle del Colca, dove ci fermeremo per la notte e dove facciamo anche sosta per pranzare al Ristorante Los Portales. Lì assaggiamo buoni e tipici piatti peruviani e subito dopo ci accompagnano al nostro hotel, che è il Colcallacta, tutto sommato carino e non certo affollato … credo infatti che siamo gli unici ospiti.
Intorno alle 15:00 si presenta poi, di nuovo, il pulmino a prelevarci e con quello veniamo condotti a trascorrere un po’ di tempo presso i Baños Termales Poye: alcune piscine artificiali in riva al fiume Colca, che hanno una temperatura di circa 38 gradi … una piacevole e rilassante esperienza.
Poco dopo le 17:00 facciamo ritorno all’hotel, ma non per molto tempo. Il solito pulmino passa infatti a riprenderci alle 19:00 e ci accompagna al Ristorante Colca Tusuy, nel centro di Chivay, dove ci aspetta una cena con tanto di spettacolo folcloristico.
Degustiamo così piatti locali e ascoltiamo musica peruviana, coadiuvata da balli tradizionali in costume. In questo modo trascorriamo una piacevole serata e poi… tutti a nanna, perché domani mattina ci aspetta una levataccia.
Giorno 9 – Cruz del Condor, Colca Canyon
La giornata non inizia nel migliore dei modi, a parte la sveglia alle 5:30 Valentina si presenta a far colazione che non sta affatto bene. Durante la notte ha avuto la febbre e non ha proprio una bella cera … comunque la imbottiamo di tachipirina e andiamo avanti, secondo programmi.
Subito dopo le 6:30 arriva a prenderci il pulmino con Juan Pablo. Passiamo a recuperare gli uruguaiani e gli spagnoli, quindi partiamo in direzione di Cruz del Condor e del Colca Canyon, una delle più straordinarie meraviglie naturali del Perù, infatti è la seconda gola più profonda al mondo, con i suoi 3.270 metri (quasi il doppio del Grand Canyon, che però rimane più spettacolare per la verticalità delle pareti).
Lungo il percorso facciamo alcune soste, a partire dalla bella piazza del villaggio di Yanque, sulla quale prospetta la pittoresca Iglesia de la Inmaculada Concepción, mentre intorno alla fontana posta al centro dello spazio urbano ballano ragazzi in abiti tradizionali.
Un’altra bianca chiesetta, la Iglesia de Santa Ana, si trova nel vicino paese di Maca, dove sui marciapiedi limitrofi alcune donne sfoggiano i tipici abbigliamenti andini, accompagnate da docili alpaca, nella speranza che qualche turista chieda loro di scattarle una foto.
Durante uno stop ai margini della carreggiata la guida ci fa notare la vetta del vulcano Mismi, dalle cui pendici nasce il Rio delle Amazzoni, poi passiamo per la borgata di Pinchollo (che in lingua quechua significa pene) e giungiamo in vista di Cruz del Condor, laddove il canyon è più profondo.
Appena scesi dal nostro mezzo facciamo una splendida passeggiata lungo il bordo dell’impressionante forra e avvistiamo anche un cincillà (un grosso roditore endemico della regione andina), quindi i primi condor, per cui il luogo va famoso.
Conquistato pian piano il punto più alto del mirador va poi in scena lo spettacolare volteggio dei condor, meravigliosi e imponenti uccelli, della famiglia degli avvoltoi, che con un’apertura alare fin oltre i tre metri sono secondi per dimensioni solo all’albatro. Per le loro caratteristiche privilegiano un habitat come questa immensa gola un po’ per le forti correnti ascensionali che li fanno veleggiare senza tanto dispendio di energie, ma anche per le numerose cavità rocciose nelle quali possono nidificare.
Scattate una infinità di foto facciamo poi tutto il percorso inverso fino a Chivay, dove arriviamo già passato mezzogiorno. Lì ci procuriamo, presso una farmacia, una bottiglietta di Agua Florida (caso mai ce ne fosse bisogno nei prossimi giorni), quindi pranziamo nel ristorante turistico Q’Apaqñan e subito dopo andiamo a recuperare i nostri bagagli al Colcallacta, così da affrontare la seconda parte di giornata. Poco più tardi infatti, nella piazza di Chivay, salutiamo Juan Pablo e saliamo su di un altro pulmino, condotto da Paul, che ci porterà a Puno.
Ci lasciamo alle spalle la Valle del Colca e risaliamo tutti i tornanti che portano al Paso de Patapampa, poi scendiamo fino a Pampa Cañahuas, dove ci fermiamo presso il Cafe Inkawasi, contornati da bei panorami e numerosi alpaca. Da lì imbocchiamo quindi la strada per Puno e attraversiamo altri intriganti paesaggi, comprese le rive di Laguna Lagunillas, un lago posto a 4.250 metri sul livello del mare, nel quale stazionano pure alcuni fenicotteri.
Proseguendo lungo il nastro d’asfalto scendiamo poi ulteriormente di quota, mentre il sole, avvicinandosi alla linea dell’orizzonte, infiamma i cieli della regione e alle 18:30, col buio ormai completo, arriviamo a Puno, caotica città da oltre centomila abitanti, che è considerata la capitale del folclore peruviano.
Il pulmino ci lascia proprio di fronte al Kaaro Hotel, prenotato per tre notti, e presso la sua reception saldiamo subito le prossime due escursioni che proprio da lì prenderanno il via, poi saliamo in camera, mentre Valentina ha la febbre alta e non sta affatto bene.
