Norvegia… Che passione
Tutto deciso…si parte per la Norvegia. Abbiamo 17 giorni a disposizione e decidiamo di non arrivare fino a Capo Nord ma il punto più distante da visitare sono le isole Lofoten. Potrebbe essere una buona scusa per tornare in Norvegia così da completare il viaggio…in realtà torneremo convinti che non ci vogliono scuse per tornare in...
Ascolta i podcast
Tutto deciso…si parte per la Norvegia. Abbiamo 17 giorni a disposizione e decidiamo di non arrivare fino a Capo Nord ma il punto più distante da visitare sono le isole Lofoten. Potrebbe essere una buona scusa per tornare in Norvegia così da completare il viaggio…in realtà torneremo convinti che non ci vogliono scuse per tornare in Norvegia…basta esserci stati una volta. Si parte domenica mattina 11 agosto molto presto, in 5…con un monovolume. Carichi di bagagli e vivande. Ci siamo organizzati perché ci hanno detto che la Norvegia non è molto nota per le sue delizie culinarie…vedremo…noi ci siamo premuniti. Dopo circa 2 giorni di viaggio passiamo il confine tra Svezia e Norvegia. Proprio attraversando un pezzo di Svezia è successa una cosa curiosa da ricordare. Il più lungo temporale che abbia mai visto. Per circa 200 Km siamo stati immersi nel temporale che da noi normalmente dura con tale intensità per 10 minuti al massimo. Abbiamo viaggiato ad una velocità media dei 40 – 50 Km orari per via dell’enorme quantità d’acqua che si stava riversando sulla strada. Sembrava di essere su un aliscafo e la visibilità quasi nulla. Un fenomeno veramente indescrivibile e non sicuramente piacevole, lampi e tuoni in continuazione. Dopo il lungo temporale e ormai a sera inoltrata non riuscivamo a trovare un posto dove dormire. Dopo le 21 è difficile trovare qualche locale aperto o peggio qualcuno per strada a cui chiedere informazioni. Fortunatamente troviamo un hotel molto carino con una signora gentile che ci ospita. Siamo a Stenungsund vicino a Goteborg. La mattina si riparte e poco prima di pranzo si varca il confine norvegese. Entrando in Norvegia il primo segnale di un modo di vivere diverso dal nostro… La super strada che ci consentirà di attraversare l’intero paese è una statale. La E6 che ci farà compagnia per l’intero viaggio. I cartelli più frequenti sono quelli di attraversamento animali selvatici. Il secondo particolare sono i limiti di velocità ma soprattutto il fatto che tutti li rispettano, particolare non troppo scontato dalle nostre parti. Spesso si trovano lungo la strada le videocamere che fortunatamente sono segnalate poco prima da un cartello. Quindi è facile vedere le macchine (specialmente degli stranieri) che subito dopo il cartello rallentano improvvisamente. La prima città visitata è Fredrikstad. Una cittadina chiusa tra le mura antiche e le strade di ciottolato. La sosta è stata molto gradita data la quantità di Km fatta fin’ora. Dopo una passeggiata nel paese riprendiamo la strada per Oslo. Arrivati a qualche Km da Oslo c’è il casello per il pedaggio da pagare. L’uso del casello è molto diffuso in Norvegia. Si trova all’ingresso delle città più importanti o prima di ogni ponte, o galleria un po’ più grandi del solito. Sono automatici, si lanciano le monetine in una specie di conca e si alza la sbarra. E’ anche vero che la costa norvegese è molto frastagliata e la costruzione di ponti anche molto lunghi si è resa obbligatoria per potersi muovere più agevolmente. A Oslo fa molto caldo, la macchina segna una temperatura esterna di 30°. Dopo aver pagato il parcheggio (ormai usanza di tutto il mondo credo…) ci avviamo per la città. Oslo è una vera e propria città con tanto di traffico e palazzi molto alti, però si distingue dalle altre per l’atmosfera. Sarà la gente o il fatto che non si sentono clacson nevrotici che suonano ai semafori. Una città che scorre tranquilla insomma. Il palazzo reale molto grande ma allo stesso tempo secondo me molto semplice, si trova