La Pampa, la sconfinata terra dei Gauchos di quarta parte
E ora la città…
Buenos Aires è una metropoli immensa, in autostrada si percorrono 40 km che attraversano tutta l’area urbana per arrivare al “Microcentro”. Per ottimizzare la visita di una zona così vasta, proviamo ad organizzarci nel miglior modo: il primo giorno la zona del centro e gli altri due spesi tra nord e sud della città. Seguiamo il consiglio di una signora conosciuta a San Antonio de Areco e prendiamo il bus che fa il giro della città, scendendo nelle zone che ci interessano (il tour completo dura 2 ore e 30’); Recoleta e Palermo a nord e La Boca a sud. Il primo giorno lo spendiamo percorrendo Avenida de Mayo. Questa è la via principale di ‘BAires’, alle due estremità si affacciano la Casa Rosada e il ‘Palacio del Congreso’ argentino, fronteggiandosi per ricordare l’uno all’altro che non esiste l’uno senza l’altro, non esiste il potere del sovrano senza il popolo. Tutta la via è un susseguirsi di edifici con rilevanza storica, dove nei primi anni del secolo era concentrata la zona importante della città; il gran viavai ci conferma che è proprio questa via il cuore pulsante della città.
Il ‘Palacio del Congreso’ è simile a tanti altri sparsi per il mondo; un presidio fisso di fronte l’ingresso sta a ricordare ai politici argentini i problemi sociali ormai radicati in ogni nazione: disoccupazione, sfruttamento del lavoro, disparità sociale. Anche in questa piazza, tra le più visitate di Buenos Aires, ci sono ‘fantasmi’ di un passato prospero, proprio alla destra del palazzo del congresso c’è un edificio abbandonato sulla cui facciata sono montate le pale di un mulino. Il palazzo era la ‘Confiterìa Molino’, bar molto frequentato da personaggi politici ma tutt’ora in rovina. Lo immagino tra qualche anno restaurato ed aperto a fornire una nuova attrattiva turistica.
Il palazzo più curioso ed interessante è ‘Palacio Barolo’, una torre alta 100 mt che Luigi Barolo, arrivato dall’Italia e arricchitosi con la produzione di cotone, fece costruire con una simbologia ricavata dalla Divina Commedia di Dante Alighieri di cui era grande ammiratore (i 100 metri sono tanti quanti i canti della Divina Commedia). Tra citazioni, immagini allegoriche e simbologie tuttora ci sono alcuni particolari che non sono stati svelati, il che rende il palazzo più affascinante.
Lungo la via si incrocia l’arteria Avenida 9 de Julio che i ‘Porteños’ (appellativo con cui vengono indicati i cittadini di Buenos Aires) considerano il viale più grande del mondo con una larghezza di 140 metri. Una decina di corsie per ogni senso di marcia smistano il traffico al centro della Capital Federal. Sempre su Avenida de Mayo in direzione della Casa Rosada, si incontra il caffè Tortoni. Questo locale è da sempre frequentato da poeti, scrittori e musicisti tra cui l’argentino Borges, ma anche Pirandello o Garcìa Lorca. Al primo piano ospita l’Accademia Nazionale del Tango con tanto di museo, corsi di ballo e una biblioteca per gli studiosi del Tango. Proprio al caffè Tortoni vanno in scena quotidianamente spettacoli di tango da oltre cento anni.
Una delle scoperte più piacevoli di Avenida De Mayo è stata, senza dubbio, il “paseo della resistencia”; si tratta di un ampio locale dove piccoli artigiani producono di tutto: sciarpe e cappelli, portachiavi, bigiotteria, quadri, ecc.. Il tutto sta in vendita ed i proventi vanno a finanziare questa “associazione”. Il paseo organizza anche spettacoli aperti al pubblico, questi eventi si tengono nel “sotano” (cantina), sotto il locale. Proprio l’ultima sera siamo stati invitati ad uno spettacolo di tango, “el tango del sotano”; del tutto inaspettatamente ci siamo ritrovati in un ambiente spoglio, ma pieno di umanità (una vera e propria cantina, anche se molto grande) ad ascoltare un’orchestra (la Vidù) che, vista anche la particolare situazione, ci è sembrata eccezionale.