Poco più tardi usciamo comunque a cena nella vicina Plaza de Armas, sulla quale prospetta, illuminata, la Catedral de Puno, realizzata in stile barocco nel XVIII secolo, e lì consumiamo una mediocre pizza nel locale chiamato Pizzco, infine facciamo ritorno ai nostri appartamenti, con la speranza che la notte riporti le energie e la salute a livelli più accettabili.
Giorno 10 – Lago Titicaca
Valentina sembra aver superato la fase più critica dell’indisposizione, ma non sta ancora troppo bene. Ciononostante partiremo tutti insieme per la prevista escursione di due giorni sul Lago Titicaca che, situato ad un’altitudine di 3.812 metri, è il più alto lago navigabile al mondo, esteso per oltre ottomila chilometri quadrati, dei quali poco più della metà in Perù ed il resto in Bolivia.
Intorno alle 8:00 arriva a prenderci in hotel un pulmino per accompagnarci al porto di Puno. Così facendo, poco più tardi, ci troviamo a percorrere le banchine dello scalo brulicanti di turisti e poi saliamo, con gente delle più disparate nazionalità, a bordo della motonave Pacifico, con la quale prendiamo il largo, mentre una guida comincia a darci spiegazioni sullo svolgimento della giornata ed i luoghi toccati dall’escursione.
Dopo mezzora circa di navigazione arriviamo alle Islas Uros, un agglomerato di isolotti artificiali costruiti dagli Uros, una popolazione di origini preincaiche qui stabilitasi parecchi secoli or sono per sfuggire alle aggressioni di etnie più bellicose.
Sbarchiamo su di un’isola galleggiante dove innanzitutto ci viene fatta una sommaria spiegazione sull’origine del luogo e la struttura delle isole, che sono realizzate in totora, una pianta acquatica che cresce spontaneamente sulle rive del lago, e sono dotate di un sistema di ancoraggio, che impedisce loro di vagare sotto l’azione delle onde e del vento. Con la stessa totora (ma anche in legno) vengono poi costruite le case e le tipiche imbarcazioni autoctone.
Scattiamo diverse foto di questo singolare ambiente e dei suoi caratteristici abitanti, vestiti a colori sgargianti, poi a bordo di un folcloristico natante chiamato Caballito de Totora attraversiamo il principale canale del villaggio (che conta circa duemila anime) e sbarchiamo su di una seconda isola, a carattere prettamente commerciale, dove poter bere e rifocillarsi prima di riprendere il viaggio per l’Isola di Amantani, nella quale trascorreremo la notte.
Verso le 13:30 arriviamo ad Amantani, la più estesa e vera isola peruviana del Lago Titicaca, abitata da circa quattromila persone, che vivono in estrema semplicità, senza strade ne veicoli a motore.
Appena sbarcati veniamo assegnati alla famiglia che ci ospiterà durante la nostra breve permanenza, ovvero quella di Roberto, la moglie Nelly e i figli adolescenti Cristian e Karen.
Nelly ci accompagna così alla sua semplice ma dignitosa dimora e ci offre il pranzo, tutto di umili pietanze del luogo, concluso con un infuso alla menta, poi ci consegna le nostre stanze.
Nel pomeriggio saliamo, ovviamente a piedi, verso il centro del paese e da lì intraprendiamo la passeggiata (impegnativa causa l’altura) che ci porta al punto più alto dell’isola, dove si trovano i resti di un tempio preincaico dedicato a Pachamama (Madre Terra), mentre sul vicino picco ci sono le rovine di un altro tempio, quello di Pachatata (Padre Terra).
Da lassù, a 4.130 metri di altezza, godiamo di uno spettacolare panorama a 360 gradi sul Lago Titicaca, amplificato dalla calda luce di un infuocato tramonto, che rende l’esperienza indimenticabile!
Scendiamo quasi col buio e con l’aiuto delle torce degli smartphone per fare poi ritorno alla nostra famiglia, dove ci viene offerta la cena, quindi, vestiti in abiti tradizionali, veniamo condotti ad una festa danzante, organizzata per i turisti ospiti dell’isola, ma molto divertente … la ciliegina sulla torta di una bella giornata, nella quale anche Valentina sembra aver recuperato una discreta forma.
Giorno 11 – Lago Titicaca, Amantani, Isla Taquile
La sveglia è alle 6:10, nell’infinito silenzio di Amantani. Consumiamo la colazione offerta da Nelly e poi, riordinati i nostri zaini, scendiamo al porto, dove ci attende la motonave Pacifico per portarci su Isla Taquile, già visibile di fronte a noi, ma ad almeno un’ora di navigazione.
Sbarchiamo a Puerto Alsuno, l’approdo settentrionale dell’Isola di Taquile, minuscolo pezzetto di terra di sette chilometri quadrati abitato da poco più di duemila anime, e a piedi cominciamo a salire lungo il sentiero lastricato che conduce al paese principale, con belle viste sul Lago Titicaca.
Così facendo arriviamo nella caratteristica piazza principale, ubicata quasi alla sommità dell’isola, oltre un pittoresco arco in pietra, sulla quale prospettano semplici edifici, fra i quali una bianca chiesetta. Lì facciamo sosta e attendiamo le 10:00 in punto, per assistere ad un piccolo spettacolo di canti e balli tradizionali, poi andiamo verso il nostro ristorante, molto spartano, ma dai cui tavoli, posizionati all’aperto, si gode una grandiosa vista sul Lago Titicaca.
