Malta: tanta storia e sprazzi di bel mare

Venerdì 25 Agosto 2000: Finalmente partiamo per Malta, e dico finalmente non perché sia trascorso un lungo periodo dall’ultimo viaggio (neanche due mesi), ma per il semplice motivo che se ne parlava ormai da lungo tempo (almeno due anni) e già l’estate scorsa la si era scelta come meta, per poi ripiegare, all’ultimo momento, su...
Scritto da: LucaGiramondo
malta: tanta storia e sprazzi di bel mare
Partenza il: 25/08/2000
Ritorno il: 10/09/2000
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Venerdì 25 Agosto 2000: Finalmente partiamo per Malta, e dico finalmente non perché sia trascorso un lungo periodo dall’ultimo viaggio (neanche due mesi), ma per il semplice motivo che se ne parlava ormai da lungo tempo (almeno due anni) e già l’estate scorsa la si era scelta come meta, per poi ripiegare, all’ultimo momento, su Formentera. Durante tutto il tempo abbiamo menzionato così tante volte i nomi delle isole che formano il piccolo arcipelago al largo della Sicilia che anche Federico ha finito per impararli a memoria.

Incuranti delle superstizioni prendiamo il via alle 20:45 di un caldo venerdì sera, ignorando così i moniti lanciati da un famoso proverbio. La “Punto blu”, sulla quale ci troviamo Sabrina ed io, fa strada al camper con a bordo Federico ed i nonni, naturalmente. Tutto questo può apparire strano, ma lo scopo è quello di dormire nei pressi dell’aeroporto di Malpensa in modo da evitare una quanto mai scomoda levataccia altrimenti necessaria per riuscire a prendere il volo in partenza nella mattinata.

La singolare ed inedita carovana varca, ormai all’imbrunire, il casello autostradale di Faenza, proseguendo, sul l’A14, in direzione nord. Il traffico appare subito molto intenso, ed è solo la “testa” di quel l’immaginario “serpentone” di automezzi previsto sulle strade per questo week-end , più noto come controesodo estivo. Già prima di Bologna siamo, praticamente, fermi in coda: procediamo quasi a passo d’uomo e, dopo un’ora abbondante, riusciamo, finalmente, a lasciarci alle spalle il capoluogo emiliano, imboccando l’A1 in direzione di Milano.

Le tre corsie che formano la carreggiata nord viaggiano costantemente piene rendendo il viaggio lento e noioso: beata Sabrina che non perde l’occasione per schiacciare un bel pisolino.

Alla barriera di Milano sud, mentre le lancette dell’orologio segnano ormai la mezzanotte, ci aspetta, poi, un’altra inevitabile coda.

Sabato 26 Agosto 2000: Percorriamo tutta la tangenziale ovest del capoluogo lombardo e proseguiamo in direzione di Varese. Il traffico è decisamente calato ed ora è quasi inesistente, così ci approssimiamo all’aeroporto di Malpensa e, nonostante l’ora tarda, Sabrina telefona a casa per far sapere del nostro imminente arrivo.

All’ 1:00 transitiamo di fronte al “Terminal 2” e seguiamo le indicazioni per Somma Lombardo e quindi per il parcheggio Panicucci, nel quale lasceremo l’auto e dove trascorreremo le restanti ore di questa lunga nottata.

Raggiunta l’area di sosta mi appresto a scaricare le valigie e, mentre lo faccio, ad una gli si rompe il manico: mi lascio scappare qualche imprecazione e la sistemo sul camper, poi parcheggio l’auto e mi preparo, assieme agli altri, a beneficiare delle poche ore di sonno che, oramai, ci sono rimaste.

Non appena inizia ad albeggiare, però, un maledetto gallo comincia a cantare, fin quando, alle 7:15 in punto, parte il primo aereo e fa letteralmente tremare il letto. Ci alziamo poco dopo un po’ frastornati, facciamo colazione, riusciamo, per fortuna, a sistemare la valigia rotta e ci prepariamo a salire sulla navetta che ci accompagnerà all’aeroporto.

Salutiamo i nonni che, gentilmente, ci hanno accompagnati fino a questo punto ed una manciata di minuti più tardi siamo di fronte al “Terminal 1”, con i bagagli sul carrello e con Federico eccitatissimo e orgoglioso di portare quello zainetto pieno di giochi sulle spalle che unito al sorriso fisso sulle labbra lo rendono straordinariamente simpatico.

Cerchiamo sui monitor il volo Air Malta km629 e, quando lo troviamo, con piacere notiamo che non sono previsti ritardi, imbarchiamo i bagagli e ci mettiamo in attesa nei pressi di un bar accanto al quale si trovano alcuni giochi per bimbi: quanto di meglio si possa chiedere per ingannare il tempo nelle nostre condizioni. Senza fretta ci avviamo, quindi, verso la porta B11 che, più tardi, varchiamo in perfetto orario. Perdiamo, però, almeno dieci minuti a causa della navetta che ci deve accompagnare all’aereo, la cui porta non ne vuole sapere di chiudersi. Così anche il Boeing 737 dell’Air Malta stacca da terra più o meno con lo stesso ritardo: alle 10:37 partiamo verso nord per poi virare ed invertire subito la rotta.

In breve ci ritroviamo sopra al Mar Ligure, quindi sull’Argentario e l’Isola del Giglio, ma c’è molta foschia ed il panorama non è dei migliori. Sorvoliamo il Mar Tirreno e la terra riappare quando sotto di noi si vede la Sicilia, con, in lontananza, l’inconfondibile cono vulcanico dell’Etna, e poi ancora mare, fin quando, ormai in piena fase di atterraggio, ecco scorre sotto i nostri occhi prima Gozo, poi Comino ed infine Malta, in pratica l’intero arcipelago che si estende per 70 chilometri nel Mar Mediterraneo, a 95 chilometri dalla Sicilia e 290 dalla Tunisia. Atterriamo alle 12:18, ritiriamo prima i bagagli e poi l’auto a noleggio: una Peugeot 306 bianca (targata BAK 658). Fa un caldo infernale, sistemiamo le valigie nel baule e accendiamo immediatamente l’aria condizionata.

Mi metto al volante, che, al contrario dell’Italia, si trova a destra, e parto sul lato sinistro della strada, infatti qui si giuda all’inglese e del resto Malta è stata possedimento britannico fino al 1964. Lo stato è composto da tre isole abitate più una manciata di scogli: l’isola di Malta, sulla quale ci troviamo, è la più grande (27 chilometri di lunghezza per 14,5 di larghezza) e noi siamo alloggiati al Residence “La Vallette”, che si trova a St. Julian’s, al centro della costa settentrionale e a pochi passi da Valletta, la capitale di questa piccola repubblica.

In breve giungiamo a destinazione ma non troviamo il residence: per parecchio tempo vi giriamo attorno senza però vederlo poi, finalmente, sbuchiamo di fronte alla reception e così mi reco subito a chiedere informazioni. Resto sorpreso quando mi sento rispondere che siamo alloggiati da un’altra parte: al St. George’s Park, che però si trova, in pratica, dietro l’angolo. Ci sono dei lavori in corso e per fare cento metri ne percorriamo almeno mille ma alla fine arriviamo nel posto giusto.

Ci assegnano la camera numero 610A e saliamo con l’ascensore mentre la calura diventa insopportabile! Appoggiamo le valigie, indossiamo il costume e ci precipitiamo in piscina dove, in breve, riacquistiamo la lucidità e il buon umore. Trascorriamo così un piacevole pomeriggio, con Federico sempre in acqua, fino all’orario (assurdo!) di chiusura: le 18:00. Torniamo in camera a fare una doccia e poi andiamo a cena. Il piccolo è stanchissimo: a mala pena riesce a mangiare e si vede chiaramente che ha sonno, proviamo ugualmente a fare un giro per il centro di St. Julian’s, dove fra l’altro c’è una festa, ma ben presto me lo ritrovo sulle spalle. Torniamo in camera e ci sistemiamo sul terrazzo: in cielo brillano i fuochi d’artificio e ciò nonostante Federico crolla sotto i colpi del sonno, fa un caldo esagerato e indossiamo solo le mutande, non abbiamo l’aria condizionata e dobbiamo accontentarci di un ventilatore attaccato al soffitto, il terzo letto (che è toccato a me) non è un letto ma un divano in finta pelle con sopra un lenzuolo e mi da qualche preoccupazione, nonostante tutto siamo felici e più tardi cercheremo, anche noi, di prendere sonno.

Domenica 27 Agosto 2000: Abbiamo trascorso una nottata davvero calda: per tutto il tempo la finestra è rimasta spalancata ed il ventilatore acceso, ma senza grossi risultati. Il sonno non è stato dei migliori ed il suono della sveglia è sembrato quasi una liberazione.

Ci rechiamo a far colazione e, con Federico tutto preso ad assaggiare formaggi, salumi e marmellate, ci dilunghiamo fin troppo, così, quando, finalmente, siamo pronti a partire per il primo giorno di visita all’isola di Malta, le lancette dell’orologio segnano quasi le 10:00.

Seguiamo la strada che corre lungo la costa verso nord-ovest e, nell’abitato di St. Paul’s Bay, ci fermiamo per acquistare un’indispensabile ombrellone, poi raggiungiamo la vicina Golden Bay, a detta della guida una delle migliori spiagge dell’isola. Sarà forse il caldo, quasi insopportabile, o forse saranno le perle di sudore che corrono lungo il viso fin dentro gli occhi, facendoli bruciare, ma a prima vista la spiaggia risulta essere tutt’altro che bella, affollata e dominata dall’inquietante sagoma di un grande albergo. La voglia di mare però è troppo grande e ci sistemiamo ugualmente fra gli altri bagnanti. La sabbia è scura, vagamente rossastra, e non aiuta certo l’acqua ad apparire come vorremmo che in realtà fosse, in più vicino a riva galleggia placidamente un buon quantitativo di alghe. Siamo un po’ delusi e se non fosse per la temperatura, ormai prossima ai quaranta gradi, forse non avremmo fatto neanche il bagno, ma, vista la situazione, l’entrare in acqua diventa quasi una necessità, così percorriamo un po’ di metri verso il largo e, con piacere, notiamo ad ogni passo una sempre maggior trasparenza, che sommata alla temperatura del corpo, tornata a livelli più accettabili, ci fa apparire il luogo più bello di quanto non lo fosse stato a prima vista.

Si fa mezzogiorno e risaliamo al parcheggio sovrastante la spiaggia per pranzare in una vicina pizzeria, ed è lì che notiamo due vecchi e caratteristici tram, i tipici mezzi di trasporto di Malta: ce ne sono tantissimi in giro ed è facile incontrarli mentre arrancano lungo le accidentate strade dell’isola, ma questi due, uno affianco all’altro, sembrano messi lì apposta per essere fotografati e, naturalmente, ne approfittiamo.

