Non solo new york

Viaggio di Marisa & Co a NEW YORK E NON SOLO dal 24 luglio 2007 al 9 agosto 2007 Sono appena tornata da un viaggio stupendo, di quelli che non si possono dimenticare, tante e tanto forti sono state le emozioni vissute da me e la mia famiglia nel conoscere la stupefacente New York, le Cascate del Niagara e le storiche città del Nord-Est...
Scritto da: marisa & co
non solo new york
Partenza il: 24/07/2007
Ritorno il: 09/08/2007
Viaggiatori: fino a 6
Viaggio di Marisa & Co a NEW YORK E NON SOLO dal 24 luglio 2007 al 9 agosto 2007 Sono appena tornata da un viaggio stupendo, di quelli che non si possono dimenticare, tante e tanto forti sono state le emozioni vissute da me e la mia famiglia nel conoscere la stupefacente New York, le Cascate del Niagara e le storiche città del Nord-Est (Boston, Washington e Philadelphia). Per questo motivo ho deciso di scrivere questi appunti di viaggio che spero possano essere di aiuto agli amici di Turisti per Caso avendo a mia volta letto le loro esperienze. Premetto che l’intero viaggio (voli, soggiorno a NY e noleggio auto) è stato prenotato e organizzato su Internet con abbondante anticipo mentre gli alberghi della parte on the road sono stati prenotati volta per volta. I miei compagni di viaggio sono stati mio marito Roberto, i miei figli Maria Laura (17) e Carlo (11), mio cognato Maurizio (che è stato molte volte negli Usa) e suo figlio Andrea (12).

24 luglio 2007 Siamo partiti da Milano Malpensa alle ore 12 con volo British Airways facente scalo a Londra Heatrow e poi da lì con un Boeing 747 delle ore 15,30 abbiamo raggiunto New York J. F. K. Airport. I biglietti sono stati acquistati on-line sul sito della British Airways e pagati quasi 700 euro a persona con un risparmio in confronto all’Alitalia di almeno 200 euro a biglietto che per una famiglia di quattro persone è notevole (a proposito, sono riuscita a utilizzare due tra gli aeroporti più a rischio di terrorismo del mondo!). La British consente di scegliere i posti sull’aereo 24 ore prima della partenza mediante il check-in on-line, ma il sistema ci ha impedito di farlo sulla tratta più lunga e solo a al banco British, a Malpensa, abbiamo potuto richiedere l’assegnazione dei posti senza però ottenere quel che volevamo. Arrivati al J.F.K. Airport ci sono stati consegnati subito i bagagli che avevamo imbarcato (anche se per precauzione i nostri bagagli a mano contenevano l’indispensabile per il soggiorno). Superate pazientemente le formalità dell’immigration – tutto sommato abbastanza veloci – abbiamo prenotato al banco del Ground Transportation un pulmino Super Shuttle tutto per noi (sei persone) al costo di 73 dollari più 9 di pedaggi (mai inclusi). Arrivare a Manhattan dai Queens e vedere quella selva di grattaceli sempre visti in fotografia e nei film è un’emozione così forte che non si può descrivere. Giungiamo all’Hotel Roosevelt, all’incrocio tra la Madison Avenue e la 45° street, e devo dire che la posizione è strategica proprio come avevo immaginato. L’hotel, grazie ai suoi prestigiosi spazi comuni in stile anni ’20, è stato usato come location di numerosi film quali Wall Street, Malcom X, French Connection e da ultimo Natale a New York con De Sica. Ma non per questo abbiamo scelto questo hotel bensì per la disponibilità di camere dotate di doppio double-bed a una tariffa veramente conveniente e per l’ottimale collocazione. La prenotazione è stata effettuata on-line sul sito del Roosevelt al prezzo di 1.800 dollari per camera (circa 1.300 euro) per sei notti senza colazione. Purtroppo a NY la colazione non è mai inclusa e non conviene pagarla in albergo. Siamo subito usciti diretti a Times Square dove la folla, le luci, gli schermi giganti, le limousine e i grattaceli ti fanno sentire all’improvviso al centro del mondo e nessuna macchina fotografica e nessuna telecamera potranno mai riprodurre quella realtà festosa e caotica. Naturalmente, abbiamo trascorso lì tutta la serata per la gioia nostra e dei ragazzi in quanto c’è di tutto: il Visitor Center, Toys ‘r’ us (negozio di giocattoli con ruota panoramica all’interno), gli studi di MTV che – ho letto – trasmette anche dalla terrazza sulla strada, Hard Rock Cafè, Planet Hollywood, Virgin Megastore, Bubba Gump (ristorante ispirato al film “Forrest Gump”) e tanto altro ancora.

