Nepal, India & Kashmir: tutto da solo, ma in mezzo alla gente
Nepal, India & Kashmir: tutto da solo ma in mezzo alla gente…no driver!
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26 settembre
Dopo qualche mese di preparazione, di ricerca, di rifinitura, di incastri e con qualche dubbio irrisolto, arriva il giorno di partenza. Questo giorno segna la fine del grande lavoro, delle ore piccole, di tutti gli incubi vissuti, di tutte le incertezze e timori che potranno essere dissolti definitivamente solo in loco. Il mio non è solo un viaggio ma anche una sfida contro le paure di quello che mi aspetterà e un test di prova sul proprio coraggio e capacità. Non sono nuovo a questo tipo di esperienza avendo fatto tutta l’Indocina da solo, ma questo viaggio ha un altro sapore, diciamo che il livello è più alto.
Volo serale con Air India (compagnia di medio livello) ci porta puntualmente a Delhi. Seguendo il percorso transfer, e dopo un po’ di controlli, arrivo all’ingresso per i voli, ma prima ritiro la mia carta d’imbarco al banco appena prima dell’ingresso ai voli, grazie a Dio già pronto, e dopo altri controlli posso prendere il volo Air India per Kathmandu.
Dal 27 al 30 settembre – Patan/Kathmandu e dintorni
All’arrivo bisogna riempire due moduli, uno scaricabile e compilabile da casa (su cui va messa una fototessera e reperibile su vari siti), e il secondo, la disembarcation card, disponibile all’entrata dell’aeroporto. È conveniente pagare la visa on arrival con dollari (25$) per evitare cambi sfavorevoli usando altre monete. All’uscita dell’aeroporto, mi aspetta il primo impatto con i tassisti che subito si fiondano per accaparrarsi la corsa di 800 NPR che si può ridurre notevolmente se si contratta o ancor meglio se si prende il taxi fuori dall’aeroporto.
La mia scelta è quella di non andare nell’orribile Kathmandu, ma di scegliere una più tranquilla Patan che si tradurrà in una scelta azzeccata. Avevo prenotato una G.H. proprio vicino alla Durbar Square in cui proprio quel giorno vi era un concerto di musica nepalese che mi accoglie con ritmi e suoni della loro tradizione. Passo così il primo pomeriggio a contemplare la magnifica Durbar e per cena mi delizio con il primo assaggio dei magnifici momo.
Un problema generale del Nepal è la carenza di energia elettrica che si riversa nella mancanza di illuminazione delle strade, per cui dopo il tramonto si è immersi nel buio e fa comodo portare un torcia al seguito. Al mattino dopo comincio le mie visite seguendo un itinerario da me studiato che mi porta come primo step a Kirtipur. Per arrivarci prendo un taxi e sarà anche l’ultima volta che userò questo mezzo. Appena entro nel tempio di Kirtipur vengo avvicinato da un ragazzo (Be) che si presenta come una guida e che si offre di accompagnarmi lungo il mio itinerario.
Con un po’ di titubanza accetto, con la promessa che avrei pagato se mi avesse soddisfatto la sua prestazione. Be conosce bene Kirtipur perché vive lì e mi fa fare un giro per tutto il paese facendomi vedere le cose più interessanti come il tempio e anche come si svolge la vita quotidiana così lenta che ti fanno rivivere i tempi di una volta. Lasciati Kirtipur, facciamo un pezzo di strada a piedi fino ad arrivare alla fermata del bus che ci porterà alla cittadina Newari Pharping.
Usare i bus locali e viverli è una esperienza particolare perché ci si trova a diretto contatto con il popolo e si è immersi in un contesto molto particolare. I bus sono affollatissimi, si viaggia sempre con la porta aperta presidiata dal controllore che si sporge costantemente all’esterno cercando di fare il “buttadentro” per far salire più gente possibile richiamando l’attenzione delle persone in strada con grida disumane. Dopo la visita al tempio di Dakshinkali e fatto un giro generale ci avviamo per un trekking che ci porterà a Khokana attraverso campi e risaie. Khokana è molto interessante, perché presenta un’atmosfera di altri tempi dove tutto è come una volta ovvero si possono vedere tutte quelle attività quotidiane svolte in modo antico: donne che lavano le stoviglie, fanno le trecce di aglio e peperoncino, attività artigianali. Facciamo anche visita ad una piccola fabbrica di olio di senape la cui presenza è annunciata dal gradevole odore così intenso che si sente per strada, e con molta curiosità seguo tutte le fasi della lavorazione. Si parte dalla cottura dei semi, che vengono versarti dentro una vasca e tramite una ganascia si pressano ad ottenere l’olio così profumato.