Proseguendo per l’Avenida de Mayo si arriva a Plaza de Mayo; questa è senz’altro la piazza più famosa d’Argentina, se non altro la più suggestiva. La piazza è dominata dalla Casa Rosada, il colore particolare del palazzo rende il colpo d’occhio piacevole anche se la piazza è più interessante se guardata con l’occhio della storia. Dal balcone del palazzo rosa, Evita Peron (tra gli altri) era solita parlare al popolo; tali comizi erano presenziati anche da 350.000 persone. Sotto la dittatura, la piazza è diventata il luogo di ritrovo delle mamme di desaparecidos che cercavano notizie dei propri figli. Ora le stesse mamme fanno parte dell’associacione delle “abuelas”, le nonne che cercano con ogni mezzo di ritrovare i propri nipoti. I bambini appena nati di persone perseguitate dal regime, venivano dati in affidamento in maniera illegale ad amici o parenti dei funzionari di governo; l’associazione de “las abuelas” si propone di ritrovare questi bimbi, ultimamente anche con il ricorso all’esame del Dna. La ricerca è oltremodo difficile spesso perché, non esistendo documenti legali, tante persone non sanno di essere state adottate quindi non si sottopongono ad esami specifici (P.S. il romanzo “I venti anni di Luz” di Elsa Osorio racconta la storia agghiacciante di Luz, vittima di un adozione del genere).
Poco dietro la piazza, c’è la bella Iglesia de San Francisco. Quello che ci ha colpito di più (La chiesa era chiusa) sono stati dei pannelli posti sulla facciata che descrivono le varie tappe del cammino francescano; tra queste non poteva mancare la nostra Gubbio. E’ strano imbattersi in situazioni del genere a 12.000 chilometri da casa, nel centro di una delle più grandi metropoli del mondo. I giorni seguenti siamo andati alla scoperta dei quartieri della Recoleta e di Palermo; questi sono il ‘salotto buono’ di Buenos Aires, piazze tranquille, palazzi curati e giardini rigogliosi rendono piacevole una passeggiata che, date le distanze, può spaventare. Recoleta ospita il Museo Nacional de Bellas Artes con una delle collezioni più importanti d’America, sono esposte opere di Goya, Rembrandt, Klee, Degas, Toulouse-Lautrec e molti altri. Anche le zone limitrofe sono interessanti: parchi e aree urbane sono trasformate in un museo a cielo aperto dove sono esposte opere d’arte moderna. Questa zona, sulle rive del Rio della Plata, è diventata la “vetrina” della città tanto da farla annoverare fra le 3 capitali mondiali dell’arte moderna e del futurismo.
Nei parchi è facile imbattersi in un’altra istituzione di BAires, tipica dei quartieri ricchi: i “dog-sitter”. Ragazzi che portano al guinzaglio anche 10 o 15 cani i cui padroni, abitando in attici ed appartamenti di lusso ma senza giardino, affidano per la quotidiana passeggiata. Una delle attrazioni della zona è il cimitero della Recoleta, cimitero monumentale che ospita, tra gli altri, la tomba della famiglia Duarte, cioè di Evita Peron. Anche noi non ci siamo sottratti a questa visita non del tutto priva di fascino. Plaza San Martín è la tipica oasi quieta del quartiere Retiro, prossima alle arterie trafficate che smistano il traffico imponente, ma lontana da tutto. Sembra di camminare in una qualunque piazza di Parigi tanto sono somiglianti alcuni palazzi ad un architettura marcatamente europea.
Nella parte bassa il monumento ai caduti delle isole Malvinas (La guerra delle Falkland) rende ancora più vivo il senso di appartenenza che hanno gli argentini alla propria nazione, se mai ci fosse bisogno di ricordarlo. La lunga giornata alla scoperta di ‘BAires’ ha bisogno di una pausa gratificante ad un tavolo e per cena. La scelta è ricaduta ancora sul quartiere di Palermo, precisamente a “Palermo Viejo”. L’omonima piazza è un esplosione di luci e colori, i tanti locali danno l’idea di un luogo ideale per qualunque tipo di festa. La zona brulica di pub, bar, discoteche, ma non essendo l’ora più adatta siamo andati a cena con la promessa di tornare, prima o poi, in questo luogo, magari per festeggiare qualche ricorrenza. Il ristorante per la cena lo abbiamo scelto accuratamente tra quelli indicati dalla guida, anche i cibi sono parte fondamentale della scoperta di un luogo; siamo finiti ne “El preferido de Palermo”. Questo ristorantino caratteristico si è rivelato eccezionale, ottima la cucina (a base di carne) ed un servizio rapido e cordiale in un ambiente da osteria.
