Sicilia, bella sconosciuta
Abbiamo solo una settimana, dunque ci limiteremo a visitare la punta occidentale dell’isola. La prima sera restiamo in centro a Trapani, ci godiamo subito un bel bicchiere di vino bianco siciliano, una cena di freschissimo pesce e un’immancabile granita (presa da Colicchia). L’indomani facciamo colazione sulle Mura di Tramontana, con una “guantierina” di ottimi dolci tipici e di fronte a noi il mare ed Erice sullo sfondo. Visitiamo poi tutta la zona costiera e il caratteristico mercato del pesce, in attesa di prendere l’aliscafo per Favignana.
Prima di inforcare le nostre bici a noleggio, ci mangiamo il primo “pane cunzatu” della vacanza e via verso il Lido Burrone. La giornata è umida e grigia, ma l’acqua cristallina ci invita comunque a fare un bagno. Decidiamo poi di tornare in paese e visitiamo la tonnara Florio, bellissimo esempio di archeologia industriale ben recuperata. La nostra guida è piena di entusiasmo e al grido di “amoninni picciotti” ci trascina per la tonnara, svelandoci i suoi segreti. Come abbiamo constatato di recente a Monterey (California), sono ben chiari gli effetti dell’eccessivo sfruttamento delle risorse: lì erano sardine, qui erano tonni, il risultato è che gli abusi portano all’estinzione e alla chiusura di fiorenti attività.
La visita potrebbe durare molto più a lungo, volendosi fermare a vedere i cruenti video delle mattanze oppure ad ascoltare le testimonianze degli ultimi “tonnatari”, ma è tempo di riconsegnare le bici e prendere la nave per rientrare sulla terra ferma. Stasera ceniamo in un piccolo locale, molto caratteristico e con dei piatti piuttosto buoni (Hostaria S. Pietro). Passeggiata digestiva per il centro storico, ascoltiamo un po’ di musica neo-melodica su Via Garibaldi (hit più acclamata dal pubblico la pizzica “ci vorrebbe ‘na zitella”!) e via a nanna.
Lasciamo Trapani, prendiamo la nostra macchina a noleggio da Hertz (molto conveniente se presa in città invece che in aeroporto, prepagandola on-line) e partiamo alla volta di Erice. Questo bel paese medievale arroccato sulla montagna supera le nostre aspettative: molto integro, molto turistico e curato, ma ancora piuttosto autentico. Facciamo l’immancabile abbuffata di dolci da Maria Grammatico, di cui però ci convincono solo le sue creazioni di pasta di mandorle ripiene di marmellata di cedro. E per smaltire le calorie accumulate ci giriamo tutto il borgo: dal giardino del Balio, al castello Pepoli, ai ruderi del castello di Venere fino alle mura puniche e al quartiere spagnolo. La giornata non è limpidissima, ma anche attraverso la foschia ci godiamo le vedute di Trapani e le sue saline da un lato e il Monte Cofano e la costa fino a San Vito Lo Capo dall’altro.
A questo punto ci meritiamo una pausa: ci sediamo nella bella piazzetta San Domenico e ci mangiamo la nostra prima arancina siciliana accompagnata da un bel bicchiere di birra ghiacciato!
Dopo aver comprato un paio di magliettine “pizzo-free” e un tappeto tessuto al telaio, riprendiamo la macchina e puntiamo verso San Vito Lo Capo. Lasciamo i bagagli nel coloratissimo b&b la “Perla del Sud” e corriamo alla bellissima spiaggia per un bagno al tramonto. Stasera c’è l’anteprima del Cous Cous Fest e questo ci permetterà di goderci con calma gli stand e gli assaggi di cous cous, cosa che l’indomani con l’inizio del festival e l’arrivo di orde di turisti non riusciremo a fare. Ci piace in particolare l’atmosfera della tenda berbera sulla spiaggia e un cannolo con crema al pistacchio veramente “da urlo”. Il giorno dopo abbiamo finalmente una giornata più soleggiata e decidiamo di prendere due lettini e goderci la spiaggia e soprattutto l’acqua cristallina.
A pranzo ci accontentiamo di una granita (ottime quelle della Pasticceria Cusenza in via Duca degli Abruzzi), ma alle 19 siamo già in fila per la nostra lezione di cucina con chef stellato per assaggiare il suo cous cous integrale. A fine lezione ci immergiamo nella calca del festival, assaggiamo altri cous cous, ascoltiamo la fine del concerto di Pino Daniele in piazza e dopo una lunga passeggiata sul lungomare torniamo al b&b.
La mattina ci svegliamo con un bel sole e puntiamo diritte verso Scopello, visitiamo prima il baglio, dove assaggio un deludente “caldofreddo” che purtroppo è solo freddo e dunque sembra una comunissima coppa gelato e scendiamo poi alla tonnara dove si paga un biglietto di 3 euro per entrare. Il contesto è molto bello: il mare blu e turchese, i faraglioni, tanti segni del recente passato marinaro, ma a rovinare l’atmosfera c’è la folla di bagnanti e, se non bastasse, anche una troupe televisiva che intervista il proprietario…. A malincuore ce ne andiamo e ci fermiamo per un bagno in una caletta ghiaiosa nelle vicinanze. Il tempo è tiranno e dobbiamo prendere una decisione: andare verso la riserva dello Zingaro o visitare Segesta? Visto che il tempio è sulla strada verso la nostra prossima mèta decidiamo di salutare il mare e andiamo verso Calatafimi per la visita degli scavi. L’area del teatro si può raggiungere a piedi con una camminata tutta in salita, ma vista l’afa decidiamo di prendere un comodo bus (al costo di euro 1,50 – biglietto acquistabile al bar). L’ambientazione della cavea è molto suggestiva e si affaccia su una campagna sorprendentemente verde. Anche il tempio alla luce del tramonto ci colpisce particolarmente, ma la solita troupe televisiva che evidentemente fa il nostro itinerario ci fa scappare. Arriviamo a Marinella di Selinunte, lasciamo il bagaglio al b&b “Demetra Malophoros” e su suggerimento di Maria ci godiamo una cena spettacolare alla pescheria-trattoria “Frescomare”. È un’apoteosi di pesce in tutte le versioni, con uno spiedo di sarde alla selinuntina da leccarsi i baffi.
