Praga d’inverno, tra bello e belletto

Praga 2006 Sabato 16 dicembre Uno squillo sul telefonino. Sono le 9. Michele, puntualissimo, è sotto casa, a Novara. Ci porta all’aeroporto. Il tempo è nuvoloso. Fresco. Non freddissimo. Chiudo le valigie, il piumino con il collo di pelliccia, metto fretta a Vale. Scendiamo. Partiamo. Mezz’ora e siamo al ceck in. Sbrighiamo con una certa...
Scritto da: giovanni rutili
praga d'inverno, tra bello e belletto
Partenza il: 16/12/2006
Ritorno il: 20/12/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
Praga 2006 Sabato 16 dicembre Uno squillo sul telefonino. Sono le 9. Michele, puntualissimo, è sotto casa, a Novara. Ci porta all’aeroporto. Il tempo è nuvoloso. Fresco. Non freddissimo. Chiudo le valigie, il piumino con il collo di pelliccia, metto fretta a Vale. Scendiamo. Partiamo. Mezz’ora e siamo al ceck in. Sbrighiamo con una certa lentezza le faccende per l’imbarco. Alle 11.40 il Malpensa – Ruzyne (277,46 Easyjet) parte in orario. Sotto un cielo di neve… Penso mentre guadagniamo quota, sorvoliamo le alpi e la terra diventa piccola. Sotto un manto di neve. Immagino Praga. Siamo quasi a Natale. Bianca. Rosso di tetti, oro delle luci accese già presto perché la notte arriva subito. Le procedure di sbarco sono rapide. A un quarto alle due usciamo e troviamo un signore con il cartello Golden Horse in evidenza. Ci avviciniamo. “Italian? Alex?”. Sono le uniche due parole che riesce a dirci. Al momento della prenotazione della stanza, avevamo scelto anche il servizio navetta fino all’albergo (19 euro, taxi Skoda Octavia seminuova interni in pelle nera un po’ da maranza).

Praga mi sorprende subito: c’è sole sbiadito, freddo timido, neanche un grammo di neve, gente in maniche di camicia, quartieri da periferia urbana europea. Un po’ anonimi. Bah! Sono perplesso. Ad un certo punto l’auto comincia una dolce salita. Scolliniamo e si gira in Pod Chotkova: la città si svela. La Moldova, i tetti spioventi, alberi e facciate di palazzi. Passiamo dentro il cuore di Mala Strana e risaliamo lungo Nerudova. Arriviamo in via Uvoz. Il taxi si ferma di fronte ad una casa dalla facciata azzurra. E’ un edificio elegante, dall’aria fresca, pulita. Le case salgono unite l’una all’altra, come un grande abbraccio. Fraterno e fondamentale, nel senso stretto della parola. Abbiamo prenotato alla pensione The Golden Horse house, 4 notti, (45 per notte + 7 euro per la colazione, www.Goldenhorse.Cz alexx@cmail.Cz, via Uvoz 8). La descrizione della Routard ci aveva colpito, la disponibilità ad una settimana dall’arrivo, convinto. Una ragazza ci accompagna in camera. Le scale sono ripide: il recente restauro ne ha consolidato (con un abuso di cemento, forse) la struttura senza lenirne le difficoltà. La stanza è al terzo ed ultimo piano. Vi si accede tramite un ballatoio e poi una porticina. E’ un sottotetto delizioso: travi a vista, arredamento Ikea, piacevole vista, spazioso. C’è l’angolo cottura. Ma le travi fanno polvere. Troppa per chi soffre solo un po’ d’allergia. Così scegliamo la camera del secondo piano. Alex, che ha curato la sistemazione di questa dimora del ‘400, ha gusto ed è riuscito a ricavare ambienti gradevoli. Poggiamo le valigie, cambiamo le maglie e scendiamo con la voglia di scoprire questa città. Proseguiamo a piedi la salita verso il vertice della collina dove c’è l’abbazia di Strahov, e verso le 15.30 ci sediamo per un pranzo con menù a prezzo fisso nel ristornate U Sevce Matouse. L’ambiente è carino, anche un po’ chic. L’apparecchiatura ed il servizio di qualità. Cibo e birra, poi, non deludono per un rapporto qualità prezzo (calcolate intorno 12 euro a testa per una minestra, un secondo con contorno e una birra) validissimo (8).