Prima di andar via chiedo a Be di fare un altro giro per rivedere il tutto. Al centro vediamo degli anziani con lunghe trombe che si si stanno preparando alla festa in maschera dell’indomani. Arriviamo a Bungamati, un piccolo paesino dove si possono ammirare delle eccellenze nell’artigianato locale. È molto interessante curiosare nelle botteghe dove vengono prodotti vere e proprie opere d’arte in legno e metallo, nonché artisti pittori. Credo che qui è possibile approfittare ad acquistare qualche ricordino veramente fatto a mano. Questo paese è attraversato dal fiume completamente inquinato dagli scarichi fognari di Kathmandu per cui è inutile come consiglia qualche t.o. di vedere il tramonto lungo le sponde del fiume, morirete dalla puzza. Lascio la guida Be con la promessa di rivederci l’indomani e corro a Kathmandu. Il livello di inquinamento atmosferico e acustico non ha eguali; certo ci sono delle cose belle da vedere, ma per me resta un postaccio. Arrivo, e dopo aver ricevuto indicazioni del tutto contrastanti, giungo a Tamel per prenotare una g.h. per l’ultimo giorno, faccio un giro tra le viuzze zeppe di gente e mercanti e riprendo da Ratna park il bus per Patan. Le strade non sono illuminate ed in generale vi è un problema di penuria di energia elettrica e considerato il caos che c’è per strada, non viene voglia di stare fuori dopo il tramonto per cui mangio e torno in albergo.
28 settembre
Mi alzo presto e incontro Be a Patan per iniziare il secondo giro che sarà molto interessante. La parte che esploreremo oggi, secondo il mio programma, è quella nord con la prima visita a Budhanilkantha dove vi è un tempio Indù molto interessante in cui vi è rappresentata una divinità sdraiata in mezzo all’acqua ricavata da un unico blocco di pietra. La figura giace sopra un serpente detto Shesha che rappresenta l’eterno. Proseguiamo a piedi, sotto qualche scroscio d’acqua, fino ad arrivare sulla collina Shivapuri Hill e proseguendo ancora a piedi, attraversando campi, bosco e risaie, arriviamo ad un gompa tibetano, luogo in cui incontro degli occidentali che prendono lezioni di buddismo e di meditazione, e devo dire che sono sempre di più quelli che si convertono a questa religione. Durante questo spostamento incontriamo piccoli centri agricoli collinari e sono molto curioso di scoprire il loro modo di vivere, per cui invito Be a chiedere alle ragazze che incontriamo alcune cose come la loro età e scopro che a 12 anni sono già sposate con figli e si dedicano al lavoro dei campi e ad accudire i piccoli.
Be mi conferma che qui si sposano molto presto ed è raro trovare una ragazza a 20 anni non sposata, tant’è vero che lui che ha 28 anni desta molta curiosità per il fatto di non esserlo ed infatti riceve varie lettere di invito al matrimonio da parte delle ragazze, ma lui non può neanche fidanzarsi perché non ha soldi e non può mantenere una famiglia. Proseguiamo per Gokarna, Kopan, Bodnath con il suo grande stupa buddista che domina l’orizzonte e conserva una grande importanza in quanto nelle sue vicinanze sorgono vari gompas tibetani, come Pashupatinath senza visitarlo all’interno ritenendo oneroso 1000Nrp. La giornata termina col la visita al tempio Swayambhunath ovvero il tempio delle scimmie che ho trovato carino con il grande stupa.
Da qui una passeggiata a piedi fino a Tamel in cui acquisto in extremis un biglietto del bus per Dumre riuscendo a trovare solo posto in cabina driver per le numerose richieste dovute al rientro della grande folla venuta a Kathmandu nei giorni precedenti in occasione delle feste. Saluto definitivamente Be, lo ringrazio e via con minibus fino a Patan.
Il terzo giorno lascio Patan per trasferirmi a Tamel dove passerò l’ultimo giorno e da cui posso facilmente prendere il bus per Dumre il giorno dopo. Raggiungo il centro tramite minibus e dopo essermi sistemato in g.h. corro a Baktapur per allontanarmi dal caos. La distanza da Tamel è circa 12km fattibili con bus locale; una volta arrivato pranzo e visito il centro storico. Direi che l’ho trovata come veniva descritta, ovvero come un centro tranquillo molto antico con una piazza molto bella che sembra una piccola Durbar square. Girare per quelle stradine ci si sente portati indietro nel tempo di un secolo; si può apprezzare lo stile delle costruzioni abitative, le attività artigianali locali, i vari negozi e la tranquillità assoluta. Dopo aver girato per qualche ora decido di visitare un tempio Hindu in cima ad una collina a 7 km da Baktapur. Mi incammino ma in caldo è notevole per cui decido di fare l’autostop ad una macchina che mi accompagna fin quasi al tempio e l’ultimo pezzo lo faccio in sella ad una moto che passava di lì.
Il tempio Changu Narayan è molto suggestivo e vale la pena vederlo. Io ho assistito dopo l’apertura di una porta tenuta chiusa da un sistema molto particolare, alla benedizione data da un religioso ai fedeli che lo richiedevano secondo il rito Hindu. Intanto mi incammino lungo la strada per ritornare a Baktapur e mentre pensavo a chi chiedere un passaggio, vedo avvicinarsi una moto con 3 ragazzi a bordo. Inizialmente ritengo improbabile che mi possano caricare ma faccio lo stesso segno che volevo un passaggio; la moto inchioda e mi sento dire ”go go”, salto su e arriviamo in paese col lo stupore di tutti quelli che ci vedono scorrazzare in quattro su una moto. Al ritorno a Tamel vado subito a visitare l’ultima parte che mi mancava prevista dal mio programma: Durbar Square. Per arrivarci seguo le indicazioni datemi dai passanti che troppo spesso sono contradittorie e sono costretto, pertanto, a chiedere di continuo fino a incontrare un ragazzo che andava in quella direzione senza più sbagliare. Debbo dire che la Durbar di Patan l’ho trovata molto più deliziosa e affascinante della Durbar di Kathmandu che mi appare poco curata e sporcata dalle eiezioni dei numerosi piccioni che la soggiornano, comunque merita una visita.