su una specie di cucuzzolo e sul retro un giardino con grandi alberi che con la calura fanno veramente piacere. Poi la zona del porto, guardando verso il mare si possono scorgere tante isolette sparse e qualche veliero “parcheggiato” al molo chissà da quanto, probabilmente utile solo come attrattiva per i turisti. Una giornata stupenda e devo dire che a parte il temporale iniziale, tutte le giornate a seguire sono state sempre con sole anche se non sempre particolarmente calde. Da Oslo si riparte e decidiamo di fermarci a Lillehammer per vedere il famoso trampolino olimpico. Raggiunto il trampolino, che si vede già da distante avvicinandosi alla città, si gode di una vista davvero spettacolare. Ai piedi della montagna la cittadina, in lontananza colline un po’ più alte del solito e un grosso lago che la luce del tramonto rende ancora più bello e di un colore rossiccio. Ci sono due trampolini: quello olimpico che data la stagione era inutilizzato e a fianco uno con erba sintetica su cui si stavano allenando due ragazzi. Non potevamo perderci il salto, così ci siamo fermati e in realtà ne abbiamo visto più di uno. Era impressionante vederli scendere velocissimi e staccarsi per il salto nel vuoto. Vista l’ora abbiamo approfittato di un parco nelle vicinanze per cenare e ci siamo dedicati alla ricerca di un posto per dormire. Abbiamo trovato un posto carino a Tretten, un paesino di montagna. Certo non ci si poteva lamentare per il rumore, non c’era nessuno se non qualche ospite dell’albergo. Prima di salire in camera abbiamo fatto un giretto in un negozietto di prodotti artigianali in legno e qualche chiacchiera seduti su alcune poltroncine del giardino dell’albergo. Dopo una buona colazione siamo pronti per ripartire…destinazione Trondheim. Cittadina carina. Facciamo un giro per il centro, c’è tanta gente in giro e dopo tanti chilometri di macchina ci vuole un bel giro a piedi. Si riparte e questa volta la destinazione è Bodo – circolo polare artico. Questo lungo tratto di macchina ci permette di vedere panorami veramente stupendi e diversi. Dalle campagne coltivate quasi esclusivamente a grano, a panorami che ricordano molto l’Alaska con laghi e pinete a vista d’occhio e man mano che ci avviciniamo al circolo polare artico la vegetazione sempre più rada, il paesaggio brullo e per molti km non abbiamo più trovato paesi o cittadine. Ceniamo in un posto dove non c’era nulla solo un freddo umido impressionante. Alberi e acqua; sulla statale passa una macchina ogni tanto, lenta, diretta chissà dove vista la desolazione del posto. E’ la prima volta che usiamo seriamente la giacca a vento e forse non è sufficiente perché sento il freddo entrarmi dai polsini e da qualsiasi fessura che la giacca non copre. Mangiamo velocemente e ripartiamo alla ricerca di un paese in cui trovare posto per dormire. Ci fermiamo a Mosjoen, in realtà il primo e l’unico che abbiamo trovato. Il troppo freddo non ci fa pensare neanche lontanamente di uscire la sera… Colazione e si riparte…siamo molto vicini al circolo polare artico. Qui il panorama è lunare. Vegetazione rada, solo qualche alberello piccolo e spoglio. Anche questo posto ha il suo fascino, forse perché non siamo abituati a viaggiare per così tanti chilometri senza incontrare paesi o persone. E’ importante non rimanere senza benzina, altrimenti sono GROSSI guai!! Dopo qualche chilometro arriviamo alla famosa linea con la targa 66 gradi 33 primi di latitudine Nord che tante volte abbiamo visto sul mappamondo. Anche qui tanto freddo, l’aria gelida e un panorama non sicuramente ospitale. Da lontano si vedono grandi montagne innevate o meglio ghiacciate. Sosta obbligata nonostante il freddo. C’è una grossa costruzione circolare dove trovare cartoline, souvenirs e tutte le informazioni riguardanti il posto singolare. E’ anche un buon rifugio per godersi qualche attimo di calore. La linea d’inizio del circolo