Dopo pranzo, intenzionati a cambiare spiaggia, ci spostiamo di poche centinaia di metri e andiamo a parcheggiare sul promontorio che divide Golden Bay dall’attigua Ghajn Tuffieha Bay, alla quale scendiamo per mezzo di una lunga scalinata. L’insenatura, immersa in un tratto di costa dalla natura ancora incontaminata, è molto bella, la sabbia è rossastra, come a Golden Bay, ma l’acqua è pulita ed invitante, solo i bagnanti sono forse troppo numerosi.

Piantiamo l’ombrellone e sistemiamo i teli all’ombra così da permettere a Federico di schiacciare un pisolino: è stanco e in breve riesce a prendere sonno nonostante il caldo. Io vado in esplorazione sulla sinistra della spiaggia, fino a raggiungere il grande sperone roccioso che la delimita, chiamato “Il-Karraba”, cioè nave da guerra, per la sua strana forma simile ad una corazzata: dalla sua sommità i panorami su Ghajn Tuffieha e sulla successiva baia sono davvero interessanti. Al ritorno dalla breve escursione sono in un bagno di sudore, così mi butto subito in acqua e quando si sveglia Federico ci torno, anzi, ci torniamo tutti e vi restiamo a lungo, visto che sembra l’unico modo per combattere la calura. Pure l’acqua è caldissima, e anche per Sabrina, che solitamente è molto freddolosa, ma soprattutto, è chiara ed ha ad una temperatura inferiore a quella dell’aria.

Restiamo a Ghajn Tuffieha fino a sera e quando, intorno alle 19:00, ci apprestiamo a lasciarla è proprio il momento migliore e si sta divinamente bene, ma dobbiamo rientrare per cena e non vogliamo far tardi, in più offriamo un passaggio ad una signora che lasciamo a Bugibba, lungo la strada per St. Julian’s, e perdiamo ancora un po’ di tempo, così quando arriviamo al St. George’s Park è quasi buio. In fretta facciamo una doccia e andiamo a cena, poi trascorriamo l’intera serata in hotel, allietati, per la gioia di Federico, da un piccolo spettacolo di magia. Nel frattempo l’aria sembra essersi leggermente rinfrescata e così, quando ci ritiriamo in camera, lo facciamo con la speranza di riuscire a passare una notte migliore di quella precedente.

Lunedì 28 Agosto 2000: Niente da fare, il caldo non da tregua, in più la nostra camera è rivolta verso il sorgere del sole e già prima delle 8:00 la temperatura, al suo interno, diventa insopportabile. Apro gli occhi e vedo Federico già sveglio nel suo letto. Cominciamo a prepararci per uscire e suona il telefono fisso dell’hotel: alla reception c’è l’incaricato di Orizzonti (nostro tour operator) per la convalida dei biglietti aerei, lo raggiungo e colgo l’occasione per esprimere le mie lamentele sull’infame terzo letto, ma lui sorride facendomi capire di non poter far nulla per cambiare le cose, allora torno in camera dove trovo Sabrina e Federico pronti a scendere per far colazione e un’ora più tardi siamo seduti in auto diretti a sud.

Attraversiamo tutta l’isola e arriviamo al mare nei pressi di Zurrieq, ma la nostra meta non è la spiaggia. Malta è un luogo ricco di storia ed i primi insediamenti umani risalgono, addirittura, alla preistoria. Erano esploratori giunti dalla Sicilia i primi coloni che qui si stabilirono dando vita, col passare del tempo, ad una civiltà ben organizzata e progredita. Sono rimasti evidenti i segni di quella civiltà e ne sono testimoni i numerosi templi megalitici disseminati un po’ ovunque nel territorio. Uno di questi è il tempio di Hagar Qim, che ci apprestiamo a visitare e che risale al periodo compreso fra il 3600 e il 2500 a.C., venne scoperto nel 1839 ma portato completamente alla luce solo nel 1910. Le sue enormi pietre, disposte in cerchio e sormontate le une alle altre a formare l’imponente ingresso e gli altari all’interno, fanno percepire il grado di evoluzione raggiunto dalle popolazioni dedite alla costruzione di questi straordinari monumenti.

Un solo particolare non rende la visita particolarmente gradevole: il solito caldo allucinante, che si fa insopportabile quando ci apprestiamo a raggiungere, a piedi, il vicino Tempio di Mnajdra. La costruzione si trova a qualche centinaio di metri dalla prima e in un luogo di grande suggestione a dominare dall’alto la vista sull’immenso blu del mare. Stranamente, a differenza di Hagar Qim, qui si può vagare indisturbati fra le rovine e se ne possono visitare gli anfratti più segreti, per la felicità di Federico che diventa incontenibile e s’intrufola in ogni dove. Sulla via del ritorno, però, devo prenderlo, comprensibilmente, sulle spalle, mentre il sole non dà tregua e le nostre magliette sono completamente bagnate. La visita è stata comunque di grandissimo interesse, anche se ne apprezzeremo di più il valore una volta a casa, comodamente seduti al fresco e non certo fradici di sudore.

Sfiniti ci rifugiamo in macchina a cercare refrigerio, quindi raggiungiamo il vicino porticciolo di Wied iz-Zurrieq, pittoresco, situato al fondo di una strettissima insenatura rocciosa piena di barchette colorate, le stesse barchette che accompagnano i turisti a visitare un tratto di costa alta ed impervia, nel quale spicca la celeberrima Blu Grotto.

Incredibile, ma la calura è opprimente anche in mezzo al mare, ed è un sollievo ogni qual volta il piccolo natante entra in una grotta, al riparo dai raggi solari. L’escursione è piacevole, ma diventa bellissima quando, all’improvviso, si para davanti ai nostri occhi l’impressionante arco naturale della Blu Grotto. Passiamo attraverso la grande apertura nella roccia e osserviamo le meravigliose tonalità dell’acqua ai suoi piedi, poi, senza fretta, rientriamo al punto di partenza.

E’ quasi mezzogiorno e non disdegneremmo un rinfrescante bagno prima di pranzo, ma in questo tratto di costa è quasi impossibile trovare una spiaggia. Saliamo sulla nostra vettura, diamo fiato all’aria condizionata, e partiamo alla ricerca di un luogo che possa soddisfare i nostri desideri.

L’unica possibilità è quella di scendere al paesino di Ghar Lapsi, dove, naturalmente, non troviamo la sabbia ma, in compenso, una deliziosa ed invitante piscina naturale fra le rocce, con, alle spalle, una grotta dove potersi riparare dal sole. Lì ci fermiamo e consumiamo un lunghissimo e piacevole bagno con Federico tutt’altro che intimorito, anzi divertito, dalla quantità di acqua sulla quale tranquillamente galleggia grazie ai suoi inseparabili braccioli.

Pranziamo all’interno della grotta, attorniati da odori non troppo piacevoli e dalla presenza di numerosi maltesi che pare siano sempre in festa, in considerazione dell’odierno giorno feriale. Non è il caso di passare il resto della giornata a Ghar Lapsi: il posto è bello, i maltesi non ci danno certo fastidio, ma la puzza è sgradevole e la sistemazione, fra le rocce, piuttosto scomoda. Decidiamo allora di rientrare al St. George’s Park e di passare il resto del pomeriggio in piscina.

Lungo la via del ritorno incontriamo una chiesina tutta addobbata con festoni colorati e ci fermiamo per scattare una foto, poi, poco prima dell’abitato di Zebbug capita l’imprevedibile: l’auto perde improvvisamente colpi, il motore si spegne e facciamo a mala pena in tempo ad accostare in uno spazio riservato alla sosta degli autobus. Provo più volte a rimetterla in moto ma senza successo, e pensare che solo qualche chilometro prima ci vantavamo del nostro mezzo per via dell’aria condizionata, con “l’inferno” oltre il vetro, ad un palmo dal naso. Mi lascio andare a qualche imprecazione allorquando mi rendo conto di aver lasciato il contratto di noleggio dentro alla cassetta di sicurezza in hotel, ma per fortuna dentro al porta oggetti troviamo una cartina stradale nella quale sono stampati i numeri di telefono della Thrifty (la compagnia di autonoleggio) e, ancora per fortuna, siamo in possesso di un telefono cellulare, così compongo le cifre sulla tastiera e, grazie a Dio, mi sento rispondere in italiano, espongo il problema e per prima cosa mi sento chiedere se c’è benzina nel serbatoio … certo che c’è, non sarò un esperto di meccanica ma almeno l’indicatore di livello del carburante credo di conoscerlo, in più abbiamo fatto il pieno proprio in mattinata e a meno che non vi sia una perdita da qualche parte … Do la mia posizione e mi fanno capire che manderanno qualcuno. Passano solo quaranta minuti, quaranta lunghissimi minuti, sul ciglio della strada, al caldo e con l’acqua agli sgoccioli, poi arriva finalmente un meccanico. Indaga un po’ e trae subito delle conclusioni: la pompa della benzina non funziona più e l’auto sarà da rimorchiare. Ma i primi ad essere rimorchiati siamo noi, e lo stesso meccanico ci accompagna nell’officina di Qormi, un paese alla periferia della capitale, dove, presumibilmente, ci daranno un’auto sostitutiva. Ci fanno sedere in una saletta e ci dicono di attendere, così me ne vado alla ricerca di un bar e quindi di una bottiglia d’acqua quanto mai indispensabile. Nel frattempo arriva, al traino, anche la Peugeot 306, e poco dopo, finalmente, ci vediamo consegnare una nuova e fiammante Kia Avella bianca (targata CAK 815) con la quale riprendiamo, dopo un paio d’ore dall’accaduto, la strada verso il St. George’s Park e quindi verso quella piscina che ormai ci appariva come un lontano miraggio.

Restiamo a rilassarci sui bordi fino all’orario di chiusura, poi, con comodo ci andiamo a preparare per la cena. Concludiamo, infine, la serata a spasso lungo il porticciolo di St. Julian’s, con Federico che scivola, cade e si sporca … per la “gioia” immensa di Sabrina che non può fare a meno di arrabbiarsi.