Scendiamo verso il castello e cominciamo a leggere la città, come si fa con le riviste nuove: sfogliamo le pagine, scorriamo i titoli con sguardi curiosi e rapidi. Un’istantanea, una visione di insieme. Ci colpisce il panorama, poi scendendo a Mala Strana e sul Ponte Carlo, il numero di artisti di strada e quello, altrettanto significativo, di turisti. Il Ponte Carlo ha un valore monumentale modesto. Di bello ci sono le antiche porte, ma tanto i bastioni rocciosi che sorreggono arcate massicce, quanto le statue, sono poco più di buon artigianato. E allora perché, cosa spinge centinaia di persone ad attardarvisi sopra ogni giorno? La risposta ci piove addosso mentre calpestiamo le vecchie pietre e scopriamo poesia, fascino, romanticismo, immergendoci dentro Praga. E’ arrivata la sera. Arriva presto nei giorni dopo Santa Lucia. Continuiamo su via Krapova tra palazzi e conventi medioevali. Sbuchiamo davanti alla nostra signora di Tyn. Ci fermiamo sotto la torre dell’orologio a scrutare il meccanismo del cambio dell’ora. Recuperiamo materiale turistico. Abbiamo già le tasche piene di volantini relativi a concerti in chiese, biblioteche e sale varie. In piazza ci accolgono musica dal palco, un albero di Natale gigante, decine di bancarelle con dolciumi, giochini di legno, abbigliamento tipo peruviano, vin brulé ed inutili cosette. Molto accogliente, molto natalizio, ma non posso fare a meno di immaginare come sarebbe stata questa piazza vestita di un semplice manto di neve, dell’azzurro pallido del cielo invernale, di qualche carrozza e gente a piedi.

Tornando ci fermiamo a mangiare gulasch con quella specie di gnocchi di farina in cima a via Nerudova, a qualche centinaio di metri dalla pensione. La birra, scura, è eccellente. Il prezzo adeguato. Ma l’osteria con volte a botte, tavoloni di legno massello, non è il massimo per qualità e servizio (6,5).

