Per l’aura sanza tempo tinta

Ciao, «ragazzi». Mi chiamo Omero e sono un tipo un pò particolare di turista: lo confesso, adoro la moto e il mototurismo in modo esagerato. È un modo come un altro per viaggiare e vedere il mondo. Ecco, vorrei proporvi questo itinerario che ho seguito nel midi francese. Spero che possa servire a qualcuno! Ciao da Anna & Omero «…Per...
Scritto da: Omero Calvi
per l'aura sanza tempo tinta
Partenza il: 28/05/2000
Ritorno il: 03/06/2000
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Ciao, «ragazzi». Mi chiamo Omero e sono un tipo un pò particolare di turista: lo confesso, adoro la moto e il mototurismo in modo esagerato.

È un modo come un altro per viaggiare e vedere il mondo. Ecco, vorrei proporvi questo itinerario che ho seguito nel midi francese. Spero che possa servire a qualcuno! Ciao da Anna & Omero «…Per l’aura sanza tempo tinta» E finalmente arrivò il momento di fare le valigie. Per un anno intero progettammo di farci una settimana a spasso in moto, alla larga da tutto e da tutti i problemi quotidiani! Subito s’imposero due quesiti: a) dove andiamo? b) ce la farà la moto nuova? Alla prima domanda c’è una sola risposta: sfogliare una rivista di Mototurismo, ovviamente! Alla seconda… beh, incrociamo le dita! L’area prescelta quale obiettivo è quella della regione francese del Tarn. Ma è tempo di accendere la moto e partire.

1a tappa Milano – Avignon Purtroppo il fatto di avere una sola settimana disponibile, c’impone di avvicinarci il più possibile alla zona prescelta via autostrada. Risultato: 603 km. Di niente di particolare, di noiosa autostrada e di vo-glia di arrivare presto per cominciare la parte più bella e, speriamo intensa, della nostra settimana anti-stress.

2a tappa Avignon – Le Clayar (km. 214 [817 dalla partenza]) Il mattino partiamo direzione nord. Lo so, non è la direzione più direttaper arrivare al Tarn, ma quando sei in giro e ti capita di vedere un depliant, una foto particolare di qualcosa lì vicino, è normale che ti prenda la voglia di andarlo a vedere. È esattamente quello che c’è successo: vista la foto del ponte romano di Pont du Garde, ci siamo diretti lì. È bello vedere che al mondo c’è ancora qualcuno che tiene in conto le proprie vestigia, anche se lasciate da un occupante straniero! Sulla strada abbiamo incrociato il cartello per Remoulins che parlava del centro storico del XV° secolo.

Deviazione s’impose e mal ce ne incolse! È vero, il centro storico del paese è rimasto tale e quale come doveva apparire al viandante di quei tempi, ma la ristrutturazione in corso lo stà “falsificando” con un’aria da rifatto come le rughe (inesistenti!) di Syusy! Bello in ogni caso il panorama sulla valle del Rodano, un susseguirsi di vigneti e frutteti che hanno fatto la storia e la fortuna di queste contrade. Riprendiamo la D 981 e raggiungiamo il ponte sul Garde, qui almeno l’aria di mistificazione cessa di fronte ai resti imponenti del ponte, costruito dai romani tra la fine del precedente millennio e gli inizi di quello testé trascorso, fu da loro stessi conside-rato la migliore testimonianza della potenza e grandezza raggiunti dal loro impero: con i suoi 49 metri di blocchi su tre arcate, trasportati in loco con un ingegnoso sistema di pulegge ed una vera e propria falange di schiavi, per circa 500 anni esso trasportò l’acqua dalle fonti di Uzés fino a Nîmes con un per-corso di 50 km. Visto che ormai il percorso originale era stato “sballato”, abbiamo seguito anche noi l’acquedotto ed abbiamo puntato su Uzés, dove abbiamo potuto ammirare la deliziosa piazza del mer-cato e le torri medievali tra cui da non perdere è la Tour Fenestrelle del XII° secolo. Ma il tempo strin-ge e decidiamo di puntare per una sosta meno culturale, ma molto più “appetibile” ad Alés, dove in-contriamo un gruppo di Motard francesi intenti nel “tornire” baguettes piuttosto che curve! Rifocillati-ci, eccoci pronti per dirigere le ruote in direzione St. Hipolyte – Ganges – Le Vigan su una strada tutta curve e panorami incantevoli sull’Hérault, con i suoi declivi e le sue belle rocche appollaiate qua e là. Da Le Vigan, seguendo le indicazioni per Alzon Sbagliamo strada, ed invece che a La Couvertoirade, finiamo a Le Caylar. Il paese è dominato dai resti del castello che ci attraggono in modo irresistibile e, complice l’ora, decidiamo di passare la notte presso la Chambre d’Hôtes Le Barry du grand Chemin. Mentre attendiamo l’ora di cena (ignari di quello che sarebbe successo!), decidiamo di fare due passi fino ai ruderi che ci stanno sopra la testa, convinti di “cavarcela” in poco tempo e con un paio di foto. Poveri illusi che siamo! La visita al borgo antico, con gli itinerari perfettamente segnalati, e la salita ai resti della cittadella fortificata ci prende un paio d’ore ed un intero rullino di foto! Qui più che altrove, abbiamo l’impressione che il tempo si sia fermato qualche secolo fa. Tutto è fermo in una sua persona-lissima dimensione che dapprima sconcerta un po’, poi attrae irresistibilmente a proseguire la visita sperando che svoltato un angolo ci si imbatta in una piazza del mercato di 5 o 600 anni fa’, ancora ani-mata di personaggi in costume e di traffici operosi, senza peraltro l’assillo dell’orologio o del telefoni-no! Bei tempi, se ci pensate un attimo! Rientrati un po’ ammutoliti ed un po’ estasiati in camera, ci prepariamo per la cena, che ci ha proposto una decisamente sublime interpretazione dei piatti e dei vini locali. Meno male che il letto era vicino!