25 luglio 2007 Il secondo giorno a NY inizia con una veloce colazione da Starbucks (c’è ne uno quasi ogni dieci metri, catena conosciuta per il suo “frappuccino” e i suoi muffin) in quanto dobbiamo subito arrivare a piedi all’Empire State Building, sulla 5th Avenue, per approfittare della bellissima giornata e godere meglio del panorama. Prima di partire dall’Italia avevamo consultato su internet il sito meteorologico della CNN, che aveva previsto una settimana di maltempo; per fortuna il tempo è stato ottimo per tutto il viaggio. Siamo arrivati all’Empire, l’edificio più alto della città, alle 9:30 e dopo un’ora di fila all’interno del grattacielo, compresa di controlli anti-terrorismo e acquisto biglietti, possiamo accedere alla terrazza panoramica all’86° piano. Il prezzo è per gli adulti di18 $, i ragazzi dai dodici ai diciassette anni 16 $ e i bambini fino a undici anni 12 $. La spettacolare vista della città che si estende ricoperta di grattacieli fino all’orizzonte interrotta dal verde quasi sconfinato di Central Park, gli specchi d’acqua e i ponti sopra di essi e la Statua della Libertà in lontananza, restituisce la leggenda. Durante l’osservazione del panorama constatiamo l’assenza dell’Intrepid, la portaerei sede del Museo del Mare e dell’Aviazione, in genere ancorata stabilmente al molo 86, ma attualmente in manutenzione fino al 2008.

Di fronte l’Empire pranziamo da McDonald’s, quindi percorriamo di nuovo la 5th Ave nel tratto basso, il meno elegante e, a proposito, in questo punto ci sono vari negozi di souvenirs dei quali un paio economicissimi. Camminiamo ancora fino al Flatiron Building (il ferro da stiro) e ci fermiamo a Madison Sq Park, dove prendiamo la metropolitana. Nella stazione compriamo la Metro Card unlimited ride da sette giorni al costo di 24 $ (i bambini fino ad 1 metro e 10 non pagano) aiutati da un gentilissimo addetto. Pagando con la carta di credito la macchina distributrice consente di acquistarne massimo due (con una singola operazione) e una Metro Card non si può dividere con nessun altro perché devono passare almeno 15 minuti tra un transito a quello successivo. Fare questo abbonamento conviene in quanto l’uso è illimitato sia per la metropolitana che per gli autobus. Usare la metropolitana non è difficile, basta tener sempre presente la direzione Uptown e Downtown e il fatto che alcuni treni sono diretti e non fanno tutte le fermate. Esiste anche una linea shuttle che mette in comunicazione continuatamente Grand Central Terminal e Times Sq. Viaggiare in metropolitana non ci ha mai dato preoccupazione, anche perché l’abbiamo presa sempre di giorno, comunque l’aspetto estetico delle stazioni è fatiscente e sporco al limite della decenza ma la puntualità e l’efficienza dei treni, tutti dotati di aria condizionata come anche gli autobus, ripagano di tutto. La metro ci porta fino a South Ferry dove prendiamo il traghetto per Staten Island che consiglio vivamente, perché essendo gratuito e partendo ogni trenta minuti è una valida alternativa al battello a pagamento che porta alla Statua della Libertà (ha orari fissi e sempre una lunga fila per i controlli anti-terrorismo). Appena saliti a bordo ci siamo sistemati sulla destra del battello vicino la ringhiera in modo da non avere nessuno davanti a noi e poter godere della traversata e della vista della Lower Manhattan e soprattutto di “Miss Liberty”. La vista è veramente eccellente. Arrivati a Staten Island abbiamo fatto un piccolo giro e quindi abbiamo ripreso il battello che in circa 20 min. Ci ha riportati a South Ferry. Passeggiamo fino a Battery Park, pieno di verde e di famiglie con bambini ed è proprio lì che è collocato l’unico resto del crollo delle Twin Towers, una scultura a forma di sfera. Quindi passiamo per Wall Street dove si nota una massiccia presenza di forze dell’ordine e di agenti speciali. Poi finalmente arriviamo lì dove non saremmo mai voluti arrivare: Ground Zero. L’ampia area libera lasciata dal crollo degli edifici del World Trade Center ormai concede poco spazio alla commozione poiché il cantiere, recintato e invisibile, è attivo per la costruzione della futura Freedom Tower. Le memorie delle vittime sono conservate nella vicina chiesa di St Paul. Abbiamo preso la metropolitana fino a Times Sq dove Maurizio ci ha portati a cena in un ristorante che conosceva bene, il Carnegie Delicatessen, considerato, dalla nostra ottima guida Mondadori, il miglior deli di NY. Nel deli si mangiano specialità kosher, cioè permesse agli ebrei, in particolare il “pastrami” (carne affumicata). Il locale è semplice ma simpatico, tutto tappezzato dalla collezione del proprietario di foto autografate di personaggi famosi. Noi naturalmente abbiamo ordinato il pastrami (400g di carne!) ed una buonissima cheescake alla fragola. In America le porzioni sono sempre molto abbondanti, servite in piatti fuori misura, quindi è difficile per noi italiani mangiare una porzione intera. Per i bambini c’è sempre un menù a loro dedicato. 26 luglio 2007 Il terzo giorno per fare contenti i nostri ragazzi andiamo a fare colazione da un negozio della catena 7 Eleven dove vendevano, in occasione dell’uscita al cinema del film dei Simpson, i prodotti della serie animata inclusi i mitici donut rosa (cioè le ciambelle glassate). Poi prendiamo la metro e scendiamo a Clark St a Brooklyn, visitiamo una caratteristica zona residenziale e attraversiamo il Ponte di Brooklyn in direzione Manhattan. Volendo si può scendere anche ad High Street dal lato dei palazzi più alti. Chi attraversa il ponte a piedi utilizza un percorso pedonale condiviso con una pista ciclabile. Il percorso è in legno e tra gli assi si può intravedere il mare. L’esperienza è fantastica, in quanto arrivare a Manhattan dal mare guardando lo skyline dei grattacieli, la Statua della Libertà e le barche che si spostano sull’acqua rendono la passeggiata incantevole. Per raggiungere l’altra sponda sono stati necessari circa 40 min, considerato anche il tempo dedicato a filmare e fotografare. Sorpassato il Pier 17, senza fermarci per mancanza di tempo, e passati davanti alla City Hall, abbiamo preso la metro diretti a Canal St. Lì abbiamo visitato Chinatown, una zona a sé molto caotica e poco curata, caratterizzata da un continuo smercio di prodotti made in China, souvenir e pesce. Purtroppo i cinesi non sono riusciti a portare nel loro quartiere, sempre più in espansione, né l’ordine, né gli elementi della loro tradizione. Abbiamo pranzato da McDonald’s, l’unico con l’insegna in cinese. Sempre a piedi siamo passati per SoHo e finalmente per la “nostra” Little Italy. Il quartiere è molto ben tenuto, ci sono festoni e bandiere italiane, nonché striscioni di feste patronali. Mulberry St è piena di simpatici ristoranti e l’atmosfera che si respira è quella di un ritorno al passato, a un’Italia paesana che ormai non esiste più neanche da noi e stringe il cuore poter parlare con gli italiani che tanti anni fa hanno lasciato la loro terra. Siamo riusciti a bere un vero caffè espresso al Bar Ferrara, omonimo di quello più famoso di Grand St, dove abbiamo conosciuto i proprietari siciliani. Attualmente gli italiani abitano soprattutto a Brooklyn, ma è bello vedere come i newyorkesi amino le tradizioni italiane.