Alle 10 siamo a letto (un po’ troppo molle) stanchi e felici. Proprio così… Domenica 17 dicembre La repubblica Ceca adotta ancora la Corona. Ma l’euro è accolto ovunque. E tutti, a parte l’autista del taxi, parlano un buon inglese. Fortunatamente: il ceco, infatti, ci pare assai complicato. E’ il giorno di Hradcany. Il quartiere del castello. La prendiamo alla larga: passiamo da Vlasska, che è li vicino, una bella strada da fare a piedi, con vista sulla città e che ci porta all’Abbazia di Strahov Strahovsky Klaster. Arriviamo in alto, un pochino, sulla collina, in tempo per fare due foto di Praga in un mattino qualunque d’inverno, in tempo per vedere un gruppo di persone in gita dalla campagna, in tempo per guardare i tetti da dentro un cannocchiale fisso. Ci sono bancarelle con quadri graziosi. E’ domenica. Arriviamo per fine messa. Le campane suonano. La struttura dell’abbazia, colori chiari, è imponente: belli i cortili e la facciata. C’è un albergo relais, una birreria artigianale molto bella con barili e alambicchi in vista. C’è la Strhaov Library (7,5). Acquistiamo il biglietto (80 corone), saliamo le scale, entriamo in un piccolo museo di scienza naturale con strani animali imbalsamati costruito con il gusto di stupire più che di divulgare. Molti oggetti, come la collezione di insetti, hanno l’ombra del mistero. La biblioteca è un bell’esempio di barocco, con colori accesi, angoli e nascondigli. Usciamo dall’ingresso principale, passando vicino a grandi, inutili mura: la storia, a quanto pare, non gli ha concesso parentesi gloriose. Scendiamo verso la Chiesa di Nostra signora di Loreto, un bell’esempio di barocco con chiosco di sorprendente senso scenico e pregevole tesoro (7). Ci soffermiamo nelle vie d’intorno, un quartiere delizioso: occupa un fianco di collina nascosto, protetto da un lato dal castello, dall’altro dalle mura seicentesche. Ci sono piccole case basse, tenute a specchio, con graziosi giardini interni. Guardiamo dentro, indiscreti, le nostre narici sulle finestre: salotti accoglienti, qualche bottega di artista, fiori tra le finestre esterne e quelle interne. L’idea dei doppi vetri, infatti, qui nasceva secoli fa e significava doppi infissi su mura spesse. La strada a ciottoli, con i suoi sali scendi, angoli cechi, chiese e palazzi improvvisi regala una passeggiata romantica che ci godiamo con le mani strette le une nelle altre. Fa freddo. Ma un freddo bello. A mezzogiorno arriviamo al Castello sulla scia di un gruppo di donne abbigliate in modo singolare, paiono costumi tradizionali. Ai cancelli tirano dritto, mentre noi, sentendo rumore di tacchi su pietra, decidiamo di aspettare e assistiamo al solenne cambio della guardia. Parlare di Castello, per Praga, è limitativo: in realtà è una città della città con decine di palazzi. Ci uniamo alle centinaia di persone che cominciano la visita. (Biglietto 350 corone, timbri nelle diverse “attrazione”). La cattedrale di San Vito ha uno slancio gotico sublime e una storia che ricorda quella della Sagrada Familia (costruita in secoli e secoli). I cortili interni sono piazze, campi da calcio. Le persone puntini vocianti. Sotto la porta più antica della cattedrale scopriamo le donne incontrate poc’anzi che, insieme a figli o nipoti, cantano canzoni popolari. Non capiamo un accidente. Un bambino dimentica una strofa e scoppia a piangere. E’ tutto molto bello! Mi colpiscono i volumi, il cesello, il genio è nel molto, nel grande, raccolto con mestiere, armonia e magnificenza. L’antico Palazzo Reale nei decori e nelle volte dei saloni sembra il luogo geometrico dove ambientare libri fantasy. Si può facilmente immaginare Re Vladislao che percorreva rapido a cavallo i pochi gradini e veniva acclamato dalla corte nel salone principale. Ci innamoriamo dei panorami che sbucano dalle ampie finestre e delle vecchie stufe in ceramica. Qualcuna funziona ed è un sollievo per le ossa. Ci sono affreschi, arredi antichi, storie, leggende da sogno e cronache da incubo: gente defenestrata e principesse. Dopo le guglie dell’abside di San Vito, scopriamo la rossa facciata barocca della chiesa di San Giorgio. Brutta facciata. Interno a sorpresa. Sarà perché siamo toscani, sta di fatto che queste tre navate romaniche, con modeste contaminazioni, linee pulite, dopo tanto gotico e troppo barocco distende. Pure ci piace la passeggiata nel Vicolo d’oro. Una vietta dietro il castello, protetta dalle mura, così chiamata perché ci hanno vissuto gli alchimisti. Per gli appassionati di storia dell’architettura è un posto da non perdere: la struttura delle case è rimasta sostanzialmente intatta dal medioevo. Onestamente, invece, i negozietti che adesso spadroneggiano pur graziosi, stuccano un po’. Usciamo dalla porta est, trascurando i musei e l’interno della cattedrale. Torniamo a Mala Strana e scendiamo all’Isola Kampa. Un gruppo di ragazzi cucina pollo e manzo alla griglia su un falò improvvisato. Ci beviamo un birra Gambrinus alla spina al chioschetto proprio in fondo a piazza Na campe. C’è un bel parco che corre tra la Moldava ed il piccolo affluente Certokova: ragazzi passeggiano mano nella mano, qualche locale alla moda illumina le anse del fiume, la Moldava corre lenta e placa le inquietudini, la pala di un mulino stanca riposa a pelo d’acqua, una manciata di bancarelle profumi invitanti, sugli scaffali scudi e spade di legno; tazze di ceramica e oggetti di modesto pregio ma almeno, evidentemente, originali; qualche anatra si alza in volo. Prendiamo due panini con wurstel e senape abbondante. Seduti su una panchina ci dedichiamo ad una romantica merenda. Praga si scopre piano. Cercavamo monumenti grandiosi, la maestosità di un Colosseo, le grandeur di una Notre Dame, la ricchezza del Prado. Ci siamo, invece, imbattuti in una torre Eiffel in miniatura, un ponte con leggende più belle delle statuette, chiese baroccone, concertini da turista ad ogni angolo. Delusione? Tutt’altro. Praga ha il suo cuore romantico nelle decine di palazzi con meravigliose facciate, negli angoli dove rubarsi baci, nei cornicioni dipinti, nei parchi verdi, in certe dorature colme di maestria, nel panorama che si apre e si chiude intorno a ponte Carlo, nella sensazione che il castello sia tutt’intorno, tutt’uno con le colline, che il tempo si sia fermato. E’ tutta luce che non abbaglia, che non si vende un tanto al chilo. Non è roba che acceca, piuttosto scalda, scava dentro. E costringe, magia, a dimenticare almeno per un po’ i ritmi frenetici, l’abitudine a viaggiare come nelle corse a tappe: non ci sono quattro monumenti, punti cardinali tra cui altri hanno tracciato un itinerario logico, funzionale. Impersonale. I monumenti, infatti, a Praga sono sotto traccia. Ci sono centinaia di cammei e ognuno si piglia, sceglie e ama quel che s’assomiglia… Attraversiamo il ponte del primo maggio, diamo uno sguardo sul teatro nazionale. Risaliamo lungo la Moldava dal lato di Stare Mesto. Ci sono palazzi e negozi signorili. Ci colpisce un locale alla moda con terrazza sul fiume e su Ponte Carlo.