Subito dopo pranzo, passato da poco mezzogiorno, cominciamo la discesa verso Puerto Chilcano, l’approdo occidentale dell’isola, dove ci attende la nostra barca: 453 scalini che, se fatti in salita, devono essere micidiali. Con altre belle viste sul lago arriviamo così alla fedele motonave Pacifico e con quella salpiamo immediatamente per Puno ed il termine dell’escursione.
Poco prima delle 15:00 sbarchiamo infatti nel principale porto del Titicaca, ma per i sottoscritti la giornata di visite non è ancora terminata, perché mentre tutti i nostri compagni di viaggio vanno verso i rispettivi hotel noi abbiamo un’opzione aggiuntiva, che prevede il trasporto in taxi fino al sito archeologico di Sillustani, distante 35 chilometri da Puno.
Sillustani è un cimitero preincaico situato in posizione panoramica sulle rive del Lago Umayo. Lo si raggiunge, in cima ad una collina, con una breve scarpinata, al termine della quale si arriva ad una spianata disseminata dai resti di numerose tombe, simili a torri, chiamate chullpas, la più grande delle quali raggiunge i dodici metri di altezza. Sono le vestigia dell’antico popolo Colla, una tribù guerriera in seguito assorbita dagli Incas, e sono scenograficamente immerse in uno straordinario ambiente, il degno epilogo di una splendida due giorni sul Lago Titicaca e dintorni.
Il tassista ci riporta poi, ormai nell’oscurità della sera, al Kaaro Hotel, dove arriviamo un po’ stanchini ma felici per le esperienze vissute.
Finalmente ci facciamo una bella doccia e poi usciamo per cena nel centro di Puno, al Restaurant Pizza Andina, dove gustiamo piatti soddisfacenti, quindi rincasiamo velocemente perché, tanto per cambiare, anche domani ci aspetta una partenza di buon’ora.
Giorno 12 – Da Puno a Cusco
Ci aspetta una giornata tranquilla, più che altro di trasferimento, ma quando scosto le tende della camera sta giusto, giusto sorgendo il sole … e meno male, perché alle 6:15 verrà a prelevarci in hotel un taxi per accompagnarci alla stazione degli autobus, da dove partiremo con il servizio della Turismo Mer da Puno a Cusco.
Saliti sul bus verde della compagnia, alle 7:00 in punto, ci lasciamo alle spalle il Lago Titicaca e partiamo lungo la tratta che ci impegnerà fino al tardo pomeriggio, anche perché strada facendo faremo alcune soste, sia culturali che paesaggistiche.
Dopo pochi chilometri, parlando del più e del meno, la nostra guida odierna ci mette al corrente, con tanto di notizia visualizzata sul web, che l’accesso a Rainbow Mountain, uno dei luoghi più iconici del Perù, che avremmo dovuto esplorare nei prossimi giorni, è stato chiuso per disordini sociali, così arriviamo decisamente attapirati, intorno alle 9:00, alla prima sosta prevista, nella località di Pucará.
Il paese è sovrastato dal sito preincaico di Kalasaya, i cui più importanti reperti sono raccolti nel piccolo Museo Archeologico che visitiamo, in particolare alcuni monoliti e stele zoomorfe di guerrieri e sacerdoti, fra i quali spicca quello di Hatun Ñakap, una sorta di divinità che tiene nella mano sinistra una testa mozzata.
Ripresa strada, dopo altri cento chilometri (e duecento da Puno), arriviamo a La Raya, il valico posto a 4.335 metri di altezza che divide la regione di Puno da quella di Cusco e lì ci fermiamo, fra colorite bancarelle, ad ammirare il panorama di alte montagne, in parte ammantate di neve.
Scesi leggermente di quota lungo la vallata di Cusco facciamo poi tappa nei pressi dell’abitato di Sicuani, al Ristorante La Pascana de Mer per il pranzo e subito dopo giungiamo al complesso archeologico di Raqch’i, un imponente centro inca, con funzioni sia religiose che amministrative, risalente al XV secolo.
Il sito è molto bello, anche se in parte ricostruito, ed è composto principalmente dalla zona dei magazzini, oltre 150 edifici di forma circolare, e dalle rovine del Tempio di Wiracocha, un’enorme struttura rettangolare (92 metri per 25) della quale resta solo il possente muro centrale, alto circa venti metri.
Da Raqch’i ulteriori ottanta chilometri ci portano poi nel paese di Huaro per far visita alla bella chiesa seicentesca di San Juan Bautista, interamente affrescata da Tadeo Escalante, un artista locale con discendenze sia inca che europee.
Quella di Huaro è l’ultima sosta prevista, infatti la parte finale del percorso, piuttosto trafficata, ci porta in quasi un’ora alla stazione dei bus di Cusco, la città che oggi conta circa mezzo milione di abitanti e fu la capitale dell’impero inca.
Da lì, con due taxi, raggiungiamo, in centro, la struttura Sight Qorikancha, che ci ospiterà per le ultime cinque notti del viaggio (anche se una di queste la passeremo altrove), poi, subito dopo la consegna delle camere, con Federico vado alla vicina agenzia Tour Inka Time Perù, con la quale abbiamo prenotato il trasporto fino alla Rainbow Mountain, per risolvere la questione del divieto di accesso all’area, e questi ci assicurano che l’escursione si farà, seppur seguendo una via alternativa … speriamo bene!