Martedì 29 Agosto 2000: Il sole batte impietoso sulla nostra finestra e già alle 8:00 la calura è insopportabile. Completamente sudati andiamo a far colazione, poi saliamo sulla nostra “nuova” auto e partiamo verso il centro dell’isola con destinazione Mosta, una tranquilla cittadina dominata dall’immensa mole della parrocchiale di St. Mary, più nota come la Rotunda. Fu costruita negli anni centrali del 1800, finanziata esclusivamente con le donazioni e le raccolte di denaro dei parrocchiani e si distingue per la sua imponente cupola, la terza più grande d’Europa dopo San Pietro a Roma e Santa Sofia ad Istanbul, da cui ne deriva il nome: Rotunda appunto. Due torri campanarie fiancheggiano la facciata e su ognuna di queste si trova un orologio. E’ una particolarità costante degli edifici religiosi maltesi quella di possedere non uno ma due orologi: uno vero e l’altro falso. Il tutto servirebbe, secondo una vecchia credenza, a disorientare il diavolo, che in questo modo non riuscirebbe a calcolare l’attimo dell’ultimo respiro del defunto e quindi a catturare la sua anima.

Ci avviamo verso l’ingresso della chiesa e ci apprestiamo a visitarne i sontuosi interni: Sabrina, con un telo sulle spalle, e Federico, in quanto bambino, ottengono l’autorizzazione ad entrare, io, in abbigliamento balneare, non risulto in regola secondo i canoni del decoro cristiano e vengo fermato pochi metri oltre la porta. Intavolo così una polemica discussione con i sorveglianti che mi lasciano scattare qualche foto ma che restano rigidi sulle loro posizioni e non mi concedono altri passi verso l’interno. I passi li faccio allora verso l’esterno e concludo mestamente la mia visita.

Torniamo all’auto e riprendiamo la strada verso il nord-ovest dell’isola, oltrepassiamo la cittadina di Mellieha e svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Anchor Bay e per il Popeye Village (il villaggio di Braccio di Ferro). Sì, proprio Braccio di Ferro, e non è uno scherzo: il più famoso marinaio del mondo dei cartoon, a quanto pare, è vissuto a Malta, e non sotto forma di un disegno animato ma in carne ed ossa! Era il 23 gennaio del 1980 quando il primo “ciak” diede il via alle riprese del film a lui dedicato. La pellicola era ambientata in un villaggio interamente costruito per l’occasione: il Popeye Village, appunto. A tal proposito furono impiegati 165 operai che in poco più di sette mesi portarono a termine le costruzioni, utilizzando qualcosa come otto tonnellate di chiodi. La parte dell’eroe muscoloso e mangia spinaci fu interpretata nientemeno che da Robin Williams, ma il film, se ben ricordo, non ebbe un grande successo. A testimonianza del lavoro svolto resta comunque il villaggio, oggi trasformato in un piacevole parco, particolarmente apprezzato dai più piccoli.

Vaghiamo per un po’ fra le casupole in legno, veramente ben fatte, e partecipiamo ad una breve escursione in barca osservando, così, la prospettiva del villaggio anche dal mare, evitiamo di assistere ad uno spettacolo in lingua inglese, purtroppo, per noi, incomprensibile, ma vogliamo far divertire Federico e saliamo sui tetti delle case, resi accessibili dalla presenza di alcune vertiginose scale, alla fine è però, di nuovo, il caldo a prendere il sopravvento, soffocando qualsiasi altra piacevole sensazione, e, in pratica ci obbliga ad uscire dal parco alla ricerca disperata di una spiaggia e di un po’ di refrigerio.

E’ quasi mezzogiorno quando arriviamo ad Armier Bay, sull’estrema punta set-tentrionale dell’isola, ma la spiaggia è stracolma di bagnanti e non sappiamo dove sistemare l’ombrellone, in più il mare, piuttosto sporco, non soddisfa le nostre attese, così saliamo in auto e ripartiamo alla ricerca di un posto migliore. Percorriamo qualche chilometro e arriviamo a Paradise Bay, considerata una delle migliori spiagge di Malta, ma il nome non deve trarre in inganno: ben lungi dall’essere un paradiso, il luogo è comunque accettabile, così ci andiamo a sistemare in riva al mare, ritagliandoci, a fatica, il nostro spazio vitale fra le numerose persone già presenti.

Federico ha una crisi di caldo e lo trasciniamo con la forza in acqua mentre è in preda ad un pianto isterico, poi, finalmente, si calma e pranziamo, assediati però dalle numerose vespe presenti che vogliono partecipare al banchetto e non ci danno tregua. Più tardi Sabrina e Federico si concedono un sonnellino. Io vado a fare un giro: scatto qualche foto e, subito, rientro alla base andando a cercare, per l’ennesi-ma volta, refrigerio fra le onde. Mi sistemo all’ombra e cedo, come gli altri, alla tentazione di chiudere gli occhi e di riposare.

Nel tardo pomeriggio siamo, di nuovo, tutti svegli: la temperatura si è abbassata e si sta notevolmente meglio. Facciamo un bel bagno e prolunghiamo la nostra permanenza fino alle 19:00. La spiaggia si è svuotata e ora l’acqua sembra anche più bella, tutto è più bello senza quella calura opprimente che durante il giorno non dà un attimo di respiro.

Lasciamo Paradise Bay, saliamo in macchina e partiamo, ma non in direzione dell’hotel: ci rechiamo al punto di partenza dei traghetti per l’isola di Gozo e ci informiamo sugli orari, visto che dovremo trasferirci a fine settimana, poi giriamo definitivamente la prua in direzione di St. Julian’s e del St. George’s Park. Lungo la strada riceviamo la telefonata dei nonni, ma rimandiamo la conversazione a più tardi. Li richiamiamo intorno alle 20:00, una volta arrivati in hotel, e Federico non perde l’occasione per raccontargli subito la disavventura dell’auto in panne. Andiamo a cena e, subito dopo, torniamo in camera per scrivere le cartoline, si fa tardi e concludiamo così un’altra torrida giornata.

Mercoledì 30 Agosto 2000: Finalmente una notte più fresca, o forse è meglio dire meno calda: è quasi un peccato doversi alzare da letto prima del solito, ma dobbiamo farlo necessariamente, in previsione della visita a Valletta, capitale di Malta e città ricca di storia ed opere d’arte.

Il nostro scopo è quello di evitare le ore più calde della giornata e così poco dopo le 8:00 siamo già in strada. Il tragitto è breve e bastano poche decine di minuti per ritrovarsi di fronte alla City Gate, la porta principale di accesso al centro storico.

Parcheggiamo e, in breve, raggiungiamo Republic Street, l’asse viario principale, brulicante di vita, sul quale si affacciano numerosi negozi. Sulle facciate dei palazzi spiccano i caratteristici balconi chiusi, le cosiddette Gallarijas, che a prima vista possono apparire simili ai bowindows inglesi ma che, allo stesso tempo, ricordano alcuni particolari architettonici tipici delle dimore turche e che sono quindi una singolare caratteristica delle case maltesi. Perfettamente conservate, le Gallarijas, regalano un fascino tutto particolare agli antichi palazzi che si affacciano sui viali della città.

Malta fu la patria dei leggendari Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni: arrivarono sull’isola nel 1530, in fuga da Rodi conquistata dai turchi, e vi rimasero per oltre trecento anni, fino al 1834, quando trasferirono la loro sede a Roma. Erano una sorta di mercenari, difensori della fede cattolica come ultimo baluardo cristiano ai confini dell’impero ottomano e, provenienti dalle più svariate regioni d’Europa, risiedevano, suddivisi per nazionalità, nei cosiddetti Auberge, dimore paragonabili ai moderni college inglesi. Uno di questi, l’Auberge de Provence, si trova proprio all’inizio di Republic Street e ospita l’interessante National Museum of Archaeology, che raccoglie i pezzi più significativi dell’archeologia locale, provenienti, più che altro, dai numerosi templi megalitici di Malta e Gozo, tra i quali spiccano alcune bellissime statuette in terracotta di pregevole fattura. In brevissimo tempo completiamo però la visita, ed è un peccato visto che il piccolo si stava divertendo, ma il museo, purtroppo limitato ad una manciata di stanze, è davvero minuscolo, quindi, nonostante il disappunto di Federico, torniamo in strada e proseguiamo lungo la via principale alla ricerca della Co-Cattedrale di San Giovanni.

L’edificio religioso si trova in St. John’s Street, una traversa di Republic Street, e fu costruito dai cavalieri alla fine del 1500, con lo scopo di rappresentare degnamente la potenza, la gloria e la ricchezza dell’Ordine. Presenta un’austera facciata caratterizzata dall’estrema semplicità degli elementi architettonici, adeguati alla vocazione militare, oltre che religiosa, dei cavalieri, e fu elevato all’insolito rango di Co-Cattedrale per farle condividere il ruolo con St. Pawl a Mdina (l’antica capitale). Alla semplicità dell’esterno si contrappone una decorazione straordinariamente sontuosa degli interni, realizzata con una varietà di materiali, di colori e di stili che si sono succeduti e stratificati nel tempo. Il pavimento è un’ininterrotta sequenza di oltre quattrocento pietre tombali, in marmi policromi, di cavalieri provenienti dalla più rappresentativa nobiltà europea dal Cinquecento al Settecento. La volta, invece, è il frutto della sublime arte pittorica di Mattia Preti, che rappresentò, nel corso di cinque anni di lavoro, 18 episodi della vita di San Giovanni Battista. Nelle cappelle laterali si trovano i monumenti funebri dei Gran Maestri che governarono l’isola per quasi tre secoli, mentre nell’attiguo museo si possono osservare paramenti sacri e cimeli legati alla storia della cattedrale, oltre ad un magnifico dipinto (“La decollazione di San Giovanni Battista”), magistrale opera del Caravaggio, maestro dei chiaroscuri e della luminosità, nominato Cavaliere di Grazia per meriti artistici durante il suo breve soggiorno maltese.

Usciamo dalla cattedrale e raggiungiamo il vicino Palazzo del Gran Maestro, attualmente sede del parlamento e degli uffici del Presidente della Repubblica e, per questo motivo, in gran parte non accessibile al pubblico. Si possono visitare solo alcune sale di rappresentanza, oltre a quelle che una volta erano le stalle del palazzo, dove è stato allestito l’interessante Armoury Museum, comprendente una cospicua collezione di armature ed armi bianche, oltre a numerosissimi pezzi d’artiglieria. Tutto questo stimola, naturalmente, la curiosità di Federico, che sfodera, come conseguenza, una quantità impressionante di domande. E’ bellissimo vederlo così interessato alla visita e con piacere ci tratteniamo più del dovuto, cercando di soddisfare la sua sete di conoscenza.