polare è delimitata da piccoli “obelischi”. Non saprei descriverli diversamente. Abbastanza distanti l’uno dall’altro con un po’ di immaginazione permettono di vedere la famosa linea. E’ bello pensare che a questa altezza sarebbe molto più breve fare il giro del globo. Riprendiamo la strada per Bodo e finalmente arriviamo. Qualche ora a Bodo per salutare la mia amica russa che dopo anni di corrispondenza in inglese riesco a conoscere di persona. Andiamo a pranzo con lei. Un momento sicuramente piacevole rovinato leggermente dal conto di fine pasto…2 pizze piccole e 2 coca-cola…45 euro…Più o meno questi sono i prezzi per quanto riguarda i ristoranti. A parte questo piccolo aneddoto facciamo un giro per la città… Le immaginavo proprio così le città, case basse le tipiche costruzioni nordiche; molte finestre e nessun balcone. Anche con il sole la visione del freddo. Un sole limpido ma non brillante. La gente del posto gira in maglietta, io non credo di aver mai tolto la maglia. Da Bodo la meta sono le isole Lofoten. Dopo pranzo si parte… La traghettazione è stata piuttosto impegnativa. Il traghetto ondeggiava parecchio e dall’oblo si vedeva una volta il mare e una volta il cielo, purtroppo mai contemporaneamente. La durata del viaggio era di 3 ore e mezza, la traversata più lunga di tutto il viaggio che coincide anche con la più movimentata. Dopo mezz’ora gli ondeggiamenti sono veramente insopportabili, mi siedo su un divanetto a fianco al bar, mi sembra che rimanendo ferma nella stessa posizione la barca si muova di meno ma è solo un’illusione e mi alzo solo quando, con l’avvicinarsi della terra ferma, il mare diventa un pò più calmo. L’avvicinarsi alla terra ferma oltre ad essere un sollievo ci ha permesso di vedere uno dei luoghi più belli che abbia mai visto. Dal mare salgono alte montagne e sulle rive, dove la salita è meno scoscesa, si vedono piccoli paesini di case rosse che sembrano presi dalle favole. Sono paesi di pescatori e davanti alle case ci sono piccole imbarcazioni usate per la pesca. Anche le barche sembrano diverse dal solito. Sono perfettamente ambientate nel luogo. Arriviamo a Reine, forse il paese più bello di tutte le Lofoten, benché sia difficile stabilire fra tanti posti bellissimi quale sia il più bello. Scesi dal traghetto abbiamo visto A (nome insolito per un paese) che si trova sulla punta estrema delle isole. Qui termina infatti la strada. Visto che si stava avvicinando l’ora di cena abbiamo deciso di cercare un posto dove fermarci e dove ci fosse ancora un po’ di sole. L’abbiamo trovato ma ben presto è sparito dietro la montagna lasciando un freddo molto intenso che ci ha fatto velocizzare di molto la preparazione e la consumazione della cena. Come ogni sera ci siamo dedicati alla ricerca di un posto per dormire. Ci siamo fermati a Romberg. Abbiamo trovato una casetta rossa, come tutte le altre nei dintorni, posizionata in mezzo al mare su una striscia di cemento simile ad un piccolo molo. E’ una casa di pescatori. Il piano terra è usato come deposito per le reti e gli attrezzi da pesca; entrando, appeso al muro, c’è un pesce che sembra imbalsamato con la bocca spalancata e mostra i suoi dentini poco simpatici. Il piano superiore invece è molto carino. Una cucina che fa anche da soggiorno e due camerette. Tutto rivestito in legno, molto caldo e accogliente. Quella sera non sembrava proprio di essere nel mese di agosto. Siamo usciti per goderci un po’ dello splendido panorama ma era necessaria la giacca a vento e magari un berrettino per riparaci da quell’arietta non forte ma molto fredda che sembra quella che da noi tira a Natale. Vicino alle pietre del molo c’erano un sacco di meduse colorate. L’acqua era limpidissima, probabilmente troppo profonda altrimenti avremmo potuto vedere il fondo. Verso le 23.30 abbiamo deciso di andare a letto. Anche spegnendo la luce non era buio. Ho guardato dalla finestra e c’era