Più tardi, infine, usciamo a cena nei dintorni al Ristorante Sepia, con Federico febbricitante e nuova fonte di preoccupazione, ma non disperiamo e confidiamo passi anche questa, in vista dei giorni clou della vacanza.
Giorno 13 –
Alle 8:00 in punto usciamo dall’hotel e ci mettiamo in attesa del van di Taxidatum, prenotato fin da casa, che dovrà accompagnarci per l’intera giornata.
A causa di alcune incomprensioni Franklin, il nostro tassista, arriva con un quarto d’ora di ritardo, ma non è un problema …
Appena partiti passiamo a cambiare un po’ di euro in soles e poi cominciamo a salire sulle montagne intorno a Cusco. In questo modo arriviamo ben presto al sito di Saqsaywamán, forse la più incredibile delle costruzioni inca: una megalitica fortezza eretta sul finire del XV secolo, sotto il dominio dell’imperatore Pachacútec.
All’ingresso acquistiamo il boleto turistico, biglietto valido dieci giorni che ci permetterà di accedere a tutti i siti della regione (Machu Picchu esclusa) e poi ci approssimiamo ai piedi delle possenti fortificazioni: tre muri a zig zag sovrapposti, lunghi circa quattrocento metri e alti sei, composti da colossali massi di pietra, pesanti fino a duecento tonnellate, incredibilmente tagliati e smussati per combaciare fra di loro. Un’opera il cui assemblaggio resta ad oggi un mistero, viste le capacità tecniche dell’epoca.
Sbalorditi vaghiamo un po’ fra le antiche vestigia e poi, riguadagnato il taxi, riprendiamo strada, ma solo per un paio di chilometri, fino al secondo sito odierno, quello di Q’enqo, un tempio inca interamente scolpito in una formazione rocciosa naturale, nel quale si tenevano riti religiosi e cerimonie sacrificali. Il complesso offre l’opportunità di esplorare anche una inquietante camera sotterranea, dove si trova un altare la cui probabile funzione mette i brividi: era qui infatti che si facevano sacrifici umani e si imbalsamavano i cadaveri dei nobili inca.
Ormai completamente immersi nella cultura di questo antico popolo, facciamo una breve sosta ad una cooperativa tessile e poi arriviamo anche a Puka Pukara (puka in quechua significa rosso e pukara fortezza, quindi fortezza rossa).
Questo complesso archeologico è formato da mura, terrazze e scalinate con funzioni soprattutto militari, facenti parte del sistema difensivo dell’impero inca e della sua capitale, Cusco. Si ritiene, in particolare, che a Puka Pukara facessero sosta le guardie dell’imperatore quando quest’ultimo era in visita al vicino centro termale e tempio destinato al culto dell’acqua di Tambomachay, che in effetti dista meno di un chilometro.
A Tambomachay accediamo a piedi, subito dopo, per osservare le terrazze a gradoni, formate da mura di massi ad incastro perfetto, dalle quali sgorgano ancora oggi le acque provenienti da sorgenti sotterranee.
Da quest’ultimo sito riprendiamo poi il nostro itinerario e valichiamo il passo che conduce alla famosa Valle Sacra degli Incas, che visiteremo nei prossimi giorni, a parte il villaggio di Písac, al quale siamo diretti.
Písac è una ridente cittadina coloniale, nota per il suo mercato tradizionale, che però non si tiene più nella centrale Plaza de Armas, bensì in un’apposita area poco distante. Le vie adiacenti invece sono ancora piene di negozietti, oltre che di enormi forni di argilla nei quali si cuociono empanadas ed altre pietanze. Noi andiamo così a pranzare in un locale di fianco allo storico Horno Colonial San Francisco (risalente al 1830), oltre che ad un caratteristico castillo de cuyes (castello in miniatura dove vengono tenuti i porcellini d’India, che qui sono una prelibatezza culinaria) e successivamente riprendiamo strada.
Nel primo pomeriggio saliamo infatti sulle alture alle spalle dell’abitato, dove di trova il Parque Arqueológico de Písac, che comprende terrazzamenti, residenze, torri di guardia ed un centro cerimoniale della cultura inca, risalenti al XV secolo.
Scaricati nel parcheggio del sito ci dedichiamo alla sua visita, così vediamo gli immensi terrazzamenti, degradanti verso valle, e la suggestiva cittadella, incastonata sulle alture adiacenti, con la semplice ma incantevole Porta del Serpente, e raggiungiamo non senza fatica il grandioso belvedere dal quale, più in basso, si intravvede il Tempio del Sol. Lì però ci fermiamo e non raggiungiamo il tempio, perché ciò implicherebbe la successiva e impegnativa salita, dovuta alla chiusura per crolli del sentiero sottostante, così torniamo sui nostri passi, estremamente soddisfatti, e, dopo circa due ore di cammino dal via, riguadagniamo il nostro mezzo di trasporto.
Dal Parque Arqueológico de Písac ripercorriamo poi al contrario tutto il tragitto e poco dopo le 17:00 facciamo rientro a Cusco e al Sight Qorikancha, dove ci rimettiamo in ordine e intorno alle 18:30 (più presto del solito) usciamo a cena, così da rincasare il prima possibile e compensare la levataccia di domani mattina.
Pranziamo al Ristorante Tika Sara e già alle 20:00 siamo di ritorno in camera, proiettati verso il letto, con l’intenzione di sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione.
Giorno 14 – Rainbow Mountain
Eccoci alla data prevista per l’escursione nella quale toccheremo il tetto del nostro viaggio, quell’escursione alla Rainbow Mountain che tanto avevamo sognato e che per un giorno intero è stata anche in discussione.