Lasciamo anche il palazzo del Gran Maestro e, dopo una breve passeggiata, entriamo in un edificio apparentemente anonimo, situato in Old Theatre Street: l’aspetto esteriore rende, infatti, insospettabile la presenza di un teatro al suo interno, e più precisamente il Manoel Theatre, fatto erigere nel 1731 dal Gran Maestro Antonio Manoel de Vilhena e considerato, fra quelli tuttora in funzione, il terzo più antico d’Europa ed il primo nell’ambito del Commonwealth. La visita, in parte guidata, ci fa perdere più tempo del previsto e alla sua conclusione ci avviamo verso gli Upper Barraca Gardens con l’intenzione di consumare un provvidenziale spuntino, in considerazione dell’orario scandito dall’orologio oltre che dai brontolii delle nostre pance vuote. I giardini, che si trovano sui bastioni a dominio del porto e della sublime vista panoramica sulle città di Senglea e Vittoriosa, sono l’epilogo di un’intensa mattinata, soddisfacente sotto ogni punto di vista, piena d’arte e di storia, sorprendentemente sopportabile per quanto riguarda la calura e, soprattutto, estremamente divertente per Federico, sempre interessato ad ogni piccolo particolare.

Recuperiamo l’auto, facciamo un giro panoramico dei bastioni e poi rientriamo verso il St. George’s Park. Ce ne andiamo in camera a riposare e vi restiamo fin quasi alle 17:00 quando, in preda all’ozio più completo, ci trasferiamo sui bordi della piscina. Alle 18:00 in punto, però, come al solito, ci invitano a togliere il disturbo, chiudono in fretta il bar e sistemano i lettini tutti intorno … incredibili questi maltesi! … dovrebbero prendere qualche lezione di ospitalità da noi italiani, imparerebbero così ad avere più rispetto per i turisti che, infondo, sono la loro più grande fonte di ricchezza. Torniamo allora in camera ad aspettare l’ora di cena e intanto Sabrina chiama a casa: il tempo è cambiato e di giorno ci sono venti gradi, mentre di notte la temperatura si abbassa ulteriormente e tutti dormono ben coperti … se ci mandassero un po’ di fresco noi, volentieri, gli manderemmo, in cambio, un po’ di caldo! Andiamo a cena, alle 20:30 non prima, però, di aver visto, in tivù, tutto il programma di “Tom e Jerry” e non certo per volontà mia o di Sabrina, poi concludiamo la serata a spasso, spensieratamente, per St. Julian’s.

Giovedì 31 Agosto 2000: Dopo un’intera giornata dedicata alla cultura decidiamo di trascorrerne una in completo relax, così partiamo, di buon ora, alla ricerca di una spiaggia che soddisfi i nostri desideri. Ci serve trovare una bella spiaggia ed è questo il nostro principale problema: Malta, a quanto abbiamo potuto appurare fino ad ora, non ha tante spiagge, ma, soprattutto, non ne ha tante di belle. Certo è inutile cercare qua le candide spiagge bianche che abbiamo negli occhi e che tanto verremmo vedere, ma questo già lo sapevamo: non siamo in Sardegna o a Formentera, ne, tanto meno, ai Caraibi o in Polinesia e ben difficilmente ne troveremo con quelle caratteristiche. Ciò non toglie, però, che ne vedremo altre, comunque belle, magari sotto altri punti di vista, e non ci rassegneremo certo a restare in piscina tutto il giorno! A bordo della nostra Kia Avella seguiamo la strada che corre lungo la costa verso il nord-ovest dell’isola e, oltrepassato l’abitato di St. Paul’s Bay, giriamo a destra seguendo le indicazioni per Mistra Bay. In breve raggiungiamo la baia, ma la spiaggia è quasi inesistente e poco invitante. Senza indugi giriamo i tacchi e percorriamo, a ritroso, un buon tratto di strada, per scendere poi al mare in direzione di Golden Bay.

Abbiamo già visitato ampiamente il tratto di costa verso il quale ci stiamo dirigendo, ma all’appello manca una spiaggia: quella di Gnejna Bay, e lì decidiamo di andare. L’arenile, di sabbia rossastra, degrada dolcemente verso l’acqua azzurra e trasparente, risaltando sullo sfondo di un aspro paesaggio roccioso. Il posto ci piace e, finalmente soddisfatti, ci andiamo a sistemare in riva al mare. Più tardi affittiamo un “pedalone” e navighiamo fino alla vicina baia, con sabbia ancora più rossa e in netto contrasto con la scoscesa e chiara parete che la delimita. Consumiamo un indimenticabile bagno in compagnia della sola imbarcazione e poi rientriamo a Gnejna Bay. Arriviamo un po’ stanchi, dopo aver percorso tutto il tragitto di ritorno controvento, ma comunque soddisfatti. Siamo anche un po’ accaldati e torniamo a tuffarci in acqua prima di concederci un meritato pranzo.

Si sta davvero bene: la spiaggia è poco affollata e la temperatura è mitigata da un sostenuto vento che soffia da sud-ovest … non che sia freddo, per carità … anzi, a più riprese, nelle ore centrali della giornata, cerchiamo refrigerio in acqua, ma la calura odierna non è paragonabile a quella dei giorni scorsi. L’aria è più tersa e, al largo, si intravede chiaramente la severa sagoma rocciosa dell’isola di Gozo, sulla quale approderemo fra tre giorni.

Il pomeriggio scivola via tranquillo: in un attimo si fa sera e quasi ci dispiace lasciare la spiaggia, ma le lancette dell’orologio segnano già le 19:00 e dobbiamo obbligatoriamente rientrare, in più, lungo la strada, ci fermiamo per una piccola visita fuori programma, alle rovine dello Skorba Temple, e finiamo per arrivare al St. George’s Park con i fari accesi e giusto in tempo per andare a cena. Più tardi, per concludere la giornata, ci accontentiamo di restare in hotel e di assistere ad uno spettacolo di danza: niente di straordinario ma, tutto sommato, piacevole.

Venerdì 1 Settembre 2000: Che strana sensazione essere in vacanza a settembre, quando, di solito, si torna a lavorare. E’ la prima volta che ci capita e credo che, in futuro, ripeteremo l’esperienza. Per quanto riguarda il programma odierno ci aspetta, sulla carta, una giornata intensa e già alle 9:00 siamo in strada. Procediamo speditamente in direzione sud-est, oltrepassiamo la capitale e arriviamo a Tarxien, una caotica cittadina nota soprattutto per i suoi templi megalitici. Il problema principale è trovarli, senza troppe indicazioni e, nascosti come sono, fra un intricato dedalo di stradine tutte uguali. Procediamo per tentativi e alla fine arriviamo in prossimità di un’alta recinzione di pietra oltre la quale si trova il sito, purtroppo stretto in una morsa di edifici residenziali che lo circondano da tutti i lati. Solo mezzo secolo fa il luogo era in aperta campagna e fu scoperto, per caso, da un contadino, il cui aratro incocciava frequentemente massi di grandi dimensioni. Entriamo attraverso un cancello e visitiamo i templi che ci appaiono in ottimo stato di conservazione, nonostante la non più tenera età: risalgono, infatti, all’età del rame e furono costruiti in epoche diverse fra il 3000 e il 2500 a.C.. Vaghiamo un po’ fra le grandi ed enigmatiche pietre sulle quali Federico verrebbe tanto salire, ma sono accuratamente recintate e quindi inaccessibili. Tutto intorno si trovano numerosi massi sferici, impiegati per movimentare i megaliti, ma, probabilmente, considerati anche portatori di un significato magico o rituale.

In breve completiamo la visita e ci prepariamo a quella successiva. Ci spostiamo da Tarxien alla vicinissima cittadina di Paola per visitare l’Ipogeo di Hal Saflieni, un grande monumento sotterraneo dell’età del rame, articolato su tre piani fino ad una profondità di dieci metri e con uno sviluppo complessivo di circa 2500 metri quadrati. Fu trovato, naturalmente, per caso nel 1902, durante gli scavi di fondazione di un edificio e, tuttora, si trova sotto a quel fabbricato, in un quartiere di Paola. Grazie, ancora una volta, alle scarse indicazioni troviamo con difficoltà l’ingresso e subito lo varchiamo con l’intenzione di procedere nella visita, ma, purtroppo, ci attende un’amara sorpresa: l’accesso è consentito solo a numero chiuso (dieci persone per volta e solo per quattro volte al giorno) ed esclusivamente su prenotazione. Questo, sfortunatamente, la guida non lo prevedeva e le prenotazioni arrivano fino al sette di settembre, quando noi, purtroppo, saremo già a Gozo. Potremmo visitare l’ipogeo durante l’ultimo giorno di vacanza, ma dovremmo farlo con tutte le valigie in macchina sulla via del ritorno verso l’aeroporto e, sinceramente, non ce la sentiamo dopo il recente furto subito in Messico. Con un pizzico di rabbia dobbiamo rinunciare e il più dispiaciuto sembra proprio Federico che, probabilmente, era affascinato in particolar modo dall’idea di scendere sotto terra e quasi gli vien da piangere. Dobbiamo consolarlo prospettandogli un’altra visita altrettanto interessante ed “avventurosa”.

Ci spostiamo di qualche chilometro in direzione sud e ci fermiamo, nella periferia del paese di Birzebbuga, alla grotta di Ghar Dalam. E’ questa la zona archeologica più antica dell’arcipelago e risale al Neozoico (unmilione e diecimila anni fa). All’interno di questa profonda cavità naturale sono stati trovati resti umani ma anche di animali molto curiosi risalenti a circa centottantamila anni fa: si tratta di elefanti, ippopotami, orsi e cervi, tutti di proporzioni molto ridotte. Malta, durante l’era glaciale, era collegata all’Africa e all’Europa, ma poi i ghiacci iniziarono a sciogliersi e, col tempo, divenne un’isola, così gli animali, rimasti intrappolati letteralmente in un fazzoletto di terra, furono costretti a mutazioni genetiche che li resero sempre più piccoli. Tutti gli scheletri rinvenuti a Ghar Dalam sono stati poi raccolti e composti in un piccolo ed interessante museo posto all’ingresso della grotta. L’intera esperienza ci ha, senza dubbio, soddisfatto ed ha, in qualche modo, contribuito a placare la rabbia per la mancata visita dell’ipogeo.

E’ quasi mezzogiorno e ci avviamo in direzione del mare, oltrepassiamo l’abitato di Marsaxlokk e ci avventuriamo nella vicina penisola alla ricerca delle Peter’s Pool (piscine naturali fra le rocce), ma quasi ci perdiamo in un dedalo di stradine polverose e dissestate, non riuscendo ad imboccare quella giusta. Desistiamo e puntiamo verso Marsaskala, poco più a nord. Raggiungiamo quindi la vicina St. Thomas Bay, dove si trova una spiaggia che però non ci soddisfa. E’ completamente inutile continuare a cercare altre spiagge nella zona: non ci sono! … Ci fermiamo allora a St. Thomas Bay, facciamo un bagno e pranziamo, poi ripartiamo verso St. Julian’s. Arriviamo al St. George’s Park e, dopo un salutare riposino in camera, andiamo a trascorrere il resto del pomeriggio sui bordi della piscina.