1 ottobre – Bandipur
Parto da Kathmandu alle 7.00 del mattino con bus turistico. Vi sono una miriade di bus in sosta pronti per partire e per trovare quello giusto bisogna chiedere agli autisti. E’ giorno di rientro per numerosi nepalesi che sono arrivati nella valle per le feste e che ora ritornano; c’è un traffico impazzito e per uscire dalla città occorre più di un’ora. Lungo la strada incrociamo gip, moto, auto private e bus che portano le caprette nepalesi sul tetto. Arriviamo a Dumre e velocemente prendo un bus locale per Bandipur. Quando questo comincia ad essere pieno, i ragazzi salgono sul tetto per trovare posto e quando arriviamo in paese è tutta una festa con applausi per quelli che stavano sul tetto del bus. Mi fermo alla prima g.h. che incontro che per 200Nrp mi da una stanza; lascio i bagagli, mangio qualcosa e subito mi avvio lungo il sentiero che conduce a Ramkot. Ci vuole proprio, dopo tanto inquinamento finalmente aria fresca e pura per disintossicarsi.
È molto bello questo sentiero per godersi un po’ di pace e tranquillità. Durante il trekking incontro tante persone che fanno ritorno a Ramkot dopo il giorno di festa con donne che vestono costumi tradizionali e c’è una ragazza che addirittura cammina scalza; le persone sono molto cordiali e si fa presto a fare amicizia. Ormai il sole comincia a scendere e decido di tornare indietro per visitare il paese. Devo dire che il centro è molto carino con la presenza di vari locali e si respira un’aria di calma; faccio conoscenza con una ragazza locale che è seduta su un muretto a godersi il panorama e il colloquio va avanti per molto tempo.
Il suo nome significa “luna piena” e quando mi domanda il significato del mio non so proprio cosa rispondere; mi chiede il livello di civilizzazione del nostro continente e si vede che sotto sotto soffre per la situazione di arretratezza che vive e ne è cosciente essendo studentessa e mi parla anche dell’opera Romeo & Giulietta . Faccio un bel giro per il centro e incontro un gruppo di ragazzi che si stanno dirigendo verso la fontana Tindhara, mi coinvolgono e uno di loro, il leader, mi parla dell’Italia, del Sic (Simoncelli della motoGP), molto divertenti. La giornata finisce a Bandipur, è stato breve ma molto bello.
2/3 ottobre – Pokhara
Mi alzo presto per fare un ultimo giro per Bandipur e arrivo al muretto dove avevo conosciuto “luna piena”, fisso un ultimo sguardo su quel belvedere e tornando indietro incontro proprio lei davanti a casa sua: la saluto e vado via. Cerco il bus per Dumre, ma quel giorno è festa e mi dicono che non ce ne sono per cui prendo un auto privata insieme ad altre persone; da lì autobus locale fino a Pokhara. Mi trasferisco nella zona Lakeside dove trovo il mio hotel già prenotato e subito affitto una bici per scarrozzare per la città.
Pokhara appare subito molto diversa da Kathmandu, è più ordinata c’è meno caos e inquinamento, e vi sono poche cose da vedere; diciamo che può essere un posto per riposare. Arrivo al bus stand per chiedere informazioni sul bus che va a Sonauli, ma decido di rinviare l’acquisto in prevendita per poterlo acquistare direttamente sul bus. Decido saggiamente di visitare il Museo Internazionale della Montagna in cui si possono apprendere molte cose sui costumi, sulle etnie locali, sulla geografia e topografia, sugli utensili antichi, sulle spedizioni sulle affascinanti cime più alte del mondo tra cui quelle italiane che furono i primi a salire sul K2 e i primi a salire sull’Everest senza ossigeno (Messner), veramente bello. Seguono le visite alle cascate Davis, alle Cave, al Tibetan Village dove ci sono donne anziane che lavorano la lana per i tappati in modo tradizionale, fino ad arrivare a Peace Padoga, ma non sono salito per motivo di tempo. È bello finire la giornata sulla sponda del lago per potersi rilassare. La sera si possono fare dei giri per vedre gli innumerevoli negozi.
Il mattino dopo mi alzo alle 5 per salire su Sarangkot facendo trekking (si può prendere anche un taxi per 1000Nrp), ma non posso uscire perchè trovo chiuso l’albergo, quindi aspetto un po’ che faccia giorno. Mi incammino riuscendo a trovare la strada per salire e devo dire che mi hanno messo a dura prova quelle migliaia di scalini ripidi in mezzo al bosco, ma sono riuscito con soddisfazione ad arrivare fino in cima. Naturalmente a mano che si sale si possono fare delle soste per ammirare il panorama che da sul lago. Arrivo e butto lo sguardo sulle cime altissime del’Annapurna e company che sembrano sospese nell’aria. Considerato il periodo non c’è l’orizzonte nitido e cielo terso come in inverno, ma si vedono comunque bene. Vedo passare vari piccoli aerei e altre tipologie di velivoli tutti diretti verso le cime delle altissime montagne. È il momento di fare il percorso al contrario molto più comodo in discesa e quando arrivo in paese riprendo una bici per arrivare a Begnas lake con i suoi 13 km che si possono fare tranquillamente a parte il sole forte. Passo il resto del pomeriggio sulle rive del Pewa lake.