3a tappa Le Caylar – Ambialet (km. 184 [1001 dalla partenza]) Nel tardo mattino (complice la cena e il meraviglioso vino!!), riprendiamo a macinare chilometri e diri-giamo (finalmente) verso la regione del Tarn vera meta del nostro viaggio. La prima, doverosa tappa è però La Couvertoirade, una splendidamente conservata bastide del XIII° secolo. Questo almeno, stan-do alle guide turistiche. Infatti a quell’ora i parcheggi, che peraltro consentono una visita appiedata e perciò più caratteristica, rigorosamente a pagamento erano ancora chiusi e perciò è giocoforza scattare qualche foto da lontano e ripartire. Peccato, sarà per la prossima volta! Da La Couvertoirade puntiamo decisamente verso le Gorges de la Dourbie. Queste, contrariamente a quelle ben più celebri e celebrate del Verdon o quelle de l’Ardeche selvagge e brulle, sono più dolci e verdeggianti anche se impressio-nanti per la loro vertiginosa altezza. La strada è tutta un saliscendi di curve ad ampio raggio, fatte appo-sta per andare in moto rilassati e godersi il panorama circostante. Passiamo le cittadine di Millau, St. Affrique, Alban e puntiamo verso Albi, capitale della regione del Tarn, fino alla deviazione per Ambia-let. Da alcune foto del sevizio pubblicato da Mototurismo decidiamo di passare a dare un’occhiata e giuntivi… restiamo senza fiato per la bellezza del posto e decidiamo di fare base qui per esplorare la regione. Mollati i bagagli all’Hotel du Pont, riprendiamo la strada e facciamo i 21 km che ci separano da Albi. Albi è una splendida città che ha saputo mantenere ed integrare la sua struttura antica con le esigenze moderne, al punto che ogni angolo diventa uno scorcio interessante. La cattedrale di S. Cecilia è indescrivibile a parole. Gli appassionati di architettura troveranno forse il modo di descriverla io non ci riuscirei proprio, certo è che anche un incompetente in materia come me è rimasto stupito ed ammi-rato dalla sua maestosa bellezza! Edificata a cavallo tra il 1282 ed il 1390 essa ricorda più che una chiesa, una fortezza medievale, con i suoi cammini di ronda e le sue torri cilindriche. La facciata è im-preziosita dalle decorazioni scultoree e dalla torre campanaria alta ben 78 metri! Di fianco alla catte-drale, c’è il palazzo de la Berbie, eretto nei secoli XIII-XIV ed oggi sede del museo d’arte dedicato a Toulouse-Lautrec (che proprio ad Albi nacque nel 1864). Per una manciata di franchi potete visitarlo con comodo. Il gentilissimo portiere si è offerto di tenerci i caschi…Assolutamente gratis. Cose da…Francia! Che testimoniano come il rispetto dell’ospitalità nei confronti del turista dia sempre buo-na impressione e buoni frutti su chi ne gode, e non siano solo parole sparse a casaccio su una qualsiasi guida turistica, patinata ma poco veritiera. Poco più avanti ci sono da vedere i due spettacolari ponti sul Tarn: il ponte vecchio e quello nuovo, da cui si gode una splendida vista d’insieme della città stessa. Ormai è sera e con negli occhi il colore che prendono i mattoni rossi nella luce del tramonto torniamo verso Ambialet dove ci attende una tonifi-cante doccia. Ma la vera sorpresa viene durante la cena. Se prima era solo un’impressione quasi di di-sagio perché inconsueta, mentre mangiavamo sulla terrazza dell’Hotel ci siamo accorti che il silenzio era totale, rotto solo dal rumore dell’acqua del Tarn e dal cinguettio degli uccelli! Meraviglioso! Con una sensazione di pace nel cuore siamo andati a dormire stanchi ma contenti! 4a tappa Ambialet – Ambialet (km. 232 [1233 dalla partenza]) Il mattino dopo ci risvegliano un raggio di sole, lo stormire delle foglie e gli uccelletti. Niente era cam-biato dalla sera prima! Ripartiamo da Ambialet in direzione Albi nuovamente ma, senza fermarci pro-seguiamo per L’isle-sur-Tarn, un villaggio fortificato dove è bello perdersi tra i vicoli, che si dipartono a raggiera dalla splendida piazza centrale, a curiosare e a fantasticare su come doveva essere la vita ai primi del 1400. Da vedere senza dubbio è anche la splendida parrocchiale, con il caratteristico, altissi-mo, imponente campanile dalla curiosa pianta ottagonale e l’ardito ponte che attraversa il Tarn. Da qui dirigiamo poi in direzione Gaillac. Gaillac è una pacifica, tranquilla cittadina tutta dedita al vi-no, che da queste parti è principe incontrastato della quotidianità. Ne sono testimonianza le numerose cantine, il profumo che aleggia nell’aria e persino le aiuole. Quella all’ingresso della città ha una serie di filari ed una composizione di fiori disposti a foglia d’uva! Bella la parrocchiale, con l’interno sem-plice e intimo. Da qui puntiamo di nuovo a sud, direzione Graulhet – Lautrec. Lautrec è un altro esem-pio di cittadina medievale splendidamente conservata. Ci si arriva da una strada panoramica splendi-damente fatta di saliscendi e curve dolci, da assaporare insieme ai profumi di erba tagliata di fresco e di boschi in fiore. Da quanto tempo non ne godevo così, a pieni polmoni. Ad un certo punto appare Lau-trec tappa per una foto e poi giù per la discesa che porta verso il paese. Parcheggiata la moto, girova-ghiamo per il paesino già sede vescovile e costruito dai templari, che da queste parti tante, splendide tracce del loro passaggio hanno lasciato. Ed è esattamente così che le ritroviamo noi. Ripartiamo per Castres dove ci fermiamo per dare riposo alla moto, a noi, e allo stomaco, i cui borbot-tii facevano a gara con gli scoppi dei cilindri. Castres è un’importante cittadina del Midì, con le sue in-dustrie tessili. È attraversata dal fiume Agout sul quale si affacciano le case colorate in simpaticissimi colori pastello che riflettendosi nelle acque del fiume, formano un piacevole scenario ai nostri mostruo-si piatti di insalata! Ci sgranchiamo le gambe passeggiando un po’, ma poi la nostalgia per le colline e i prati si fa sentire, è ora di andare. Puntiamo a nord, con l’intenzione di raggiungere il lago di Razisse (vicino a Teillet), ma attenzione, la segnaletica da queste parti non è proprio efficacissima, per cui è fa-cile fare un oretta di curve e saliscendi nei boschi senza incontrare anima viva e dove è bello girare na-so all’aria a sentire profumi che per noi “cittadini” rischiano di diventare solo memoria. Comunque, sia come si vuole siamo arrivati al lago di Razisse. Questo lago artificiale ha nel suo bacino il castello di Grandval, tra i cui castellani vi furono i genitori di Toulouse-Lautrec, che lo immortalò in molti suoi dipinti, visibili al museo di Albi. Il castello appare in questo stato non per l’incuria dell’uomo o per ef-fetto della creazione del lago, ma per la furia delle truppe tedesche in ritirata durante la II° guerra mon-diale, nel 1944. Durante l’estate il livello del lago si abbassa e riemerge la strada per poterlo visitare.