Dopo, abbiamo attraversato il piccolo quartiere di abbigliamento trendy di Nolita per arrivare al Greenwich Village che ha come punto di aggregazione Washington Sq Park, una bella zona piena di verde, molto movimentata piena di bambini, giovani che suonano e vanno sullo skateboard. Qui abbiamo avuto il nostro primo incontro ravvicinato con gli scoiattoli che, come abbiamo notato, popolano indisturbati le zone verdi della città. Il Village è un quartiere residenziale delizioso costituito da case basse, preferito da artisti e coppie gay e pieno di locali con musica dal vivo.

Prendiamo la metropolitana per andare a Times Sq dove ceniamo da Pizza Hut. La catena in genere ha bei locali e fa una buona pizza, ma quello di Times Sq è caro e brutto, anzi, proprio da evitare.

27 luglio 2007 Il quarto giorno decidiamo di fare da McDonald’s una ricca colazione all’americana a base di pancake, sciroppo d’acero, salsiccia e dolci alla cannella. Qui in America la mattina fino alle 11 del mattino si possono trovare tanti prodotti che da noi non esistono. Essendo una famiglia, in questo viaggio abbiamo mangiato quasi sempre in catene di fast-food: Sbarro (ottimo per la pizza), Dunkin’ Donuts, Taco Bell (messicano), Subway, Pizza Hut, Cinnabon, Burger King, Whole Foods, ecc. Ci aspetta un’altra giornata di cammino e sempre con scarpe comode procediamo verso Park Ave, dove c’è il Grand Central Terminal, il Waldorf – Astoria e tanto altro, fino alla Lexington; quindi di nuovo fino alla elegantissima Madison che percorriamo un po’ a piedi. Decidiamo di prendere un autobus per andare al Guggenheim Museum. La facciata esterna del museo è in ristrutturazione, quindi ne abbiamo ammirato dall’interno la sua originale architettura. Per mancanza di tempo non lo abbiamo visitato e abbiamo continuato a camminare per la 5th Ave dal lato di Central Park, prestigiosa zona residenziale con condomini per super ricchi. Arrivati a Grand Army Plaza ci fermiamo ad ammirare l’ingresso sud di Central Park con le numerose carrozzelle per i turisti, il Plaza hotel (in ristrutturazione perché diventerà un lussuoso condominio), il General Motors Building e il cubo di vetro della Apple con negozio sotterraneo dove Roberto ha controllato (gratuitamente) la sua posta elettronica mentre i nostri ragazzi giocavano con tutte le ultime novità in esposizione, compreso il nuovo iPhone.