La sveglia è alle 4:00, perché intorno alle 4:30 verranno a prenderci. Usciamo così dall’hotel senza nemmeno aver fatto colazione, mentre, considerato l’orario, fa anche un bel freddo … e non è il massimo, visto che il pulmino dedicato tarda anche un quarto d’ora. Alla fine però ci troviamo tutti a bordo, provenienti dalle più svariate parti del mondo (Argentina. Cile, Messico, Spagna e, ovviamente, Italia), per la prevista meta.
Nel buio di una giornata ancora prematura procediamo verso sud-est e la nostra destinazione, poi fa giorno e dopo circa due ore dalla partenza ci fermiamo a far colazione in una specifica struttura, quindi riprendiamo il viaggio e ad un certo punto svoltiamo a sinistra per cominciare a salire sulle vicine montagne.
La strada è sterrata, con vertiginosi tornanti e precipizi senza guardrail, soprattutto nella parte finale, dove si sviluppa in uno splendido paesaggio montano. Giungiamo così ad un primo checkpoint, quindi ad un altro e alla fine anche al campo base, a quota 4.700 metri.
Da lì un trekking, tutto in salita, di circa un’ora conduce a Rainbow Mountain, ma noi non siamo allenati a questi sforzi in altura, allora preferiamo l’opzione decisamente più comoda offerta da un servizio di motociclette (in alternativa c’era anche il cavallo, ma molto più lento) … e la scelta si rivela azzeccata, anche perché l’ultimissimo e irto tratto per giungere al belvedere è comunque da fare a piedi e già quello è molto faticoso. Alle fine però veniamo premiati dalla vista mozzafiato di Montaña Vinikunka, a 5.036 metri di altezza sul livello del mare, tetto del viaggio e nostra personalissima quota record!
Di fronte a noi la Rainbow Mountain, con la sua incredibile colorazione a fasce di diverse tonalità, dovute alle concentrazioni di svariati tipi di minerali … E pensare che fino a circa dieci anni fa nemmeno si sapeva della sua esistenza, infatti è emersa “grazie” ai cambiamenti climatici e lo scioglimento dei ghiacciai che ricoprivano in maniera perenne la zona, ghiacciai ora confinati sulla vicina e ben visibile cima dell’Ausangate, una delle più alte vette di tutte le Ande, con i suoi 6.384 metri.
Restiamo oltre mezzora a goderci lo spettacolo, assieme a tanta altra gente e donne in abiti tradizionali con agghindati lama, pronti a farsi immortalare in memorabili foto ricordo, quindi scendiamo alla base della Montagna Arcobaleno, dove incontriamo la nostra guida, che è appena arrivata con i pochi, valorosi camminatori.
Osservato il luogo da tutte le angolazioni ci apprestiamo poi ad affrontare il percorso di rientro, che inizialmente prevedeva la discesa lungo la parallela Red Valley, ma non è possibile farlo causa i disordini sociali in atto, allora ci viene fatto seguire un faticosissimo sentiero, tutto in salita, fino al belvedere sulla Valle Rossa, che non c’è bisogno di chiedersi il perché si chiami così … I rilievi che fiancheggiano l’intera conca ai nostri piedi hanno, infatti, tutte le tonalità del rosso e sono una meraviglia, in netto contrasto con il rigagnolo verde del fondovalle e l’azzurro del cielo: un’altra indelebile immagine di questa superlativa giornata.
Da quel punto affrontiamo poi la lunga e ripida discesa spaccagambe, fino a riguadagnare il campo base e poco più tardi, ricomposto il gruppo di partecipanti all’escursione, diamo il via al viaggio di ritorno.
Percorriamo a ritroso tutto il tratto di sterrato e ci fermiamo a pranzare, ormai nel primo pomeriggio, nello stesso posto in cui avevamo consumato la colazione, quindi proseguiamo per il medesimo itinerario del mattino e ancor prima delle 17:00 arriviamo a Cusco.
Scendiamo dal pulmino nei pressi di Plaza de Armas, la principale della città, così ne approfittiamo per scattare una foto nella calda luce del tardo pomeriggio, quindi ci trasciniamo in camera a rinfrescarci e a cercare un po’ si sano ristoro.
Per concludere questo incredibile episodio della vacanza usciamo infine a cena nel centro di Cusco e andiamo da Mr. Cuy … il cuy è il maialino d’India, che io e Federico siamo seriamente intenzionati ad assaggiare e che ci soddisfa abbondantemente, diventando la degna conclusione dell’odierno, favoloso, contesto.
Giorno 15 – Ollantaytambo
Siamo in partenza per una due giorni che ci porterà al clou del nostro viaggio, ovvero la leggendaria Machu Picchu.
A prenderci, verso le 8:30, arriva Franklin, lo stesso tassista di Taxidatum di due giorni fa, e con lui, subito dopo, partiamo alla scoperta della Valle Sagrado, regione di grande importanza durante l’ipogeo dell’impero Inca, considerata sacra per l’abbondanza di risorse naturali e per il suo clima favorevole.
Dopo neanche un’ora di strada, con in lontananza enormi montagne innevate che sfiorano i seimila metri, giungiamo nella località di Chinchero e prima di tutto il nostro accompagnatore ci porta ad una cooperativa tessile.