Dopo cena proviamo a raggiungere Sliema, la località più turistica di Malta: per dir la verità niente di eccezionale. Percorriamo tutto il lungomare senza nemmeno scendere dall’auto e torniamo all’hotel. Ci andiamo a sistemare nei tavolini del bar per ascoltare un po’ di musica che qualcuno si raccomanda di tenere bassa, e ci vien da ridere visto che i locali della zona la tengono a tutto volume fino a tarda notte e la nostra camera, ogni sera, assomiglia più ad una discoteca che ad una stanza d’al-bergo.

Sabato 2 Settembre 2000: Alla mattina dell’ultimo giorno intero da trascorrere a Malta partiamo per visitare quanto è rimasto e, dopo alcuni chilometri, ci fermiamo per fare un pieno di carburante, così possiamo verificare la capacità del serbatoio della Kia, che risulta essere esattamente la metà di quello della Peugeot, e questo non ci rende particolarmente felici, visto che nella sostituzione dell’auto abbiamo rimesso più di venti litri di benzina, che, in fin dei conti, sono una discreta somma di denaro e quindi, dopo tutto, oltre al danno, abbiamo subito anche la beffa.

Cerchiamo di sorvolare sull’accaduto e riprendiamo a percorrere la strada che ci divide dalla città di Mdina, l’antica capitale, situata sulle alture centro-occidentali dell’isola. Il suo tessuto urbano e medievale è il meglio conservato di tutta Malta ed è anche la città con il minor numero di abitanti: sono circa un migliaio in tutto quelli che vivono nella parte vecchia.

Entriamo attraverso la sontuosa e barocca Main Gate, la stessa porta attraverso la quale entrava ogni nuovo Gran Maestro, giungendo in processione da Valletta, per prendere simbolicamente possesso delle chiavi della città. Ci avventuriamo fra le viuzze strette e tortuose, all’ombra di edifici storici ben conservati, rimasti praticamente intatti dopo il lento declino dovuto al trasferimento del ruolo di capitale. Aristocratica e isolata nella sua storia, Mdina, si è così guadagnata l’appellativo di “città silenziosa”. Dai suoi bastioni si gode un panorama che abbraccia quasi tutta l’isola, mentre il suo monumento di maggiore interesse è, senza dubbio, la St. Pawl Cathedral, raffinato esempio di barocco maltese e sintesi delle influenze romane, siciliane e rinascimentali italiane. Nel suo interno, sontuosamente decorato, spiccano i bellissimi affreschi di Mattia Preti.

Usciamo da Mdina e ci imbattiamo in un piccolo parco con alcuni giochi: nonostante il sole cocente Federico vuole provarli tutti e lo lasciamo fare prima di continuare nella visita culturale.

Ci spostiamo di qualche centinaia di metri alla vicinissima cittadina di Rabat, sorta, in pratica, appena fuori le mura di Mdina. Parcheggiamo e andiamo subito alle Catacombe di St. Paul, un complesso di tombe sotterranee utilizzate dal III al IV secolo d.C.. Federico, inizialmente svogliato e pieno di scuse per non camminare, si scatena poi all’interno del labirinto di cunicoli, che si estende per oltre 2200 metri quadrati, e, nuovamente pieno di energie, si prepara con entusiasmo alla visita delle successive: quelle di St. Agatha, che si trovano a brevissima distanza. In pochi minuti le raggiungiamo ma, a differenza delle prime, si possono esplorare solo con una visita guidata e il piccolo dovrà, per forza, restare più a freno. L’intricato dedalo sotterraneo che si presume fosse esteso, in origine, per oltre 4000 metri quadrati è visitabile solo in parte ed il suo aspetto più interessante sta in un ciclo di affreschi in stile italo-bizantino, dedicato a episodi della vita di Sant’Agata che, a quanto pare, trascorse, in questo posto, un periodo della sua vita. In alcune tombe sono ancora visibili resti di ossa umane che però non spaventano Federico … anzi, l’avventura sembra proprio essere di suo gradimento. Meno gradevole è, invece, la pernacchia che si lascia scappare in presenza di tutto il gruppo e in un luogo particolarmente angusto e opprimente, così, in preda ad un ghigno silenzioso, arricciamo il naso e ci avviamo, con gli altri, verso l’uscita.

Raggiungiamo la St. Paul’s Church e scendiamo, per una veloce visita, alla grotta di San Paolo. La tradizione attribuisce al sito la fama di avere ospitato il santo nel corso del suo breve soggiorno sull’isola e, recentemente, è stato meta di pellegrinaggio anche da parte di Papa Giovanni Paolo II.

Lasciamo Rabat e seguiamo la strada che corre in direzione della costa meridionale e delle Dingli Cliffs, alcune vertiginose scogliere a picco sul mare, ma il nastro d’asfalto vi passa troppo lontano e il tutto si rivela una piccola delusione, meglio andare in cerca di una spiaggia.

Vorremmo raggiungerne una nuova e l’insenatura di Fommir-Rih, che sulla cartina si trova a pochi centimetri di distanza, sembrerebbe fare al caso nostro, ma quasi ci perdiamo nel tentativo di trovarla e così ripieghiamo su Gnejna Bay, che, fra l’altro, non più di due giorni fa, ci era anche piaciuta. Nel frattempo, però, il mare si è leggermente mosso e l’acqua, ora piena di alghe, non sembra neanche lontana parente di quella rimasta nei nostri occhi. Sono le 13:00: Federico ha fame e decidiamo ugualmente di fermarci nel posto, anzi vi restiamo per tutto il pomeriggio, visto che le alternative a questo non sembrano migliori.

E’ sabato e si vede: in serata la spiaggia si riempie letteralmente di maltesi così, quando ce ne andiamo, nonostante l’ora tarda, è più affollata di quando siamo arrivati e sembra un accampamento tanti sono i barbecue accesi e i tavoli apparecchiati per la cena.

Torniamo all’hotel e ceniamo anche noi, mentre una cameriera, vista la nostra imminente partenza, ci segnala, gentilmente, una spiaggia di Gozo. La ringraziamo e ce ne andiamo in camera a preparare le valigie.

Domenica 3 Settembre 2000: Anche l’ultima notte di sonno sul divano è passata … ce l’ho fatta! Lo strazio è finito e, forse, questa sera avrò la grazia di poter dormire su di un vero letto! Facciamo colazione, sistemiamo i bagagli in macchina e partiamo alla volta di Gozo. Risaliamo tutta la costa fino all’estrema punta nord-occidentale di Malta dove si trova il minuscolo abitato di Cirkewwa, dal cui porto salpano i traghetti che ci porteranno a destinazione. La nave è ormeggiata col portellone aperto e sembra quasi ci stia aspettando per prendere il largo, così, immediatamente, saliamo a bordo e di lì a poco siamo in mare aperto. Navighiamo costeggiando l’isolotto di Comino che si trova esattamente a metà del tragitto e al centro dello stretto braccio di mare che divide le due isole principali dell’arcipelago. L’attraversata dura circa venti minuti e, già prima delle 11:00, sbarchiamo a Mgarr, il principale porto di Gozo. Non abbiamo fretta e prima di metterci alla ricerca dell’hotel prendiamo informazioni circa l’escursione sull’isola di Comino, che proprio da questo porto, prossimamente, prenderà il via.

Ci avviamo verso il centro dell’isola: ovunque, intorno a noi, regna la pace e la tranquillità e la sensazione è quella di essere capitati in un mondo e in una realtà completamente diversa rispetto a Malta, il cui caos, a volte snervante, sembra, ora, lontano anni luce, del resto Gozo, in quanto a superficie, è circa un terzo rispetto alla sua sorella maggiore e misura appena 14,5 chilometri di lunghezza per 7,2 di lar-ghezza, gli abitanti sono meno della decima parte degli oltre 350.000 di Malta, così la densità di popolazione risulta nettamente inferiore e tutto questo basta a spiegare la suddetta sensazione di pace e tranquillità, una sensazione, per altro, estremamente piacevole.

Attraversiamo tutta l’isola e arriviamo a Marsalforn, sulla costa settentrionale, dove resteremo, per una settimana, alloggiati all’Atlantis Hotel. Quasi subito troviamo l’albergo, ma la stanza è ancora occupata e ci mettiamo in attesa sui bordi della “nuova” piscina che subito entusiasma Federico, il quale si scatena su e giù per le scalette e nell’idromassaggio, in più fa amicizia con Carlotta, una bimba della sua età di Cinisello Balsamo, ed è un problema convincerlo ad andare in camera quando, finalmente, ce la consegnano.

La stanza (numero 501) è molto ampia, con l’aria condizionata e, soprattutto, è dotata di ben tre letti! … Ne approfittiamo per fare un riposino poi, alle 16:00, svegliamo il piccolo per tornare in piscina a trascorrere il resto del pomeriggio e ci fa sorridere quando, tutto nudo e disteso fra due letti, dice: «… metto la coda nella fessura!». Divertiti per il doppio senso usciamo all’aria aperta: incredibile, in cielo c’è qualche nuvola, tira vento e non è caldo.

A fine giornata torniamo in camera a sistemarci e poi andiamo a cena: la qualità della cucina è nettamente superiore a quella del St. George’s e finalmente possiamo mangiare un buon piatto di pasta. Più tardi ci concediamo una passeggiata nel lungomare di Marsalforn. Grandi onde si infrangono sulla battigia: il mare è mosso e questo sconvolgerà i nostri piani per l’indomani. Il centro è carino, ma in pochi minuti lo giriamo tutto, allora torniamo all’hotel e ci rifugiamo in camera. Mentre Sabrina e Federico giocano ne approfitto per seguire, in televisione, il secondo tempo della partita di calcio Ungheria-Italia (2-2), poi ce ne andiamo tutti a dormire.

Lunedì 4 Settembre 2000: Partiamo alla scoperta di Gozo, ma non in direzione del mare e, soprattutto, non verso la costa nord, battuta dal vento e dalle onde. Viaggiamo verso il centro dell’isola e raggiungiamo quella che è la sua capitale: Victoria, così chiamata, fin dalla fine del secolo scorso, in onore dell’omonima regina britannica. L’agglomerato, con i suoi seimila abitanti, è il più popoloso di Gozo, ed è dominato dalla massiccia sagoma della Cittadella, visibile da più parti dell’isola.