Dedichiamo tutta la mattinata alla visita degli scavi di Selinunte che ci piacciono soprattutto per l’ambientazione selvaggia, tra odorosi campi incolti e mare. A pranzo non possiamo che regalarci un “pane cunzatu” (uno dei migliori assaggiati, all’Enoteca Siciliana poco fuori gli scavi). E siamo di nuovo in viaggio, stavolta verso Marsala. Decidiamo a malincuore di saltare Mazara del Vallo e il suo satiro danzante, prendiamo possesso della nostra casina storica nel cuore di Marsala e puntiamo diritte verso la Riserva dello Stagnone per goderci il tramonto sulle saline. Immancabile l’aperitivo da Mamma Caura con vista del mulino Infersa, Mozia e i mucchi di sale. Le noccioline e le tartine ci sembrano un po’ stantie e dunque rinunciamo tranquille all’idea di cenare all’aperto e torniamo a Marsala, dove mangeremo ottimi piatti di pesce alla trattoria “Il Gallo e l’Innamorata”, su suggerimento di Adriano, il padrone di casa.
Il centro di Marsala è meno esteso e meno bello di quello di Trapani, ma è piacevole vedere il passeggio sulle due vie pedonali e ci sembra di intravedere qualche locale più “alternativo” rispetto ai modaioli locali trapanesi. La mattina mi alzo presto, vado alla vicina cannoleria, mi procuro del latte di mandorle fresco di frullatore e ci godiamo una splendida colazione siciliana sulla nostra terrazza nel centro storico. Siamo dentro un cortile interno che la mattina è silenziosissimo, ma la sera si anima di voci per noi incomprensibili… ci sembra che il dialetto marsalese sia davvero un po’ arabo o forse è solo una suggestione, comunque ci piace questo spaccato di vera vita siciliana… Dopo colazione, torniamo alla Riserva dello Stagnone, prendiamo il battello che fa il giro della laguna e scendiamo a Mozia (biglietto di ingresso all’isola e al suo museo 9 euro). La giriamo in lungo e in largo sotto un sole cocente, ammirando i tanti resti fenici, ci godiamo la vista delle sinuose curve del “giovinetto di Mozia” che per nostra fortuna è tornato nel piccolo museo Whitaker e alla fine ci mangiamo l’ennesimo “pane cunzatu” nel piacevole caffè dell’isola. Mozia è piena di piante di aloe e la signora del bar prepara una granita al limone con succo di aloe molto profumata e dissetante. Non proprio l’abbinamento perfetto con la sapidità di capperi, olive e sarde, ma l’importante è spegnere la sete data dall’umida calura di questa piccola laguna. Torniamo sulla terra ferma e percorrendo lo spoglio lungomare di Marsala raggiungiamo la rinomata cantina Florio. Come ci spiegherà la guida del nostro tour, la città ha usato per decenni la costa solo come attracco delle navi che esportavano il vino marsala nel mondo, per questo l’abitato non si protende verso il mare, ma sembra piuttosto voltargli le spalle. All’interno di questa bellissima cantina, riascoltiamo la storia dei Florio da un’altra angolazione, capiamo il loro ruolo fondamentale nello sbarco dei Mille e alla fine ci godiamo un fantastico assaggio di vini nella loro invitante enoteca. Compriamo una bottiglia e decidiamo di stapparcela allo Stagnone mentre guardiamo un altro bel tramonto. Stasera a cena andiamo da “Assud”, un ristorantino che ci piace per il suo approccio più moderno rispetto allo standard siciliano. Su suggerimento del proprietario, proseguiamo la serata al vecchio mercato del pesce, pieno di locali che animano le notti marsalesi. La scelta ricade sul lounge bar “Russi ri sira” dove ci gustiamo un paio di ottimi marsala e un particolarissimo merlot passito.
Siamo alla mattina della partenza, ma non rinunciamo ad un’ultima passeggiata in centro per la colazione, un’occhiata al mercato del pesce con i suoi banchi e le voci dei mercanti e pescatori che offrono il proprio prodotto. Accanto al mercato c’è una panelleria e dunque ottima occasione per prenderci due panini con le panelle da mangiare in aeroporto.
Anche se il clima non è stato proprio bellissimo, quest’angolo di Sicilia ci è piaciuto parecchio: il profumo dei gelsomini in fiore che da queste parti si possono degustare sotto forma di granita; le enormi piante di hibiscus e ficus benjamin che decorano i viali delle città; le vestigia delle ère passate con l’intersecarsi di varie culture; l’enogastronomia come parte integrante dell’esperienza di viaggio e poi naturalmente la bellezza dei tramonti sul mare, in particolare quelli sui mulini e le saline dello Stagnone. Ci ripromettiamo di tornare per dedicare più tempo a Favignana e le Egadi e di sicuro la prossima volta resteremo più a lungo a San Vito lo Capo per esplorare la riserva dello Zingaro. Forse in futuro visiteremo il ragusano, oppure Palermo o le Eolie, ma siamo certe che la Sicilia occidentale ci attirerà di nuovo.