Solitamente non acquistiamo nulla in questi luoghi, ma la dimostrazione sulla tintura della lana è stata esauriente e Valeria, che ha esposto il tutto, è stata così affabile che alla fine abbiamo comprato una borsa, guadagnando, compresa nel prezzo, una foto, tutti agghindati in abiti peruviani.
Subito dopo raggiungiamo il centro di Chinchero, piccola cittadina rurale nota agli Incas come “il luogo dove nasce l’arcobaleno”, e, lasciata l’auto nella piazza del mercato, a piedi guadagniamo la Plaza Principal, di origini incaiche, ma circondata di pregevoli edifici coloniali, fra i quali la bianca Iglesia di Chinchero, risalente ai primi anni del XVII secolo.
Subito sotto la chiesa, sul fianco di una colina, si sviluppa invece il complesso archeologico inca, composto da grandiosi terrazzamenti, mura dagli incastri certosini e, all’estremità orientale del sito, pure un antico trono, scavato nella roccia.
Vaghiamo un po’ fra le vestigia e poi, al ritorno verso il parcheggio, abbiamo anche la fortuna di incontrare una processione religiosa in onore della Vergine di Lima (così ci dicono), davvero folcloristica, scortata da suonatori e fedeli in abiti tradizionali.
Lasciataci Chinchero alle spalle, successivamente, andiamo per vie di campagna fino all’enigmatico sito di Moray … Fra tutti i terrazzamenti realizzati dagli Incas questi sono sicuramente quelli più strani: sulle pareti di una enorme depressione vi sono infatti diversi livelli di terrazze concentriche degradanti, la cui architettura fa sì che vi sia una forte differenza di temperatura fra la parte superiore e quella inferiore del sito. Si pensa che in questo modo gli antichi contadini potessero sfruttare i micro climi più adatti alle diverse colture.
Facciamo una passeggiata davvero intrigante fra le tre enormi cavità presenti e poi riprendiamo strada. Percorriamo così qualche saliscendi, passando per il paese di Maras, e arriviamo alle Salineras de Maras, un luogo a dir poco stupefacente.
Qui, alla sommità di uno scosceso vallone, scaturisce da tempo immemorabile una sorgente termale, chiamata Qoripujio, ad elevato contenuto di sodio, che già in epoca preincaica veniva sfruttata, incanalando e distribuendo l’acqua in piccoli bacini per estrarne il sale. Oggi, invece, le circa tremila pozze scintillanti, fiancheggiate da aride pareti rocciose, danno vita ad un’altra meraviglia di questo incredibile territorio. Infatti le immense saline, incastonate fra le montagne, ad oltre tremila metri di altezza, offrono viste spettacolari e quasi inverosimili, che ci gustiamo da diversi punti panoramici.
Dalle saline scendiamo poi verso il fondo della Valle Sacra e, quasi giunti nella cittadina di Urubamba, ci fermiamo al Don Angel Inka Casona Restaurant, un ristorante turistico nel quale consumiamo un discreto pranzo a buffet, ma forse un po’ troppo caro per gli standard peruviani.
Comunque rifocillati a dovere da Urubamba, in circa mezzora, guadagniamo il paese di Ollantaytambo, dove termina il nostro servizio taxi, ma Franklin ci fa il favore di tenerci gli zaini mentre andiamo a visitare la principale area archeologica della località.
Il Sitio Arqueológico de Ollantaytambo è una spettacolare fortezza inca, composta da ripidi terrazzamenti, che fu uno dei pochi luoghi in cui i conquistadores spagnoli uscirono sconfitti da una battaglia.
Non senza fatica raggiungiamo la sommità delle rovine, dove si trovano i resti del Templo del Sol, ma da dove, soprattutto, godiamo dello splendido panorama sul villaggio e la grandiosa vallata alle sue spalle.
Scesi nuovamente del centro di Ollantaytambo ritroviamo il nostro amico tassista, che ci consegna gli zaini e questa volta ci saluta. Noi invece resteremo lì ancora un po’, almeno fin quando, poco dopo le 19:00, non saliremo sul treno, già prenotato fin da casa, che ci porterà ad Aguas Calientes, conosciuta anche come Machu Picchu Pueblo.
C’è però ancora un buon lasso di tempo prima che ciò accada, allora decidiamo di esplorare anche il sito di Pinkulluna, che si trova sull’altura di fronte alla fortezza. Sta chiudendo i battenti e non c’è tempo per arrivare al gruppo di rovine di magazzini inca posto più in alto, ma facciamo comunque una bella scarpinata, che ci permette di vederli più da vicino e nel contempo esplorare altri ruderi, sempre con formidabili scorci panoramici sulla Valle Sacra.
Mentre l’ombra sta prendendo il sopravvento torniamo ancora una volta ad Ollantaytambo e lì, per ingannare il tempo dopo tutto rimasto, facciamo un giro al mercatino artigianale, poi ci procuriamo la cena da consumare sul treno, infine, ormai col buio, ci incamminiamo verso la stazione.
Il treno della Perù Rail è già lì che ci aspetta, ma dobbiamo pazientare un po’ per salirci a bordo, poi alle 19:14, in perfetto orario, parte, un tantino traballante, verso la destinazione.
Nell’oscurità pressoché totale non vediamo la valle, dove corre solo la ferrovia, che invece vedremo domani al ritorno, e alle 20:45 giungiamo ad Aguas Calientes, la località turistica nota come punto di partenza per visitare le rovine di Machu Picchu.