Ma è ora di tornare a “casa” e quindi dirigiamo nuovamente in direzione Ambialet, dove ci attendono una tonificante doccia ed una succulenta cena. È l’ultima sera che passiamo qui poi inizieremo il viag-gio di ritorno. Ci sediamo sul balconcino del bungalow a goderci lo spettacolo del tramonto sul corso del Tarn, riflettendo di come, da queste parti, la cura dell’uomo per il proprio passato e le proprie tradi-zioni abbia creato un ambiente unico che riporta alla mente i versi danteschi “…Per l’aura sanza tempo tinta” volendo così indicare come veramente si possa respirare, anche in cittadine di una certa dimen-sione, un’aria dove il tempo si è fermato. 5a tappa Ambialet – Montelìmar (km. 359 [1592 dalla partenza]) Il mattino seguente una sgradita sorpresa ci attende. Un forte vento ci impedisce di andare a visitare una zona che, sulla carta, prometteva di essere particolarmente interessante: quella della Sidobre, dove enormi blocchi di granito delle più svariate forme sono sparse in mezzo ai boschi. Peccato, ma il ri-schio sarebbe stato quello di tenere poi una media troppo bassa ed i chilometri da fare erano parecchi. Il tempo della nostra mini-vacanza è veramente al termine e non potevamo fare altro che tirare dritto. Si punta dunque a nord-ovest in direzione Millau, Severac-le-chateau, entrando nella regione dell’Aubrac. Questa regione del Massif Central, vera colonna portante della Francia centro-meridionale, è caratteriz-zata dai numerosi insediamenti a carattere stagionale (sci, alpinismo, escursionismo, parapendio…). I panorami sono tipicamente di montagna, ma essendo i primi contrafforti lo sguardo spazia in direzione sud su un mare di dolci declivi caratterizzati da tutte le tonalità del verde da quello più chiaro e bril-lante dei prati, a quello più intenso e cupo dei boschi. A ciò si aggiunga l’intera gamma dei colori dei fiori selvatici ed il quadro è completo. È ora facile immaginare il perché certi paesaggi fissati sulla tela da tanti pittori del 5-700 siano così belli! E non provateci neppure a tentare di fissare questo spettacola-re paesaggio con una fotografia. Tempo e pellicola sprecati! Certi paesaggi bisogna solo viverli per gu-starne l’animo più nascosto e “verace”. La N 88, che stiamo percorrendo si arrampica sempre più in mezzo ai monti pure restando splendida-mente guidabile e larga ed eccoci a viaggiare costantemente tra i 1500 ed i 1800 metri s.L.M. Purtroppo il vento non ci dà tregua e guidare in queste condizioni è affaticante oltre che pericoloso. Superata Mende puntiamo verso Langogne, che sarà la nostra tappa di mezzogiorno, abbandonando la N 88 e proseguendo sulla statale parallela, scoprendo che è più riparata dal vento ed è una vera bellezza dal punto di vista motociclistico, al punto che ingaggiamo un bel “duello” con un terzetto di motociclisti svizzeri. Alla fine ci ritroviamo tutti nello stesso pub a mangiare. Cose che capitano a noi “dueruotari”! Già che ci siamo al temine del pasto tiriamo avanti sulla statale, entrando così in Ardeche, una delle più belle e “selvagge” regioni del Midì francese. Questa valle, scavata dal fiume omonimo, è verdissima, incontaminata, tranquilla ed ospitale. Non sono esagerazioni gratuite, chiedete a chi c’è stato e ve lo confermerà! Raggiungiamo Montelìmar, dove cerchiamo rifugio per la notte. Trovatolo, ci buttiamo sotto la doccia e poi sul letto. Guidare col vento che ti sposta la moto è veramente spossante! La sera facciamo un giro per il centro storico di Montelìmar, e scopriamo che è… la “Cremona” di Francia, in quanto è la capitale francese del torrone! Il mattino seguente un prolungamento della colazione si im-pone. Ma andiamo con ordine.

