L’occidente dell’estremo oriente..
Questo paese, che durante l’impetuoso sviluppo economico degli anni ’80 incuteva timore al mondo per le sue incredibili riserve valutarie ed il potere economico, è forse in parte ridimensionato nel suo ruolo, anche a causa del crescente sviluppo della Cina e degli altri paesi asiatici.
Il Giappone – dopo il lungo isolamento internazionale durato 300 anni durante lo shogunato Tokugawa – riuscì nel corso dell’800 a modernizzarsi e a competere con le grandi potenze occidentali. L’ordine e la coesione sociali furono la chiave del successo anche se la smania di sviluppo ha finito per certi aspetti per determinare l’indebolimento della cultura tradizionale, determinando un processo che continua fino ai nostri giorni. Il Kansai è la regione che più di ogni altra permette allo straniero di venire a contatto sia con l’aspetto moderno che con quello tradizionale di questo paese e Kyoto è certamente la città che li rappresenta entrambi. Ottima base per visitare i dintorni, Kyoto offre il suo primo impatto con la modernissima stazione e i suoi centri commerciali ed un gran numero di ottimi ristoranti a prezzi contenuti. Basta allontanarsi dalla stazione per imbattersi in piccole vie più tranquille e dall’aspetto più tradizionale, in cui è possibile pernottare in ryokan, tipiche locande dove si dorme in stanze di tatami e futon nel rispetto delle regole giapponesi (che impongono un continuo togliere e mettere di scarpe e ciabattine…) Il Quartiere di Higashiyama è sicuramente la zona più interessante dove è possibile visitare i complessi templari più importanti. La zona si caratterizza per i suoi colli verdeggianti e le strade costeggiate da costruzioni tradizionali, anche se ormai adibite a ristoranti e negozietti turistici. Gion era noto un tempo come quartiere delle Geishe; oggi è davvero difficilissimo avvistarle in quanto il loro numero si riduce sempre di più: depositarie delle arti tradizionali di intrattenimento, oggi sono ridotte a qualche centinaio e sono appannaggio di pochissimi e facoltosi clienti. La progressiva sparizione dell’antica cultura fa si che siano sempre meno coloro in grado di apprezzarne le capacità.
Da non tralasciare anche la visita al castello Nijo, dagli splendi paraventi dipinti e dai pavimenti lignei che, scricchiolando, riproducono il canto dell’usignolo per scongiurare l’irruzione di intrusi. Nella zona a nord ovest della città si trovano altri templi degni di nota tra cui il famoso padiglione d’oro ed i giardini zen, precursori dell’arte moderna concettuale.
A breve distanza da Kyoto, la città di Nara ospita nel celeberrimo parco dei cervi il Todai-ji, la costruzione in legno più grande del mondo con all’interno bellissime statue tra cui il Daibutsu, il grande Buddha bronzeo di sedici metri realizzato durante il periodo Edo. Il tempio risale al 700 ed è pieno di fascino. Dalla vicina sala del Nigatsu-do si ammira uno splendido panorama della città. Giardini tradizionali ed altri edifici, come il santuario Kasuga Taisha con il suo sentiero costeggiato da migliaia di lanterne di pietra, consentono di immergersi nel vero Giappone tradizionale.
Himeji-jo – il castello dell’airone bianco – è l’unico edificio di questo genere sopravvissuto ai giorni nostri. Il biancheggiante torrione principale domina la città da cui è separato dalle sue mura e fossati. Il Damyo – il signore locale – ottenne dall’imperatore Himeji di risparmiarlo dalla distruzione, grazie al fatto di aver sposato una delle sue figlie. La smania di modernismo nel corso dell’800 ed il desiderio di adottare usi e costumi occidentali portò alla distruzione di molti edifici tradizionali che ricordavano il decadente passato feudale: in poco tempo il Giappone si trasformò, snaturando l’aspetto romantico e tradizionale delle sue città che tanto affascinava i viaggiatori occidentali e che ispirò l’arte pittorica di quel periodo (tra cui quella di Van Gogh e degli impressionisti). Rintracciare oggi le tracce del passato in Giappone è ancora più difficile che nella Cina (devastata dalla furie delle guardie rosse di Mao) anche per l’uso di materiali deperibili, come il legno e la carta, impiegati per costruire gli edifici tradizionali.
Nella valle del Kiso sopravvivono alcune stazioni postali del periodo Edo che venivano utilizzate lungo la via Nakasendo: la visita dei villaggi di Nagome e di Tsumago permette di farsi un’idea di come doveva svolgersi la vita a quei tempi. Le cittadine sono oggi apprezzate mete turistiche: affollate durante le ore diurne, recuperano il loro fascino sul far della sera, quando le strade sono immerse nel silenzio ed iniziano ad accendersi le fioche lanterne di carta bianca con gli ideogrammi.
A breve le due località saranno inserite nella lista dell’Unesco e rappresentano affascinanti luoghi dove è possibile visitare case dallo stile essenziale, elegantissime nelle linee e con stanze separate da classici paraventi di carta opaca. All’ingresso, al centro della stanza, si trovano i focolari attorno ai quali le famiglie si riunivano per riscaldarsi e dove ciascun membro occupava una posizione rigidamente assegnata dal protocollo. Dai soffitti, sopra il fuoco, pendono teiere nere di ghisa da cui sbuffa il vapore per umidificare gli ambienti.