Cammina cammina, in un’atmosfera da favola, arriviamo alla birreria di fronte l’Abbazia di Strahov. Sono quasi le 10 e sta chiudendo purtroppo presto, così di ritorno verso l’albergo ci fermiamo a bere qualcosa e mangiare un dolce nel pub sotto la pensione, in via Uzov. Ottima scelta: l’interno è tutto affrescato con dipinti moderni, ironici. Il locale è accogliente anche se piccolo. Ci sono tanti ragazzi. Il fumo di sigarette, a cui non siamo più abituati, e i portacenere. Gli aspiratori. La birra è buona, il dolce ottimo (strudel per Vale 7,5 e per me dolce alla panna 9). (dolce e birra 100 corone) Lunedì 18 dicembre Appena alzati ci dirigiamo al castello per concludere la visita della Cattedrale di San Vito, ieri chiusa per cerimonie. Gli interni fanno bene alla schiena: il gotico slancia lo sguardo, le spalle si raddrizzano, il collo accompagna gli occhi prima assidui sulla guida. Scendiamo in via Nerudova e giunti in Malostranske Namesti entriamo nella chiesa di San Nicola (si paga il biglietto, forniscono una dettagliata brochure con la storia della chiesa): è la festa del barocco, gorgheggi di colori, ori e dipinti colmano i sensi. L’organo è maestoso e regala un tocco di fascino all’opulento contesto: qui, infatti, si esercitava Mozart nei suoi soggiorni praghesi, qui, infatti, è stato suonato per la prima volta il Requiem di Mozart tre giorni dopo la sua morte. Nella piazza, di fronte a palazzo Lichtestain, un piccolo esercito di parchimetri fa la guardia con volti affilati, pensierosi, bizzarri, di ferro colorato. Attraversiamo come ogni giorno Ponte Carlo e, con la giusta lentezza, arriviamo nella zona del ghetto ebraico. Il biglietto è cumulativo, vale un giorno e costa 580 corone (The Jewish Museum in Prague, www.Jewishmuseum.Cz; ic 60459263). Cominciamo dalla sinagoga Pinka: la nudità delle sue pareti, su cui capeggiano migliaia di nomi di vittime dell’olocausto ci colpisce. Poi i disegni dei bambini, scarabocchi dai campi di concentramento, guizzi di vita rubati ad una sorte amara, subita, ingiusta. Subito, cruda, al cuore. Proseguiamo per il cimitero ebraico, che, per assurdo, regala spazi di diversa, quotidiana normalità e rasserena. Nelle sinagoga Klaus e nella antica sala delle cerimonie ci appropriamo in spaccati di vita ebraica, oggetti sacri, gesti rituali, spaccati di vita di ghetto cinquecentesco. Purtroppo la Sinagoga Vecchia Nuova è chiusa. I viali intorno sono ampi, alberati. In netto contrasto con le zone intorno al Klementinum. Fa un po’ Parigi fine ‘800. Alcuni bar sono veramente bellissimi. Diamo una scorsa anche alla sinagoga Maisel, poco memorabile, e poi cerchiamo posto a pranzo, trovando un ottima sistemazione (8) in via Siroka un ristorante con ampie vetrate e interni in legno, non lontano dalla Pizzeria Modrà Zahrada.

Nel pomeriggio, vicini alla chiusura, visitiamo la sinagoga Spagnola, di recente e particolare realizzazione, ci soffermiamo a vedere il tesoro, leggiamo le storie di ebrei famosi e meno famosi che hanno vissuto a Praga.