6a tappa Montelìmar – Gaggiano (km.540 [2132 dalla partenza]) La nostra “vacanzina” di metà anno è quasi finita, una bella tirata e saremo a casa dove ci aspettano… meglio non pensarci, concentriamoci sul viaggio di oggi che prevede un bel po’ di Km. Lasciamo l’Ardeche dirigendoci verso nord, in direzione Loriol/Privas dove, abbandonata la N 7 e la valle del Rodano, imbocchiamo la D 93 che ci porterà, attraverso paesaggi stupendi di vigneti a perdita d’occhio, lungo il corso del Buëch verso Gap e la Provence et hautes Alpes. Gap costituisce la nostra ultima tap-pa…”alimentare” in terra di Francia, ma il menu non cambia: baguettes avec jambon ou fromages de chévre. Da Gap la N 94 ci porta a Briançon e da qui ai 1850 mt. Del Monginevro. La nostalgia per la nostra appena trascorsa settimana “errabonda” per la Francia meridionale comincia a farsi sentire. Ma tant’è! Briançon e la Francia ci salutano con… un acquazzone sul colle del Mongi-nevro. Acquazzone che dura quei 3 minuti che impieghiamo a parcheggiare, infilare le tute anti-pioggia e …Basta, è già finito! Il resto della strada è solo triste avvicinamento alle periferie industriali che, tutte grigie ed uguali una all’altra, ci riportano insistentemente alla realtà. Quella realtà che per 6 fantastici giorni avevamo volutamente dimenticato, con la complicità di una terra splendida, un’ospitalità veramente umana e so-prattutto di gente tranquilla, cordiale, umana come non ricordavamo da tempo. A tutto ciò si aggiunga una componente, prosaica forse ma importante come quella di un dispendio economico veramente ri-dotto ed avrete un quadro sufficientemente chiaro dei sentimenti che mi si agitavano sotto il casco! A presto Francia del Midì, ci vediamo l’anno prossimo!



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