Nepal e tibet

Un viaggio di una quindicina di giorni in Nepal e in Tibet non può certamente fornire una profonda conoscenza di questi due paesi, ma quanto meno può darvi l’idea di cosa sono stati nel passato. Il piccolo regno del Nepal nel X e XI secolo era una sorta di crocevia che ospitava intellettuali e santi provenienti dall’India e dal Tibet....
Scritto da: Franco Pizzi
nepal e tibet
Un viaggio di una quindicina di giorni in Nepal e in Tibet non può certamente fornire una profonda conoscenza di questi due paesi, ma quanto meno può darvi l’idea di cosa sono stati nel passato. Il piccolo regno del Nepal nel X e XI secolo era una sorta di crocevia che ospitava intellettuali e santi provenienti dall’India e dal Tibet. Soggiornavano e s’incontravano in questo stato per scambiarsi conoscenze filosofiche e religiose e informazioni di viaggi. Il Nepal era una terra di artigiani, molto apprezzati per le loro capacità di intarsiare il legno e per i loro dipinti. Dell’esistenza del Nepal la comunità internazionale seppe soltanto nel XVIII sec, a causa di un gesuita che, ammalatosi in Tibet, per fare ritorno in India aveva scelto –seguendo il consiglio di qualche locale- la strada attraverso il Nepal, allora ancora sconosciuta. Oggigiorno Kathmandu ci offre un panorama molto diverso da quello che doveva aver visto il gesuita. Gli alberghi sono situati in zone molto turistiche, non lontano da Thamel, quartiere che offre tutto ciò di cui un viaggiatore possa aver bisogno, compreso ristoranti con ottimo cibo. Non disdegnatelo perchè quando sarete in Tibet lo rimpiangerete! Ma Kathmandu non è solo Thamel; basta inoltrarsi per le strette viuzze che portano verso Durbar Square per ritornare nel medioevo. Mercatini per strada dove si vende frutta o verdure, casette con tetti e facciate di legno intarsiato, che nascondono cortili con stupendi tempietti; piccoli stupa dovunque; i sorrisi disinteressati della gente ci fanno varcare la soglia del nostro tempo per entrare in un altro, sconosciuto. Certo, visitare Patan o Bhaktapur vuol dire immergersi in ambienti frequentati da turisti, ma guardando bene si può facilmente immaginare come dovevano essere una volta questi luoghi. Il tempo sembra essersi fermato definitivamente a Pashupatinath, la Benares del Nepal, luogo dedicato a Shiva dove avvengono tutte le cremazioni della valle, situato sulle rive del fiume Bagmati che confluisce nel Gange, uno dei luoghi più sacri del Nepal. Intorno alle pire che consumano il corpo del defunto la vita continua tranquilla; i bambini giocano nel fiume e le donne lavano, i sadhu – veri e falsi- sono seduti poco distante a meditare silenziosamente (quelli più appiccicosi sono falsi). Un giro nei villaggi intorno alla valle di Kathmandu regala altre sorprese al turista che sceso dalla macchina ritrova condizioni di vita da noi completamente dimenticate. Recentemente la vita in Nepal è influenzata non poco da continui problemi politici: la minaccia dei maoisti, scioperi generali della popolazione, e, in questi giorni, un vero e proprio colpo di stato ad opera del re. Oggi mentre scrivo le comunicazioni telefoniche e via e-mail sono tuttora interrotte, ma i voli aerei funzionano normalmente. Chi intende visitare il Nepal deve tener conto di questi fattori, ma deve anche sapere che i turisti non sono un bersaglio dei terroristi e sono sempre trattati cortesemente ai posti di blocco. Più che altro s’incontrano disagi: traffico bloccato con impossibilità di fare le escursioni prefisse, negozi chiusi, militari che controllano lungo le strade.

Un giorno a piedi a Kathmandu ha un suo charme tutto particolare…Finora i trasporti da e per l’aeroporto- di cruciale importanza per i viaggiatori- sono sempre stati assicurati, a volte il proprio mezzo di trasporto viene scortato dalla polizia. Poi l’aereo con un balzo di un’ora ci porta verso un’altro mitico paese dell’Asia centrale, il Tibet. Occorrevano mesi per arrivare nella città proibita di Lhasa ai tempi di Desideri e, anche qui, ciò che lui aveva visto e descritto oramai non esiste più; ma la vista aerea dell’Everest e delle strette valli incuneate fra montagne inaccessibili non per questo smette di meravigliarci. La strada che ci porta verso la capitale del Tibet è veloce e ben asfaltata, ma spesso il pulman frena bruscamente perchè vi sono tibetani seduti quasi al centro della strada a chiacchierare tranquillamente; per loro è ancora una pista nel deserto che attraversavano con gli yak. Agli alberi che fiancheggiano la strada sono appoggiate le gowa, le barchette fatte con pelle di yak, una volta unico mezzo di comunicazione sullo Tsangpo, il fiume sacro che dal Kailash percorre migliaia di km per arrivare in India, dove prende il nome di Brahmaputra. Ed ecco Lhasa in distanza. Fra gli alberi si scorge il Potala, l’enorme e misteriosa abitazione del Dalai Lama. Entrare in Lhasa non è entusiasmante ma, come in Kathmandu, si scoprono posticini dove la vita è rimasta quella di un tempo o quasi, per esempio intorno al Barkhor. Il Tibet diventa più Tibet quando incominciamo la nostra discesa verso il confine nepalese. I villaggi formati da case con muri fatti in mattoni di fango, affiancate da alte cataste coniche di sterco di yak che serve per il riscaldamento e per la cucina, i tibetani che lavorano in gruppo durante la mietitura scandendo il ritmo lavorativo con canti che rimbalzano dagli uomini alle donne, tutto ciò ci porta in un Tibet che sembra rimasto autentico. Non è difficile entrare a curiosare in una casa, e non è difficile farsi offrire una tazza di “pö cha”- il tipico the al burro che i tibetani bevono in continuazione-. I nomadi sono felici di mostrarvi la loro tenda fatta in pelo di yak. Sono tende spaziose che offrono quanto occorre a questa popolazione che vive in un clima molto rigido. Ancora s’incontrano carovane di tibetani che si spostano con i loro yak seguendo le stagioni, montagne altissime e senza nome che dominano valli strette e villaggi arroccati sui pendii di colline. Piccoli monasteri che, a differenza di quelli visitati, sono irraggiungibili dove, forse, si conserva ancora quella spiritualità per la quale va famoso il paese delle nevi. Naturalmente il Tibet e il Nepal hanno seguito la modernizzazione, e i cambiamenti connessi con essa, materiali, politici e sociali, sono evidenti. Non tutto ciò che vediamo sarà di nostro gradimento; decisamente nè il Tibet nè il Nepal sono uno Shangrila dove la vita è idilliaca…Ma il viaggiatore che s’inoltra in queste terre con mente aperta e un pizzico di fantasia non potrà fare ameno di lasciarsi trasportare da un fascino che non è ancora del tutto perduto. Buon viaggio Franco e Kristin, febbraio 2005 http://www.Viaggiinasia.Com/



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