Poi è un attimo ritrovarsi in piazza della città vecchia. Navighiamo a vista nei vicoli intorno alla chiesa di Nostra signora di Tyn. Ci fermiamo in una bottega di saponi e articoli per la casa nella graziosa Male Namesti, con il pozzo in ferro battuto, arriviamo al Karolinum, sfioriamo Mozart e poi quando il buio ci circonda, qualche foto sul ponte Carlo (cotidie fotografare) e finiamo a cena in un locale dalla grande presenza scenica, il menù ricco che attinge alla tradizione ceca, tavoli di massello, volte a botte, basse, colori scuri, caldi, un po’ cupi, tovaglie di stoffa, cameriere in guanti bianchi. Beviamo vino bianco. Mangiamo piatti tipici. Non capiamo di che si tratta. Resta il fatto che la cosa più buona è il vino e il pane con panna e rafano. I piatti, una specie di polpettone, sono, invece, praticamente immangiabili (7 per l’atmosfera, 3 per la cucina – 5 anche al nostro inglese -, spesa sui 25 euro a testa).

Andiamo a letto con la bocca cipollosa e la pancia in subbuglio. Martedì 19 dicembre E’ il giorno di Milos Forman, il regista di Amadeus, un film, anzi, il film che ha segnato con un impronta indelebile nella memoria l’immagine di Mozart genio e sregolatezza.

E’ il giorno di Forman, regista ceco ed ebreo, come Kafka, che ha ambientato nella zona di Piazza di Malta diverse scene del film. Quindi scendiamo dal lato destro, verso il fiume, di Mala strana, passiamo davanti l’ambasciata americana: la strada è bloccata, auto blu passano silenziose con i vetri oscurati e la scorta. Ci caliamo nell’atmosfera misteriosa della Chiesa di Nostra signora della Catena, voluta dai cavalieri di Malta. L’ingresso conserva forme gotiche di limpida bellezza, in una delle torri un grazioso negozio antiquario. L’interno invece, è barocco. La ricchezza delle decorazioni, ancora una volta, è stata pietra angolare della controriforma post-tridentina, scelta dai gesuiti per imprimere, forse, nella testa dei credenti che cattolico è bello. Di fronte alla chiesa una piccola galleria d’arte che ha prezzi onesti e vedute di Praga non sempre banali. Sfioriamo le facciate dell’ambasciate: bella quella giapponese. In piazza Velkoprevore ci fermiamo. C’è un sole tiepido, nonostante la stagione, che passa tra i rami degli alberi e illumina un muro carico di graffiti. Poi gli occhiali di Jhon Lenonn. E’ una piccola piazza, carica di emozione perché nell’anniversario della sua morte, anno dopo anno, tanta gente ha scelto questo posto per cantare e pensare in libertà. E fino all’89, con il comunismo imperante, non è stato facile. Continuiamo a camminare piano. Passiamo dal ponte Most Legii, scendiamo nell’isoletta, si fa rotta verso piazza Betlemme. Piccole chiese, negozietti, facciate curate. Pranziamo al Klub Architektu (www.Klubarchitektu.Com, info@klubarchitektu.Com). E’ sistemato nelle fondamenta (cripta?) della chiesa di Betlemme. Le volte sono molto, molto basse, le luci soft, l’arredamento semplice, cibo e birra ottimi. Eccellente l’atmosfera, decisamente mitteleuropea (9,5). Si risale verso il centro, passeggiamo nel Klementinum, in via Karlova, quindi, quasi in fondo al nostro viaggio, ci fermiamo a soppesare storia e arte degli edifici in piazza della città vecchia: il meccanismo perfetto dell’orologio astronomico con le figure, entriamo nel vecchio municipio, ne ammiriamo le volte affrescate, saliamo sulla torre (ricostruita), in ascensore. Dalla cima bruciamo una decina di foto e ammiriamo, questa volta dal centro del suo cuore, la città.