4 ottobre – Gorakpur
È arrivato il grande giorno, si quello di dire addio al Nepal e Namaste all’India. A Pokhara ci sono 2 bus station, uno locale (Prithvi) da dove partono i bus locali e notturni per il confine e il tourist bus stand per i bus turistici. La mia scelta è quella di arrivare a Sonauli mentre vedo che tutti gli altri prendono il bus per Bhairawa: chi ha fatto meglio? Chissà. Devo dire che il ticket fatto sul bus costa molto di più di quello che mi avevano chiesto alla biglietteria rimanendo molto sorpreso, tuttavia arriviamo nei pressi del confine e con altro bus locale fino al confine. Ho letto molte recensioni su questo trasferimento ma tutti mi hanno lasciato dubbioso circa i tempi per arrivare da Pokhara, per cui tengo a precisare per i posteri che questo trasferimento è fattibilissimo all’interno dello stesso giorno senza fare stop a Lumbini o altro, infatti arriverete tre le 13 e le 14 e avrete tutto il tempo per giungere in India.
Il confine è un far west pieno di gente e molto polveroso, si deve passare prima all’immigration del Nepal per il timbro d’uscita, poi perquisizione al check point militare indiano, infine immigration indiano per l’entrata, il tutto sotto sole bollente. Ci sono dei cambiavalute a tassi svantaggiosissimi, ma è meglio liberarsi delle rupie nepalesi che non saranno accettate in India. In questa fase ritrovo il ragazzo di Taiwan che stava con me sul bus e l’aiuto a riempire i moduli e a cambiare i soldi. Lo invito a non dare retta a quelli che offrono passaggi per l’India e così lo convinco a prendere il bus governativo (di colore beige) che con pochi spiccioli ti porta a Gorakpur, la prima città indiana, in tutta sicurezza. Una volta arrivati mi colpisce subito gli orinatoi che sono aperti e non chiusi alla faccia della privacy, e credo che da qui si capisca cos’è l’India. Una volta cenato insieme a prezzi ridicoli e trovato l’albergo per lui, lo saluto e mi trasferisco alla stazione per prendere il treno.
Prendere il treno in India è una esperienza a parte, tutta particolare. Si arriva alla stazione e si trovano centinaia di corpi umani allungati per terra, mucche che girano senza meta e ratti di almeno 6 etti l’uno che ti girano intorno nella più totale normalità. Il clima è pauroso con umidità e temperature alte da soffocare. Allo stesso modo prendere il treno è anche un po’ impegnativo per capire tutto come funziona: binario, numero carrozza, numero cuccetta. Tuttavia il treno arriva in orario, salgo su, trovo il mio posto in terza classe (con lenzuola e coperte) e dopo aver ceduto alle avance di un indiano di cambiare posto, ritorno al mio assegnatomi con tono fermo anche alla richiesta del controllore (biglietto fatto dall’Italia su Cleartrip).
5 ottobre – Varanasi
Il treno arriva a Varanasi alle 4.30 e dalla stazione con ciclorisciò raggiungo i ghat. La scelta di questo mezzo mi ha un po’ lasciato nel dubbio nel vedere un anziano pedalare per me, per cui decido di non prenderlo mai più. Arrivo al ghat principale Dasaschwameth molto presto e ci sono poche persone, qualcuna fa il bagno nel Gange e vengo subito avvicinato da un barcaiolo che si offre per un giro in barca per 1 ora. Contratto il prezzo e andiamo verso nord fino al ghat Manikarnika dove si eseguono le cremazioni; sostiamo e una persona che si qualifica come direttore delle cremazioni mi da delle spiegazioni per raggiungere il suo scopo, la mancia.
Finito il giro cerco un g.h per custodire lo zaino e comincio il giro per esplorare tutte le stradine che sono alle spalle dei ghat. Lungo una di queste vedo una fila di gente enorme, incuriosito mi accorgo che mi trovo al tempio Vishwanath che posso guardare solo dall’esterno senza poter fotografare per non irritare le guardie che al sol vedere la macchinetta fotografica mi si lanciano addosso. Fa molto caldo e nel pomeriggio passeggio attraversando tutti i ghat fino a Asi ghat e prima ancora a Harishchandra ghat dove assistiamo alle cremazioni e alle spiegazioni molto approfondite di un altro direttore dei lavori che ci dice che occorrono 300 kg di legna per una cremazione con legna speciale che previene l’0dore acre e ci dice che i resti vengono buttati nel Gange; i bambini non possono essere cremati, ma abbandonati sul letto del fiume. L’ora della Puja si avvicina e prendo posizione al Dasaschwameth ghat dove all’imbrunire iniziano gli spettacolari riti Hindu che attira moltissime persone che assistono alla rappresentazione di canti, esibizioni e altro per 1 ora.