Tra i due villaggi si percorre in circa tre ore di cammino l’antica via Nakasendo, che attraversa la foresta e costeggia piccole cascate. Ogni tanto si incontrano luoghi di ristoro, dov’è possibile effettuare brevi pause per un tè verde. Da non perdere l’occasione di un pernottamento nelle locande tradizionali dei villaggi, dove è possibile farsi servire abbondanti pasti nei luoghi comuni con gli altri ospiti (la cena è rigorosamente servita alle 18:00) indossando lo Yukata (il tradizionale kimono di cotone che ogni ryokan mette a disposizione nelle stanze). Da provare anche i bagni pubblici tradizionali, con le docce dai sgabelli di bambù e vasche di legno di cedro colme d’acqua bollente, quanto di meglio possa esserci per un pieno relax di fine giornata. Sulle Alpi giapponesi, Takayama è un’altra piacevole cittadina che conserva strade con edifici tradizionali ed antiche distillerie di saké. Le attrazioni sono numerose, tra cui il museo all’aperto del villaggio di Hida no-Sato, dove sono state trasportate e ricostruite antiche dimore contadine dell’800 (le cosiddette Gassho Zukuri) dal caratteristico tetto di paglia a forma “di mani giunte in preghiera”. Vale la pena di visitarlo se non si ha il tempo di recarsi in villaggi vicini per farsi un’idea dello stile tipico delle abitazioni della regione di Hida. Dopo tanto Giappone “tradizionale” vero o ricostruito per la gioia dei visitatori, ci immergiamo a Tokyo, la capitale supertecnologica del paese. Quasi completamente rasa al suolo dai bombardamenti americani della 2° guerra mondiale, la città ha conservato poco del suo aspetto originario che, in parte, è possibile ritrovare nel quartiere Asakusa e nel tempio Senso-ji. E’ divertente girovagare tra negozietti e bancarelle dove, per pochi soldi, si gustano spiedini di pesce grigliato ed altri piatti tipici del posto.
Il palazzo imperiale è inaccessibile e lo si può ammirare in alcuni scorci lungo il suo fossato. Ospita il Tenno (imperatore) Akihito e la sua famiglia che rappresenta ormai un simbolo – seppur importante e venerato dai tradizionalisti – del paese. I curatissimi giardini sono circondati da moderni quartieri, tra cui Ginza dove interi edifici ospitano negozi delle grandi firme occidentali. Mega schermi e grandi insegne pubblicitarie caratterizzano anche la zona di Shibuya, per lo più con scritte in caratteri latini, che tanto piacciono ai giapponesi rispetto a quelli cinesi: pur non comprendendo il significato delle frasi in lingua inglese, francese o in altre lingue europee, quest’ultime prevalgono nelle insegne pubblicitarie, sulle buste dei grandi centri commerciali e sulle magliette dei giovani in quanto ritenute più affascinanti… Forse altre metropoli dell’estremo oriente finiscono per avere ai nostri occhi un aspetto decisamente più esotico proprio per l’indecifrabilità degli ideogrammi. E poi, un continuo di vocine metalliche infarcite di saluti rituali e di harigatò che indicano incessantemente ciò che si deve fare o non fare sulle scale mobili, sui mezzi pubblici o lungo le strade… forse uno degli aspetti più inquietanti di questo paese… Harajuku è il quartiere frequentato dai teen-agers, sicuramente merita una visita anche per venire a contatto con gli incredibili e stravaganti look dei giovani.
Dall’alto dei grattacieli a Shinjuku è possibile ammirare la città dall’alto, che appare come una sterminata distesa di edifici che si estendono a perdita d’occhio. La vita notturna è estremamente vivace nei locali di Roppongi .
Nikko, a meno di due ore di distanza da Tokyo, ospita bellissimi templi di epoca Himeji in mezzo al verde: alcuni si discostano dal sobrio stile giapponese, come il Toshogu, che invece hanno un’insolita e multicolore decorazione di legno intagliato ispirato al gusto cinese. Essendo nel pieno della Golden Week (la settimana d’oro, il principale periodo di festività in Giappone) la visita è stata forse un po’ rovinata dall’eccessivo affollamento del sito.
Il nostro itinerario infine si è concluso ad Osaka, la terza città in ordine di grandezza del Giappone. Come Tokyo, Osaka è stata in gran parte ricostruita dopo la guerra e si presenta come una città estremamente anonima. Degno di nota il castello – ricostruito nei primi anni del 900 in cemento e miracolosamente sopravvissuto ai bombardamenti – ed il panorama dall’Umeda Sky Building: dall’alto della terrazza denominata Floating garden (giardino galleggiante) si offre una vista incredibile sulla baia. Molto movimentate per le sue luci ed i locali notturni sono le strade del quartiere di Dotombori, che tanto lo fanno assomigliare alle scenografie di Blade Runner… Un paese dall’apparenza ibrida, il Giappone merita una visita anche per entrare in contatto con un popolo che, inquadrato in rigidi comportamenti e frasi rituali, nei suoi inchini e gestualità conserva un’anima antica ereditata nei tre secoli del periodo shogunale e che – nel sopprimere la conflittualità sociale e nell’accettazione passiva e confuciana del proprio ruolo nella società da parte dell’individuo – è stato capace di ricostruire il paese dopo la guerra di realizzare una delle più potenti economie del globo. Certamente è difficile per un occidentale comprendere fino in fondo stili di vita così diversi dal proprio… dall’altra parte, fa strano pensare che un terzo delle parole giapponesi costituiscano un prestito linguistico dall’inglese… Comunque non dimenticheremo l’estrema disponibilità della gente pronta ad aiutare il turista in difficoltà, in particolare di coloro in grado di parlare la lingua inglese che si propongono spontaneamente di dare le informazioni e indicazioni ed eventualmente di accompagnarti personalmente nei posti di cui si è disperatamente alla ricerca… Soprattutto è stato traumatico l’impatto con il nostro aeroporto una volta rientrati in Italia dopo 15 giorni trascorsi tra le pulitissime strutture giapponesi…