Il treno, incredibile ma vero, si ferma e ci scarica direttamente fra le case e le attività commerciali, dove, un po’ disorientati, brighiamo non poco a trovare la Thais House Machu Picchu, nostra sistemazione per la notte, ma alla fine la rintracciamo.
Ci consegnano le stanze e dopo una veloce doccia andiamo subito a dormire, perché anche domani mattina si partirà piuttosto presto.
Giorno 16 – Machu Picchu
Ci svegliamo alle 6:00 ad Agaus Calientes. Facciamo colazione, lasciamo in deposito alcuni zaini e quando usciamo restiamo un po’ delusi. Il cielo infatti è coperto e le vette più alte sono avvolte dalle nubi. Non piove, ma avremmo desiderato condizioni un po’ diverse nel giorno di Machu Picchu, il secondo sito archeologico più grande al mondo dopo Pompei, scoperto solo nel 1911, ma Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco fin dal 1983 e, nel 2007, eletto anche fra le Sette Meraviglie del mondo moderno.
Ci mettiamo nella lunga coda per il bus che sale al sito archeologico, per il quale abbiamo già il biglietto d’ingresso fra le 8:00 e le 9:00. La fila però scorre e ben presto ci troviamo a bordo di un pulmino che, salendo i tredici tornanti di una strada bianca ci porta, verso le 8:20, all’entrata delle rovine.
Cerchiamo una guida in italiano, che ci rintracciano, ma che arriverà solo verso le 9:00. Allora varchiamo il gate d’ingresso e ci mettiamo in attesa poco oltre … così, alcuni minuti dopo l’orario previsto, arriva Glicerio e con lui partiamo subito alla scoperta di Machu Picchu.
L’antica cittadella inca fu fatta costruire nel XV secolo dall’imperatore Pachacútec, a “soli” 2.430 metri di altezza, su di una piccola spianata fra i monti Huayna Picchu e Machu Picchu e proprio verso quest’ultimo siamo diretti, nella zona in cui si trova la cosiddetta Casa del Custode e da dove si scatta la più famosa foto del luogo … Bellissimo ed emozionante, ma il cielo è tutto grigio!
Da lì scendiamo poi verso il cuore delle vestigia. Attraversiamo la Porta del Sole, passiamo accanto al Tempio del Sole e arriviamo alla Piazza Sacra, sulla quale prospettano le mura pressoché perfette del Tempio Principale e del Tempio delle Tre Finestre, mentre in cielo si apre qualche timido sprazzo di sereno.
In questo modo guadagniamo l’estremità settentrionale del sito, da dove parte il vertiginoso sentiero che sale a Huayna Picchu, e poi andiamo per la parte più bassa delle rovine, finalmente sotto ad un sole splendente. Passiamo a fotografare il Tempio del Condor e chiudiamo il cerchio della nostra visita camminando verso l’uscita, appagati dall’esperienza vissuta.
Ora però dobbiamo affrontare un’altra lunga coda, ovvero quella per il bus che dovrà riportarci ad Aguas Calientes, così arriviamo in paese che son quasi le 13:00 e lì ne approfittiamo per consumare il pranzo, nella piazza principale della località, al Ristorante Coricancha.
Sazi e riposati passiamo a recuperare gli zaini lasciati in deposito e poi andiamo in stazione, dove ci attende il treno della Perù Rail per il rientro.
Lo sferragliante mezzo prende il via alle 14:55, in perfetto orario, ma arriva ad Ollantaytambo con mezzora di ritardo. Lì scendiamo e saliamo sul bus che ci riporterà a Cusco. La stazione di Ollantaytambo è però un cul de sac clamoroso, strapieno di taxi, pullman e pulmini, tanto che impieghiamo quasi un’ora a venirne fuori, dopodiché, percorsi anche gli ultimi ottanta chilometri, giungiamo a Cusco quando sono da poco passate le 20:00.
Portiamo in camera, al Sigth Qorikancha, gli zaini e usciamo subito a cena in centro, al Ristorante El Mesón. La nostra ultima cena peruviana, al termine della quale facciamo poi immediatamente rientro per sistemare i bagagli in vista della partenza verso casa di domani, chiudendo in questo modo un episodio intenso ma anche indimenticabile della vacanza.
Giorno 17 – Cusco
Ecco dunque il giorno che ci vedrà partire verso casa. Ci resta però a disposizione ancora questa mattina, che utilizzeremo per visitare il centro storico di Cusco, fin dal 1983 Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Intorno alle 8:30 usciamo dal Sight Qorikancha, lasciando in deposito i bagagli, e attraversiamo la strada di fronte a noi per andare a vedere proprio il Qorikancha.
Questo edificio in epoca inca era il tempio più ricco di tutto l’impero, essendo letteralmente ricoperto d’oro. I suoi muri erano infatti rivestiti da oltre settecento lamine d’oro massiccio e contenevano inestimabili tesori, ma furono saccheggiati dai conquistadores spagnoli e oggi, sulle sue rovine, si trova la coloniale Iglesia de Santo Domingo.
Attendiamo qualche minuto per l’apertura del portone principale e poi esploriamo questo bizzarro connubio di elementi architettonici inca e coloniali, nel quale risaltano, intorno al chiostro, le antiche mura preispaniche, i cui blocchi di pietra sono incastrati, uno nell’altro, in modo così preciso da non riuscire a distinguere il punto di congiunzione.