C’è ancora qualche pagina da sfogliare nella storia bella di Praga: per l’ora del the, siamo nella Casa Municipale, beautiful Liberty, caffè americano. Quindi in piazza Venceslao dove mangiamo frollini rotondi, al burro e zucchero, arrostiti al momento in piccoli bracieri. Ci fermiamo in un supermercato li vicino per acquistare birra e vino rosso (lieta sorpresa, davvero non male). Nel frattempo ci eravamo lasciati convincere a vivere fino in fondo questa atmosfera, posticcia, a volte stucchevole, da capitale della musica acquistando, relativamente a caro prezzo (700 corone a testa), due biglietti per il concerto serale alla Collegium Marianum Concert Hall. Il programma, dall’allegro titolo Adeste Fidelis, è ammiccante ed evidentemente commerciale: da Mozart a Mascagni, da Bach a Vivaldi con incursioni in Handel, Dvorack etc. Il concerto dura un’oretta e mezzo. La qualità veramente modesta e si capisce subito quando esce fuori un organo nano portatile di legno. Comunque è divertente l’immagine di questi artigiani della musica che fanno il solito programma due volte al giorno e ricevono applausi ignoranti e goduti con il metodico ritmo con cui il lavorante nei campi riceveva l’obolo. La cosa migliore è la volta della settecentesca Libreria (ormai ex) Barocca che ospita lo spettacolo. Siamo stanchi si torna a casa con le braccia pesanti di spesa come una coppietta al sabato dopo la gita all’ipermercato. L’idea è farsi una doccia, cambiarsi e poi andare a cena in qualche posto un po’ bellino. Il fatto è che toccato il letto si finisce addormentati in un amen. Quando usciamo sono le 10 passate. Nei dintorni è tutto in chiusura, così si finisce al Pivnice U Cerneho, un pub proprio dietro via Uvoz, con bellissimi tavoloni, una stufa in ceramica antica, zozzo il giusto, con solo gente del posto. La birra è buona, una wais molto leggera, costa due lire. Chiediamo da mangiare, ma la cucina è chiusa. Il posto è pittoresco. Vale veramente una visita (8,5). Mercoledì 20 dicembre Prepariamo le valigie e decidiamo di chiudere la settimana più o meno come s’era iniziata: camminando. Si da’ un’occhiata a quel che mancava di Mala Strana (certi angoli nella zona sul lato sinistro del fiume), dopo il ponte Manesuv arriviamo a Stare Mesto e facciamo colazione al caffè Kafka (sono le nove) con cappuccino modesto e una torta alla panna molto buona. L’ambiente è proprio gradevole. Poi si scende nel cuore della città e si da l’assalto alle bancarelle dove ci dilunghiamo nell’acquisto di bucciottini in una specie di mercato. A mezzogiorno e mezzo siamo a U Kocoura, ristorante in via Nerudova 2 (subito all’inizio, a destra): è meglio fuori che dentro. Ci sediamo ed ordiniamo stinco arrosto e birra. Aspettiamo mezz’ora ma alla fine la pazienza è ripagata: lo stinco è abbondante, un po’ grasso, croccante fuori, tenero dentro. Le salsine sono un di più. Le 333 corone finali meritate. L’ultima salita in via Uvoz un po’ faticosa… Mentre la mamma di Alex ci accompagna all’aeroporto con la sua Skoda Felicia d’annata (10 euro), passiamo davanti ad un santuario e ci spiega che è quello dove si trova il famoso Gesù Bambino di Praga. Non ce la faremo a vederlo. Peccato. La partenza è per le 16, noi siamo all’aeroporto alle 14.30. L’aereo però non arriva e decolliamo solo dopo le 18. Nell’attesa, riflettiamo sul viaggio.

Praga ci è piaciuta molto. Indubbiamente. Certo, però, che eravamo arrivati con l’idea di trovare una ex città comunista, un posto un po’ trasandato dagli schiaffi subiti nel tempo, dalla recente lunga povertà. Pensavamo di trovare atmosfere da capitale stanca, affaticata dal risveglio. Invece la città è tenuta benissimo. Auto nuovissime, donne eleganti, boutique alla moda, palazzi restaurati in modo ineccepibile trasmettono l’immagine di una capitale ricca, moderna, europea, con il cuore nel passato ma la testa nel futuro. Una città che si è spazzolata via il vecchiume staliniano ed è diventata vetrina pronta per farsi ammirare dai turisti di tutto il mondo. Si sente la componente tedesca della regione nella ragione: è tutto efficiente. Questo limpido quadretto è talmente coerente, perfetto da sembrare un po’ affettato, a volte di plastica, finto, come, del resto, molti altri grandi centri europei. Quando usciamo da Malpensa troviamo un pullman al volo per Novara. In città invece, dobbiamo farci l’ultimo chilometro a piedi. Tanto per camminare… Libri: Kundera: il libro del libro e dell’oblio; le identità.

Guide: Routard 2005; Informazioni www.Praga-info.Cz Si possono trovare soluzioni per il pernottamento anche on line.



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