ancora chiaro, il cielo di un colore violetto che terminava sulle luci del paesino che avevamo di fronte. Un piccolo paradiso in cui è facile addormentarsi perché non si sentono rumori e la tranquillità del luogo e della vita fa sembrare tutto più semplice e più bello. Il giorno dopo abbiamo percorso in macchina tutte le isole, fermandoci ogni volta che vedevamo qualcosa di bello. In realtà saremmo dovuti essere sempre fermi visto il numero di posti stupendi. Ci aspettano due traghettazioni: da Fiskebol a Melbu e da Lodingen verso Bognes. Mentre aspettiamo di imbarcarci nella prima conosciamo una coppia di ragazzi italiani. Stanno facendo il giro al contrario rispetto a noi, da sud vanno verso nord, infatti avevano già visto i fiordi e ci dicono che sono veramente stupendi. La giornata è dedicata alla visita delle isole. Percorrendo la strada pensavo che sarebbe stato bello tornare alle Lofoten ma questa volta portare la bici e attraversarle pedalando, gustando così ancora di più la bellezza del posto. Concludo il racconto sulla visita alle Lofoten aggiungendo qualche riga interessante che ho trovato in proposito: – Il poeta norvegese Bjørnstjerne Bjørnson è stato uno dei primi a far conoscere le isole Lofoten come luogo di villeggiatura. Pur avendo viaggiato e visto molte cose, egli riuscì a vedere qualcosa di più nelle Lofoten: “miraggi di montagne galleggianti capovolte davanti e dietro di te, mentre le balene giocano e gli uccelli stridono”. – Verso sera cominciamo la ricerca di un posto dove dormire. Giriamo per un bel po’ nei dintorni di Fauske e finalmente troviamo un campeggio a Rognan. E’ la prima sera che dormiamo in un bungalow. E’ caldo e accogliente. Si trovano in tutti i campeggi. Sono poco costosi, dai 10 ai 15 euro per notte. Sono casettine in legno molto carine; in legno fuori e dentro quindi molto calde. Il giorno seguente percorriamo la strada di ritorno verso Trondheim. La prossima meta sono i famosi fiordi. Un giorno quasi intero di viaggio. Rivediamo i panorami visti all’andata con piacere. A lunghi tratti senza paesi, si alternano piccoli paesini di case rosse di campagna immersi in lunghe distese di grano. Ogni paese ha la sua chiesetta, anch’essa in legno, con a fianco un piccolo cimitero che, come tradizione, è un prato con lapidi di pietra allineate. La sera ci fermiamo a Baverfjord in un campeggio. Affittiamo come sempre un bungalow e data la stanchezza dei tanti chilometri fatti non ci rimane che andare a dormire. Colazione e si parte per la visita ai fiordi… Ci aspettano parecchie traghettazioni: da Halsa a Gjengset, poi da Molde a Vestenes e da Linge a Eisdal. Scendendo lungo una strada piuttosto tortuosa che da Eidsdal porta a Geiranger c’è una specie di balconata da cui si può vedere l’inizio del fiordo (Geiranger fjord) e la prima curva che compie. Un altro incantevole angolo di Norvegia. Abbiamo attraversato il fiordo in traghetto fino a Hellesylt. Sul traghetto, in diverse le lingue fra cui anche quella italiana, veniva raccontato qualche dettaglio o leggenda riguardante il famoso fiordo. Il fiordo è abbastanza stretto. Dalle pareti delle montagne scendono tante cascate che portano l’acqua dei ghiacciai. In un punto passiamo in mezzo a due cascate. Da una parte la “cascata delle sette sorelle” chiamata così perché scende suddivisa in sette scivoli sulla roccia. Prende il nome da una leggenda che vuole che sette sorelle dovevano prendere marito ma c’era un solo contendente che non sapendo scegliere decide di rimanere comunque con loro e di trasformarsi in bottiglia per festeggiare. Infatti, di fronte a questa cascata, ce n’è un’altra che scende a forma di bottiglia. I lati del fiordo sono molto scoscesi e scendono a picco. Si possono ancora scorgere, appollaiate su alcune rocce anche molto in alto, vecchie fattorie. Si racconta che gli adulti legassero i bambini per evitare che giocando cadessero nei ripidi