Quindi, da questo momento ci dedichiamo allo shopping entrando subito da F.A.O. Shwartz negozio storico di giocattoli dal quale i nostri figli non volevano più uscire. Inizia con Tiffany il tratto della 5th più lussuoso e subito dopo c’è la Trump Tower con il suo famoso atrio con cascata, residenza anche di Madonna. Attualmente è molto accorsato il negozio di moda Abercrombie & Fitch, dove bisogna assolutamente entrare (anche solo per ammirare all’ingresso il modello biondo posto lì come una statua greca!). Di seguito ci sono il più grande Disney Store del mondo e un negozio dove fabbricano l’orsetto “su misura”, ecc. Siamo entrati nella cattedrale di San Patrick in stile neogotico con un magnifico organo che avremmo voluto ascoltare durante la messa della domenica e di fronte abbiamo visitato il Rockfeller Center che avevamo visto solo di notte. Nel complesso c’è anche il G. E. Building che rappresenta un’alternativa all’Empire in quanto dal novembre 2005 è possibile accedere alla terrazza panoramica al prezzo di 14 $ a persona. Terminata la parte più bella della 5th abbiamo preso l’autobus per arrivare ai grandi magazzini Macy’s, dove presentando il passaporto al “visitors” si può avere lo sconto del 10% su tutti gli articoli. In serata siamo tornati a Times Sq per cenare al mitico Hard Rock Cafè soprattutto per la gioia di Maria Laura, rockettara della famiglia. Abbiamo preso posto al tavolo dopo circa mezz’ora di attesa durante la quale mia figlia ha pensato bene di andare a scattare una foto al celebre giubbotto di pelle dei Ramones posto in una sala privata. 28 luglio 2007 È sabato e abbiamo deciso di vivere questa giornata come i newyorkesi. Dopo la consueta colazione all’americana prendiamo l’autobus per andare a Central Park. L’atmosfera che si respira, grazie anche alla giornata di bel tempo, è straordinaria: tutti si dedicano alle attività preferite, c’è chi pattina, chi corre, chi va in bicicletta, chi va sullo skateboard e chi in barca. Passiamo subito per The Dairy, l’antica latteria oggi Centro Visitatori e negozio di souvenir, per poi trovarci ad assistere ad una partita di baseball. Quindi vediamo anche il Bow Bridge, Strawberry Fields, il luogo dedicato a John Lennon, e la Bethesda Fountain. Ci riposiamo sulla verde distesa di Sheep Meadow, dove ci sono tante persone che prendono il sole in costume e all’orizzonte riconosciamo i famosi palazzi residenziali che fanno da sfondo alle scene di tanti film.

Uscendo dal varco su Central Park West ci troviamo a camminare tra i condomini più famosi e prestigiosi di NY come il San Remo, dove abitano anche Steven Spielberg, Mia Farrow, Bono Vox degli U2, Bruce Willis e Demi Moore, il Dakota, dove viveva e fu assassinato John Lennon (lì abita ancora sua moglie Yoko Ono), e al numero 55 il palazzo in stile Art Decò dove è stato girato il film Ghostbusters. Arriviamo a Columbus Circle, la piazza a sud-ovest di Central Park, con la statua del nostro Cristoforo Colombo, oggi completamente rinnovata in cui sono stati costruiti nuovi grattacieli tra i quali quello dell’hotel Mandarin Oriental che possiede una terrazza panoramica con spettacolare vista sul parco. Nella piazza c’è anche una bella galleria di negozi tra i quali Borders (libri, musica e dvd) e, nel piano interrato Whole Foods, locale che dà la possibilità di acquistare pietanze di tutto il mondo nel supermercato o nell’ampio buffet e consumarle nella sala attigua. Anche noi vi ci siamo fermati per mangiare, la scelta è molto ampia e i cibi preparati in modo attraente; si paga secondo il peso delle razioni scelte.

Siamo tornati più presto del solito in hotel per riprendere le forze e trascorrere di nuovo la serata a Times Sq.