È ora di andare, prendo il mio zaino e mi trasferisco alla stazione dove attendo il treno per Satna. L’attesa è lunghissima in quanto il treno viaggia con 3 ore di ritardo, durante questo tempo posso vedere spettacoli raccapriccianti ovvero come viaggiano le persone di classe inferiore che saltano sul treno forzando le porte e si ammassano dentro le carrozze che sembrano dei deportati di Auschwitz. Alla fine c’è anche un cambio di binario che riesco a capire all’ultimo momento e solo dopo aver chiesto numerose volte se il treno era giusto, salto su per cercare la mia cuccetta questa volta in classe sleeper senza a.c.
6 ottobre – Khajuraho
Arrivo a Satna molto tardi rispetto alla tabella di marcia e non riuscendo a fare taxi sharing per mancanza di turisti, tantomeno una contrattazione a me favorevole, raggiungo la stazione dove prendo il bus per Khajuraho. Il bus ferma ad una certa distanza dai siti archeologici per cui bisogna prendere un tuk tuk Nella fattispecie scelgo di visitare la parte western dove sono riprodotte le scene erotiche del tantra così tanto famose.
Visto che non visito altro per mancanza di tempo faccio due giri per contemplare meglio cotanta scultura così particolareggiata. All’uscita dal sito ricevo vari inviti per un taxi e dopo una dura contrattazione spunto un prezzo verosimilmente favorevole e così parto per Jhansi da cui ho prenotato il treno per Agra. Saluto il taxista ed entro in stazione; sul binario sono in attesa persone un po’ diverse dal solito, non vedo il solito spettacolo da carro bestiame, ma indiani ed occidentali di livello che prendono questo treno fino a Delhi con cena servita a bordo. Arrivo ad Agra puntuale e con ciclorisciò fino in albergo abbastante distante dalla stazione.
7 ottobre – Agra, Fatehrpur Sikri
Mi alzo all’alba per essere alla 6.00 al cancello di entrata del grande Taj Mahal e trovo già altre persone. I controlli sono un po’ fastidiosi e quando perquisiscono lo zainetto e trovano la torcia me la vogliono sequestrare, ma per incomprensione tra i poliziotti prendo e me ne vado(non conviene portare questo aggeggio perché non serve al contrario di quello che avevo letto). Il Taj è veramente un’opera grandiosa degna di essere vista e contemplata; è un’opera armoniosa che veramente da la sensazione di espressione dell’amore e del romanticismo. Appena si entra nel sito ti appare di fronte imponente e armonioso; la visita all’interno è abbastanza veloce se non hai la guida, puoi solo soffermarti sui particolari, su come è meticolosa la lavorazione del marmo. Dopo averla girata e riguardata più volte, torno in hotel per il check out e per trasferirmi a Agra Fort con tuk tuk. Deposito lo zaino presso la clock room e comincio ad esplorare il forte di arenaria rossa. Questa visita non mi soddisfa molto sia per il caldo che cominciava ad incalzare, sia per il mio intestino molto nervoso per la cena sul treno della sera prima che mi ha portato a visitare più volte la toilet, che per la poca impressionabilità del forte che ha avuto su di me. Diciamo che la cosa che mi è piaciuta di più è la vista da varie posizioni, ovviamente da lontano, del Taj Mahal che appare all’orizzonte. Lascio il forte e arrivo a Idgah bus stand di Agra per prendere un bus locale per Fatehrpur che in 1 ora mi porta sul posto.
Non mi aspettavo di trovare un sito così interessante. Si entra dall’ Agra Gate, si fa 1 km e si arriva al sito che comprende varie zone: edifici amministrativi, quartieri privati, harem e usciti fuori si può visitare la vicina moschea che in quel momento era piena di gente. Finita la visita, usando un passaggio con moto, ritorno all’Agra Gate e al volo fermo un bus che mi porta a Jaipur.
8 ottobre – Jaipur
Arrivo a Jaipur in serata e dopo essere stato abbastanza infastidito dagli inviti per taxi e cose varie, mangio qualcosa in un chiosco e raggiungo l’hotel. Al mattino usando bus locali visito Amber Fort. Già da sotto appare come una struttura imponente e molto interessante a cui si può accedere a piedi salendo degli scalini oppure a dorso di elefante. Il forte consta di vari palazzi, sale, cortili e richiede qualche ora per la visita completa. Molto bella la visuale che da sul lago visibile da alcune stanze. All’uscita ci sono dei personaggi che suonano il mandolino e il flauto coadiuvati da un cobra nero che viene fuori dal cesto dopo la rimozione del coperchio e si mette in posa insieme ai turisti per essere fotografato. Non molto distante dal forte si arriva con bus locale al JAl Mahal, un palazzo al centro del lago usato come svago di corte, oggi abbandonato e semisommerso dall’acqua. Arrivo in centro alla Pink City dove vi sono vari siti da poter visitare come l’Hawa Mahal il più famoso palazzo della reggia di Jaipur che serviva alle cortigiane per osservare i passanti senza essere viste attraverso le finestrelle che danno sulla strada. Un’altra struttura di interesse è il Jatar Mahal, l’osservatorio astronomico che consta di vari elementi per la misurazione del tempo, per l’osservazione dei pianeti etc. Veramente interessante. Per chi vuole fare shopping, in questa zona vi sono numerosi bazar che vendono prodotti artigianali locali, pashmine, tappeti e altro. Terminato il giro raggiungo l’hotel a piedi e dopo aver ritirato lo zaino prendo il bus sleeper per Amritsar.