dirupi del fiordo. Viene sicuramente da pensare al perché con tanta terra in Norvegia dovessero costruire le fattorie in luoghi così ostili e soprattutto difficili da raggiungere. Non ci sono vie, oltre il mare, per raggiungere le fattorie. Più avanti un’altra fattoria, questa volta molto vicina alla costa. Quando il traghetto passa, dalla casetta esce un omino (probabilmente è il suo mestiere) e ci saluta. Arriviamo ad Hellesylt…non è possibile raccontare ciò che ho visto, descrivere la bellezza del fiordo. E’ tutto stupendo, ovunque si guardi la natura sembra dipinta. Proseguiamo il nostro viaggio per Olden, alla volta di Briksdalsbreen (il ghiacciaio di Briksdal) che fa parte dell’immenso ghiacciaio JOSTEDAL lungo più di 100 Km. La sera pernottiamo in prossimità di Olden. Un campeggio molto carino in riva ad un lago. Ci sono tutte le casette rosse in fila. Alla reception ci fornisco un po’ di chiavi e ci dicono di scegliere la casetta che preferiamo. Come ogni sera, la stanchezza comincia a farsi sentire e il freddo dopo una certa ora si fa abbastanza intenso, conviene ritirarsi e finchè non arriva il buio, guardare il panorama dalla finestra del nostro bungalow. Scopriamo la bellezza del posto in cui ci siamo fermati solo la mattina seguente quando il sole fa capolino fra le alte montagne che abbiamo di fronte. Un spettacolo. Sulle cime lunghi ghiacciai che ogni tanto sporgono in modo più accentuato con le loro lingue bianche e con l’arrivo del sole le cascate, che fin’ora sembrano poco più di grossi rigoli, diventano sempre più gonfie e formano giochi d’acqua fra le rocce. E’ un altro posto che merita un po’ di tempo e mentre carichiamo la macchina per la partenza non riusciamo a staccare gli occhi da quelle montagne stupende. Si parte alla ricerca della strada che porta al ghiacciaio. Cascate da tutte le parti, percorriamo una strada che costeggia un lago alimentato dall’acqua dei ghiacciai. E’ di colore verde perché l’acqua è limpida e i pini che lo circondano vi si specchiano. Ci inoltriamo nella valle di Briksdal che si fa sempre più stretta. Lasciata la macchina nel parcheggio, si prosegue a piedi in un sentiero non impegnativo ma molto affollato. C’è la possibilità di affittare una specie di piccolo calesse e farsi portare lungo la strada fino al ghiacciaio. Solo i cinesi, molto numerosi anche in Norvegia, sembrano gradire il servizio. Noi andiamo a piedi, un camminata dopo giorni di macchina non può che farci bene. Costeggiamo un grosso torrente. Lungo la strada troviamo i cartelli che segnano i punti in cui, negli anni a dietro, arrivava il ghiacciaio. In poco più di 100 anni si è ritratto di qualche chilometro. Mentre saliamo, incontriamo molto italiani. Più del solito visto che tra camperisti e non, ne abbiamo incontrati tanti. Sono della crociera Costa, la nave è ormeggiata a Olden. Il destino a volte è strano e incontro un mio vicino di casa. Sono anni che non vedevo questa persona e mi sembra incredibile incontrarla a 3000 Km di distanza. Salendo cominciamo a intravedere il ghiacciaio, è spettacolare, una lingua di ghiaccio che scende in un’insenatura. La giornata è stupenda e il sole comincia a scendere lungo il ghiacciaio. L’aria freddissima ci costringe a chiuderci bene nelle giacche a vento. Il ghiaccio si divide in più lingue, è azzurro e ci supera di gran lunga in altezza. Vediamo la foce del grosso torrente che abbiamo costeggiato nella salita, l’acqua è trasparente, gelata. Guardiamo un gruppo di persone che si stanno attrezzando per la risalita. E’ proibito avventurarsi da soli e per andare con la guida naturalmente è necessario aver pagato il biglietto. A malincuore lasciamo questo posto bellissimo e cominciamo la discesa. Decidiamo di scendere per la strada da cui passano i calessi anziché dal sentiero. Al fondo bisogna attraversare un ponte ai piedi di una cascata e il vapore che crea l’acqua, infrangendosi