29 luglio 2007 Anche la cultura vuole la sua parte, così nella nostra ultima giornata a NY andiamo a visitare l’American Museum of Natural History, sì, proprio quello del film Una Notte al Museo, che abbiamo preferito agli altri dato che viaggiamo con tre ragazzi. La sezione dedicata ai diorami sugli animali è affascinante come anche la sala dei fossili e dei barosauri. Non sperate di trovare i personaggi del film perché purtroppo sono quasi tutti inventati per la pellicola. Dopo che per giorni abbiamo portato inutilmente nei nostri zaini le felpe nonostante il caldo afoso temendo ambienti chiusi troppo condizionati, Roberto ha deciso di lasciarle in camera proprio perché mai utilizzate. Non lo avesse mai fatto! Nel museo ci siamo congelati per tutto il tempo, l’aria condizionata era pressoché insopportabile e ci siamo ripresi solo quando all’uscita ci ha avvolto un’ondata di calore. Non solo caldo ma anche le ultime gocce di pioggia di una perturbazione passeggera, fortunatamente l’unica volta in tutto il viaggio in cui ha piovuto eravamo al chiuso! Ormai è pomeriggio, la visita del museo ci ha preso svariate ore, per cui saliamo subito su un bus per Columbus Circle a mangiare di nuovo da Whole Foods. Torniamo presto in albergo per organizzare la partenza del giorno dopo.

30 luglio 2007 Il nostro soggiorno a NY è finito, la metropoli più spettacolare del mondo ci lascia l’impronta indelebile che ci aspettavamo, nei nostri ricordi rimangono le forti emozioni della sua gigantesca architettura, le inattese impressioni della variegata umanità che vi abita. L’elemento umano è una delle maggiori sorprese che ci ha regalato questo viaggio: il newyorkese, ma ancor di più l’americano in genere, è gentile, educato, propenso ad aiutare chi è in difficoltà (e naturalmente il turista), semplice e pratico, disponibile e pronto al sorriso (ma si incontra anche chi, per eccesso di zelo nel lavoro, risulta freddo e distaccato). Così inizia la parte on the road del viaggio.

Dopo essere scesi per fare colazione, risaliamo in albergo per prendere i bagagli e lasciare la camera. Mentre io e i ragazzi aspettiamo nella hall, Roberto e Maurizio vanno alla 50th St a prendere la macchina, noleggiata on-line dall’Italia sul sito della National, al costo di circa 1.100 $ compreso di second driver per nove giorni. Per guidare negli Usa è valida e accettata la patente italiana (basta avere 25 anni di età per il noleggio). Completato il check-out all’hotel Roosevelt saliamo su una comoda Toyota Sienna da 8 posti targata California, e lasciamo Manhattan per dirigerci a nord verso l’autostrada che ci porterà a Boston secondo il piano di guida elaborato dal programma del sito della Michelin.

Il viaggio in macchina fa conoscere l’America da un altro punto di vista ed è da questo momento che noi ritroviamo l’America perché, si sa, NY è un mondo a parte.

La strada è abbastanza trafficata e le stazioni di servizio non sono affollate e tutte uguali, come in Italia, ma somigliano a piccoli centri commerciali che comprendono molti fast-food e negozi di vario genere. La benzina, inoltre, è molto conveniente costando solo € 0,60 al litro (circa).

Dallo stato di New York passiamo per il Connecticut e poi nel Massacchussets, in totale 343 chilometri. Arrivati quasi a Boston decidiamo di cercare una sistemazione fuori città, quindi ci fermiamo nella località di Quincy dove troviamo l’hotel Best Western Adams Inn, per 132 $ a notte per camera compreso di colazione. L’interno dell’hotel, in stile New England, è delizioso e la colazione è servita nel piccolo pub interno. Negli Usa si paga la camera e viene chiesto solo quanti adulti vi dormiranno, ma il più delle volte non vengono richiesti né il totale degli occupanti né i documenti di tutti.