Entriamo dentro alle mura attraverso un grande arco di pietra, aperto solo nel 1956 per consentire il passaggio alla statua della Vergine portata in processione. Il portale immette direttamente nella piazza su cui prospetta la Cattedrale di Santa Maria, situata al culmine di una ripida scalinata. Gli interni sono riccamente decorati e ciò pare sia una caratteristica comune a quasi tutti gli edifici religiosi maltesi.

Saliamo lungo una scala adiacente alla cattedrale fin sui bastioni e ne percorriamo l’intero camminamento di ronda, godendo del panorama che spazia su buona parte dell’isola. Federico appare entusiasta della visita e fatichiamo a tenerlo a freno mentre scorrazza su e giù per le antiche mura.

Torniamo all’interno della Cittadella e varchiamo la porta del minuscolo Archaeological Museum, dove si trovano esposti reperti provenienti dai templi megalitici di Gozo oltre a resti punici e romani. Il piccolo, pieno di domande, appare ancora una volta divertito, ed è un motivo in più per continuare la visita ad altri due musei compresi nel prezzo del biglietto.

Vaghiamo lungo le strette e caratteristiche viuzze della Cittadella fino a raggiungere il Folklore Museum, ospitato in una bellissima casa normanna del XV secolo. Al suo interno, in un ambiente suggestivo, sono esposti numerosi oggetti d’uso e di cultura dell’isola. I vecchi attrezzi agricoli e di lavoro stimolano la fantasia di Federico almeno quanto i minerali e gli animali imbalsamati del piccolo ma interessante Natural History Museum.

La mattinata dedicata alla cultura termina con la visita delle vecchie prigioni: sei anguste celle sulle cui pareti sono recentemente tornati alla luce, durante i lavori di restauro, alcuni rozzi graffiti realizzati dai prigionieri secoli or sono.

E’ quasi mezzogiorno: facciamo quattro passi nel centro di Victoria e troviamo un curioso negozietto straripante di addobbi natalizi, che fanno una strana impressione vista la stagione, poi torniamo all’auto e partiamo in direzione del mare. Scendiamo alla vicina località di Xlendi, ma non c’è praticamente spiaggia e l’acqua non è il massimo, risaliamo allora verso Victoria e ci avventuriamo, lungo una strada stretta e tortuosa, a sud-est dell’abitato, fino a raggiungere l’insenatura di Mgarr ix-Xini. Il luogo è molto scenografico e selvaggio: il mare si insinua nella costa rocciosa formando un profondo fiordo in fondo al quale si trova una minuscola spiaggetta di sassi fra i quali incastriamo l’ombrellone. Ci siamo solo noi, oltre ad alcuni sub intenti a sistemare le bombole al rientro da un’immersione, così facciamo un piacevole bagno e poi pranziamo prima di ripartire alla ricerca di un po’ di sabbia per Federico.

Ci spostiamo nella parte più orientale dell’isola, oltrepassiamo il paese di Qala, e scendiamo alla spiaggia di Hondoq ir Rummien. Sembra proprio fare al caso nostro: la sabbia, seppur scarsa, non manca, in più la baia è riparata dai venti provenienti da nord e, di conseguenza, il mare è calmo. Ci andiamo a sistemare a pochi metri di distanza dall’acqua e invitiamo il bimbo, che è visibilmente stanco, a fare un riposino, ma non ne vuole sapere e dobbiamo insistere a lungo per convincerlo. Poco dopo, al largo, passa una grossa imbarcazione le cui onde arrivano fino a riva bagnando i nostri teli e Federico, che si era quasi addormentato, si sveglia. Inutile cercare di convincerlo di nuovo, è meglio godersi il luogo e fare il bagno in un mare, finalmente, “come Dio comanda”: azzurro e trasparente, grazie al fondale chiaro, e con la vista che spazia, di fronte a noi, dalla vicina isola di Comino fino alla più lontana sagoma di Malta all’orizzonte, il tutto solo deturpato dalla presenza di un attiguo e antiestetico molo in cemento armato dal quale si tuffano, in continuazione, i giovani del posto.

Restiamo per tutto il pomeriggio a Hondoq ir Rummien poi rientriamo per cena all’hotel.

Più tardi, durante una normale telefonata di routine, mi sento dire che a Forlì è piovuto abbondantemente, mentre qua sono oltre cinque mesi che non scende acqua dal cielo … meglio però non cantar vittoria: all’ora di coricarsi, dalla terrazza della stanza, verso nord, intravedo chiaramente alcuni lampi che squarciano il cielo e non lasciano presagire nulla di buono! Martedì 5 Settembre 2000: Alle 7:30 suona la sveglia e mi alzo da letto pieno di energie, ma ho uno strano presentimento: guardo fuori dalla finestra e quasi non credo ai miei occhi. Dopo tutto il caldo che abbiamo dovuto sopportare nei giorni scorsi sembrava impossibile che dovesse accadere e invece … ecco davanti a me il cielo carico di grossi nuvoloni grigi … siamo caduti dalla padella nella brace, come si dice solitamente in questi casi, così, mestamente, torno fra le lenzuola e cerco di riprendere sonno.

Ci alziamo tutti almeno un’ora più tardi e, con calma, andiamo a far colazione, mentre fuori cade qualche goccia. Abbiamo, inevitabilmente, rinunciato alla prevista escursione sull’isola di Comino e cercheremo di sostituirla con qualcosa di alternativo, sperando che il tempo non peggiori ulteriormente.

Partiamo in direzione sud, ci lasciamo alle spalle Victoria, e raggiungiamo la località di Ta’ Cenc: nei dintorni si dovrebbe trovare un tratto di costa caratterizzato da alte scogliere e vi sarebbero anche le rovine di un piccolo dolmen.

Vaghiamo a lungo nella zona, percorriamo stradine sterrate e arriviamo fin quasi a Mgarr ix-Xini, laddove eravamo poco più di ventiquattrore prima: è così che scopriamo la piccola insenatura di Kantra Beach, incastonata fra le rocce e caratterizzata da un bellissimo mare. Esce fuori anche il sole e per un po’ ci godiamo il posto. Varrebbe la pena di fermarsi più a lungo ma è un problema per Federico, infatti non c’è sabbia e più che altro non si capisce il perché il posto si chiami Beach, visto che in inglese vuol dire spiaggia. Ripartiamo, allora, alla ricerca delle scogliere e del dolmen: troviamo quest’ultimo, praticamente un mucchietto di sassi, ma non riusciamo proprio a raggiungere le falesie e, più volte, dobbiamo tornare indietro da strade che, improvvisamente, si trasformano in sentieri.

E’ quasi ora di pranzo, il cielo sopra di noi appare, tutto sommato, clemente e decidiamo di andare alla ricerca di una spiaggia, poi, nel pomeriggio, si vedrà.

Raggiungiamo, nel nord-est dell’isola, Dah Let Qorrot Bay, ma il mare è mosso ed il luogo non ci soddisfa, torniamo allora a Hondoq ir Rummien, di fronte a Comino. Il posto già lo conosciamo: è bello e, soprattutto, riparato, il mare è calmo e decidiamo di fermarci.

Restiamo in spiaggia fino a sera, nonostante il tempo, e a metà pomeriggio la nostra tenacia viene premiata: le nuvole si diradano, il cielo torna ad essere azzurro ed il sole, di nuovo padrone incontrastato, ci regala qualche ora di caldo tepore.

Rientriamo all’hotel e, dopo cena, andiamo a spasso per Marsalforn in compagnia di Carlotta, per la gioia di Federico che, preso dall’entusiasmo, cammina per tutta la sera senza mai chiedere di salire in braccio.

Mercoledì 6 Settembre 2000: Il sole splende alto in cielo e sembra proprio, finalmente, la giornata ideale per andare a Comino. Meglio non perdere l’occasione, visto che la vacanza volge ormai al termine, e se il tempo dovesse guastarsi di nuovo perderemmo l’opportunità di visitare il luogo di mare più famoso e, presumibilmente, più bello di Malta.

Raggiungiamo il porto di Mgarr e ci mettiamo alla ricerca di un’imbarcazione che ci accompagni alla scoperta della terza isola, in ordine di grandezza, dell’arcipelago: appena 2,5 chilometri di lunghezza per 1,5 di larghezza. Situata al centro dello stretto braccio di mare che divide Malta da Gozo, Comino, deve il suo nome al finocchio selvatico, il cumino, una delle poche piante che riescono a crescere sul suo arido suolo.

Fra le numerose imbarcazioni che, ogni giorno, salpano alla volta di Comino scegliamo la “Ozzi One Cruises”, comandata da un simpatico emigrante che, per farlo, ogni anno, in estate, torna dall’Australia al paese natio. Il piccolo natante non può ospitare più di quindici persone, ed è un bene visto che il basso numero dei partecipanti ci farà sicuramente risparmiare parecchi tempi morti.

Lasciamo il porto di Mgarr e, in pochi minuti, raggiungiamo la celeberrima Blu Lagoon, ed il nome, laguna blu appunto, questa volta sembra davvero appropriato. Il bellissimo tratto di mare si trova compreso fra la costa occidentale di Comino e la minuscola isola di Cominotto, ed è quotidianamente meta di una grande quantità di turisti. Noi, per fortuna, arriviamo presto ed evitiamo il bagno di folla … non evitiamo invece, volutamente, un’indimenticabile bagno di acqua cristallina. Il meraviglioso colore del mare contrasta con le nude rocce che chiudono da ogni lato la visuale sul mare aperto e danno l’impressione di essere immersi nelle acque di un lago. Con una sola rotazione dello sguardo si abbraccia tutto l’arcipelago e in lontananza si distinguono chiaramente le coste rocciose di Malta, da una parte, e di Gozo, dall’altra. Ci godiamo a lungo l’intero contesto, poi a Federico viene freddo e torniamo sulla spiaggia. Ci scaldiamo al sole con gli occhi sempre rivolti al mare di fronte a noi, fin quando, alle 11:30, il capitano della “Ozzi One” non chiama a raduno la sua “ciurma”, allora saliamo, di nuovo a bordo della nostra imbarcazione e ci prepariamo a circumnavigare l’isola.

Nelle immediate vicinanze della Blu Lagoon visitiamo alcune grotte, poi andiamo a gettare l’ancora in una bellissima insenatura incastonata fra alte pareti rocciose. E’ la Cristal Lagoon e, osservando la trasparenza del mare tutt’intorno, si intuisce subito l’origine del toponomio. Scendiamo tutti in acqua, Federico compreso, che non mostra nessuna remora, nonostante la quantità d’acqua sia considerevole, lui armato di braccioli e noi di maschera e boccaglio. Scrutiamo il fondale che è popolato da numerosissimi pesci, per nulla intimoriti dalla nostra presenza. C’è anche un’enorme medusa che, elegantissima, si lascia trasportare dalla corrente, ed è un peccato che il piccolo non possa vederla.