Usciti dal Qorikancha ci rechiamo a vedere un altro muro inca, quello situato in Calle Hatun Rumiyoq, nel quale si trova incastonata la Piedra de los Doce Ángulos, un blocco di roccia perfettamente lavorato (con ben dodici angoli e altrettanti lati) per incastrarsi magistralmente con gli enormi massi che lo circondano.
Da lì arriviamo poi nella bella Plazoleta Nazarenas, circondata da pittoreschi edifici coloniali, fra i quali quello che ospita il Museo de Arte Precolombino, collegato al Museo Larco di Lima e contenente straordinari pezzi di antiche culture peruviane come oggetti in oro, gioielli, ceramiche e sculture lignee.
A breve distanza, poco più tardi, andiamo a dare un’occhiata anche al Museo Inka, che si rivela interessante, ma che presenta un percorso di visite piuttosto datato e necessiterebbe una bella riorganizzazione.
Passo dopo passo arriviamo così in Plaza das Armas, la principale piazza di Cusco, che ai tempi degli Inca era chiamata Awqaypata (piazza del guerriero), circondata da importanti costruzioni, fra le quali la possente Catedral, eretta a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo sulle fondamenta del palazzo di Viracocha, imperatore inca un secolo prima dell’arrivo degli spagnoli.
Ad un isolato di distanza, a est della piazza, si trova invece il Museo di Machu Picchu, che vorremmo vedere, ma è chiuso, allora torniamo in Plaza das Armas per visitare un altro importante edificio religioso: la Iglesia de la Compañia de Jesus, realizzata in stile barocco, nello stesso periodo della cattedrale, ma sulle fondamenta di Amarucancha, il palazzo di Huayna Cápac, ultimo inca a regnare sull’impero prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli. I suoi interni sono accattivanti e dai balconi della facciata si ha una bella vista sulla sottostante piazza.
Appena fuori Plaza das Armas, verso ovest, ci rechiamo a fotografare la facciata ricca di decorazioni barocche del Convento de la Merced e poi, tornando sui nostri passi al centro della piazza, andiamo ad immortalare la fontana, sovrastata dalla statua di Pachacútec, il più grande degli imperatori inca … e queste foto sono un po’ l’epilogo del viaggio.
Poco dopo andiamo infatti spediti verso il Sight Qorikancha a recuperare le valigie e una decina di minuti più tardi si presenta a prenderci il tassista di Taxidatum per accompagnarci allo scalo aereo cittadino.
Giunti così all’Aeroporto Velasco Astete di Cusco imbarchiamo i bagagli, pranziamo con una empanada, affrontiamo i controlli di sicurezza e poi ci mettiamo in attesa del volo Latam LA 2038. Ben presto però veniamo a conoscenza di un ritardo di circa un’ora e non è una sorpresa. Un po’ me lo aspettavo e per questo avevo tenuto abbondante spazio di tempo sul prossimo volo.
Alle 15:28 l’Airbus A319 si stacca da terra e lascia Cusco diretto a Lima. Il tragitto è abbastanza breve a alle 16:32 atterriamo nell’aeroporto della capitale.
Ritiriamo le valigie e ci rechiamo subito al banco di Iberia per il check-in dei prossimi voli. Imbarchiamo il tutto direttamente per Bologna e oltrepassati i controlli raggiungiamo la porta 19, dove ci accomodiamo per aspettare l’imbarco sul volo IB 6650. In questo modo, poco più tardi, saliamo sull’enorme Airbus A350 che, quasi in perfetto orario, alle 20:20 ora peruviana, prende quota diretto in Europa.
Appena dopo la partenza, ormai sulla cordigliera andina, sposto le lancette dell’orologio sul fuso orario di destinazione e in un attimo è …
Giorno 18 – Rientro in Italia
Il volo è lungo, ma correndo verso il sole la notte è breve. Sorvoliamo tranquillamente l’Oceano Atlantico e atterriamo nell’Aeroporto di Madrid Barajas alle 14:00, ora dell’Europa Centrale.
Appena sbarcati facciamo un veloce controllo e cambio terminal, poi dopo una breve attesa saliamo anche sul Bombardier CRJ-1000 di Iberia che, identificato come volo IB 8760, rulla sulla pista madrilena e decolla diretto in Italia e a Bologna.
Attraversiamo la Penisola Iberica e parte del Mediterraneo, poi cominciamo la discesa verso la città felsinea, dove atterriamo alle 18:07.
Sbarchiamo all’aria calda dell’estate italiana e andiamo a ritirare le valigie, ma ne arrivano solo tre su quattro (meglio sempre al ritorno piuttosto che all’andata), allora dobbiamo recarci a fare anche la denuncia.
Alla fine usciamo dall’aeroporto e chiamo il Park to Air, così dopo non più di dieci minuti vengono a prenderci e poco più tardi ci consegnano la nostra auto.
Partiamo da Bologna alle 19:15 e andiamo spediti verso casa sull’autostrada A14, mentre sull’altro lato ci sono lunghe code di ritorno dalla giornata di mare in riviera. Così facendo usciamo a Faenza e alle 20:08 concludiamo felicemente il viaggio davanti al cancello della nostra dimora.
È stato un viaggio di quelli con la V maiuscola, che entra a pieno merito nella hit parade dei nostri ricordi, un’esperienza ad altissimo contenuto culturale, fra le vestigia più importanti delle antiche popolazioni indigene, ma anche fra eccezionali meraviglie naturali. Natura e cultura, che in questo magico paese sono due facce della stessa medaglia, legate indissolubilmente l’una all’altra nel culto di Pachamama, la sontuosa Madre Terra.