Andiamo a fare una passeggiata in auto, già conosciuta a Maurizio, che attraversando una pittoresca strada costiera arriva fino ad una località chiamata Hull, composta per lo più da ridenti casette di legno. L’atmosfera è particolarmente suggestiva e tra il volo di gabbiani e la nebbia che si alza dal mare si scorgono in lontananza isolotti scogliosi e il profilo della città di Boston. Tornando in albergo ci fermiamo a cenare in un classico locale Pizza Hut, questa volta all’altezza del suo nome. 31 luglio 2007 Finalmente facciamo colazione in albergo, tra muffin e dolcetti alle mele, quindi ci prepariamo per arrivare di buon ora a Boston e goderci la città, definita la culla della libertà perché qui iniziò la guerra per l’indipendenza delle colonie americane. Arrivati in città, abbiamo preferito non parcheggiato subito (questo è il bello del viaggiare in auto), ma girare per il centro e per i bei quartieri residenziali tra cui quello elegante di Beacon Hill. Quindi abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio (15 $ tutto il giorno) e, a piedi, partendo dal parco Boston Common abbiamo iniziato il percorso, lungo 4,8 km, denominato “Freedom Trail”: una linea rossa tracciata sui marciapiedi e sulle strade che conduce i turisti ai punti storici legati agli inizi della guerra d’indipendenza. Tra i luoghi principali vi sono il vascello U.S.S. Constitution e il cacciatorpediniere Cassin Young. Boston è sicuramente una città sobria e raffinata dalle influenze fortemente inglesi, e nella popolazione sembra non ci sia molta gente di colore. Il centro è molto caratteristico, pieno di negozi e case basse. Da Borders Roberto ha comprato l’atlante stradale Rand McNally, insostituibile per i viaggi in macchina.

A Boston oltre ai tour per turisti in pullman ci sono i Duck Tours caratteristici mezzi anfibi da sbarco dell’ultima guerra che girano per la città e nel Mystic River. Sarebbero una divertente esclusiva del posto, ma invece li abbiamo ritrovati anche a Washington e Philadelphia. Tornando in albergo passiamo davanti ad un grosso teatro tenda e leggiamo, sorpresi, che sta per iniziare il concerto dei mitici Deep Purple che qualche giorno più tardi avrebbero suonato anche al Radio City Music Hall di NY.

1 agosto 2007 La mattina saliamo di nuovo sulla “nostra” Toyota Sienna e, ascoltando la compilation di musica preparata per l’occasione che fa da sottofondo ai nostri spostamenti, lasciamo Boston per prendere l’autostrada in direzione Buffalo. Questa volta la strada da fare è più lunga, ben 743 km. La strada, nonostante ci stiamo allontanando dalla costa e dalle grandi città, è molto trafficata presumibilmente perché i locali vacanzieri sono diretti alla regione dei Grandi Laghi. Ci sono molti veicoli per noi inconsueti, i giganteschi “trucks” anche con doppio rimorchio, i fuoristrada e i pick-up, enormi roulotte argentate dalle forme aerodinamiche e camper dalle dimensioni di pullman che trainano grosse macchine, chopper ed Harley Davidson guidate da signori attempati che spesso indossano magliette con su scritto “reduce del Vietnam”. Continuando a viaggiare tra quinte di verde rigoglioso lasciamo il Massachussetts per entrare di nuovo nello stato di New York.

Arriviamo nei dintorni di Buffalo e nella località di Hamerst ci sistemiamo in un Red Roof Inn, la famosa catena di motel dal tetto rosso, quello dove puoi parcheggiare la macchina davanti la porta della camera, proprio come si vede in tanti film. Paghiamo 67 $ a notte per camera doppio double-bed senza colazione. In serata ci dedichiamo alla conoscenza della città di Buffalo che era deserta e non troppo carina sebbene fossero pulite le strade e curate le aiuole. Fuori dal centro però si trova una moltitudine di negozi e di market.

2 agosto 2007 E’ il nostro decimo giorno di viaggio e siamo diretti alle Niagara Falls, le cascate naturali più visitate del mondo. Il percorso per arrivare sembra lunghissimo e a volte è costeggiato da case di legno perfettamente pitturate (con bandiera americana in mostra). Ci fermiamo in un paio uffici di turistici per chiedere il prezzo del tour per le cascate ma ci offrono pacchetti composti da varie attrazioni a prezzi esorbitanti che lasciamo a chi intende farsi abbindolare. Giunti a Niagara andiamo direttamente alla frontiera canadese dove le cascate sono più spettacolari di quelle in terra americana. Una lunga coda ci attende sul ponte che conduce alla dogana canadese e superate le formalità di ingresso ci affrettiamo a trovare un posto per l’auto. Il luogo è molto turistico dove alberghi imponenti con vista panoramica sul Niagara River si ergono intorno al lungofiume perfetto come una piccola Svizzera. Dal belvedere osserviamo stupefatti l’enorme massa d’acqua proveniente dal lago Ontario che sprofonda giù per decine di metri creando una nube che avvolge e sembra inghiottire i battelli che trasportano i turisti. Decidiamo anche noi di fare la piccola crociera (adulti 14 $ canadesi e bambini 8,60 $) e, coperti da simpatici impermeabili di plastica blu, saliamo su uno dei numerosi battelli denominati Maid of the Mist. Ci posizioniamo al piano sottostante nella zona anteriore dell’imbarcazione per godere meglio lo spettacolo e arrivati nel punto in cui la cascata forma un ferro di cavallo sembriamo travolti dalla forza della natura, l’emozione è indescrivibile. 3 agosto 2007 Lasciamo Buffalo per raggiungere Washington, la capitale degli Stati Uniti. In pratica altri 745 km attraversando Pennsylvania, Virginia, Maryland e infine il District of Columbia. Una cosa che ho notato è che la polizia è molto presente, e spesso ferma le auto scorrette facendo uso di altoparlanti e sirene. Mentre sull’Autostrada del Sole puoi fare tutta l’Italia senza incontrare nemmeno una pattuglia. Arrivati nella località di Laurel, nei pressi di Washington, appena fuori città, prendiamo alloggio in un Red Roof Inn, purtroppo tenuto meno bene degli altri (anche se rinnovato) al prezzo di 90 $ a notte senza colazione per ogni camera sempre doppio double-bed. A Washington ci risalta subito agli occhi una forte presenza di gente di colore, infatti sulla nostra guida leggiamo che questi costituiscono il 70% della popolazione. A differenza di quanto si possa credere Washington è la città più pericolosa degli USA e girare fuori dal centro non è per niente rassicurante.