sulle rocce, è talmente intenso che si arriva completamente bagnati dall’altra parte. Sulla cascata intanto si è formato l’arcobaleno. Spettacolare.Riprendiamo la macchina al parcheggio e decidiamo di andare a mangiare vicino al lago. Dopo la camminata una bella pastasciutta è l’ideale. La pasta era praticamente cotta quando, nel parcheggio in cui ci siamo fermati, arrivano 5 o 6 pullman della Costa crociere e quello che poco prima era un luogo tranquillo e solitario si è trasformato in un mercato confusionario. La gente che scende dai pullman si fa strada tra il nostro fornellino, il tavolo e tutta la nostra attrezzatura per la “sopravvivenza”. Vedono nel piatto la pasta e ci riconoscono subito…sono italiani anche loro. Parecchi ci chiedono che giro stimao facendo, stanno andando al ghiacciaio. Finalmente decidono di ripartire e così in pochi minuti torna il silenzio e la calma che momentaneamente era stata interrotta. Dopo pranzo ripartiamo anche noi, salutiamo il ghiacciaio che ormai si intravede molto lontano e quel posto così bello, in mezzo ad alte montagne e acqua che saltella per i dirupi formando bellissime cascate. Si parte per Sognefjord, il secondo grande fiordo da attraversare.Questa volta dobbiamo imbarcarci a Kaupanger e attraversare in battello il fiordo fino a Gudvangen. Quando arriviamo all’imbarco vediamo il battello appena partito. Dobbiamo aspettare il prossimo che arriverà dopo 3 ore. E’ la prima e in realtà anche l’unica volta che aspettiamo così tanto. Il tempo massimo di attesa si è sempre aggirato tra i 10 e 20 minuti. Decidiamo di tornare indietro e visitare Sogndal una cittadina che avevamo appena superato. Sulla strada vediamo la deviazione per vedere una Stavenkirke. Sono chiese costruite interamente in legno. Ce ne sono ormai poche. Sono appoggiate a terra, senza fondamenta alcune. Non possiamo entrare perché è chiusa per lavori. Facciamo un giretto e poi proseguiamo per Sogndal. Entriamo in un supermercato per comprare qualche cosa da mangiare. Non è facile comprare cose decenti. Non esistono proprio. Un cartoccio di salame affettato ci sembra l’unica cosa somigliante ai prodotti italiani. Anche questo si rivelerà un errore perché il salame era di pecora e aveva un gusto davvero orribile. I gelati si salvano, decidiamo di consolarci così. Ritorniamo a Kaupanger e visto che l’ora di cena si avvicina decidiamo di prepararci un po’ di panini che potremo consumare in battello durante la traversata del fiordo. Il fiordo che attraversiamo è lunghissimo. Il sole sta tramontando , il paesaggio è ancora più suggestivo. Man mano che andiamo avanti, il fiordo è sempre più stretto e il freddo più intenso. Sulle montagne che ci circondano non c’è nulla. Man mano che ci avviciniamo a Gudvangen (l’estremo opposto del fiordo) troviamo qualche paesino sulla costa. Sembrano paesini disabitati invece alle finestre si intravedono le luci e dai camini esce un filo di fumo. La voce del narratore ci racconta che lungo questi fiordi viene effettuato il più piccolo servizio postale. Per soli 7 abitanti. Si intravede lungo la costa una strada che passa un po’ più in alto e a volte sparisce nelle gallerie. E’ l’unica via che collega questi paesini a Gudvangen. Nonostante l’aria cerchiamo di stare fuori a godere del meraviglioso panorama. Con il battello passiamo in mezzo a questi ripidi dirupi. Le montagne sembrano altissime invece il narratore ci racconta che l’altezza massima è di circa 1500 m. L’effetto è dovuto al fatto che partono direttamente dal mare. Arriviamo a Gudvangen. Cerchiamo un posto dove dormire. Lungo la strada troviamo un campeggio con una serie di bungalow. Ci fermiamo. Ceniamo e ci prepariamo per la notte.Il campeggio si trova su una statale, i rumori sono ovattati ma si sente il rumore delle macchine che passano. Un camion fa la spola portando grosse quantità di pietre e lo vediamo passare e ripassare più volte. Ad