Il nostro ultimo giorno in Argentina è speso in gran pare ne “la Boca”, quartiere storico di Buenos Aires sia per “El Caminito”, angolo colorato di questa periferia (pericolosa di notte, come ci ha confermato più d’uno) sia per la squadra di calcio del Boca Junior.
Infatti il giro nel quartiere inizia dalla visita guidata de “la bomboniera”, un pezzo di storia argentina legato al mondo del calcio. Simpatica la visita, la cui guida era un tifoso del Boca Junior; per quanto riguarda lo stadio, basta dire che ai tifosi ospiti viene riservata una tribuna priva di acqua, bagni e uscite di sicurezza. La guida, riguardo allo spogliatoio della squadra ospite dice allargando le braccia: “Vi basti pensare che, dopo 30 anni, sono stati riverniciati quest’anno!”.
El caminito è forse l’angolo di Buenos Aires più conosciuto, qui si balla il tango a tutte le ore e i ristoranti offrono spettacoli di ballo durante tutta la giornata. Disturba un po’ l’aria da “accaparramento” clienti, procacciatori tanto fastidiosi si trovano in poche zone nel mondo. Qui tutto sembra finto, tanto per adescare i turisti, così tanto finto che non riconosci l’originale dal ricostruito. Quartiere molto particolare, però; i colori smaglianti delle case in lamiera derivavano (in origine) dai colori avanzati per le barche dei pescatori genovesi emigrati. E qui tutto è colorato, dagli artisti di strada, dai mimi fino ai semplici personaggi da fotografare. C’era, infatti, un sosia di Maradona eccezionale; non il Maradona atleta dei primi tempi ma quello panciuto di fine carriera. L’ultima parte della giornata la spendiamo ripercorrendo con calma la ricca zona del porto e Avenida de Mayo. Resta ancora molto da vedere in una metropoli immensa come questa, varrebbe la pena vivere la ‘Movida Porteña’ o entrare nei ritmi umani di Buenos Aires ma tanto è bastato per avere un’idea abbastanza completa di questa perte del ‘nuovo mondo’. A presto Buenos Aires.
Con il “Tango del Sotano” (di cui ho già parlato) si conclude la scoperta di una minima parte di questo immenso paese. Come atto finale mi piace ricordare il compagno di viaggio che ha caratterizzato di più la vacanza: la strada. Probabilmente ci siamo mossi in una zona troppo ampia e le distanze enormi ci hanno fiaccato, ma le magnifiche “scoperte” in cui ci siamo imbattuti le abbiamo fatte nostre completamente. La strada è stato un ottimo “digestivo”, quasi quanto il Fernet (che qui in Argentina, mescolato con la Coca, viene consumato in quantità industriali). La strada, dicevo, ha svolto un doppio ruolo: premessa alla scoperta di una meta agognata poiché ce l’ha fatta desiderare, sempre più, ogni chilometro percorso; poi come paziente decantatore di emozioni. Trascorrere ore sulla strada dopo aver visto un “mondo” nuovo ci è servito a capire cosa ci è passato davanti, ad assaporarlo. Non di rado si scambiavano idee o immagini nella presunta monotonia del viaggio in macchina. E’ molto difficile assaporare tutte le emozioni, codificare tutti gli stimoli, capire ciò che vediamo nel momento stesso in cui viviamo un’ esperienza. Gli occhi osservano e la mente registra. Poi il cervello elabora e, con un po’ di tempo, si riescono a distinguere e magari rivivere tutte le emozioni provate, una per una. E il ricordo rimane indelebile per sempre; magari quello che ci piace ricordare non di rado è diverso dalla realtà…