4 agosto 2007 Giungiamo in città, e facciamo il solito giro di conoscenza in macchina, quindi parcheggiamo al centro in prossimità della Casa Bianca. Il centro, imponente e monumentale, è affollato da bianchi e da tanti turisti. Qui le forze dell’ordine si fanno notare, agenti speciali, rangers, soldati ecc.. Il caldo che proviamo è insopportabile, la temperatura (fatta la dovuta conversione da gradi Fahrenheit a Celsius) supera i 40°, ma non ci coglie di sorpresa perché su tutte le guide turistiche viene sconsigliato di vistare la città in estate. La nostra prima tappa è la Casa Bianca che guardiamo prima dal lato posteriore e poi da quello anteriore. Anche se rimaniamo fuori al cancello e a circa 200 metri dall’edificio ci emozioniamo lo stesso per averla vista tante volte al telegiornale. Nella White House è possibile effettuare visite guidate che vanno prenotate un mese prima insieme a un permesso della propria ambasciata. Quindi, ci dirigiamo verso The Mall e, attraversando vastissimi e assolati spazi aperti, ci avviciniamo al Washington Monument, il celebre obelisco bianco nel quale si può salire. Da qui arriviamo al monumento in memoria della seconda guerra mondiale, un’ampia fontana circondata da una sorta di colonnato. A questo punto ci avviamo verso il Lincoln Memorial, punto focale dell’area monumentale, e costeggiamo il grande specchio d’acqua che, come tutti ricorderanno, è una location del film Forrest Gump e lì molti turisti si fanno filmare recitando la parte dei due protagonisti. Prima di arrivare al “tempio” di Lincoln si incontrano i commoventi monumenti ai caduti della guerra in Corea e quello per i caduti del Vietnam visitato tuttora da genitori che cercano pazientemente il nome dei figli nell’infinito elenco di caduti. Sono presenti tutti i giorni veterani del Vietnam che si mettono a disposizione ed è straziante vederne molti sulle sedie a rotelle. A questo punto dato che le distanze sono enormi e la città non è ben coperta né dalla metropolitana né dai mezzi pubblici, decidiamo di prendere la macchina per arrivare a The Capitol, ovvero il Campidoglio, sotto il cui portico vengono organizzate le cerimonie di insediamento dei presidenti degli Stati Uniti. Dopodiché parcheggiamo vicino alla Union Station. Ristrutturata recentemente è diventata un punto di incontro dove ci sono negozi eleganti, sale cinematografiche e teatrali, ristoranti, cucine dal mondo e bar. In questa piacevole atmosfera ci fermiamo anche noi a mangiare. Riprendiamo l’auto e facciamo un giro fino al Pentagono (che osserviamo solo da lontano). Infine ci dedichiamo all’esplorazione di Georgetown, elegante quartiere ricco di negozi abitato solo da bianchi. Georgetown è anche un punto di riferimento per lo shopping e lì si trova anche il Georgetown Park, che non è un area verde ma un grande centro commerciale che include più di cento negozi e vari ristoranti. Questo quartiere è stato una cittadina portuale fino al 1793 quando venne inglobata nella città di Washington; per la fondazione della nuova capitale i due stati confinanti, la Virginia e il Maryland, cedettero il terreno. E così nacque il Distretto della Columbia. 5 agosto 2007 Lasciamo Washington, riprendiamo l’autostrada che in quest’altro tratto diventa più affollata e ci fermiamo in quella che Roberto ci indica come la stazione di servizio più antica della Pennsylvania. Ha ancora un certo fascino ed è proprio lì che incontriamo una bella famiglia di Hamish. Passiamo da Baltimora e la percorriamo in auto, ma come città non ci ha colpito troppo.