Torniamo a bordo e riprendiamo a seguire la costa in senso antiorario: lungo il tragitto osserviamo grotte e severe scogliere, ci lasciamo accarezzare dolcemente dalla brezza marina e approdiamo, per l’ora di pranzo, a Santa Marija Bay, dove si trova l’unico hotel dell’isola, oltre ad una cappella e al comando di polizia con due soli agenti, e sono più che sufficienti, visto che i residenti veri e propri sono tre e le automobili in circolazione due! Alle 14:00, dopo pranzo, riaccendiamo i motori e completiamo il giro dell’isola, poi facciamo rotta su Gozo, sfioriamo la spiaggia di Hondoq ir Rummien e risaliamo pian piano la costa fino al porto di Mgarr, concludendo, così, una bellissima escursione che, da sola, può valere un viaggio nell’arcipelago Maltese.

E’ troppo presto per rientrare in hotel, così andiamo in spiaggia e tanto per cambiare a Hondoq ir Rummien: è la più vicina e sul lato nord dell’isola il mare è ancora mosso. Federico è stanchissimo dopo l’avventura in barca e si addormenta sul telo tenendo in mano alcuni bastoncini di legno. Si risveglia intorno alle 17:00 e giochiamo un po’ con la sabbia, poi si fa l’ora di rientrare a Marsalforn e quindi all’Atlantis Hotel per cena. Più tardi proviamo a fare un giro in auto fino a Victoria, così da trascorrere la serata e ingannare il tempo, ma lungo le strade del centro le luci dei lampioni sono fioche, il silenzio regna sovrano e non c’è niente di meglio da fare che tornare in camera a vedere la televisione in attesa che il sonno prenda il sopravvento.

Giovedì 7 Settembre 2000: Mi sveglia Sabrina intorno alle 5:30 perché si odono strani rumori oltre la finestra e sembra che piova. In effetti è così e mi precipito a togliere i teli da mare stesi in terrazza che invece di essersi asciugati si sono, quasi completamente, bagnati, poi torno fra le lenzuola e cerco di riprendere sonno, nonostante il pensiero per la pioggia.

Quando suona la sveglia subito mi precipito a guardar fuori dalla finestra: per fortuna c’è il sole e sveglio tutti, così, con ottimismo, ci prepariamo ad affrontare la nuova giornata. Partiamo e passiamo dal porticciolo di Marsalforn ad osservare le condizioni del mare: non sono eccezionali ma neanche un disastro e tiriamo un respiro di sollievo, visto che ormai ci sono rimaste da vedere solo spiagge sul lato nord dell’isola.

Risaliamo fino a Victoria, poi seguiamo la strada che corre verso la parte più occidentale di Gozo, oltrepassiamo le rovine di un vecchio acquedotto e scendiamo al mare poco dopo l’abitato di San Lawrenz, fino a raggiungere la scenografica baia di Dwejra, contornata da altissime pareti rocciose e chiusa verso il mare aperto dall’imponente Fungus Rock, un monolite che svetta, per oltre sessanta metri, sul pelo dell’acqua. Sulle sue pareti, e solo sulle sue scoscese pareti, cresce un leggendario fungo (da cui il nome): il Fucus Melitensis, usato dai Cavalieri come rimedio contro diversi mali.

Ci andiamo a fermare in un parcheggio sterrato dove, fra l’altro, si trova un caratteristico tram di Gozo, che si differenzia, nella colorazione, da quelli di Malta, per il grigio al posto dell’arancio. Scattiamo una foto al folcloristico torpedone e ci avviamo, a piedi, verso le vicine scogliere, nelle quali si trova la celeberrima Azure Window (la finestra azzurra).

La vista dello stupefacente arco naturale di roccia ci lascia esterrefatti: i grandi pilastri sembrano sorgere dal mare e sono sormontati da un lastrone di pietra, perfettamente orizzontale, che forma l’architrave. Le sue dimensioni sono davvero ragguardevoli e rimaniamo ad osservarlo per parecchio tempo dal basso, poi Federico ed io vi saliamo sopra, mentre Sabrina resta a livello del mare e ci scatta una memorabile foto ricordo.

Nelle vicinanze si trova anche l’incredibile Inland Sea, il “mare interno”: un pezzetto di Mediterraneo dentro all’isola di Gozo, venutosi a creare grazie allo sprofondamento di una grande grotta. Le sponde del cratere a sud sono dolcemente digradanti, mentre a nord sono alte e verticali. Al centro di queste ultime si apre un tunnel naturale, percorribile in barca, che arriva fino al mare aperto. Ci mettiamo in fila per provare anche questa emozione ed un signore anziano, di ritorno dalla breve escursione, scende dalla barca, si sbilancia e cade dall’altra parte del molo, completamente vestito, zaino in spalla e telecamera in mano, in pochi centimetri d’acqua, quanti bastano per bagnarlo dalla testa ai piedi. Non si fa male e ci viene da ridere ripensando alla scena alquanto buffa e divertente, almeno per noi spettatori. Poi saliamo sulla piccola imbarcazione e, poco dopo, entriamo nella grotta, buia e stretta. Sembra quasi di strisciare nelle pareti e il riverbero della luce, all’uscita del tunnel, sembra più lontano di quanto non lo sia in realtà. In breve ci ritroviamo in mare aperto, fra altissime pareti rocciose e in balia delle onde. Per almeno un quarto d’ora restiamo a beccheggiare in un mare tutt’altro che tranquillo, osservando, fra l’altro, l’Azure Window da una diversa e non meno suggestiva angolazione. Federico, che in un primo momento appariva preoccupato e intimorito dalla cosa, ora sembra divertirsi veramente e si lascia andare a fragorose risate ogni qual volta uno schizzo d’acqua ci raggiunge. Trascorriamo il breve lasso di tempo previsto per l’escursione poi rientriamo del tunnel e torniamo a galleggiare nelle tranquille acque dell’Inland Sea, sbarchiamo e ci avviamo verso il parcheggio per recuperare l’auto e ripartire alla ricerca di una spiaggia dove trascorrere il resto della giornata.

Dal paese di Ghasri, poco più a nord, scendiamo lungo la strada che si avventura nella stretta vallata di Wied il-Ghasri, al termine della quale dovrebbe trovarsi una spiaggetta, ma finiamo col percorrere prima l’alveo in secca di un torrente e poi una sorta di mulattiera che si fa sempre più stretta fino a diventare impraticabile, così torniamo sui nostri passi e cambiamo meta.

Seguiamo la strada costiera in direzione di Marsalforn e lungo il tragitto osserviamo le caratteristiche saline scavate nella roccia, risalenti al tempo dei Cavalieri e, tutt’oggi ancora, in parte, utilizzate. Oltrepassiamo la “nostra” cittadina e saliamo al paese di Xaghra, da dove scenderemo poi alla spiaggia di Ramla Bay, la più ampia di Gozo. Imbocchiamo, erroneamente, una strada senza uscita e, non volendo, finiamo di fronte all’ingresso della Calypso’s Cave, un luogo omerico, dove il leggendario Ulisse rimase per sette anni, prigioniero della ninfa Calypso e della sua bellezza. Visitiamo la grotta con l’ausilio di alcune candele: niente di speciale, poco più che un buco nella roccia, in compenso il panorama sulla sottostante Ramla Bay è straordinario. Restituiamo le candele prese a noleggio e scendiamo, finalmente per la strada giusta, alla spiaggia, che è caratterizzata da una sabbia soffice e rossastra. Il mare non è calmo e incontriamo qualche difficoltà nel convincere Federico a fare il bagno, ma alla fine segue i nostri consigli e fa bene: si diverte tantissimo a giocare fra le onde, in un’acqua, nonostante tutto, bella, calda e invitante.

La mattinata è stata davvero intensa e, dopo pranzo, ci riposiamo sotto all’ombrellone, anzi, restiamo a Ramla Bay per tutto il pomeriggio, fino a quando il vento, che soffia da nord-est, si fa più freddo e grossi nuvoloni grigi si accumulano all’orizzonte, allora raccogliamo tutte le nostre cose e ci incamminiamo verso l’hotel con la speranza che il cielo torni ad essere libero prima che il sole sorga di nuovo.

Dopo cena torniamo a Xaghra, in compagnia di Carlotta e famiglia: c’è una festa religiosa e la nostra speranza è quella di vedere i fuochi d’artificio. Le vie del centro sono sfarzosamente addobbate ed il paese è tutto in strada, ogni tanto si ode qualche botto, ma lo spettacolo pirotecnico vero e proprio si fa desiderare. Troviamo una piazzetta dove sono sistemate alcune girandole ma, a quanto pare, le accenderanno solo in tarda serata e, purtroppo, i bambini sono stanchi, così rientriamo all’Atlantis hotel tutti un po’ delusi.

Venerdì 8 Settembre 2000: Il tempo nella notte non è affatto migliorato … tutt’altro: ci svegliamo mentre la pioggia cade con insistenza. Era da marzo che non succedeva e sembrava impossibile che dovesse verificarsi, invece ecco qua, di fronte a noi, la più classica delle giornate grigie.

Un po’ sconsolati partiamo ugualmente per effettuare le pochissime visite alternative alla spiaggia che ci sono rimaste, intanto la pioggia smette di cadere ma il cielo resta abbondantemente nuvoloso e cupo. Ci rechiamo nella parte più occidentale dell’isola e, nei pressi del paese di Gharb, ci fermiamo per visitare il santuario di Ta’ Pinu, una meta di culto e di pellegrinaggio per tutti gli abitanti dell’arcipelago. L’attuale edificio religioso fu costruito abbastanza di recente, nel 1920, sul luogo teatro di alcuni eventi miracolosi. Al suo interno sono conservati numerosi ex-voto a testimonianza di quanto accaduto negli anni.

Al termine della visita ci rechiamo alla vicina Dwejra Bay per osservare l’effetto del mare agitato sull’Azure Window: enormi onde si infrangono sulla roccia schizzando verso l’alto per diversi metri e formando grandi chiazze di candida schiuma. E’ incredibile ma anche il vicino Inland Sea è, a suo modo, agitato e le barchette, utilizzate quotidianamente per le escursioni, ondeggiano tutte saldamente ancorate ai loro ormeggi.

Ci muoviamo quasi al rallentatore per far passare il tempo e torniamo in macchina mentre ricomincia a cadere qualche goccia. Maciniamo chilometri senza una meta precisa e viaggiamo, nel sud-est dell’isola, lungo una delle poche strade che ancora non eravamo riusciti a percorrere, con qualche scorcio panoramico sulla costa sottostante, poi si fa mezzogiorno e andiamo nella vicina cittadina di Xlendi, dove ci fermiamo per pranzare.