un certo punto ne riconosciamo il rumore e lo sentiamo quando si avvicina. Questo è uno dei campeggi peggiori che abbiamo incontrato. Ricordo un particolare che non mi è piaciuto per niente. L’acqua solforosa che aveva un odore veramente cattivo, nonostante fosse pulita e una bottiglietta di aranciata da mezzo litro pagata circa 3,5 euro. Il posto invece era bello. Una valle molto stretta con i pendii ripidi da cui scendevano innumerevoli cascate. Colazione e dopo si parte per Bergen… Lasciamo la macchina e cominciamo il giro della città. Una città molto carina, di quelle che immediatamente fanno pensare al nord Europa. Case colorate, basse. Un’idea di città molto diversa dalle nostre. Naturalmente lo scopo principale è quello di trovare del buon pesce da mangiare. Non è possibile andare a Bergen senza mangiare il pesce. Arriviamo al mercato e non ci rimane che l’imbarazzo della scelta. Tantissime bancarelle colme di pesce fresco di tutti i tipi. Io punto subito il salmone, il mio preferito, che si rivelerà veramente buonissimo. Compriamo anche qualche scatola di sardine e cose tipo crema di gamberi, per portarci a casa un ricordo che sarà tangibile in una buona pasta o in qualche altro piatto. A fianco alle bancarelle del pesce ci sono tante bancarelle che vendono pelli di tutti i tipi. E un banchetto in cui è possibile assaggiare il salame di alce. Decido di passare e continuo il mio giro per il mercato. Dopo il mercato si arriva alla piazza principale di Bergen, affollatissima. La maggior parte della gente oltre ai turisti sono ragazzi delle scuole che vendono libri scolastici. Per loro la scuola ricomincia dopo Ferragosto. Lunghe file di ragazzi seduti per terra con davanti i loro libri. Un’iniziativa simpatica e molto folcloristica. Dalla piazza, abbastanza moderna rispetto al resto della cittadina, si può vedere la parte vecchia della città con le case colorate, tutte arroccate una sull’altra, che sale verso la montagna. Uno scorcio molto caratteristico. Ci addentriamo nella città vecchia e scopriamo un passaggio verso un angolo probabilmente famoso di case intermante costruite in legno. Negozi, case, piccoli ponti tutto in legno. Ripartiamo da Bergen e ci aspetta molta strada, destinazione Stavanger per vedere il balcone sul fiordo…Preikestolen. Traghettazione da Kvanndal a Utne. La sera ci fermiamo a dormire a Skjoldastraumen. Dopo tanto girare ci avventuriamo per una strada in cui era segnalato un campeggio. Dopo parecchi chilometri lungo una strada stretta, in mezzo a boschi stiamo per arrenderci e tornare indietro quando finalmente troviamo il campeggio. Non c’è nessuno, non ci sono tende solo roulotte e casette. Alla reception ci dicono che hanno una casetta disponibile. Intanto inizia a piovere fortissimo (la seconda pioggia dopo il diluvio del secondo giorno) e proprio mentre dobbiamo scaricare l’occorrente dalla macchina. E’ una casetta diversa dai soliti bungalow, è tutta bianca e con un balconcino davanti. Ceniamo e dopo qualche chiacchiera andiamo a letto. Dopo colazione partiamo per l’ultima grande tappa del viaggio. C’è ancora parecchia strada e finalmente arriviamo alla traghettazione da Are a Stavanger. Ci fermiamo per visitare la città. Dopo la pioggia della sera precedente è tornato il bel tempo e la passeggiata è molto piacevole. La zona del porto è molto simile a quella di Oslo. Saliamo verso la parte vecchia della città e raggiungiamo un faro che ora è adibito a mostra. Guardiamo ancora per un po’ la città dall’alto, intanto ne approfittiamo per fare un po’ di pausa. Mentre torniamo alla macchina passiamo vicino ad una scuola. I ragazzi stanno uscendo, per loro sono finite le vacanze. Ripartiamo, traghettazione da Hole a Oanes. Ancora un tratto di macchina e arriviamo al parcheggio in cui lasciare la macchina, ci aspettano parecchie ore di cammino per raggiungere Preikestolen. Il cartello ne segna almeno 2. Il