225 chilometri più tardi, arrivati alle porte di Philadelphia, ci sistemiamo in un Motel 6, una catena americana di motel, per 78 $ per ogni camera doppio double-bed senza colazione. Andiamo subito in città dove fermiamo la macchina in un parcheggio a Market Street e ci dirigiamo verso i punti storici della città. Andiamo al Visitor Center e poi di fronte per ammirare la Liberty Bell, simbolo dell’indipendenza americana. Passeggiamo per l’Historic District, una zona residenziale elegante composta di casette davvero deliziose.

6 agosto 2007 Arriviamo presto in città e parcheggiamo vicino al Museum of the Art, proprio quello della serie dei film di Rocky nei quali Sylvester Stallone con il caldo o con la neve corre su per la scalinata esultando dalla cima. Anche noi siamo saliti su per i gradini di corsa come il mitico Balboa e alla fine abbiamo scattato una foto vicino alla sua statua.

Passiamo la giornata in giro per il centro di Philadelphia che si rivela ai nostri occhi bellissima, elegante e in qualche modo somigliante a Boston. La città è ricca di bei negozi e strade costeggiate da edifici architettonicamente interessanti. Una caratteristica della città è quella di aver dipinto numerosissimi murales artistici che ricoprono intere facciate di palazzi.

Per festeggiare la partenza da Philly, come chiamano affettuosamente Philadelphia i suoi abitanti, ceniamo all’Hard Rock Cafè. Philly ci rimarrà nel cuore. 7 agosto 2007 Proseguiamo il nostro viaggio lasciando Philadelphia e la Pennsylvania, diretti di nuovo a NY ultima tappa del nostro tour. I 160 chilometri di quest’ultimo tratto di strada ci sembrano pochi forse perché sono gli ultimi negli Stati Uniti. Vivere questa esperienza on the road ci ha fatto cogliere un’America che solo in questo modo poteva essere apprezzata.

Questa volta il nostro arrivo a NY avviene attraverso Staten Island, quell’isola verde con le sue graziose casette dove pochi giorni prima eravamo approdati col battello. Quindi superiamo il Verrazzano Bridge e ci troviamo a Brooklyn, che percorriamo fino al quartiere dei Queens per avvicinarci il più possibile all’aeroporto JFK. La nostra partenza per l’Italia è prevista per il giorno successivo. Troviamo posto, sempre chiedendo le camere doppio double-bed, al Best Western (160 $ per camera compresa la colazione all’americana) e confermiamo il giudizio positivo su questa catena di alberghi. Dopo un po’ di meritato riposo, decidiamo di trascorrere il resto della giornata a Manhattan, riprendiamo la macchina e, attraversando il tunnel che corre sotto l’East River, ci ritroviamo in quelle strade ormai familiari. Parcheggiamo intorno alla 5th Ave 35St al “modico” prezzo di 31 $ e iniziamo a passeggiare per la città tra strade nuove e strade già conosciute. Sono un po’ malinconica perché sono le ultime ore nella Grande Mela. Concludiamo la serata lì dove avevamo iniziato la nostra avventura: a Times Square, di nuovo storditi dalle luci, la folla e l’allegro caos. E mentre la città che non dorme mai continua la sua eterna festa, apparentemente felice nella sua spensieratezza, noi ce ne andiamo tristi e silenziosi, lasciando che le sue innumerevoli luci si confondano alle nostre spalle con le stelle della notte d’America.

8 agosto 2007 E’ il giorno della partenza e ce la prendiamo comoda con le docce e la colazione. La sera prima Roberto e Maurizio hanno controllato i posti sull’aereo sul sito della British Airways, stavolta è tutto ok. Il volo è previsto per le 18:25, arriviamo in aeroporto con molto anticipo, consegniamo alla National l’automobile e prendiamo l’Airtrain che ci fa raggiungere con facilità il terminal n°7 e il banco del check-in. Siccome il terminal n°7 serve solo quasi esclusivamente la British, è piccolo e con pochi negozi. Noi dobbiamo fare le stesse tratte dell’andata: prima New York – Londra Heatrow e poi Heatrow – Milano Malpensa. Il bagaglio è quasi tutto a mano tranne un borsone che imbarchiamo con gli oggetti “pericolosi” e le cose di scarso valore, sempre per la paura di non veder arrivare il bagaglio. Il nostro aereo parte con un ritardo di un’ora ma nonostante recuperi durante il volo non riesce comunque ad arrivare puntuale. Perdiamo la possibilità di imbarcarci a Londra sul volo prenotato, quindi ci imbarchiamo sul volo successivo permettendo alle nostre valige di arrivare con noi a Malpensa. E siamo in Italia. Sigh!



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