9 ottobre – Amritsar
Amritsar: la terra dei Sikh; la riconosci dal tipo di copricapo che indossano, mi sono simpaticissimi. Questa è una città piena di storia e di eventi, si trova al confine col Pakistan e la loro religione è il sikhismo, ovvero un misto tra induismo e islamismo. Tra gli eventi storici ricordiamo il massacro perpetrato dai coloni inglesi che dopo aver circondato i sikh in una piazza li hanno fucilati arrivando a 1500 tra morti e feriti. L’operazione Blu Star comandata Indira Gandi contro i sikh. La guerra di spartizione del territorio tra Pakistan e India che ha provocato la cacciata dei sikh da Lahore e quella degli islamici da Amritsar. Arrivo alla stazione dei bus e mi reco alla stazione ferroviaria per depositare la valigia alla cloak room, alla quale si può accedere solo se hai il biglietto ferroviario, ma dopo aver detto che sono arrivato in bus mi lasciano depositare lo stesso lo zaino.
Vi è un bus rosso che fa la spola tra la stazione e il Tempio d’Oro. Ci sono delle regole per entrare come lavarsi i piedi, non indossare le calzature, mettere un copricapo e all’entrata viene offerto anche un pasto; quel giorno il tempio era affollatissimo e dopo aver fatto un giro tutto intorno alla piscina mi sono messo a fare la fila per entrare e prima di arrivare bisogna attraversare un lungo corridoio che simboleggia la cruna di un ago. Forse era un giorno particolare, come mi avevano detto, ma la calca era talmente tanta che dopo 2 ore avevo fatto pochi metri, ma quello non era il male peggiore, infatti la forte pressione esercitata dalle persone in fila era talmente tanta che si rischiava di rimanere schiacciati per cui dopo aver richiamato l’attenzione di alcuni mi sono fatto sollevare di peso e sono riusciti ad estrarmi da quell’inferno.
Recuperata la libertà sono restato nel tempio ancora un p0′ e dopo aver visitato i mercati nei dintorni, recuperato lo zaino alla stazione, parto con bus locale per Pathankot. Per quelli che rimangono la sera è possibile andare a Attari per vedere lo spettacolo di chiusura del confine India/Pakistan dove i militari si esibiscono tra l’entusiasmo della folla; per andare lì è possibile fare taxi sharing a 100Rs (troverete i procacciatori per strada nei pressi del tempio d’oro).
10 ottobre, Mcleodganj
Dalla stazione dei bus ne prendo uno al volo che mi fa raggiungere Pathankot nel tardo pomeriggio (l’ultimo bus diretto a Mcleodganj parte alle 12). Purtroppo il prossimo bus per Macleodganj parte alle 21.30 e con molto dispiacere e pazienza aspetto rendendomi conto che arriverò a destinazione a notte fonda. Intanto chiedo a dei ragazzi di chiamare il mio albergo per avvisare che arriverò molto tardi e di aspettarmi e molto gentilmente lo fanno. Finalmente arriva l’ora di partire! Sognavo di fare quel tragitto con la luce del giorno per ammirare quei bellissimi scenari naturali che mi vengono negati dal buio.
Dopo uno stop per rifocillare gli autisti arrivo a Darhamsala al taxi stand dove trovo una serie di taxisti tutti addormentati dentro le loro vetture. In un primo momento rimango dubbioso su cosa fare anche perchè era l’una di notte, ma poi con coraggio mi metto a picchiare ai finestrini e dopo che uno infastidito mi indica di andare da altri, faccio qualche metro e picchio ad un altro che da dei segni di vita muovendosi, ma continuando a picchiare riesco a svegliarlo e a farmi accompagnare a Mc. Gli mostro la mappa che avevo stampato su Google e dopo averla studiata si parte. La strada non era molta ma è tutta rotta ed in salita; arriviamo ad un certo punto e non riusciamo più ad andare avanti, a questo punto non rimane che telefonare alla reception e con un po’ di trepidazione riusciamo a parlare col titolare che ci dice di aspettare lì vicino che sarebbe venuto a prendermi. Scendo dalla macchina e guardandomi intorno scorgo un un uomo che sta salendo al buio da una scarpata: finalmente ci siamo, arrivo in stanza. Mi alzo presto e aprendo le tende dei finestroni posso ammirare un bellissimo panorama di montagne e vegetazione; esco fuori per iniziare il giro e sono molto curioso ed emozionato nel pensare a quello che avrei scoperto in questo posto.