Oggi, venerdì 8 settembre, a Malta, è festa nazionale: si commemora Nostra Signora delle Vittorie celebrando la sconfitta delle armate turche e la fine del Grande Assedio del 1565, per questo motivo tutti i negozi sono chiusi. Qualche bar, però, è aperto, e così troviamo una pizza da mettere sotto ai denti. Federico, nonostante le raccomandazioni, per mangiarla si sporca e scoppia una piccola tragedia, che, unita alle cattive condizioni del tempo, da vita ad un cocktail esplosivo che mette a dura prova i nostri nervi.

Dopo pranzo andiamo a Xaghra per visitare l’ultimo sito archeologico rimasto sulla nostra lista: quello di Ggantija, ma gli effetti della festa nazionale non ce lo permettono e troviamo il cancello chiuso. Sconsolati torniamo verso l’hotel mentre ricomincia a piovere per l’ennesima volta.

Il pomeriggio è interminabile e, nonostante un bagno nella penombra della piscina coperta, ci trasciniamo stancamente fino all’ora di cena. Più tardi andiamo, in auto, a fare un giro: si odono dei botti provenire da Xaghra e il cielo ogni tanto si illumina … era questa la serata dei fuochi d’artificio! Ci fermiamo lungo la strada a vederli, mentre continua a piovere con insistenza, poi rientriamo. Anche per domani le previsioni del tempo non sono buone, speriamo si sbaglino, ma la sensazione è che la vacanza sia terminata con due giorni d’anticipo.

Sabato 9 Settembre 2000: Ha smesso finalmente di piovere e fra le nuvole, che si sono diradate, ogni tanto appare il sole. Non si può certo dire che sia una giornata splendida, ma dovremo accontentarci visto che sarà l’ultima di vacanza vera e propria.

Dopo colazione raggiungiamo Victoria, dove ci fermiamo per cambiare le ultime lire necessarie a rabboccare il serbatoio e a fare qualche spesa, poi saliamo a Xaghra per visitare il sito archeologico di Ggantija, che ha riaperto i battenti dopo la giornata festiva. Gli scavi hanno portato alla luce due templi risalenti all’età del rame e costruiti nel periodo compreso fra il 3600 e il 3200 a.C.. Sono in buono stato di conservazione ed il loro muro di cinta è, forse, l’elemento più impressionante: vi si trovano allineati e sapientemente incastrati, secondo la forma, numerosi monoliti, taluni di ragguardevoli dimensioni (raggiungono i sei metri di altezza e le cinquanta tonnellate di peso!).

Giriamo in lungo e in largo per tutto il sito e aspettiamo, per scattare una foto, che esca il sole, ma le nuvole, invece di diradarsi, aumentano e di lì a poco piove a dirotto. Alla fine veniamo premiati, impieghiamo almeno un’ora per una visita che richiedeva non più di venti minuti, ma ce ne andiamo, soddisfatti, solo dopo aver visto i raggi del sole baciare le enigmatiche pietre.

Nel prezzo del biglietto è compreso anche l’ingresso al vecchio mulino di Ta Kola, che si trova a pochi passi dal sito e dal centro di Xaghra, così non ci lasciamo sfuggire l’occasione e, a piedi, lo raggiungiamo. All’interno dell’edificio, ben restaurato, si trovano, disposti su più piani, attrezzi agricoli e arredamenti dell’epoca in cui le pale erano in funzione e l’intera visita si è rivelata essere un piccolo fuori programma, tutto sommato, interessante.

La mattinata è quasi completamente passata e, con il mulino di Ta Kola, abbiamo esaurito le visite a carattere culturale. Ce ne andiamo quindi verso la spiaggia di San Blas, l’ultima rimasta sulla nostra lista. Raggiungiamo il paese di Nadur e scendiamo in direzione del mare nella parte nord-orientale di Gozo. La spiaggia si raggiunge, però, solo percorrendo, a piedi, un lungo sentiero e il lato dell’isola nel quale si trova è coperto da grossi nuvoloni. Non ce la sentiamo di rischiare e pranziamo sul ciglio della strada in attesa che passi il cattivo tempo … ma non passa. Allora ci accontentiamo di dare un’occhiata dall’alto e poi ci rechiamo, tanto per cambiare, a Hondoq ir Rummien che, come al solito, è un’isola felice dentro all’isola: infatti c’è quasi il sole e anche se dovesse piovere l’auto si potrebbe raggiungere in pochi istanti.

Ci sistemiamo, fiduciosi, in spiaggia e poco dopo veniamo premiati: gli squarci di cielo azzurro si fanno sempre più ampi ed il sole torna a farla da padrone, tanto che scotta sulla pelle e devo andare in macchina a prendere quell’ombrellone che, ormai, non pensavo più di dover piantare. Trascorriamo così un ultimo piacevole pomeriggio in spiaggia, fino alle 17:00, quando lasciamo Hondoq ir Rummien per fare alcune compere prima di rientrare all’hotel.

Dopo cena, memori delle serate precedenti, torniamo a Xaghra, ma la festa è finita e tutto tace. Federico scorrazza per un po’ in un parco giochi e poi torniamo in camera a preparare le valigie.

Domenica 10 Settembre 2000: Ci alziamo con calma e ci vestiamo, poi, dopo colazione, ci resta ancora circa un’ora da trascorrere in piscina, grazie anche al sole che è tornato, in piena regola, al suo posto. Fra una nuotata e l’altra il tempo vola: Sabrina sale in camera a fare la doccia e poco dopo la raggiungiamo.

Prepariamo le ultime cose e alle 11:30 lasciamo l’Altantis Hotel.

In meno di mezz’ora raggiungiamo il porto di Mgarr, giusto in tempo per salire sul traghetto di mezzogiorno, che salpa però con circa trenta minuti di ritardo. Sbarchiamo a Cirkewwa, sulla sponda maltese, e proseguiamo in direzione della capitale fino alle porte di St. Paul’s Bay, poi deviamo sulla destra e raggiungiamo Golden Bay.

Ci concediamo una breve sosta per il pranzo e consumiamo una buona pizza nello stesso locale dove già l’avevamo mangiata, esattamente due settimane fa, durante il primo giorno a spasso per l’isola.

Prima di riprendere la strada per l’aeroporto riesco anche a vedere, nella televisione della pizzeria, la partenza del Gran Premio d’Italia di Formula 1: una Ferrari scatta al comando ma l’altra resta coinvolta in una carambola poche curve dopo al via e termina la sua gara … peccato. Anche noi scattiamo, ma non al comando, anzi, dovremo stare attenti, in particolar modo, alle carambole visto che poco dopo mezzogiorno è scaduta l’assicurazione dell’auto e quindi, nell’ultimo tratto di strada, saremo sprovvisti di copertura contro eventuali sinistri.

Transitiamo lungo la superstrada che sfiora St. Julian’s, attraversiamo la periferia di Valletta e arriviamo, sani e salvi, all’aeroporto. Parcheggiamo l’auto nel parcheggio della Thrifty e ci avviamo, con le valigie sul carrello, a consegnare le chiavi. Ne approfittiamo così per esprimere le nostre lamentele circa la questione del pieno di benzina, ma l’addetto si tira nelle spalle, dice di essere solo un dipendente e di non poter far nulla in merito. Cerchiamo di non prendercela, infondo ci aspettavano una risposta del genere, e, rassegnati, ce ne andiamo verso l’imbarco dei bagagli. Assieme alle valigie sistemiamo sul nastro trasportatore anche l’ombrellone … chissà se lo rivedremo a Milano? Ci fermiamo ad uno sportello di cambio per commutare in lire italiane quelle maltesi rimaste, poi oltrepassiamo la dogana e andiamo alla porta numero uno, attraverso la quale, presumibilmente, ci imbarcheremo alle 16:30 sul volo Air Malta km628.

Dopo circa un’ora aprono i cancelli e, mentre siamo in fila, mi accorgo che i nostri biglietti portano impressi tre numeri di posti completamente diversi (6E, 8E, 9B), ciò vuol dire che saremo a sedere lontani uno dall’altro … e dire che la signorina del check-in ci aveva anche chiesto l’età di Federico! … E’ incredibile! … Neanche fossimo arrivati in ritardo all’aeroporto! Saliamo sull’aereo e rivoluzioniamo tutto, facciamo scomodare diverse persone e quando tutti sono a sedere … rimangono tre posti liberi, uno affianco all’altro … ancora più incredibile! Ci sistemiamo sulle “nostre” nuove poltrone, allacciamo le cinture e ci prepariamo al decollo.

Il Boeing 737 dell’Air Malta stacca da terra con circa venti minuti di ritardo e subito dopo sorvola Gozo, con Comino al suo fianco, che visto dal cielo sembra, proprio, poco più che uno scoglio. Aggiriamo la Sicilia, avvolta da una spessa coltre di nubi, poi passiamo sopra al Mar Tirreno e la terra riappare quando sotto di noi si vede l’Argentario con l’Isola del Giglio, poi Piombino con l’Isola d’Elba. Risaliamo tutta la costa toscana fino alla Liguria: sono ben visibili le bianche Alpi Apuane, le Cinque Terre e La Spezia, poi cominciamo a scendere verso Malpensa, dove atterriamo, alle 18:37, dopo innumerevoli virate. Le valigie tardano ad arrivare e ci spazientiamo un po’, alla fine però arrivano (ombrellone compreso) e così telefoniamo al parcheggio Panicucci per farci venire a prendere.

Sono quasi le 20:00 quando, finalmente, saliamo sulla nostra “Punto blu” e partiamo per affrontare il tratto di strada che ci divide da casa. Incontriamo un po’ di traffico in entrata verso Milano, ma poi cala vistosamente in uscita e, subito dopo, ci fermiamo in un autogrill brulicante di tifosi ferraristi di ritorno dal Gran Premio (vinto dalla Ferrari di Schumacher). Prendo in caffè e facciamo un pieno di carburante poi torniamo a macinare chilometri d’asfalto e ripensiamo alla vacanza appena trascorsa: bella, sotto molti punti di vista, a parte il caldo torrido dei primi giorni e il maltempo degl’ultimi, la parte storica e artistica è stata di altissimo livello, quella balneare un po’ meno (molto meglio Gozo di Malta), con l’eccezione di Comino (straordinario!).

Fra un’imprecazione e l’altra, a causa dei numerosi imbecilli che viaggiano sulla terza corsia lampeggiando in continuazione, arriviamo a casa intorno alle 23:10, con Federico che già dorme da diverso tempo e che, tranquillo e beato, non si accorge nemmeno di essere, di nuovo, nel suo letto.

Dal 25 Agosto al 10 Settembre 2000



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