sentiero ci fa intendere subito che tipo di camminata ci aspetta e inizia con una salita decisamente ripida. Prosegue poi tranquillo per una specie di pianura acquitrinosa in cui hanno costruito una lunga pedana in legno che permette il passaggio dei tanti turisti. Ma è solo la quiete prima della tempesta. Il sentiero sale lungo un tracciato che potrebbe sembrare il letto di un torrente o meglio di una cascata. Tra sali scendi vari finalmente usciamo dal bosco e cominciamo a vedere il panorama. La vista sul Lysefjord. E poi finalmente il balcone…impressionante. Premetto che io soffro di vertigini e devo ammettere di aver sofferto molto in questa gita. Dovunque si guarda ci sono strapiombi. Appena riesco a sedermi, proprio al centro della balconata in modo da non vedere il vuoto, posso finalmente godermi il panorama. Il pensiero di essere su un’enorme roccia a 600 metri a picco sul fiordo comunque mi inquieta e sarò molto felice di tornare in pianura. Anche questo è un posto in cui si rimane a bocca aperta. E’ indescrivibile la sensazione ma è l’esatto contrario di ciò che si prova quando si passa lungo il fiordo con il battello fra gli stretti pendii delle montagne. Una sensazione di libertà e spensieratezza (…nonostante l’altezza ). Rimaniamo parecchio a guardare il mondo da lassù e quando il sole comincia a calare iniziamo a scendere anche noi e decidiamo, anche se non è tardi, di cercare un campeggio dove trovare un bungalow. Ci fermiamo a Jorpeland. Una bella doccia calda e una pasta allietano la serata e dopo qualche chiacchiera in totale relax ripensando al balcone sul fiordo si conclude la nostra serata. La mattina seguente inizia il viaggio di ritorno e di strada da fare ne abbiamo davvero tanta. Traghettazione da Hjelmeland a Nesvik. Riprendiamo la strada per Oslo, e ci fermiamo a Heddal, una cittadina segnata sulla carta perchè c’è la più importante e forse più antica Stavenkirke. Risale al 1100. Siamo arrivati all’ora di chiusura, non ci vendono più i biglietti ma riusciamo a infilarci lo stesso in chiesa e vedere, anche se solo per un attimo, come sono fatte queste curiose costruzioni all’interno. Legno ovviamente, dal pavimento al soffitto. E lungo tutto il perimetro c’è un corridoio separato dalla chiesa da una parete di legno intarsianto. Fa parecchio caldo, abbiamo quasi dimenticato il freddo pungente del circolo polare. Riprendiamo la strada e anziché salire verso Oslo scendiamo verso Horten dove dormiamo per l’ultima sera in un bungalow e questa volta veramente molto carino. La mattina seguente traghettiamo da Horten a Moss e viaggiamo tutto il giorno. Salutiamo la Norvegia e la sera ci fermiamo a Molle in Svezia in un campeggio in punta ad una penisola. Il campeggio è enorme, c’è un sacco di gente. La sera raggiungiamo il molo in macchina e ci facciamo una passeggiata. Il giorno seguente traghettazione che da Helsinborg (Svezia) a Helsingor (Danimarca). Visto che ci rimane ancora un po’ di tempo decidiamo di dedicare mezza giornata alla stupenda Copenaghen, che ho già visto ma che rivedrei ogni anno avendone l’opportunità. Traghettazione da Rodbyhavn (Danimarca) a Puttgarden (Germania). Ci fermiamo la notte a Haffkrug vicino a Lubecca. Il giorno dopo, penultimo e intermente di viaggio, ci fermiamo la sera a Lehen vicino a Friburgo. Il giorno dopo si torna a casa. In totale abbiamo fatto 8400 Km circa e 17 traghettazioni. Abbiamo visto posti che varrebbe la pena rivedere e gustare forse un po’ di più. Ci sono luoghi che pare si siano fermati in un’era lontanissima dal mondo frenetico di oggi. Villaggi di pescatori, casette di campagna, cittadine in cui la gente gira in bicicletta o a piedi e sembra non sapere nemmeno che al mondo esistono città piene di smog e traffico. Oltre le meraviglie della natura ci portiamo a casa la tranquillità e la pace di immagini che una volta tornati a casa non potremo che rivivere nel cuore.