Cerco subito il posto che mi ha portato fin qui, il Tsuglagkhang, ovvero tutta la struttura buddista tibetana che comprende il monastero e la residenza del Dalai Lama. All’entrata bisogna consegnare la macchina fotografica e il telefonino, passare sotto il metal detector e si viene perquisiti. Visito tutto ciò che è permesso: due sale di meditazione i corridoi degli alloggi e mi fermo davanti al cancello della residenza di Sua Santità presieduta da guardie e autisti. Domando se avessi avuto possibilità di vederlo, ma purtroppo quel giorno non era prevista l’uscita. Visito il museo annesso alla struttura in cui si possono vedere rappresentazioni fotografiche, oggetti e altro, che testimoniano l’orrore perpetrato dal governo cinese che ha distrutto in Tibet un patrimonio inestimabile di 6000 monasteri e milioni di tibetani uccisi.
Torno nuovamente dentro e incontro due suore buddiste una brasiliana e una svizzera con cui ho un breve colloquio sul loro essere buddiste. Sono stato sfortunato ma ne ero al corrente del fatto che il Dala aveva avuto fino al giorno prima che arrivassi io delle lezioni a cui si potevano assistere e sicuramente sarebbe stata una bellissima esperienza…occasione mancata.
Visito a circa 1 km dal centro la bellissima chiesa anglicana St. John in the Wilderness (1852), con annesse delle tombe di illustri inglesi, che rappresenta un simbolo cristiano in mezzo a tanto induismo e buddismo; a 3km invece troviamo le cascate di Bhagsu raggiungibili con una passeggiata. Arrivo al pomeriggio, mangio l’ultimo piatto di momo e parto per Delhi non prima di aver discusso lungamente con l’autista circa i tempi di arrivo in quanto avrei dovuto prendere l’aereo per Leh l’indomani. Durante il viaggio parlando col passeggero di fianco, mi suggerisce di scendere prima dell’arrivo a Delhi in un punto particolare sull’autostrada chiamato “bypass”. Prendo accordo con l’autista e quando arriviamo lì mi chiama, scendo venendo subito circondato da una miriade di tuk tuk che si offrono per portarmi in aeroporto. La trattativa è dura e giungiamo ad un accordo ingaggiando un altro cliente che arriva con un altro autobus.
11/12 ottobre – Leh, Ladakh, Kashmir
Temevo di arrivare in ritardo al T1D dell’aeroporto Indira Gandhi anche perchè abbiamo fatto molta strada col tuk tuk dal bypass , ma invece arrivo con notevole anticipo che mi permette di fare il tutto con calma. Al check in scelgo il sedile finestrino per poter ammirare lo spettacolo delle montagne himalayane. Infatti è proprio così, a metà volo comincino a spuntare all’orizzonte le altissime cime che si presentano a tratti innevate e con piccoli e grandi laghi.
Arriviamo a Leh in una giornata di sole splendida in un aeroporto molto piccolo notevolmente presidiato dai militari; dopo aver disbrigato qualche pratica esco fuori e prendo un taxi condiviso con una famiglia indiana che diventeranno miei amici di viaggio. Arriviamo in città e cominciamo ad cercare una g.h. insieme alla famiglia indiana con la quale decido di condividere l’escursione dell’indomani a Pangong Lake. Intanto per quel giorno volevo raggiungere in jeep il passo più alto del mondo Khardung La Pass, ma per arrivarci occorre il Permit, pertanto mi reco in un’agenzia che mi dice che occorrono almeno due persone per la pratica. Allora vado direttamente al D.C. Office ma il tipo nervosamente mi rimanda all’agenzia, per cui l’unica soluzione era quello di trovare un’altra persona.
Trovo una g.h e camminando per strada incontro due ragazzi inglesi ai quali spiego il problema del Permit. Uno dei due capisce subito e insieme creiamo una list per ottenere i rispettivi Permit. Decido di non andare più al Khardung La perchè ormai è tardi e conviene visitare Leh. Leh è un piccolo paese che giace in una valle a 3500 m circondato da montagne aride, sabbiose senza vegetazione, con abitanti molto diversi dagli indiani che avevo incontrato fino allora. La main street è cantiere a cielo aperto per il rifacimento della strada e con difficoltà si riesce a camminare, da questa dipartono una serie di stradine belle da scoprire.
È bassa stagione e molti negozi e agenzie sono chiusi, ma per caso ho scoperto un fornaio che sforna delle piadine buonissime a 10 Rs l’una. Alzo lo sguardo e fisso il Leh Palace malandato arroccato su un colle e mi dirigo lì facendo un piccolo trekking. Il Palazzo a 9 piani era la sede della famiglia reale, oggi mezzo distrutto; non molto distante sulla Namgyal Hill vi è il Tsemo Gompa che non mi faccio sfuggire anche se l’arrampicata fin lì richiede un po’ di fiato. Arrivato in cima si gode di uno spettacolo che da su tutta la valle con vista unica della montagne che circondano il paese. Dopo aver scattato delle foto scendo giù, vado in agenzia per ritirare il Permit che mi servirà il giorno dopo e raggiungo il lo Shanti Stupa. Anche questa volta c’è da scalare per arrivare in cima, ma raggiunta la vetta c’è un bellissimo panorama e lo stesso stupa mi ha colpito positivamente. Ormai la serata volge al termine, mangio qualcosa e torno in albergo anche perchè dopo il tramonto non c’è più nessuno per strada. La notte trascorre non molto tranquilla per il freddo che ho avuto anche se ero avvolto dalle coperte.
Mi alzo presto per arrivare al meeting point puntuale dove aspetto gli altri della comitiva avendo organizzato un’escursione al mitico lago Pangong Lake. Dopo di me i primi ad arrivare è la famiglia indiana che avevo conosciuto il giorno prima. L’attesa della gip comincia ad essere noiosa sia per il freddo che per l’impazienza che comincia ad emergere, e quando stavamo quasi per rinunciare ecco che arriva con un’ora di ritardo. La strada è molto lunga e scomoda, alternata a tratti normali con tratti mulattiere. Lo spettacolo è notevole, siamo circondati da montagne, valli, corsi d’acqua, pascoli di animali selvatici come cavalli, muli e non potevano mancare i mitici Yak (detto anche bue tibetano). Arriviamo a Chang La pass 5300 mt e facciamo una sosta; vi è una postazione militare che ci ospitano nel loro gabbiotto a bere un thè caldo squisito. Restiamo un po’ e si riparte arrivando ad un certo punto in cui si cominciava a scorgere il lago da lontano e a mano a mano diventava sempre più evidente. La sosta al lago dura qualche mezz’ora e c’è tempo per fare foto, pranzare e ammirare le varianti di colore che offre la superficie dell’acqua. Ci spostiamo un po’ con la gip per vedere più dall’alto e si riparte. Prima di arrivare faccio richiesta di fermarci al Thikse Gompa che trovo molto interessante per la sua spiritualità che emana e sua struttura particolare con uno stupa distribuito su due piani. Il pomeriggio tardi faccio l’ultimo giro al mercato, compro la frutta e torno in albergo per preparare lo zaino. Al mattino mi alzo presto e ho tutto il tempo per arrivare in centro e comprare 4 piadine dal fornaio che le sforna caldissime e buonissime. Prendo il taxi e arrivo in aeroporto. I controlli sono rigorosi e numerosi; bisogna passare vari varchi dove si è perquisiti, controllati al metal-detector finanche vogliono smontare il cellulare che prontamente impedisco. Con volo GoAir (airbus 320) arrivo a New Delhi T1D e con bus shuttle mi trasferisco al T3 in condizioni climatiche completamente opposte a quelle che avevo lasciato a Leh. La storia è finita: si torna a casa.
Considerazioni e informazioni utili
- Il viaggio è stato organizzato senza alcuna agenzia benché meno di guida cartacea, ma solo uso di internet.
- Ho sempre viaggiato, mangiato e vissuto in mezzo alla gente normale senza vedere, molte volte, traccia di faccia occidentale, ma senza avvertire senso di pericolo.
- A mio parere ci sono delle questioni che devono essere chiare prima di partire ovvero sulle contromisure da applicare sul campo al verificarsi di talune condizioni come difendersi dagli eccessivi inviti restando fermi o ignorare; contrattare sempre prima di accettare il loro prezzo; non credere mai a quello che ti propongono, ma verificare; richiedere molteplici volte le informazioni su dove si va ai vari passanti per avere conferma che l’indicazione data dal primo sia giusta (troverete molta confusione soprattutto in Nepal); evitare i ciclorisciò per non vedere gli anziani pedalare per voi.
- Tutto ciò per cui si offrono è solo per un tornaconto personale.
- Prendete liberamente i bus locali sono molto economici e potete sempre confidare sull’aiuto delle persone.
- Non aprire mai il portafoglio vicino alle altre persone, sarete guardati con mille occhi.
- La prima cosa da mettere in borsa è la carta igienica non reperibile in tutte le g.h. e una torcia.
- Se si viaggia in treno evitare la classe sleeper per mancanza dell’aria condizionata.
- Non c’è bisogno dell’adattatore per la presa di corrente anche se la spina ci sta un po’ larga.
- I treni (usare Cleartrip.com) e i bus a lunga percorrenza sono stati prenotati tutti dall’Italia.
- La visa per l’India si acquisisce dall’Italia riempiendo prima un modulo online e recandosi in ambasciata personalmente o con agenzia per la pratica. Troverete notizie sul sito ufficiale dell’ambasciata Indiana. Teoricamente si dovrebbe richiedere prima la tourist visa (multi entry 6mesi) e se questa viene accettata acquistare il biglietto aereo.
- Telefono della guida di Kirtipur per la zona di Kathmandu: Be (pron. Bi) Nara tel.9841757200 (parla un po’ italiano).
Altre considerazioni
Quando si va in questi paesi pensiamo spesso alla natura incontaminata, al verde, all’aria pulita, purtroppo non è sempre così. Mi sono ritrovato per l’ennesima volta di fronte a spettacoli raccapriccianti come l’altissimo inquinamento atmosferico e acustico a Kathmandu, rifiuti di ogni genere dappertutto, nonché corsi d’acqua inquinati dagli scarichi urbani. Generalmente le persone non hanno nessuna coscienza civica del danno che stanno provocando alla natura ed è necessaria una formazione ambientalista dalle scuole inferiori per sviluppare il senso del valore dell’ambiente pulito.
Ritengo non ammissibile lasciare qualsiasi tipo di rifiuto anche nei percorsi di trekking dove dovrebbe esistere solo un colore: il verde.
Lascio questi paesi sempre con la speranza che le nuove generazioni possano essere con la loro sensibilità i guardiani di un mondo più pulito!